Si legge a pg, 78 delle motivazioni della sentenza Calciopoli del tribunale di Napoli:
“Si tratta di reati a consumazione anticipata, che presentano particolare modo di protezione del bene ideale della lealtà dello sport. La protezione si svolge cioè in un momento temporalmente anticipato rispetto all'ordinario". Quindi secondo il tribunale la legge mira a prevenire che un evento sportivo possa essere alterato da fattori esterni criminosi. “Compito dell'interprete è prendere in considerazione gli elementi descrittivi della fattispecie, e farne oggetto di esame. La prima indagine dovrebbe essere diretta all'accertamento dell'atto fraudolento, la seconda dovrebbe essere diretta all'accertamento del fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, la terza dovrebbe essere diretta all'accertamento dell'efficienza dell'atto fraudolento a raggiungere il fine, secondo un normale giudizio di previsione, nelle date circostanze, la quarta secondo quella che sembra essere stata l'opinione del legislatore, …. dovrebbe essere la possibilità di ricollegare all'atto il pericolo vietato dalla legge penale, la sola ad essere vincolante per il giudice penale". Segue nelle pagine successive un'esplicitazione teorica di quella che dev'essere l'attività del giudice affinché le indagini sopra esposte siano portate a compimento e possano portare ad un giudizio di colpevolezza o di assoluzione degli imputati. Si conclude questa esposizione teorica con questo inciso di pag. 83: “sotto il profilo penale, va affermato che, se anche solo in riferimento a una delle prime tre indagini sopra menzionate, le prove non apparissero sufficienti, dovrebbe prevalere in nome del principio in dubio pro reo la soluzione più favorevole all'imputato".
A pag. 84 si legge: “è convincimento del tribunale che sono sufficienti le parole pronunziate nelle conversazioni intercettate, quali trascritte al dibattimento, nel cumulo con il contatto telefonico ammantato di clandestinità, rappresentato dall'uso vicendevole delle schede straniere, per integrare gli estremi del reato, poiché, trattandosi di reato di tentativo, questo non ha necessità della conferma, che il dibattimento non ha dato, del procurato effetto di alterazione del risultato finale del campionato 2004/2005 a beneficio di questo o quel contendente, non potendo una tal deficienza considerarsi risolutiva, poiché se è vero che l'atto fraudolento deve essere immediatamente riferibile alla partita di calcio, e incidere in qualche modo sulla stessa, l'interesse che muove l'atto fraudolento ben può essere proprio anche dell'estraneo alla competizione.”
Quindi la base delle condanne va ricercata nelle intercettazioni e nel possesso delle schede svizzere. E non ha importanza che il campionato non risulti affatto alterato. Basta il solo pericolo che potesse essere alterato a configurare il reato di frode. Ma se solo le intercettazioni esposte sono sufficienti, ci chiediamo, delle famose indagini che il giudice dovrebbe compiere per valutare la sussistenza del reato, richiamate nell'introduzione espositiva in merito al reato di frode sportiva, che cosa ne è stato? Solo intercettazioni e schede svizzere. E niente viene detto in concreto su quali atti posti in essere possano essere identificati come fraudolenti, quale il fine da raggiungere, e quale idoneità tali atti avessero per raggiungere il fine. Sembra quasi che il tribunale di Napoli abbia disatteso quello che la Procura di Torino così ben identifica per circostanziare il reato di frode sportiva: "Proprio in considerazione della particolare ampiezza di queste formulazioni, da sempre sia la dottrina sia la giurisprudenza si sono interrogate sui requisiti minimi che una condotta di attentato deve possedere, per rispettare il principio di tipicità consacrato dall'art. 25 secondo comma Costituzione. La risposta data è stata nel senso che gli atti diretti ad un certo risultato devono possedere, quanto meno, i requisiti della idoneità e della univocità: solo a queste condizioni la condotta è penalmente rilevante, anche se non abbia effettivamente conseguito il risultato antigiuridico vietato della norma incriminatrice".
E per maggiormente esplicitare questa carenza delle motivazioni andiamo a ripescare quanto scritto sempre dalla Procura di Torino che aveva indagato alcuni degli imputati condannati a Napoli analizzando alcune intercettazioni poi confluite nel processo di Napoli.
"Perché si possa ritener sussistente il reato, perché si possa parlare di alterazione del corretto svolgimento di una partita di calcio, non è sufficiente la prova che sia stato scelto da PAIRETTO per una partita della Juventus un arbitro (o un assistente) in modo fraudolento, ossia aggirando le metodologie dei sorteggi, ma va anche provato che quell'arbitro (o quell'assistente) è stato scelto perché era disponibile volutamente ad alterare il risultato (ad esempio consapevolmente essendo disponibile a concedere a favore della Juventus un rigore che sa esser inesistente; o, nel caso dell'assistente, ad esempio consapevolmente essendo disponibile a segnalare all'arbitro in caso di goal di squadra avversaria della Juventus un fuorigioco inesistente), indipendentemente poi dal fatto che il risultato sia stato effettivamente alterato (e quindi, per restare agli esempi di prima, indipendentemente dal fatto che il rigore inesistente sia stato concesso o meno, o che pur essendo stato concesso di fatto si sia rivelato ininfluente avendo gli avversari segnato un numero maggiore di reti). In altre parole, non può desumersi quale conseguenza probatoria logica ed indefettibile da una scelta di un arbitro, in ipotesi effettuata dal PAIRETTO in modo "pilotato" e di intesa con i dirigenti della Juventus, la automatica alterazione del risultato della gara; né può ritenersi per ciò solo, in re ipsa, che l'arbitro proprio in quanto scelto in tal modo fosse necessariamente disponibile a volutamente alterare il risultato della gara a favore della Juventus. Analogamente, eventuali contatti tra il designatore arbitrale e il dirigente di una squadra, prima della designazione dell'arbitro, costituiscono di per sé considerati (ossia se a tali contatti non segua la designazione di un arbitro disponibile ad alterare il risultato della partita) condotta inidonea ai sensi dell'art. 1 legge 401/89, per le stesse ragioni prima enunciate. Non solo, ma tali contatti, se si traducono ad esempio in inviti da parte del dirigente al designatore, affinché faccia in modo di designare 'un arbitro buono' o anche a designare un arbitro di cui venga fatto esplicitamente il nome, sarebbero non solo inidonei ma anche non univoci rispetto allo scopo illecito vietato dall'art.1. Infatti, l'invito a designare un determinato arbitro potrebbe facilmente essere spiegato con il desiderio del dirigente della squadra di avere un arbitro capace, adeguatamente autorevole per dirigere al meglio una gara difficile. E quindi si verserebbe in una situazione di non rilevanza di simile condotta rispetto alla norma incriminatrice, bensì di comportamenti certamente non corretti deontologicamente, ma non tali da costituire condotta di frode sportiva".
La Procura di Torino sembra interpretare la norma in maniera più rigorosa rispetto al tribunale di Napoli. Individua in modo puntuale, riportando al caso in esame, quali atti possano essere idonei al concretizzarsi del reato. Ossia designazione fraudolenta di un arbitro e disponibilità dell'arbitro ad alterare la gara. E non ha rilevanza alcuna la circostanza che la gara sia risultata alterata (almeno su questo il tribunale di Napoli è concorde). Ma allora dev'essere dimostrato che la designazione sia stata fraudolenta (ecco l'atto di frode) e che il designato fosse disponibile ad alterare la gara (ecco il fine e la capacità dell'atto fraudolento a compiere il fine). Ma il tribunale di Napoli nelle motivazioni scrive che il sorteggio non era alterato, quindi viene a cadere quell'elemento essenziale individuato dalla Procura di Torino. Né tanto meno la frode può essere individuata nella formazione delle griglie, che è attività prodromica al sorteggio, ed alterare le griglie senza alterare il sorteggio non porta a compimento dell'atto fraudolento. Ma, come detto, il Tribunale di Napoli individua come elemento idoneo al realizzarsi del reato le numerose conversazioni telefoniche intercettate che dimostrano una tendenza di Moggi ad “invadere il campo della discrezionalità tecnica di designatori ed arbitri, e a introdursi surrettiziamente, forte della competenza tecnica nella materia del calcio, nell'area dell'arbitraggio, con esercizio, quindi, di potere che, nella visione del tribunale, può pur sempre essere considerato non indifferente alla contestazione di frode sportiva...”.
Vi è da precisare che non vi sono intercettazioni di Moggi con gli arbitri, come per altri, ma si ipotizza che vi siano contatti sulle famose schede straniere. Il Tribunale in merito ha infatti ritenuto valido il lavoro compiuto da di Di Laroni sull'attribuzione delle schede svizzere. Ma quello che il tribunale di Napoli ritiene idoneo al concretizzarsi del reato è invece stato, come riportato sopra, ritenuto inidoneo dalla Procura di Torino. E francamente un'interpretazione diametralmente opposta della stessa norma ci sembra sconcertante. Ma per chiarire maggiormente la portata della decisione del tribunale di Napoli andiamo ad analizzare a titolo esemplificativo il primo capo di imputazioni.
Capo b) imputati Moggi, Giraudo e Dattilo. Partita “turbata” Udinese-Brescia 1-2 in funzione della successiva Juventus-Udinese. La frode è provata dall'esistenza delle conversazioni telefoniche e dal fatto che Dattilo fosse possessore di scheda svizzera. E, dice il tribunale, a nulla servono i rilievi mossi nelle imputazioni in merito alle ammonizioni mirate ipotizzate da Auricchio in relazione alle conversazioni Meani Babini. Conversazioni rilevanti: Moggi-Baldas del 20/09/2004; Moggi-Giraudo del 26/09/2004 16,58 (post partita); Moggi-Baldas 26/09/2004; Moggi-Baldas del 27/09/2004; Moggi-uomo(?) 27/09/2004; Moggi-Baldas 27/092004.
Il fatto poi che durante la partita Dattilo abbia preso decisioni giuste e tecnicamente ineccepibili non è dirimente per la sussistenza del reato, dice il tribunale. E poi il possesso della scheda svizzera. Se il lavoro fatto da Di Laroni è corretto, ha valore di prova e può essere usato a carico degli imputati, dovrebbe essere usato anche come prova a discarico. Perché se il tribunale afferma che il possesso della scheda svizzera è prova di disponibilità e vicinanza al disegno criminale della cupola, dovrebbe quanto meno dimostrarne il possesso quando la frode è stata commessa. Ma Di Laroni attribuisce una scheda svizzera a Dattilo solo a partire dal novembre 2004, ne era quindi sprovvisto il 26 settembre 2004 giorno di Udinese-Brescia. E non si conoscono telefonate su sim intercettate fatte da Dattilo. Ed allora il possesso postumo di una sim svizzera quale valore di prova può avere in relazione a questa frode? A meno che non esista una norma che stabilisca la retroattività penale del possesso di schede svizzere, nessuno. Ed allora dov'è l'atto fraudolento per questo reato? Le telefonate Moggi-Baldas sulla patente a punti del processo del lunedì? E cosa dimostrano? Quale frode viene innescata con tali telefonate, e dov'è l'efficienza dell'atto fraudolento idoneo a raggiungere il fine?
Questo è solo un esempio in quanto tutti gli altri capi sono di simile portata, con accuse e prove che sembrano essere inidonee al compimento del reato, secondo la rigida interpretazione data della Procura di Torino, mentre risultano idonee secondo la sentenza di Napoli. Ma è possibile che una norma si presti ad interpretazioni così differenti, per cui le telefonate di Moggi con i designatori sono idonee al compimento del reato per il Tribunale di Napoli ed inidonee per la Procura di Torino? Forse è necessario che la Cassazione intervenga per fornire un'interpretazione autentica della norma che rispetti tutti i vincoli presenti nella Costituzione. E questo non per assolvere o condannare Moggi e tutti gli altri imputati di Calciopoli, ma per rispondere ad un'esigenza prioritaria in democrazia: la certezza del diritto e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
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