Auguri Michel. Oggi, 21 giugno, è un giorno speciale per gli appassionati di calcio e per gli juventini in particolare. E' il compleanno di Michel Platini, per tutti "Le Roi".
Cosa dire di Michel Platini che non sia ancora stato detto, scritto, registrato e ripetuto fino alla noia?
E' un'impresa complicata, a distanza di 21 anni dal ritiro di quello che ancora oggi, nel ruolo di presidente UEFA (primo ex calciatore a ricoprire tale incarico) è ancora un personaggio chiave del calcio mondiale, esattamente come lo era ai tempi in cui faceva la cosa per la quale era predestinato: giocare a pallone.
Cosa dire di Michel Platini che non sia ancora stato detto, scritto, registrato e ripetuto fino alla noia?
E' un'impresa complicata, a distanza di 21 anni dal ritiro di quello che ancora oggi, nel ruolo di presidente UEFA (primo ex calciatore a ricoprire tale incarico) è ancora un personaggio chiave del calcio mondiale, esattamente come lo era ai tempi in cui faceva la cosa per la quale era predestinato: giocare a pallone.
"La mia vita come una partita di calcio", il suo libro autobiografico. Probabilmente nel titolo sta tutta la filosofia di Platini, ma la spiegazione sta probabilmente nel DNA. Perchè uno che nasce in un paesino di minatori (Joeuf) da genitori di origini italiane (papà Aldo, professore di matematica e discreto calciatore, "milieu de terrain", centrocampista, e mamma Anna, casalinga) e il nonno paterno emigrato da Agrate Conturbia (Novara), qualche gene calcistico lo deve avere per forza. Soprattutto se il nonno di origini novaresi si compra il locale Cafè des Sportifs e va pazzo per il calcio.
Discorso ancora più pertinente se il ragazzino cresce con il pallone come migliore amico, devastando la porta del garage con un cane (il fedele Fufi) a far da portiere. Una convinzione dell'essere predestinato che contrasta con i primi provini infelici, quasi drammatici in alcuni casi (lo spirometro che segnò tre soli litri di capacità e fece temere per un problema cardiaco dopo il successivo svenimento di Michel), perché frutto di talento ma anche di tanto, tantissimo lavoro. Un lavoro fatto di giornate interminabili alle prese con le sagome che a Nancy gli confeziona Claude Cuny e che lo rendono pressoché infallibile ne "le coup franc": il calcio di punizione. Una tecnica di tiro (si dice) agevolata da una presunta caviglia rigida. Un lavoro che forgia un carattere tutt'altro che remissivo, prova ne siano i ripetuti infortuni articolari (caviglie, ginocchia, braccia) dai quali Michel si è sempre ripreso tornando ogni volta in campo più forte di prima.
La progressione della sua carriera è esemplare per certificare quanto riportato sopra. Un'esplosione precoce, non precocissima, in una squadra di provincia della quale diventa la stella, la Nazionale conquistata a vent'anni, ma sempre rimanendo a Nancy, in una dimensione a misura d'uomo. Quando effettua il salto nella squadra numero uno di Francia, il St.Etienne, ha già ventiquattro anni, un campionato del mondo alle spalle e l'Europa già lo conosce bene. Una società in particolare lo "bracca" da tempo: l'Inter, che addirittura lo porta in visita a Milano in previsione di una prossima riapertura delle frontiere agli stranieri.
Ma un certo scetticismo mostrato dal mister Bersellini sulla sua collocazione e alcune perplessità sulle sue condizioni fisiche fanno rivolgere le attenzioni nerazzurre sull'austriaco Prohaska, che vincerà lo scudetto, ma qualche anno dopo con la Roma...
Anche grazie ai tentennamenti interisti, Platini andrà alla Juve, una volta constatata la conclusione del ciclo con i "verts", durato tre stagioni, impreziosite dal primo successo in Ligue 1. L'Avvocato si innamora di Platini davanti alla tv durante l’amichevole premondiale Francia-Italia, giocata nel febbraio 1982 a Parigi. Sono 62 anni che "les coqs" non battono gli azzurri, ma quella sera di mezzo inverno Michel determina lo storico risultato con un gol dei suoi, un tiro non fortissimo ma teso a rubare il tempo all'intera difesa, con un calcio improvviso e preciso dal limite dell'area. Nella ripresa raddoppierà il futuro parmense Bravo, e l'incantesimo transalpino finisce.
La Juve ha già chiuso l'accordo con il polacco Boniek, giocatore dalla progressione devastante, buona tecnica, da tempo sul taccuino dei maggiori clubs europei. E Liam Brady, l'irlandese gentiluomo, ha contribuito in modo determinante a due scudetti in due stagioni, il secondo dei quali ottenuto in circostanze che ne segnalarono la grandissima professionalità. Perchè quando trasformò il decisivo rigore di Catanzaro, Brady sapeva già di dover lasciare il posto di secondo straniero (ai tempi numero limite di tesseramento per calciatori provenienti dall'estero) all'asso francese, che l'Avvocato impose a Boniperti a pochi minuti dalla chiusura del mercato.
Al trasferimento si legano retroscena degni di una spy story e meritano di essere raccontati. Un tecnico dell'aeroporto di Lione, telefonò all'emittente radiofonica Europe 1 svelando la partenza per Torino del più popolare giocatore francese a bordo di un Cessna a 4 posti, e questa confidenza valse al tecnico i 500 franchi di premio che l'emittente elargiva all'ascoltatore che forniva la "notizia della settimana". A questo proposito, citiamo una dichiarazione di una storica voce di Europe 1: "Siamo stati gli unici a sapere del viaggio di Platini a Torino a bordo di un petit Cessna quattro posti. Quando abbiamo rilanciato la notizia in Italia, nessuno voleva crederci. Per convincere un giornale di Milano, poiché nel frattempo avevamo raggiunto telefonicamente Platini a Torino nello studio di Boniperti, abbiamo dovuto fare ascoltare la registrazione delle voci di Platini e di Boniperti. Il giornalista milanese che non voleva crederci mi è sembrato addirittura addolorato perché continuava a dire: impossibile, impossibile, Platini è dell'Inter".
La voce fa il giro delle redazioni dei giornali francesi, è la notizia dell'anno; oltre all'Inter, rimangono a bocca asciutta anche i francesi del Paris Saint Germain (che offrivano il doppio) e l'Arsenal. Michel spiega: "Parigi è Parigi, ma la Juve è la Juve....", mentre "Paris Match" lo intervista titolando: "Le sette ore che hanno cambiato la mia vita". Di queste sette ore, tre sono state pesantissime. "Sono state le tre ore di discussione con Boniperti", affermò Platini stupito dalla grinta e dalla fermezza del presidente juventino.
Michel arriva a Torino con il manager Bernard Genestar e un consigliere dell'assocalciatori francese, Piat, i tre a Caselle trovano ad attenderli la limousine grigia di Gianni Agnelli, con Boniperti alla guida e l'autista (armato) seduto sul sedile posteriore. In sede, alla fine dell’estenuante trattativa Michel firma il contratto biennale che lo lega alla Juventus (con una Parker d'oro di Boniperti che ne pretende la restituzione dopo l'apposizione dell'autografo) e, visto che la fame è in agguato, si aspetta qualche specialità. Nulla, solo due sandwiches, più un terzo, "fregato" a Boniperti. Michel resta di stucco, ma ancora è nulla rispetto a quando il presidente gli offre un succo di frutta. "Mon president, Champagne!" la richiesta del francese: arriverà una bottiglia di spumante Asti.... Boniperti gli rivolge l'invito/ordine che tutti i capelloni in procinto di trasferirsi alla Juve hanno avuto il (dis)piacere di sentirsi intimare: "Ora che sei dei nostri, ti dovrai tagliare i capelli". Pronta la risposta: "Perché? Avete forse paura che mi cadano?".
Michel arriva a Torino con il manager Bernard Genestar e un consigliere dell'assocalciatori francese, Piat, i tre a Caselle trovano ad attenderli la limousine grigia di Gianni Agnelli, con Boniperti alla guida e l'autista (armato) seduto sul sedile posteriore. In sede, alla fine dell’estenuante trattativa Michel firma il contratto biennale che lo lega alla Juventus (con una Parker d'oro di Boniperti che ne pretende la restituzione dopo l'apposizione dell'autografo) e, visto che la fame è in agguato, si aspetta qualche specialità. Nulla, solo due sandwiches, più un terzo, "fregato" a Boniperti. Michel resta di stucco, ma ancora è nulla rispetto a quando il presidente gli offre un succo di frutta. "Mon president, Champagne!" la richiesta del francese: arriverà una bottiglia di spumante Asti.... Boniperti gli rivolge l'invito/ordine che tutti i capelloni in procinto di trasferirsi alla Juve hanno avuto il (dis)piacere di sentirsi intimare: "Ora che sei dei nostri, ti dovrai tagliare i capelli". Pronta la risposta: "Perché? Avete forse paura che mi cadano?".
La sera, alle 20:00, il TG1 aprirà con la notizia dell'accordo tra la Juve e Platini al limite, perchè proprio alle 20:00 di quel giorno era fissato l'orario di chiusura delle trattative con l'estero. Tornato a casa, Michel si rivolge così alla moglie: "on a gagnè!" (abbiamo vinto!).
Questa capacità di fare ironia, di non essere mai banale e di non avere soggezione dei potenti ne fanno il preferito di Gianni Agnelli, che lo considera amico, un privilegio per pochi. L'Avvocato, negli anni dimostrerà spesso la sua ammirazione nei confronti del francese, con celebri battute quali: "Lo abbiamo preso per un tozzo di pane...lui ci ha spalmato sopra il foie gras..." oppure, in risposta a chi gli chiedesse di un confronto tra Platini o Maradona: "Non cambierei mai la mia Legion d'Onore.." facendo riferimento alla massima riconoscenza riservata ad un cittadino francese, che Mitterrand consegnò a Michel dopo il trionfale Europeo del 1984, la manifestazione più dominata da un solo calciatore che si ricordi.
L'immagine che abbiamo di Platini è quella del giocatore regale, superiore, padrone della partita, in grado di determinarne i destini in qualsiasi momento, ma per davvero, non come si sente spesso dire in modo abusato e banale. Uno come Platini lo "sentivi" in campo. La palla era altrove ma i fari erano sempre puntati su di lui perchè ogni suo movimento non era mai scontato, era tutto studiato, con grande naturalezza ed eleganza, ma più frutto di intelligenza superiore che di puro istinto. Quello veniva liberato sotto rete e nelle interviste con i giornalisti, da lui perennemente presi in giro con quel sorriso beffardo e le battutine salaci. Con lui, fisicamente uomo normalissimo sembravano allearsi gli elementi: magnifico col sole, devastante sotto la pioggia, magistrale su neve e ghiaccio, sui terreni fangosi teoricamente adatti ai "panzer" ha scritto alcune delle pagine più belle della sua carriera. Un destro naturale, ma che ha segnato grandissimi gol anche col piede meno nobile, forte di testa a dispetto della statura non proprio da corazziere, devastante al tiro e altrettanto abile nel mandare in rete i compagni con assist millimetrici, aveva un gran dribbling ma lo usava solo in caso di necessità: preferiva far correre la palla e giocare di prima, "leggendo" l'azione alcuni secondi prima di tutti.
Un uomo "pieno" di record, sia in patria che nella terra dei suoi avi, ma è annoiante parlare di numeri. Per quelli ci sono a disposizione le strabilianti statistiche. Qui ne ricordiamo solo uno, il numero 10, il suo numero di maglia, maglia rigorosamente tenuta fuori dai pantaloncini. Un numero che per gli studiosi rappresenta il culmine della conoscenza completa, assoluta. Un numero attorno al quale anche lui si è divertito ad ironizzare, definendo un suo illustre erede in bianconero "un nove e mezzo", etichetta pesante quanto l'eredità che è toccata a chi quella maglia l'ha vestita dopo di lui. E dal confronto ne è uscito se non sconfitto, ridimensionato.
Eh si...potrei scrivere ore e ore di quanto ci ha deliziato, di quante meravigliose sorprese ci ha regalato, dai tre titoli di capocannoniere consecutivi (primato che condivide con il "pompierone" Nordahl, primo decennio dopoguerra...) alle tre, nettissime, affermazioni nel Pallone d'Oro, pure queste consecutive e ulteriore record tuttora ineguagliato.
Eh si...potrei scrivere ore e ore di quanto ci ha deliziato, di quante meravigliose sorprese ci ha regalato, dai tre titoli di capocannoniere consecutivi (primato che condivide con il "pompierone" Nordahl, primo decennio dopoguerra...) alle tre, nettissime, affermazioni nel Pallone d'Oro, pure queste consecutive e ulteriore record tuttora ineguagliato.
Ma se devo sceglierne una simbolica, scelgo quella che è probabilmente l'immagine più famosa, quella di lui, perplesso e incredulo, sdraiato su un fianco dopo l'annullamento di uno dei gol più belli mai visti su un campo di calcio, soprattutto in una gara di grande importanza. E' il gol realizzato contro l'Argentinos Juniors a Tokyo l'8 dicembre 1985: Michel dopo un controllo di petto, effettua un "sombrero" di destro sul più vicino avversario e calcia di sinistro al volo in rete. Il tutto in una frazione di secondo, una magia. Magia che l'arbitro cancella dal tabellino per un fuorigioco passivo e ininfluente di Serena. Un vero peccato, anche se l'annullamento non fu influente ai fini del risultato finale; la Juve vinse ugualmente la sua prima Coppa Intercontinentale, ovviamente con Platini migliore in campo e autore del rigore decisivo. Ma la grandezza di quel gol e di quel giocatore che è stato Michel Platini, si percepisce dal fatto che a distanza di ventitre anni, il ricordo più nitido di quella gara resta un gol annullato. Probabilmente un caso unico nella storia.