Nell’atto d’accusa, che occupa la prima parte delle motivazioni della sentenza di primo grado sul processo di Calciopoli firmate dalla presidente Teresa Casoria, c’è una sorta di preambolo che viene posto come fatto accertato da parte dei PM che si sono occupati del processo. Si legge infatti che gli imputati (...) “si associavano fra loro e con altre persone in corso di identificazione - avendo già nel passato condizionato l’esito di campionati di calcio di serie A) con particolare riguardo a quello del 1999/2000, che fu sostanzialmente condizionato sino alla penultima giornata (quando si giocò Juventus-Parma, diretto da Massimo De Santis e terminato con il risultato di 1-0, e non riuscendo nell’intento di garantire alla Juventus la vittoria finale, in quanto gli accordi illeciti già stabiliti vennero compromessi dal clamore suscitato dall’arbitraggio apertamente favorevole alla squadra torinese da parte di De Santis)...”
Nel prologo dell'atto d'accusa. Si tratta di un passaggio che riprende pari pari quanto già scritto nell’atto di chiusura delle indagini preliminari del 12 aprile 2007 firmato dai giudici Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice. Sembra sia un fatto consolidato che Moggi, insieme ai suoi presunti sodali, abbia quindi condizionato l’esito di chissà quanti campionati. Perché, se è vero che nell’atto d’accusa c’è il riferimento a uno specifico torneo, è vero anche che si usa un plurale a lasciare intendere come i campionati sul cui condizionamento non esistono dubbi siano ben più di uno. Non stiamo parlando di un articolo di giornale o di chiacchiere da bar. Su quello che sembra essere un condizionamento accertato fino alla penultima giornata di un campionato di serie A non risulta esserci stato né un processo sportivo né tantomeno un processo ordinario a sancire la colpevolezza di chicchessia.
L'intercettazione Meani-Collina. Per avere qualche riferimento in più su quanto scritto con cotanta sicumera bisogna riferirsi alla terza informativa dei Carabinieri su Calciopoli, datata 21 gennaio 2006. Documento curiosamente riportato dal "Libro Nero" de L'Espresso in spregio a qualsivoglia segreto istruttorio. C’è un’intercettazione di una telefonata datata 18 aprile 2005, all’indomani di un burrascoso Siena-Milan, fra Pierluigi Collina, arbitro in attività, e Leonardo Meani, l'addetto agli arbitri del Milan. Nel corso della telefonata Meani accenna a presunte confidenze fattegli in proposito da Ancelotti. Meani fa riferimento al fatto che Ancelotti nel periodo della sua militanza nella Juventus conosceva le designazioni arbitrali il giovedì precedente al giorno della partita. Davanti a un Collina che non ci casca e attribuisce a millanteria l’eventuale confidenza, Meani spara una bordata ancora più potente: “Comunque lui (Ancelotti n.d.r.), continua a dirmi, mi ripete che... la fa... ai... a... al tempo della famosa partita, quella di... e di Perugia, dice la torta era stata, era pronta e... perché è venuto fuori il casino, i giornali sono esplosi, ma se non viene fuori quella roba lì, la cosa era fatta, dopo, invece lì... sai si è ribaltato il tutto perché è scoppiata è scoppiata la bomba, no?... ma se no dice lui...". Come se non bastasse Meani, nel corso della stessa telefonata, sostiene con Collina che Moggi arrivi a influenzare la stesura dei calendari: quindi, secondo quanto riporta l’informativa, “fa finta di non conoscere gli assistenti di Milan-Chievo” (n.d.r. ovvero la successiva partita di campionato).
Ancelotti smentisce tutto, ma Narducci non ci sta. Nell’ambito di una telefonata gran parte del cui contenuto è smentito dai fatti processuali, ribaditi dalle motivazioni per quanto attiene all’influenza di Moggi su calendari e sorteggi, il teste più autorevole per confermare o smentire le presunte confidenze di Carlo Ancelotti è il diretto interessato. L’ex allenatore della Juventus depone al processo su Calciopoli l’11 maggio 2010 smentendo Meani su tutta la linea riguardo a presunte confidenze fatte da Meani stesso, e specificando di non aver mai parlato con quello che Roberto Beccantini definisce "il preservativo di Galliani" riguardo al periodo vissuto nella società bianconera. Il discorso sembrerebbe quindi chiuso bollando come “millanteria” l’uscita che Meani fa a Collina a proposito delle presunte confidenze di Ancelotti. Ma sull’argomento ritorna il PM Narducci nel corso della sua requisitoria il 3 maggio 2011, sostenendo la tesi che Ancelotti non abbia detto la verità. Singolare che la testimonianza di Ancelotti valga meno di un’intercettazione in cui gran parte di quanto sostenuto da Meani è smentito dai fatti. Non risulta per altro che Ancelotti sia stato incriminato per falsa testimonianza; ma nell’atto di accusa i PM non arretrano di un millimetro sulla considerazione di quel campionato 1999-2000 "sostanzialmente condizionato fino alla penultima giornata". Un campionato fra i campionati.
Un intero palmarès infangato. Questa la genesi della formazione di quella che i PM di Napoli ritengono una verità assoluta, tanto da farne il preambolo del loro atto d’accusa. Un’affermazione greve che getta altro fango sulla Juventus e su come, nel periodo fra il 1994 e il 2006, sono stati conquistati: sette Scudetti, una Coppa Italia, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, due Supercoppe italiane, una coppa Intertoto. Di questi trofei, com'è noto, sono stati cancellati dalla giustizia sportiva due scudetti. Il primo, del 2004-05, senza che vi sia stata una sola partita alterata, fatto confermato dalle motivazioni della sentenza di primo grado del processo ordinario, mentre il campionato del secondo scudetto revocato, quello del 2005-06, non risulta materia d’indagine. La Juventus sta portando avanti le proprie istanze per arrivare a riottenere quelli che ritiene siano stati 29 scudetti conquistati sul campo. Ma, visto l'atto d'accusa del processo di Calciopoli, viene da domandarsi se si possano considerare legittimi anche gli altri trofei conquistati nel periodo della Triade. Il fatto che non siano stati toccati dall’indagine non significa niente se poi esiste un atto d’accusa di un processo che parte da questo assunto per provare a dimostrare tanto altro. Non si tratta di un articolo di giornale, di quelli utili ad alimentare il sentimento popolare. Non si tratta di un’uscita di Moratti, che rivendica per sé altri titoli di cartone. E non si tratta nemmeno di una chiacchiera da bar.
Il dovere di andare fino in fondo. Si tratta invece di un documento che può legittimare nuovi articoli di giornale, nuove uscite di Moratti, nuove chiacchiere da bar. E allora ci si chiede se non sia il caso di andare a vedere che cosa c’è dietro la convinzione di Narducci e i suoi collaboratori. Ci sono altre attività investigative a dar forza alle tesi promosse dagli inquirenti? Perché se bastasse una diceria di Meani per infangare i meriti di tante vittorie, allora si dimostrerebbe un grave pregiudizio non solo nei confronti degli imputati, ma anche in danno della Juventus. Forse è arrivato il momento che la Juventus stessa chiami chi ha fatto le indagini e i giudici che hanno firmato l'atto d’accusa a rispondere di quanto sostengono. C’è qualcosa in ballo che è molto di più di due scudetti e 443 milioni di buoni motivi. C’è in ballo la dignità di sentirsi juventini.
La Juve e Calciopoli: c'è qualcuno da denunciare?
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