Prendendo in esame il proscioglimento attuato dal Gup di Milano, Paola De Lorenzo, nei confronti dei sopraccitati deferiti, dall’accusa di falso in bilancio perché il fatto non costituisce reato (peraltro già caduto in prescrizione) e di conseguenza facendo cadere la responsabilità oggettiva delle società, non si può fare a meno di notare una particolarità:
la Commissione di vigilanza sulle società di calcio (Covisoc), interpellata dal pm Nocerino, aveva risposto che, se le fosse stato presentato il bilancio "depurato" dall'apporto delle plusvalenze fittizie, che il pm ha stimato in 55 milioni di euro nell'arco di due bilanci, l'Inter non sarebbe rientrata nei paramentri minimi richiesti per la regolare iscrizione al campionato 2005-2006, quello dello scudetto vinto "a tavolino" dopo la retrocessione della Juve in B per "Calciopoli". La relazione della Covisoc, trasmessa al pm milanese Carlo Nocerino, era parte integrante nella chiusura delle indagini.
Naturalmente la Procura milanese non si è potuta esprimere in merito ai codici di Giustizia Sportiva (CGS), i quali sono altresì chiari quando si parla di violazioni in materia gestionale ed economica sulle società di calcio.
Da qui ci si interroga su una questione: se la Covisoc ha trasmesso, alla Procura milanese, una relazione del segretario Vittorio Maugeri secondo la quale l’Internazionale S.p.A. non avrebbe superato i parametri imposti dalle vigenti regole per l'iscrizione, se i bilanci fossero stati presentati non modificati attraverso le plusvalenze fittizie (pilastro dell’inchiesta milanese) contestate dal pm Nocerino, come mai il Procuratore Federale, Stefano Palazzi, non ha deferito i Dirigenti e i legali Rappresentanti dell’Internazionale S.p.a. (con conseguente responsabilità oggettiva) per violazione dell’articolo 8 comma 4?
La situazione appare alquanto anomala (vedi l'intervento del Prof. Paco D'Onofrio a "La Juve è sempre la Juve").
D'altronde il vigente codice di Giustizia Sportiva parla chiaro in tema di "falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi", ovvero mediante qualsiasi altra attività illecita o elusiva, coi quali "una società tenta di ottenere od ottenga l'iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa" sulla base delle disposizioni vigenti, ed è altresì chiara la Covisoc con la sua relazione.
Ma facciamo un salto indietro nel tempo.
Molte squadre, anche di blasone, negli scorsi anni, hanno dovuto subire l’onta della retrocessione e/o radiazione, proprio in base al mancato rispetto delle regole sul tema amministrativo/gestionale e, di conseguenza, sul mancato rispetto dei parametri imposti dagli organi competenti (Covisoc e Coavisoc).
Uno dei casi più eclatanti fu quello di Cecchi Gori e la sua Fiorentina, coinvolti nel fallimento del 2002. Nella vicenda furono coinvolti anche l'ex amministratore delegato della Fiorentina Sarkis Zerunian e l'ex presidente della società Ottavio Bianchi. Accusati di concorso in bancarotta per avere incassato gli stipendi il 5 giugno 2002, lo stesso giorno in cui il tribunale nominò l'amministratore giudiziario.
A distanza di cinque lunghi anni, Cecchi Gori tornò sulla questione, denunciando vari abusi perpetrati nei confronti suoi e della squadra. La Procura di Genova incaricata di indagare sul tribunale di Firenze, è arrivata ad alcune conclusioni: il fallimento della Fiorentina è stato pilotato, ci sono state irregolarità nell'assegnazione informatica dei procedimenti. Questo un breve stralcio della ricostruzione di Vittorio Cecchi Gori: "Hanno provato a portarmi via tutto e la Fiorentina era un bel bottino: niente plusvalenze, ammortamenti corretti e un parco giocatori da 300 miliardi di lire. Oltre a tutto questo, un contratto per la cessione dei diritti tv da 180 miliardi di lire: non è stato scontato nemmeno un soldo. C'era una strategia: portare al fallimento un club di serie A per toglierla a me. Tutte le vicende in cui sono stato chiamato in causa hanno contribuito a mettermi in difficoltà sul fronte della liquidità".
La Fiorentina non è stata iscritta al campionato di serie A 2002/2003: "Bastavano 40 miliardi di lire per sistemare la situazione - afferma l'ex presidente viola - per legarmi le mani, però, mi hanno pignorato beni per 700 miliardi. Risultato: la mia Fiorentina, quella vera, è fallita. Adesso c'è un'altra squadra, la Florentia, che Diego Della Valle ha avuto senza sborsare una lira. A Napoli, invece, Aurelio De Laurentiis ha sborsato 35 milioni per prendere il club. E' qualcosa che lascia pensare".
Si parla dunque di 40 miliardi per l’iscrizione di una società che non attuò plusvalenze fittizie, con un bilancio sanissimo, e un parco giocatori di ingente valore, e non ultimo, una famiglia alle spalle che sicuramente non versava in condizioni economiche disagiate (quel “bastavano 40 miliardi” è tutto dire).
Eppure qualcosa non funzionò, sta di fatto che non riuscì ad iscriversi, e il fallimento arrivò inesorabile.
Altro caso di grande squadra è quello relativo al Napoli.
Il Napoli versava in una situazione economica molto difficile: 67 milioni di euro di debiti e senza presidente (Naldi aveva lasciato). In assenza di capitale sociale il club si trovava in fase di liquidazione. Per convincere il Tribunale a non dichiarare il fallimento e poter iscrivere la squadra al prossimo di campionato di serie B era necessaria una ricapitalizzazione. Il rischio concreto era la retrocessione in serie C. Ma quella notte arrivò un annuncio tanto atteso: "Gaucci presidente". Che riaccese le speranze dei tifosi.
Secondo questo accordo, Gaucci avrebbe dovuto prendere il Napoli attraverso la procedura dell'affitto: si impegnava a versare 5 milioni di euro l'anno per i prossimi 5 anni, al termine dei quali avrebbe dovuto versare 21 milioni di euro per riscattare tutta la società. Perché questo accordo portasse alla salvezza del Napoli ci sarebbe voluto il via libera di una Figc che manifestò non pochi dubbi. Bellomio si preparava ad affrontare anche questo ostacolo. "Adesso concentreremo tutte le nostre forze - ha detto a fine udienza - per risolvere il problema con la Federazione".
Ma fu tutto inutile ed il Napoli fu retrocesso in serie C1.
Avendo trattato Gaucci, altro caso in esame è quello del Perugia Calcio:
"Coavisoc, arrivano i verdetti ma non ci saranno sconti; il parere scritto della Commissione d'appello, definito "tecnico e vincolante", è in preparazione da giorni e ormai manca poco alla sua pubblicazione. La sensazione è che non saranno concessi sconti a nessuno: secondo gli organi che esaminano la congruità dei bilanci e quindi il rispetto dei parametri per l'iscrizione ai campionati, certi "salvataggi" sarebbero difficili da spiegare a chi ha rispettato le regole. La Figc ed il suo presidente Carraro perseguiranno quindi la linea del rigore, bocciando tutti i ricorsi fatti da quelle squadre già escluse dalla Covisoc, a parte chi, come Treviso, Latina o Lumezzane, doveva solo adempiere degli obblighi formali. Torino, Perugia, Salernitana e Spal sono da considerare già fuori, Reggiana e Venezia sono fallite, tira aria di tempesta per le altre".
Stagione difficile quella dell’estate 2005, la Covisoc bocciò molti bilanci, ritenuti non congrui per l’iscrizione ai campionati; del Perugia appunto, che fu investito, nella persona del suo presidente, Luciano Gaucci, anche da vicende legate alla giustizia ordinaria, con i reati ipotizzati di bancarotta fraudolenta a pochi mesi di distanza, sempre relativi alla gestione del Perugia Calcio, al Torino, vincitore della sfida spareggio per ritornare in serie A proprio contro il Perugia, per inadempienze con il fisco pari a 38 milioni.
Quindi in quella stagione non furono iscritte al campionato di competenza il Torino (dalla serie A alla B), il Napoli (dalla serie B alla C1), il Perugia (dalla serie B alla C1), per non contare le innumerevoli società minori come: Sassari Torres, Spal, Gela e Benevento per la Serie C1, Imolese e Rosetana per la Serie C2.
Un vero e proprio putiferio giudiziario in seno alla Federazione, che volle dare trasparenza e giustizia nei confronti di chi, non ottemperò alle regole. Un ultimo caso che vogliamo citare, risale a più di quindici anni fa, quando il Catania Calcio, in un misterioso caso, risolto successivamente dal TAR del Lazio, non riuscì ad iscriversi al campionato.
Il presidente della FIGC, Antonio Matarrese, alla fine della stagione 1992-93 bocciò l'iscrizione di 7 squadre, tra cui i rossoazzurri che, si disse, avevano un buco di 5 miliardi e 987 milioni di lire. Il 31 luglio 1993 il Consiglio Federale della FIGC revocò l'affiliazione alla società.
Il 2 agosto, Massimino si presentò in Federazione con due miliardi di lire in assegni, ma questo disperato tentativo di salvare la società fu inutile, in quanto la decisione non fu cambiata. Iniziò una lunga battaglia legale: il Catania impugnò l'esclusione dalla Serie C1, si fece forte di una sentenza del 14 settembre del Tribunale Amministrativo Regionale di Catania, vinse anche il 23 giugno 1994 con una sentenza del T.A.R. del Lazio (che giudicò non valido il ritiro dell'affiliazione).
Massimino mise in seria difficoltà l'intera federazione, fece scendere anche in campo la squadra che avrebbe dovuto giocare la prima giornata del campionato di Serie C1 1993-1994 (con i calendari riscritti dal tribunale) in attesa degli avversari che mai sarebbero arrivati. Ma dovette contemporaneamente ripartire dall'Eccellenza. Il Catania sarebbe ritornato in Serie C1 vincendo sul campo solo al termine della stagione 1998-99.
Insomma, tirando le conclusioni, molte società in questi anni hanno avuto a che fare con la giustizia sportiva, prevalentemente per questioni di bilanci, chi più chi meno con debiti grandi e piccoli, alcuni con le garanzie necessarie per l’iscrizione, altri con addirittura i soldi necessari, ma in molti di questi casi non si vollero sentire ragioni, e furono bocciate le iscrizioni, facendo retrocedere (come da regolamento), le società che non rispettarono le norme federali.
E oggi? Si sente e si scrive che per l’Inter ci sarà al massimo un’ammenda o poco più, nonostante sia la società più indebitata d’Italia e, secondo la Covisoc, senza l'apporto delle plusvalenze fittizie non sarebbe rientrata nei paramentri minimi richiesti per la regolare iscrizione al campionato (apporto che il pm Nocerino ha stimato in 55 milioni di euro nell'arco di due bilanci).
Nei tribunali di tutt’Italia capeggia la scritta “La legge è uguale per tutti”, vedremo, a processo ultimato, se questa regola varrà anche per chi si professa onesto da sempre, anche se onestamente, l’onestà che si intravede oramai da anni nei bilanci di Via Durini è sempre più opaca.
Slow hand. Un deferimento blando - Pagina 2
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