LA JUVENTUS
Analizziamo punto per punto le decisioni della Caf riportando brani della sentenza e commentandoli di volta in volta.
NÉ CUPOLA NÉ SISTEMA
(pag.74) «Nell’atto di deferimento […] non v’è traccia delle espressioni <sistema> e <cupola> spesso ricorrenti nel contesto delle difese medesime. Si parla ivi, invece, semplicemente di <una rete consolidata di rapporti, di natura non regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale… attraverso varie condotte, che intervenivano in momenti e livelli differenti>. E questa sembra, invero, l’idea generale che suscita una prima attenta lettura di tutto l’atto di deferimento. Ma trattasi di un’idea che […] finisce col precisarsi nel senso che in realtà non un unico reticolo abbracciante tutti i rapporti denunciati dalla Procura federale esisteva, bensì tanti reticoli quante erano le squadre del campionato attualmente deferite, le quali si attivavano, ciascuna nel proprio interesse, al fine appunto di <alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale>».
Non si può parlare di “cupola” (il messaggio sarà giunto ai giornali?) perché, in realtà vi sono «tanti reticoli quante erano le squadre». Quindi, in realtà, ognuno pensava ai propri interessi.
(74) «Sicché, in definitiva si potrebbe dire che, non già un sistema in cui siano inquadrabili tutti gli episodi in parola, ma piuttosto un’atmosfera inquinata, una insana temperie avvolgente il campionato di serie A, era venutasi a creare gradualmente: in cui agirono i vari protagonisti, animati da istinti, sentimenti e intenti non sempre comuni, tesi com’erano ora al mero protagonismo ora all’egemonia, personale o di gruppo».
Abolito il concetto di “cupola”, viene messo da parte anche quello di “sistema”. Sussiste solo un’atmosfera inquinata entro la quale si muovono i personaggi della vicenda. Viene riconosciuta anche la possibilità che le persone coinvolte agissero per protagonismo e per l’ottenimento di potere personale.
(75) «Da qui la necessità ravvisata da questa Commissione di procedere partitamente, seguendo approssimativamente l’ordine risultante dall’atto di deferimento - all’analisi delle posizioni delle quattro squadre deferite e dei soggetti singoli ruotanti intorno a ciascuna di esse; onde accertare chi e in quale misura sia colpevole e chi invece sia innocente».
Ribadendo che i soggetti operano indipendentemente l’uno dall’altro risulta smentita la teoria dell’esistenza di un’associazione che avrebbe preso a cuore, per esempio, il “salvataggio” della Fiorentina.
L’ILLECITO “STRUTTURATO”
(76) «Il capo di incolpazione come sopra formulato suppone che la Procura federale ritiene integrato l'illecito sportivo di cui all'art. 6, n. 1, C.G.S. con il compimento di atti diretti a procurare ad una squadra un vantaggio in classifica, evidentemente considerando come distinta l'ipotesi contestata, rispetto alle altre previste nella stessa norma, consistenti nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara. L'impostazione giuridica deve ritenersi corretta perché l'art. 6, c. 1, C.G.S. prevede tre ipotesi di illecito consistenti: a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica».
Un passaggio molto importante: la giuria accetta l’ipotesi della Procura secondo la quale sussisterebbe illecito anche in assenza di atti volti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una partita. Per dimostrarlo ci si appiglia al punto c) che cita un generico “vantaggio in classifica”. Ma è un passaggio ambiguo: dal momento che non si comprende quale possa essere un vantaggio in classifica che non sia l’alterazione stessa di una partita (la classifica è la sommatoria numerica dei punti ottenuti appunto disputando le gare), probabilmente sarebbe stato più giusto scrivere “atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio sleale”. In quanto a svantaggi sleali basti pensare ad una fidejussione falsa, ad un bilancio truccato, ad un passaporto falsificato.
In ogni caso, stando alla norma, affinché si compia un illecito è assolutamente necessario che l’atto che lo comporta assicuri un vantaggio in classifica. Ma, da quello che segue, pare essere diversamente.
(76) «Tali ipotesi sono distinte perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre».
Ecco il primo capolavoro della sentenza. Com’è possibile ottenere dei punti in più (ovvero un “vantaggio in classifica”) senza alterare le singole gare? Si dice che tale operazione è “concettualmente ammissibile” ma, non citando esempi concreti di come essa si possa realizzare, ci si affida ad una cavillosamotivazione: «Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo (una cosa ovvia), è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti (quali condizionamenti? Questa affermazione contraddice la prima: un concetto matematico non può essere “influenzato da condizionamenti”. Cosa significa poi il riferimento alla classifica “nel suo complesso”? ) che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre (in base a questa affermazione la prevalenza di una squadra sulle altre è data non dai risultati e dai punti ottenuti ma da questi non meglio precisati “condizionamenti” che, dagli stessi risultati prescindono)».
Una maniera cervellotica per dire che, in mancanza di prove sul condizionamento degli arbitri, la Juventus in qualche modo li influenza lo stesso (telepatia?), anche senza inficiare lo svolgimento delle partite (magia?).
(77) «La Procura federale, con riferimento all'addebito contestato alle persone indicate nel capo di incolpazione in esame, ha individuato talune condotte, costituenti di per sé comportamenti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva (art.1, c.1, C.G.S.), ed ha ritenuto che l'insieme di tali condotte sia stato idoneo a realizzare il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale a vantaggi della Juventus, e quindi sia stato violato l’art. 6, c. 1 C.G.S., integrando la pluralità delle condotte l’attività diretta a procurare alla Juventus un vantaggio in classifica».
Ed ecco servita una seconda stramberia giuridica. Premesso che i comportamenti improntati a slealtà (violazione dell’art.1) sono evidenti e nessuno desidera contestarli, ciò che desta scalpore è la teoria in base alla quale una pluralità di tali comportamenti “integri” un illecito, apportando un vantaggio in classifica. Ovvero: non ci sono prove che la Juventus alteri le partite, però ve ne sono che i suoi dirigenti telefonano ai designatori, quindi è ovvio che in qualche modo la Juve altera le partite. Una congettura fantasiosa, strampalata fin dalla sua formulazione. La sentenza sostiene che una “pluralità” di condotte si sommano per costituire un altro tipo di condotta. Ma qual è la soglia? Due condotte, tre, otto, ventinove? Nelle partite all’oratorio una volta vigeva la regola “tre calci d’angolo fanno un rigore”. Ma almeno in quel caso si sapeva che erano necessari tre corner! Inoltre, bisognerebbe specificare in che modo questi comportamenti sleali possono materialmente alterare la classifica (requisito fondamentale, come si è visto, per il realizzarsi di un illecito). Una cena con un designatore altera la classifica? Allora anche quelle tra Bergamo e Facchetti.
Un regalo di Natale (panettoni, magliette) altera la classifica? Allora anche i Rolex di Sensi. La sensazione è che questo macchinoso teorema, definito da Borrelli “illecito strutturato”, sia stato messo in piedi solo per far apparire la posizione della Juventus come la più grave in assoluto. A Lazio e Fiorentina vengono contestate diverse partite ben precise, nelle quali si sarebbero realizzati molteplici illeciti ma sarebbe stato impensabile far digerire all’opinione pubblica una condanna ai bianconeri minore rispetto a quella di queste due società.
Ma quali sono, nello specifico le violazioni contestate alla Juventus? Vediamo.
(79) «La Commissione osserva che i fatti accertati e le conversazioni intervenute tra i vari incolpati non possono essere presi in considerazione atomisticamente, come fa la difesa di Giraudo, ma devono essere valutati nel loro complesso e nella loro correlazione; è appena il caso, infatti, di precisare che si deve, in questa sede accertare se la pluralità di condotte poste in essere dai signori Moggi e Giraudo, anche se singolarmente costituenti soltanto violazione dei principi di cui all'art. 1, c. 1, C.G.S., abbiano determinato quella situazione di condizionamento del settore arbitrale che costituisce l'atto diretto al conseguimento del vantaggio in classifica».
La Commissione ritiene opportuno valutare le telefonate dei dirigenti juventini nel loro complesso al fine di cercare una verifica della teoria dell’illecito strutturato. Benissimo, ma se tali conversazioni sono da considerare “tutte insieme” perché nell’accusa vengono prese solo quelle che paiono prefigurare comportamenti sleali e non quelle che, al contrario, sembrano scagionare gli imputati (che, come dimostrato in precedenza, sono molto numerose)? E perché si applica questo trattamento solo alla Juventus e non, ad esempio, al Milan? Anche nel caso dei rossoneri vi sono moltissime telefonate e con molti arbitri. Moggi, invece, parla quasi esclusivamente con Bergamo e Mazzini.
(79) «Nella valutazione del materiale probatorio la Commissione si limiterà ad indicare quegli elementi di sicura valenza, che non si prestano ad interpretazioni equivoche, perché già solo dall'analisi di taluni fatti incontrovertibili emerge a chiare lettere ciò che era nella opinione di tutti coloro che gravitavano nel mondo del calcio, e cioè il condizionamento del settore arbitrale da parte della dirigenza della Juventus».
Secondo la Caf, una serie di fatti conferma l’opinione di tutti (non di alcuni, ma di “tutti”) gli appartenenti al mondo del calcio, in base alla quale la Juventus condiziona il “settore arbitrale” (non si capisce perché si usi questa locuzione e non si dica esplicitamente “arbitri”. Forse perché la Juventus con gli arbitri non ci parla?).
Un’affermazione giuridicamente agghiacciante che rende conto del reale valore di questo processo. Una sentenza si deve basare unicamente su prove e non su opinioni, le quali non dovrebbero nemmeno essere citate. Inoltre, ci si aspetta che un giudice sia caratterizzato da indipendenza, terzietà ed autonomia di giudizio: è sconcertante che si faccia riferimento all’opinione pubblica ma è addirittura inquietante che la si adoperi come strumento di conferma alle accuse.
(80) «Questa possibilità di intervento di Moggi e Giraudo sul mondo arbitrale emerge a chiare lettere dal numerosi elementi e da prove dirette. Il primo elemento che balza subito agli occhi è che i due dirigenti avevano uno stretto rapporto con i due designatori arbitrali: rapporto manifestato dai ripetuti incontri, anche conviviali, e dalla frequenza delle telefonate tra loro intercorse. Questo fatto, che potrebbe apparire insignificante – e tale lo ha definito la difesa, la quale non ha però tenuto conto del contenuto delle conversazioni telefoniche antecedenti e successive agli incontri, le quali rivelano che in occasione degli stessi si parlava di gestione del settore arbitrale e di assetti di potere – ha invece rilievo, ove si consideri che quando altri soggetti (v. Andrea e Diego Della Valle, della cui posizione si parlerà più avanti) sono intervenuti sul settore arbitrale hanno dovuto farlo passando anche attraverso il filtro di Moggi e Giraudo».
Passaggio controverso. La prima parte è plausibile: Moggi e Giraudo si sentivano al telefono e, in alcune occasioni, cenavano in compagnia dei designatori.
Nulla di eccezionale dal momento che vi è la riprova che anche dirigenti di altre squadre facevano la stessa cosa. È la stessa sentenza a spiegare i contenuti di tali incontri e telefonate: «gestione del settore arbitrale e di assetti di potere». Quindi, non di “arbitri e di partite” (si ricordi che è necessario il famigerato “vantaggio in classifica” per prefigurare l’illecito). La seconda parte del passaggio è, invece, fallace: nessuno degli “altri soggetti”, come dimostrato nei capitoli dedicati a Lazio e Fiorentina, ha dovuto fare riferimento a Moggi per ottenere aiuti arbitrali.
Lotito e Della Valle parlano direttamente con Bergamo, Mazzini, Galliani e Carraro.