LA JUVENTUS
Analizziamo punto per punto le decisioni della Caf riportando brani della sentenza e commentandoli di volta in volta.
NÉ CUPOLA NÉ SISTEMA
(pag.74) «Nell’atto di deferimento […] non v’è traccia delle espressioni <sistema> e <cupola> spesso ricorrenti nel contesto delle difese medesime. Si parla ivi, invece, semplicemente di <una rete consolidata di rapporti, di natura non regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale… attraverso varie condotte, che intervenivano in momenti e livelli differenti>. E questa sembra, invero, l’idea generale che suscita una prima attenta lettura di tutto l’atto di deferimento. Ma trattasi di un’idea che […] finisce col precisarsi nel senso che in realtà non un unico reticolo abbracciante tutti i rapporti denunciati dalla Procura federale esisteva, bensì tanti reticoli quante erano le squadre del campionato attualmente deferite, le quali si attivavano, ciascuna nel proprio interesse, al fine appunto di <alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale>».
Non si può parlare di “cupola” (il messaggio sarà giunto ai giornali?) perché, in realtà vi sono «tanti reticoli quante erano le squadre». Quindi, in realtà, ognuno pensava ai propri interessi.
(74) «Sicché, in definitiva si potrebbe dire che, non già un sistema in cui siano inquadrabili tutti gli episodi in parola, ma piuttosto un’atmosfera inquinata, una insana temperie avvolgente il campionato di serie A, era venutasi a creare gradualmente: in cui agirono i vari protagonisti, animati da istinti, sentimenti e intenti non sempre comuni, tesi com’erano ora al mero protagonismo ora all’egemonia, personale o di gruppo».
Abolito il concetto di “cupola”, viene messo da parte anche quello di “sistema”. Sussiste solo un’atmosfera inquinata entro la quale si muovono i personaggi della vicenda. Viene riconosciuta anche la possibilità che le persone coinvolte agissero per protagonismo e per l’ottenimento di potere personale.
(75) «Da qui la necessità ravvisata da questa Commissione di procedere partitamente, seguendo approssimativamente l’ordine risultante dall’atto di deferimento - all’analisi delle posizioni delle quattro squadre deferite e dei soggetti singoli ruotanti intorno a ciascuna di esse; onde accertare chi e in quale misura sia colpevole e chi invece sia innocente».
Ribadendo che i soggetti operano indipendentemente l’uno dall’altro risulta smentita la teoria dell’esistenza di un’associazione che avrebbe preso a cuore, per esempio, il “salvataggio” della Fiorentina.
L’ILLECITO “STRUTTURATO”
(76) «Il capo di incolpazione come sopra formulato suppone che la Procura federale ritiene integrato l'illecito sportivo di cui all'art. 6, n. 1, C.G.S. con il compimento di atti diretti a procurare ad una squadra un vantaggio in classifica, evidentemente considerando come distinta l'ipotesi contestata, rispetto alle altre previste nella stessa norma, consistenti nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara. L'impostazione giuridica deve ritenersi corretta perché l'art. 6, c. 1, C.G.S. prevede tre ipotesi di illecito consistenti: a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica».
Un passaggio molto importante: la giuria accetta l’ipotesi della Procura secondo la quale sussisterebbe illecito anche in assenza di atti volti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una partita. Per dimostrarlo ci si appiglia al punto c) che cita un generico “vantaggio in classifica”. Ma è un passaggio ambiguo: dal momento che non si comprende quale possa essere un vantaggio in classifica che non sia l’alterazione stessa di una partita (la classifica è la sommatoria numerica dei punti ottenuti appunto disputando le gare), probabilmente sarebbe stato più giusto scrivere “atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio sleale”. In quanto a svantaggi sleali basti pensare ad una fidejussione falsa, ad un bilancio truccato, ad un passaporto falsificato.
In ogni caso, stando alla norma, affinché si compia un illecito è assolutamente necessario che l’atto che lo comporta assicuri un vantaggio in classifica. Ma, da quello che segue, pare essere diversamente.
(76) «Tali ipotesi sono distinte perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre».
Ecco il primo capolavoro della sentenza. Com’è possibile ottenere dei punti in più (ovvero un “vantaggio in classifica”) senza alterare le singole gare? Si dice che tale operazione è “concettualmente ammissibile” ma, non citando esempi concreti di come essa si possa realizzare, ci si affida ad una cavillosamotivazione: «Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo (una cosa ovvia), è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti (quali condizionamenti? Questa affermazione contraddice la prima: un concetto matematico non può essere “influenzato da condizionamenti”. Cosa significa poi il riferimento alla classifica “nel suo complesso”? ) che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre (in base a questa affermazione la prevalenza di una squadra sulle altre è data non dai risultati e dai punti ottenuti ma da questi non meglio precisati “condizionamenti” che, dagli stessi risultati prescindono)».
Una maniera cervellotica per dire che, in mancanza di prove sul condizionamento degli arbitri, la Juventus in qualche modo li influenza lo stesso (telepatia?), anche senza inficiare lo svolgimento delle partite (magia?).
(77) «La Procura federale, con riferimento all'addebito contestato alle persone indicate nel capo di incolpazione in esame, ha individuato talune condotte, costituenti di per sé comportamenti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva (art.1, c.1, C.G.S.), ed ha ritenuto che l'insieme di tali condotte sia stato idoneo a realizzare il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale a vantaggi della Juventus, e quindi sia stato violato l’art. 6, c. 1 C.G.S., integrando la pluralità delle condotte l’attività diretta a procurare alla Juventus un vantaggio in classifica».
Ed ecco servita una seconda stramberia giuridica. Premesso che i comportamenti improntati a slealtà (violazione dell’art.1) sono evidenti e nessuno desidera contestarli, ciò che desta scalpore è la teoria in base alla quale una pluralità di tali comportamenti “integri” un illecito, apportando un vantaggio in classifica. Ovvero: non ci sono prove che la Juventus alteri le partite, però ve ne sono che i suoi dirigenti telefonano ai designatori, quindi è ovvio che in qualche modo la Juve altera le partite. Una congettura fantasiosa, strampalata fin dalla sua formulazione. La sentenza sostiene che una “pluralità” di condotte si sommano per costituire un altro tipo di condotta. Ma qual è la soglia? Due condotte, tre, otto, ventinove? Nelle partite all’oratorio una volta vigeva la regola “tre calci d’angolo fanno un rigore”. Ma almeno in quel caso si sapeva che erano necessari tre corner! Inoltre, bisognerebbe specificare in che modo questi comportamenti sleali possono materialmente alterare la classifica (requisito fondamentale, come si è visto, per il realizzarsi di un illecito). Una cena con un designatore altera la classifica? Allora anche quelle tra Bergamo e Facchetti.
Un regalo di Natale (panettoni, magliette) altera la classifica? Allora anche i Rolex di Sensi. La sensazione è che questo macchinoso teorema, definito da Borrelli “illecito strutturato”, sia stato messo in piedi solo per far apparire la posizione della Juventus come la più grave in assoluto. A Lazio e Fiorentina vengono contestate diverse partite ben precise, nelle quali si sarebbero realizzati molteplici illeciti ma sarebbe stato impensabile far digerire all’opinione pubblica una condanna ai bianconeri minore rispetto a quella di queste due società.
Ma quali sono, nello specifico le violazioni contestate alla Juventus? Vediamo.
(79) «La Commissione osserva che i fatti accertati e le conversazioni intervenute tra i vari incolpati non possono essere presi in considerazione atomisticamente, come fa la difesa di Giraudo, ma devono essere valutati nel loro complesso e nella loro correlazione; è appena il caso, infatti, di precisare che si deve, in questa sede accertare se la pluralità di condotte poste in essere dai signori Moggi e Giraudo, anche se singolarmente costituenti soltanto violazione dei principi di cui all'art. 1, c. 1, C.G.S., abbiano determinato quella situazione di condizionamento del settore arbitrale che costituisce l'atto diretto al conseguimento del vantaggio in classifica».
La Commissione ritiene opportuno valutare le telefonate dei dirigenti juventini nel loro complesso al fine di cercare una verifica della teoria dell’illecito strutturato. Benissimo, ma se tali conversazioni sono da considerare “tutte insieme” perché nell’accusa vengono prese solo quelle che paiono prefigurare comportamenti sleali e non quelle che, al contrario, sembrano scagionare gli imputati (che, come dimostrato in precedenza, sono molto numerose)? E perché si applica questo trattamento solo alla Juventus e non, ad esempio, al Milan? Anche nel caso dei rossoneri vi sono moltissime telefonate e con molti arbitri. Moggi, invece, parla quasi esclusivamente con Bergamo e Mazzini.
(79) «Nella valutazione del materiale probatorio la Commissione si limiterà ad indicare quegli elementi di sicura valenza, che non si prestano ad interpretazioni equivoche, perché già solo dall'analisi di taluni fatti incontrovertibili emerge a chiare lettere ciò che era nella opinione di tutti coloro che gravitavano nel mondo del calcio, e cioè il condizionamento del settore arbitrale da parte della dirigenza della Juventus».
Secondo la Caf, una serie di fatti conferma l’opinione di tutti (non di alcuni, ma di “tutti”) gli appartenenti al mondo del calcio, in base alla quale la Juventus condiziona il “settore arbitrale” (non si capisce perché si usi questa locuzione e non si dica esplicitamente “arbitri”. Forse perché la Juventus con gli arbitri non ci parla?).
Un’affermazione giuridicamente agghiacciante che rende conto del reale valore di questo processo. Una sentenza si deve basare unicamente su prove e non su opinioni, le quali non dovrebbero nemmeno essere citate. Inoltre, ci si aspetta che un giudice sia caratterizzato da indipendenza, terzietà ed autonomia di giudizio: è sconcertante che si faccia riferimento all’opinione pubblica ma è addirittura inquietante che la si adoperi come strumento di conferma alle accuse.
(80) «Questa possibilità di intervento di Moggi e Giraudo sul mondo arbitrale emerge a chiare lettere dal numerosi elementi e da prove dirette. Il primo elemento che balza subito agli occhi è che i due dirigenti avevano uno stretto rapporto con i due designatori arbitrali: rapporto manifestato dai ripetuti incontri, anche conviviali, e dalla frequenza delle telefonate tra loro intercorse. Questo fatto, che potrebbe apparire insignificante – e tale lo ha definito la difesa, la quale non ha però tenuto conto del contenuto delle conversazioni telefoniche antecedenti e successive agli incontri, le quali rivelano che in occasione degli stessi si parlava di gestione del settore arbitrale e di assetti di potere – ha invece rilievo, ove si consideri che quando altri soggetti (v. Andrea e Diego Della Valle, della cui posizione si parlerà più avanti) sono intervenuti sul settore arbitrale hanno dovuto farlo passando anche attraverso il filtro di Moggi e Giraudo».
Passaggio controverso. La prima parte è plausibile: Moggi e Giraudo si sentivano al telefono e, in alcune occasioni, cenavano in compagnia dei designatori.
Nulla di eccezionale dal momento che vi è la riprova che anche dirigenti di altre squadre facevano la stessa cosa. È la stessa sentenza a spiegare i contenuti di tali incontri e telefonate: «gestione del settore arbitrale e di assetti di potere». Quindi, non di “arbitri e di partite” (si ricordi che è necessario il famigerato “vantaggio in classifica” per prefigurare l’illecito). La seconda parte del passaggio è, invece, fallace: nessuno degli “altri soggetti”, come dimostrato nei capitoli dedicati a Lazio e Fiorentina, ha dovuto fare riferimento a Moggi per ottenere aiuti arbitrali.
Lotito e Della Valle parlano direttamente con Bergamo, Mazzini, Galliani e Carraro.
LE UTENZE RISERVATE
(81) «Se le comunicazioni tra loro vi sono state ( la circostanza è pacifica) e se lo stesso Moggi si è dato carico di fornire (almeno a Bergamo) il telefonino ed ha provveduto a ricaricarlo a sue spese, è consentito dedurne che l'oggetto delle conversazioni (non essendo state prospettate altre ipotesi plausibili da parte degli incolpati) non dovesse essere del tutto lecito».
Un ragionamento illogico: se Moggi ha fornito a Bergamo un’utenza straniera, allora è ovvio che è attraverso quella che i due pianificano le loro malefatte. L’accusa, in questo caso, sarebbe paradossalmente la mancanza di intercettazioni o il fatto stesso di telefonarsi, che non è che la ripetizione dell’accusa precedente. Dov’è dunque la prova? Secondo questo ragionamento anche le cene di Facchetti con Bergamo, dal momento che nessuno ne era a conoscenza, sono state sicuramente sede di condizionamenti arbitrali.
Al di là di queste considerazioni, la circostanza delle utenze riservate è, inutile nasconderlo, una violazione dell’art.1. Premesso che Bergamo e Pairetto parlavano con molti se non tutti, il fatto di aver consegnato ad uno di loro un telefonino “riservato” (sulla sua effettiva “riservabilità” vedere supra) non depone certo a favore di Moggi. L’assegnazione di qualche punto di penalità alla Juventus non stonerebbe in questo contesto. Tuttavia è necessario anche considerare l’ambiente in cui si stava operando: i timori di Moggi riguardo all’essere abusivamente ascoltati si sono rivelati fondati come dimostra l’esistenza della cosiddetta “Pratica Como”. La libertà di corrispondenza, infine, è ancora un diritto e nessuno può impedire a chicchessia di tutelare la propria privacy. Il semplice fatto che non si voglia far ascoltare una conversazione a terzi non può implicare, sic et simpliciter, un illecito.
REGALIE AGLI ARBITRI
(82) «Il rapporto tra i due rappresentanti della Juventus e i due designatori è caratterizzato poi da un elemento, sicuramente deprecabile qual è quello relativo al conseguimento di utilità economiche da parte dei due designatori, consistenti in regali, anche se di essi non è possibile verificare l'entità e nell'ottenimento di sconti di notevole importo per l'acquisto di autovetture del gruppo FIAT, per quanto riguarda Pairetto».
Non vi sono affatto utilità economiche in gioco (lo ribadisce anche la richiesta di archiviazione della Procura di Torino). Il testo fa riferimento ad una telefonata di Moggi alla moglie nella quale ella chiede se portare dei panettoni alla cena di Natale con Bergamo e Pairetto. Moggi risponde: «ma, no, no… gli diamo altra roba, non ti preoccupà!». Non viene precisato che cosa sia questa “altra roba” ma ciò basta agli investigatori per pensare a qualche regalo compromettente. E se invece Moggi avesse già predisposto, ad esempio, l’invio di una cassa di champagne? Le intercettazioni poi, per avere una valenza, devono essere chiare ed inequivoche e da quest’ultima di inequivoco c’è solo che è Natale. Piuttosto, riguardo ai regali, bisognerebbe pensare ai Rolex di Sensi, del valore di svariati milioni, oppure ai cronografi con i quali gli arbitri sono stati omaggiati dal Milan alla vigilia della partita decisiva contro la Juventus dell’8 maggio 2005.
Successivamente si parla di automobili. Abbiamo già visto che le auto in questione non erano dirette a Pairetto ma a dei suoi conoscenti (la sentenza aggiunge anche «una signora legata a Pairetto». Ma prima di formulare un’accusa non era meglio specificare chi fosse e quale ruolo avesse questa signora?) e che si trattava, in alcuni casi di uno sconto “aziendale” del 23% con regolare emissione di fattura e in altri di richieste per velocizzare la consegna.
I SORTEGGI ERANO REGOLARI
(83) «La Commissione ritiene di dovere sin da ora escludere che sia da attribuire rilevanza alla circostanza, sulla quale tanto si è discusso in questo procedimento e che ha formato oggetto di specifica indagine della Procura della Repubblica di Torino, relativa alla alterazione del procedimento di sorteggio arbitrale. Al riguardo, infatti, affiorano ragionevoli dubbi, in presenza dei quali non può parlarsi di prove sicuramente affidabili».
Incredibile. Cinque righe per liquidare uno dei capisaldi fondamentali dell’accusa mediatica e popolare. Il lettore stia bene attento e caso mai prenda un appunto: la sentenza dice che i sorteggi NON erano truccati. Ancora una volta i giornali non sono stati avvisati in tempo. Questa affermazione da parte della Corte capovolge completamente le teorie avanzate dai Carabinieri nelle informative: se gli arbitri erano regolarmente sorteggiati come faceva la cupola a mandare quelli graditi allorché si è deciso di “salvare” Fiorentina e Lazio? L’unica soluzione è che i designatori corrompessero personalmente tutti gli arbitri. Ma allora perché i direttori di gara sono stati tutti assolti? Come si può ritenere di scarsa rilevanza la circostanza delle irregolarità di sorteggio quando invece dovrebbe essere uno dei fulcri dell’intero impianto accusatorio?
LE GRIGLIE
(83) «Pienamente provati, invece, sono da ritenere altri modi in cui l'opera di condizionamento veniva attuata. Il primo è quello della interferenza di Moggi nella fase di predisposizione delle griglie e, dopo il sorteggio dell'arbitro, nella fase di designazione degli assistenti. In proposito è da rilevare che la scelta degli assistenti è riservata ai poteri discrezionali del designatore e la scelta deve essere frutto di una sua autonoma decisione che deve scaturire da motivi tecnici o anche da ragioni di opportunità, ma ovviamente mai dalla previsione che un assistente possa «aiutare» una delle due squadre in campo».
Due errori: Moggi non chiede nessun arbitro né impone la sua griglia a Bergamo. I due si limitano semplicemente a confrontarle («eh, vedi, allora s’era fatta uguale»). Il dg juventino nemmeno chiede l’invio degli assistenti poiché è lo stesso Bergamo a domandare consiglio al riguardo, come vedremo nei successivi stralci.
(83) «L'interferenza dei dirigenti della Juventus in questa fase delicata, è indotta non solo dalla esigenza di assicurarsi un arbitraggio favorevole in relazione alla gara della propria squadra, ma anche da quella di impedire che le squadre concorrenti potessero usufruire di arbitraggi ad esse favorevoli. Tale situazione è bene illuminata dalla conversazione telefonica svoltasi tra Bergamo e Moggi il 9 febbraio 2005 prog. 123, quindi prima della data dei sorteggi per le gare da effettuarsi il 12 (anticipo di Inter-Roma e Lazio-Atalanta) ed il 13 febbraio 2005, gara Juventus-Udinese. La conversazione inizia così: Moggi: <Pronto ?> - Bergamo: <Ehm ... sono al numero di casa> - Moggi: <Ehm ... Uhm ...> - Bergamo: <Vai, tanto qui son sicuro! Non ti preoccupare>. Questa introduzione dimostra, indirettamente, quanto si è già affermato in precedenza, cioè che Bergamo e Moggi erano soliti parlare su linee riservate quando affrontavano determinati argomenti».
Ancora errori: che attinenza ha il fatto che Bergamo e Moggi si telefonino tre giorni prima delle partite con la volontà di quest’ultimo di impedire che altre squadre possano usufruire di arbitraggi favorevoli? Posto che non vi è prova di alcun desiderio al riguardo, nella telefonata citata né Moggi né Bergamo fanno mai riferimento ad arbitri istruiti a danneggiare altre squadre. Come detto, i due confrontano semplicemente una griglia. E poi c’è sempre il sorteggio a decidere l’abbinamento arbitro-partita. Sorteggio che, per ammissione della stessa Corte, è regolare.
Nessuna attinenza ha neppure il riferimento di Bergamo alla linea riservata. Nella circostanza il designatore chiama dalla propria abitazione. Difficile che i due (dipinti dai Carabinieri come abili mistificatori) non sappiano che un’utenza casalinga è tutto tranne che sicura. Non è che forse Bergamo intendeva altro quando diceva di essere “sicuro”? Forse che era tranquillo, che non aveva impegni e che poteva stare tranquillamente al telefono. Infatti la conversazione tra i due è lunghissima, al contrario di quanto vuole far credere la sentenza. Visto così sembra che i due si siano telefonati apposta per parlare di griglie, invece tale questione viene affrontata solo alla fine e non è l’oggetto principale della conversazione.
(84) «Dal contenuto del colloquio appare chiaro che esso non si limita al mero confronto delle liste della prima griglia dai due autonomamente compilata, poiché la conversazione si sviluppa, nello stesso tempo, sulla opportunità o meno di formare la griglia con quattro o cinque gare e sulla individuazione della eventuale quinta gara da inserire nella griglia (Livorno-Sampdoria o Siena-Messina). Già questo primo fatto, cioè che il dirigente di una società interferisca nel lavoro di formazione della griglia, è lesivo della indipendenza ed autonomia della funzione arbitrale, fin dalla sua fase genetica».
Un altro passaggio irragionevole. Stando a queste affermazioni tutto il megagalattico potere di Moggi risiederebbe nel decidere se nella griglia A devono essere incluse quattro o cinque partite. Bergamo peraltro ha parlato delle griglie come del “segreto di Pulcinella” (cfr. supra) e ha aggiunto di averle confrontate spesso con altri dirigenti e persino allenatori (come Capello, quando questi occupava la panchina della Roma).
(85) «La stessa interferenza è provata anche con riferimento alla designazione degli assistenti, come si desume dalla conversazione telefonica prog. 523, sempre del 9 febbraio 2005, ma in ora successiva a quelle sopra indicata, intervenuta tra la Fazi e Bergamo. La conversazione, nella parte che qui rileva è del seguente tenore: Bergamo: <Ho detto [a Moggi]: chi vuoi assistenti domenica ? [gara Juventus-Udinese]; dice: voglio Ambrosini e Foschetti; ho detto: no, ti mando Ricci e Gemignani .... [ride] ... insomma sai, se non è zuppa è pan bagnato, però, tanto per non dirgli quello che vuole lui ...>. F.: <Certo, no, no, ma Ricci è suo, Gemignani va bene, quindi ...>. Bergamo: <E va bè, ma tanto per dirgli ... e ... o ... ma senti ...>. F.: <Ma hai fatto bene Paolo è, è così ...> Bergamo: <Nun posso, mettermi a fa il Pierino ...>. F.: <Ma t'ha richiamato lui o l'hai chiamato tu ?>. Bergamo: <No, ho chiamato io ...>. F.: <Hai fatto bene, corteggialo adesso e ... fa una telefonata in più, guarda fanne una di meno a me, che ti risento fra 20 giorni>. Per la partita Juventus-Udinese verranno poi designati gli assistenti Gemignani e Foschetti. La telefonata appena trascritta è illuminante perché dimostra:- che vi è una interferenza di Moggi nella scelta degli assistenti, che si manifesta con una esplicita indicazione di quelli da lui desiderati;- che la scelta degli assistenti non era frutto di un'autonoma scelta del designatore, ma era invece condizionata dalla richiesta di una delle squadre in competizione (e non è necessario attardarsi sulla rilevanza delle decisione degli assistenti);- che c'è una soggezione di Bergamo nei confronti di Moggi».
Moggi, al contrario di Meani, non chiama per ottenere gli assistenti (è Bergamo ad effettuare la chiamata). Il passaggio citato è poi solo una conversazione tra Maria Grazia Fazi e Bergamo in cui quest’ultimo parla di un colloquio avuto con Moggi. Bergamo non è in soggezione nei confronti di Moggi perché, se così fosse, gli avrebbe accordato la scelta di entrambi i guardalinee anziché di uno solo. Inoltre, il dg bianconero chiede Ambrosino e Foschetti i quali hanno diretto la Juventus, nella stagione 2004/05, rispettivamente 4 e 3 volte (Ricci e Gemignani, ancora meno, 2 e 3). Ben lontani dai mai citati Mitro (7) e Maggiani (5). Se Moggi riteneva quei due assistenti “amici” perché non se li è fatti mandare più spesso? Non è che forse li reputava semplicemente affidabili e preparati? Dove, nella fattispecie, Moggi chiede due guardalinee che favoriscano fraudolentemente la Juventus?
D’altra parte nemmeno Bergamo fa alcun riferimento di questo alla Fazi. Eppure si è più volte sostenuto che chiamare gli assistenti per avere arbitri bravi e capaci è legittimo. Perché se lo fa Moggi non lo è più? Dov’è la presunzione di innocenza?
(86) «La Commissione ritiene ragionevole presumere che l'episodio sopra descritto, riferibile alla partita Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005 (oggetto di un successivo capo di incolpazione), non sia isolato; la naturalezza con la quale si svolge il colloquio tra Bergamo e Moggi, il fatto che sia stato il primo a chiamare il secondo, l'ora notturna (1.04, nda) in cui è avvenuta la chiamata, ed il successivo colloquio di Bergamo con la F., dal quale si rileva che la trattativa sulle designazioni, fa parte di una consuetudine, nota anche a quest'ultima tanto da non meravigliarla, sono tutti elementi che consentono di affermare con tranquillità che la condotta del Moggi, resa manifesta dalle intercettazioni, si inserisce in una abitualità della condotta».
Secondo la Caf, in mancanza di prove (Moggi non fa le griglie e non chiede arbitri), l’illecito sta nell’abitudinarietà, nella naturalezza e nell’orario dei contatti telefonici. La naturalezza del colloquio è facilmente spiegata con la conoscenza trentennale che lega Moggi e Bergamo (il quale dice la stessa cosa riguardo a Facchetti), l’ “abitualità” è invece solo desunta (vi sono anche altre telefonate ma solo in questa si parla espressamente di griglie) e la conversazione con la Fazi non può certo costituire prova al riguardo (Bergamo non dice: «guarda, Moggi mi chiama sempre» né usa locuzioni tipiche che facciano pensare ad una reiterazione di telefonate, quali “ancora una volta”, “come sempre”, “come al solito”, e così via). Tralasciamo ogni commento sull’orario notturno. Se Moggi avesse chiamato di giorno e avesse parlato con meno scioltezza la condotta sarebbe stata giudicata corretta?
PUNIZIONI E MINACCE PER GLI ARBITRI
(86) «Altro elemento idoneo ad integrare la condotta indicata nel capo di incolpazione è da ravvisare nel comportamento tenuto dai due dirigenti della Juventus con riferimento al trattamento da riservare agli arbitri che si fossero manifestati ostili alla loro squadra. Tale comportamento si sviluppa indue modi distinti. Uno si concreta nel minacciare di far applicare sanzioni agli arbitri o nel richiederle direttamente al designatore (l’altro è il presunto condizionamento mediatico, che tratteremo più avanti). […] In proposito è da rilevare che per un arbitro l'essere costretto a saltare, per fini sanzionatori, una o più gare o essere destinato ad arbitrare una gara della categoria inferiore è circostanza non di poco conto; le conseguenze sono, infatti, nell'immediato, la perdita o la riduzione degli emolumenti che ammontano a cifre rilevanti, e, in prospettiva, il danno all'immagine idoneo a pregiudicare lo sviluppo della carriera. […] l'intenzione di punire non è legata al fatto che l'arbitro abbia diretto male, ma è invece conseguente, con riferimento a Tombolini, alla mancata osservanza da parte di costui dell'input datogli da Bergamo in relazione alla gara Lazio-Brescia.
Cosicché è lecito ritenere che la richiesta di «punire» Collina e Rosetti sia legata non ad errori da costoro commessi, ma piuttosto al fatto che essi non erano considerati dai dirigenti della Juventus come arbitri <amici>».
Innanzitutto va subito precisato che Moggi non chiede assolutamente di punire Tombolini ma dice semplicemente di non sapere se includerlo nella griglia vista la sua infelice prestazione in Lazio-Brescia. Casomai è Bergamo a dire: «Tombolini volevo tenerlo fermo un turno perché ha sbagliato, sennò questi se non li punisci mai…». Oltretutto non vi è nulla di inconsueto nelle “punizioni” agli arbitri che hanno compiuto errori tecnici durante le partite (vengono tenuti fermi uno o più turni oppure vengono mandati a dirigere partite di seconda fascia). Piuttosto stupisce che una Corte di giustizia sportiva non conosca l’attuarsi di questa prassi consolidata. Moggi, nel prosieguo della telefonata si mostra d’accordo con Bergamo sulla linea di condotta da tenere: «ti dico… può darsi che io mi sbaglio, io pure c’ho della gente da tenè sotto, no? Se tu, per esempio, non punisci Collina e Rosetti, gli altri sono tutti autorizzati…». Moggi è in sintonia con l’amico (anche lui ha gente da “tenè sotto”) e lo consiglia sul comportamento da adottare. In ogni caso, anche qualora Moggi volesse punire gli arbitri in questione, dove si evincerebbe che lo richiede perché non “allineati”? Non può egli esprimere un giudizio puramente tecnico? È lo stesso Moggi, in alcuni colloqui con Giraudo, a manifestare preoccupazione per il protagonismo di certi arbitri ed il loro timore a fischiare a favore della Juventus, in ragione delle pressioni dell’opinione pubblica. Va ricordato inoltre che Rosetti, in quanto di Torino, non può arbitrare la Juventus. Certo è difficile per la Juventus considerare "amico" o "nemico" l'unico arbitro che per regolamento non la può dirigere.
(88) «È stata anche provata la sussistenza di minacce di interventi sanzionatori profferite dai dirigenti della Juventus direttamente nei confronti di un arbitro. La Commissione si riferisce all'episodio avvenuto dopo la partita Reggina-Juventus del 6 novembre 2004.[…] l'arbitro Paparesta non solo omise di fare cenno dell'episodio nel referto arbitrale, ma il giorno dopo telefonò a Moggi per avere un chiarimento. Questo comportamento, come del resto ha spiegato lo stesso Paparesta, nell'interrogatorio reso il 13 maggio 2006 al Nucleo operativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, dimostra uno stato di timore, almeno di questo arbitro, nei confronti della dirigenza della juventus, percepita come capace di pregiudicare la sua carriera. Non assume poi rilievo che in effetti una punizione grave non vi fu».
Il fatto che Paparesta non abbia avuto una punizione grave assume invece un rilievo ben preciso: Moggi non ha potere di decidere i “castighi” agli arbitri e questa vicenda ne è la dimostrazione. Quanto al timore reverenziale di Paparesta ci si chiede perché durante Reggina-Juventus non abbia avuto alcun problema a negare un rigore evidentissimo alla Juventus. Infine non c’è prova che Moggi abbia pronunciato le minacce di fronte all’arbitro dal momento che nelle intercettazioni il dg ne parla solo con il giornalista Tony Damascelli e con Giraudo.
(89) «Tale opera di prevaricazione si è manifestata pure attraverso un uso distorto dei mezzi di comunicazione di massa, mercé la compiacenza di ben individuati soggetti, resisi disponibili nei confronti delle sollecitazioni loro rivolte dai dirigenti della Juventus, di minimizzare gli errori degli arbitri dai quali aveva tratto giovamento questa squadra o addirittura di non parlarne, e di valorizzare invece gli errori che avevano favorito la squadra avversaria o in genere le squadre concorrenti».
Un presunto controllo dei media (Berlusconi con tre televisioni cosa controlla?) non ha nessuna rilevanza in un processo sportivo.
(89) «Gli atti posti in essere da Moggi e Giraudo, unitariamente considerati, integrano la condotta addebitata nel capo di incolpazione quale violazione dell'art. 6, c. 1, C.G.S., norma, questa, che configura un illecito a consumazione anticipata […]. È stato provato che le condotte accertate erano soggettivamente e oggettivamente dirette a interferire sulla terzietà della funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto alle altre squadre e quindi, in definitiva, ad assicurarsi un vantaggio in classifica; e che, inoltre, avevano una capacità causale adeguata per il conseguimento del risultato sperato. I fatti sopra evidenziati, infatti, erano idonei a determinare una situazione di disparità tra la Juventus e le altre squadre, poiché, pur essendo provato che anche alcuna di queste ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di qualche gara, dal materiale sottoposto all'esame della Commissione risulta che solo la Juventus, nel corso del campionato 2004/2005, ha esercitato quella influenza costante e generalizzata sul settore arbitrale, idonea a minarne la terzietà nei modi di cui si è già detto».
Si torna di nuovo al punto fondamentale della sentenza: il famigerato “vantaggio in classifica” ovvero ciò che permette di parlare di illecito sportivo. Purtroppo però, anche in questo caso, non si riesce a comprendere di cosa si tratti. La Corte avrebbe dovuto spiegare come i comportamenti definiti «alterazione della terzietà degli arbitri» hanno determinato in concreto un vantaggio in classifica, posto che non c’è stata influenza diretta su nessun risultato (cosa che invece hanno direttamente fatto altri, la cui posizione sanzionatoria è risultata molto meno grave). Pare di essere di fronte ad un atto di fede: visto che la Juventus aveva relazioni privilegiate con i designatori, questo “deve” necessariamente aver comportato un vantaggio in classifica.
Sì, ma esattamente, quale vantaggio? È l’incongruenza principale dell’intero provvedimento: se la classifica è la risultante aritmetica di una somma di punti ma non si è in grado di stabilire in quali partite la Juventus ne ha ottenuti illecitamente, come si può affermare che “l’alterazione della terzietà” determina un effettivo vantaggio in classifica senza implicare un’alterazione dei punti stessi? A questo proposito sarebbe interessante sapere se i Rolex di Sensi abbiano o meno determinato un effettivo vantaggio in classifica. Non sono anch’essi un lampante tentativo di minare la terzietà arbitrale?
UN’ ENORME CONTRADDIZIONE E IL REATO ASSORBITO
(100) «La Procura fa particolare riferimento ad un colloquio telefonico del 3 dicembre 2004, alle ore 11.53 (prog.8771), dal quale si evince che Moggi conosceva, prima della comunicazione ufficiale il nome degli assistenti. Inoltre la Procura federale osserva che la sera del 2 dicembre 2004 Moggi aveva incontrato a cena Bergamo, Pairetto e Giraudo (la famosa cena di Natale, nda), e poiché collega a questo incontro la sopra ricordata telefonata del 3 dicembre 2004 (prog. 8771), lascia intendere, se pure non esplicitamente, che la conoscenza dei nomi degli assistenti da parte del Moggi, anteriormente alla loro designazione ufficiale, dipendeva da un precedente accordo. La commissione ritiene che la condotta ascritta al Moggi vada qualificata come contraria ai principi di correttezza e lealtà sportiva, come del resto altre volte ha prospettato la Procura in questo stesso procedimento (v. partita Juventus - Udinese del 13 febbraio 2005, in questo stesso capo di incolpazione e partita Milan – Chievo del 20 aprile 2005, nel capo di incolpazione relativo a Galliani, Meani e Mazzei); poiché l'interferenza nelle designazione è una delle plurime condotte attraverso le quali Moggi ha realizzato l'illecito descritto nel primo capo di incolpazione, la commissione, riconosciuta la sussistenza della violazione dell'art. 1, c. 1, C.G.S., ne dichiara l'assorbimento nell'illecito del quale Moggi è stato già ritenuto responsabile».
Un’altra gigantesca contraddizione, anzi due. In precedenza si è parlato di sorteggi regolari e non pilotati. Come si può allora dire adesso che Moggi, conoscendo in anticipo i nomi degli arbitri, li taroccava? Inoltre, come può la Caf non aver notato che la telefonata in questione è delle 11.53, ovvero di quasi un’ora successiva ai sorteggi stessi? Moggi conosceva i nomi semplicemente perché aveva telefonato in Federcalcio. E poi cosa significa che l’illecito è “assorbito” dentro a un altro? Ma più condotte antisportive non facevano un illecito? Due illeciti sommati cosa comportano?
LE AMMONIZIONI NON SONO MIRATE
(101) «Reputa questa Commissione che dal materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio non emerga, con sufficiente grado di certezza la responsabilità del Moggi e Del De Santis in ordine al compimento di atti integranti l’illecito sportivo loro contestato dalla Procura.[…] effettivamente De Santis (ha) nel corso della gara ammonito due calciatori del Bologna diffidati, anche tenendo conto del fatto che, in base a quanto risulta dal rapporto dell’osservatore Aia per detta gara, il direttore della stessa ha fatto corretto uso dei propri poteri sanzionatori, irrogando ammonizioni dovute».
Quello appena letto è il giudizio della Caf riguardo alle tanto discusse “ammonizioni scientifiche”. Ebbene, non esistono. Le ammonizioni di Nastase e Petruzzi erano corrette a norma di regolamento (“dovute”), e comunque non ci sono prove che Moggi le abbia mai richieste. Per una volta la sentenza ha fatto meglio dei giornali.
CONCLUSIONE
In sintesi, la Juventus viene incriminata per il cosiddetto “illecito strutturato” (che nemmeno la sentenza è riuscito a definire) e per tre partite.
La prima non è stata nemmeno giocata dalla Juve (Fiorentina-Bologna) ma non c’è illecito perché non esistono le ammonizioni mirate. La seconda (Juventus-Lazio) è assorbita nella terza (Juventus-Udinese) per la quale si constata il condizionamento delle designazioni degli assistenti il cui reato è riassumibile così: “dammi A e B”, “No, C e D”, risultato “A e C”. Da questo episodio, dal tono di voce di Moggi e dall'orario notturno delle telefonate si arriva a retrocessione in serie B con meno 30 punti, a 5 anni di inibizione, alla revoca di due scudetti e a 80.000 € di multa, perché i designatori, che peraltro non truccavano i sorteggi, hanno ricevuto "regali di entità indefinibile", un telefonino, e il concessionario ha fatto lo sconto del 23% su una Fiat per un loro amico. D'altronde, la prova regina è lo scudetto: (89) «le condotte stesse, tutte dirette al medesimo fine, hanno effettivamente determinato una situazione di vantaggio della Juventus rispetto alle altre squadre, che ha poi portato la stessa alla vittoria nel campionato».