“Faremo danno a chi ci ha fatto danno” fu questa, per bocca del battagliero avvocato Michele Briamonte, la reazione di una Juventus ferita nelle sue legittime aspettative di giustizia e parità di trattamento da tutta una serie di incompetenze, ultima quella del Tnas: ma quella sarebbe stata l’ultima, giurarono in corso Galfer; perché la giustizia sportiva si era dimostrata incapace persino di difendere se stessa e le sue azioni, nascondendosi dietro l’incompetenza: ciò che si era fatto, giusto o sbagliato che fosse (e che errori madornali fossero stati compiuti ormai era evidente dalla relazione stessa di Palazzi, senza andar tanto lontano, fino a Napoli,) non poteva essere riformato.
Già si era cercato di buttarla sul melodrammatico con un Petrucci che con tono accorato proclamava: “Non ci sto, non ci posso stare a tutto quello che sta accadendo. Basta, non se ne può più di pagine di giornali piene di aspetti giuridici… Il calcio è malato di doping legale”. La reprimenda non spaventava Andrea Agnelli che, alla proposta del numero uno del Coni di fare un passo indietro, proponeva che se ne facesse uno avanti da parte di tutti, rivisitando i fatti dal 2006 in poi per costruire un avvenire migliore per il calcio. Se era giusto placare l’angoscia di Petrucci sul futuro del calcio italiano, era altrettanto e vieppiù giusto placare la sete di giustizia della Juventus perché, son parole di Andrea, “non esiste gesto più nobile nella vita che riconoscere un proprio errore”.
Ma di tanta nobiltà Coni e Figc non hanno saputo, ahimè, dar prova: tutto ciò che ne era sortito era stato un cosiddetto ‘tavolo della pace’, abortito su se stesso, forse ancor prima della sua reale effettuazione: perché le premesse a base di evocazione di coltelli sotto il tavolo e di fantasmi vecchi oltre un decennio non socchiudevano nemmeno le porte alla speranza.
In tutto questo traccheggiare perché tutto restasse com’era e il rinnovamento fosse in puro stile gattopardesco, alla Juventus per difendere il club, gli azionisti e i tifosi non è rimasto che procedere a marce forzate sulla strada tracciata dal presidente Agnelli e dallo staff legale bianconero il 10 agosto 2011: e le motivazioni della sentenza di Napoli, che per l’ennesima volta facevano risaltare la disparità di trattamento riservata alla Juventus e la distorsione della realtà operata da indagini a senso unico, hanno costituito l’ultimo tassello che Briamonte & C. attendevano per adire la Corte d’Appello di Roma e chiederle una pronuncia completa sulla questione: dichiarare nullo il lodo e, in più, prendersi la responsabilità di revocare quello scudetto di cartone che per la giustizia sportiva tanto scottava da risultare intoccabile.
Ed è ben chiaro che un esito sfavorevole non fermerà la Juventus, che si rivolgerà a tutte le sedi possibili, in Italia e fuori, pur di avere giustizia.
Adesso non vorremmo che Petrucci, già angustiato dal problema di ottenere il via libera per Roma e dalla spina Lotito, che non vuole saperne di accettare le conseguenze della norma etica del Coni, gridasse all’overdose legale.
Non è così: è solo la giusta dose di medicina, e se sarà necessario un intervento chirurgico o l’amputazione di qualche organo, si procederà, per mettere fine ad una situazione di intollerabile ingiustizia.
E sarà un calice che chi finora ha cercato di occultare i sintomi, sin troppo evidenti, di un malattia vecchia di anni, dovrà bere usque ad finem.
L'anno scorso la lotta fu serratissima e alla fine la corsa al Ballone d'Oro si concluse con una vittoria a pari merito del duo Bufi-Travaglio, che ritroviamo anche quest'anno, ma in posizioni un po' meno nobili.
Perché nel 2011, tra radiazioni, prescrizioni, acciai non a norma, doping e scudetti, si erge su tutti la figura di Fabio Monti. Il 2011 è stato proprio l'anno del giornalista di punta del Corriere della Sera. Troppe, veramente troppe ne ha fatte per non aggiudicarsi, con ampio distacco sulla concorrenza, il nostro premio. Dai convegni alla Bocconi agli articoli di esaltazione per il presidente nerazzurro Moratti, fino all'apoteosi della sua testimonianza davanti al Tribunale. Dietro di lui una strana coppia di giornalisti che si professano juventini, eppure non perdono occasione per sputare veleno sulla Vecchia Signora, Crosetti e Travaglio. Non poteva mancare naturalmente la presenza di almeno un giornalista in rosa, quest'anno tocca a Palombo. Chiude il già citato Bufi, vincitore lo scorso anno e curiosamente attento alle vicende di Ju29ro.com.
1. Fabio Monti – Tribunale di Napoli, aula 216, 1° marzo 2011: Fabio Monti non è interista. L'ha detto lui, in tribunale per giunta. Lui non è tifoso. Era il primo marzo quando il giornalista sportivo di punta del Corriere della Sera è stato chiamato dall'accusa a deporre in tribunale. Fondamentale il suo contributo, specialmente quando è riuscito nell'impresa di negare la sua nota fede nerazzurra, in risposta al giudice Casoria, che gli stava appunto chiedendo se non fosse un tantino di parte. Ma questa è solo il culmine di una serie di perle tutte da gustare, tra le quali ricordiamo un "le cose erano anche sotto gli occhi di tutti", che ha spinto nuovamente la presidente ad intervenire ricordando al Monti come quella non fosse la sede per commenti sportivi.
Ma questo è stato solo il primo atto, perché in questo 2011 Monti lo ritroviamo anche ospite della Bocconi e di Tito Boeri, per commentare un modello statistico che, a detta degli studiosi, avrebbe dovuto spiegare in modo scientifico Calciopoli e le cosiddette "partite truccate". Partendo dalle informative dei carabinieri naturalmente. Ju29ro c'era in quella sede, a fare il resoconto del breve intervento di Fabio Monti, il quale non si è fatto mancare una nota polemica verso i suoi colleghi che "hanno vissuto sulla luna". Ci sarebbero altre perle da ricordare, ad esempio l'occasione in cui, in un articolo del 2 luglio, paventava la possibile richiesta di risarcimenti da parte dell'Inter, alla quale "ci sarebbero da restituire milioni e milioni di danni" nel caso la FIGC gli revocasse il campionato. Oppure l'articolo di commento sull'inizio stagione disastroso della stessa Inter, in cui Monti salvava solo il presidentissimo, l'unico secondo lui a rendersi conto della situazione drammatica di quei giorni più neri che azzurri. E' lui dunque che il vincitore del Ballone d'Oro 2011. Certo, non sarà un trofeo prestigioso come la targa che lui stesso consegnò a Magath, però...
2. Maurizio Crosetti – Repubblica, 16 giugno 2011: questo giornalista di Repubblica fa parte di quella schiera di giornalisti che, pur dichiarandosi di fede juventina, non perdono occasione per spargere fango a piene mani su quella che dovrebbe essere la loro squadra del cuore. In particolare il 16 giugno 2011 Crosetti è uscito su Repubblica con un articolo che definire al vetriolo sarebbe un eufemismo. L'argomento era la radiazione inflitta a Moggi, Giraudo e Mazzini, celebrata con sommo gaudio dal giornalista come l'atto che ha definitivamente liberato il calcio dagli impicci e dagli intrallazzi di questi tre loschi figuri.
Inutile star qui ad elencare la serie di insulti gratuiti e di insinuazioni presenti nel suddetto articolo, in cui essi vengono dipinti al pari di boss mafiosi che tutto possono all'interno del loro mondo. Sino a dire che sono il massimo potere possibile. Sì, avete capito bene: Moggi, Giraudo e Mazzini. Mica Moratti, Berlusconi, Elkann, Tronchetti Provera, Carraro, Della Valle. No, proprio loro. Due dipendenti della Juventus e un vicepresidente federale. Ma al di là delle note di colore, a valergli la candidatura al Ballone d'Oro 2011 è questa affermazione: "Questa Italia dalla memoria corta ha ancora permesso a Moggi di fare l'opinionista: patetico, qualche sera fa al Tg1, ascoltarlo dissertare di scommesse, dopo avere perso per sempre la sua". Siamo arrivati al punto che una persona non ha più nemmeno diritto ad esprimere la propria opinione. Può essere cancellata, messa a tacere. Un concetto espresso anche in tempi non sospetti dall'illustrissimo Guido Rossi. Chi non si allinea alla versione ufficiale e al sentimento popolare va fatto tacere!
3. Marco Travaglio – L'Espresso, 22 agosto 2011: medaglia di bronzo al campione uscente, Marco Travaglio. Sempre in prima linea quando si tratta di sparare a zero sui dodici anni della gestione della Triade e su chi quei dodici anni di storia bianconera ora difende con orgoglio. Parliamo naturalmente di Andrea Agnelli, le cui pretese di restituzione dello scudetto del 2006 e le cui azioni legali intraprese a tal scopo devono aver urtato non poco la suscettibilità del giornalista, uscito sull'Espresso online il 22 agosto 2011 con un articolo intitolato appunto: "Agnelli, tre scudetti da restituire", con il chiaro intento di bacchettare le assurde pretese del giovane presidente juventino. In particolare in questo articolo Travaglio faceva partire il suo nuovo tormentone: sì, è vero, l'Inter si è salvata per la prescrizione, ma allora la Juve si ricordi che deve restituire i trofei vinti grazie al doping.
"Lo scudetto dei prescritti", l'aveva chiamato Agnelli in estate, la battuta evidentemente non è stata molto gradita da Travaglio. In particolare, dopo aver tessuto un improbabile elogio all'unanimemente riconosciuta come fallimentare gestione Cobolli-Blanc, si produceva nel tormentone: "La Juve che oggi sfida l'Inter a restituire 'lo scudetto dei prescritti' e a rinunciare alla prescrizione nel processo sportivo si guardò bene dal rinunciarvi in quello penale. Anche perché, dopo la sentenza di Cassazione, il nuovo processo sarebbe finito con condanne sicure e la conseguente revoca di tutti i trofei vinti nel quadriennio dello scandalo: tre scudetti, una Champions, due Supercoppe italiane, una Supercoppa europea e un'Intercontinentale. Questi come li vogliamo chiamare, dottor Agnelli: i 'trofei dei prescritti'? E perché, per dare il buon esempio all'Inter, non li restituisce?"
Ora, premesso che comunque si tratta di questioni ben diverse, dal momento che, come ha recentemente dichiarato lo stesso Agnelli, lo scudetto 2006 è della Juve quindi non si tratta di portar via niente all'Inter, per quanto riguarda la questione doping, forse Travaglio farebbe bene a rivedersi la sentenza e magari a dare un'occhiata a questo Dossier. E, ciliegina sulla torta, ad evitare anche di ergersi a giudice supremo con frasi del tipo "il nuovo processo sarebbe finito con condanne sicure". Qua di sicuro c'è solo che la Juve è uscita pulita da un processo durato otto anni.
4. Ruggiero Palombo – Radio Radio, 16 marzo 2011: naturalmente la Gazzetta, il giornale che "preserva e orienta", non poteva rimanere fuori dalle nominations per questo ambitissimo premio. A rappresentarla il suo vicedirettore, Ruggiero Palombo, che con il suo show a Radio Radio del 16 marzo 2011 si conquista una posizione ai piedi del podio.
Dopo essere stato incalzato dalla domanda di uno spettatore che gli chiedeva conto della diversità con cui venivano trattate in prima pagina le notizie provenienti dall'aula 216 del tribunale di Napoli, Palombo si avventurava su un terreno su cui dimostrava di non essere però particolarmente ferrato.
"Però, lasciami dire, è stata una brutta giornata in generale per la giustizia, per lo svolgimento processuale, per la giustizia... in che senso, voglio dire che gli avvocati fanno il loro dovere, è giusto che si accalorino anche nelle difese, nelle cose, però a me, ieri, centrale al processo è stata questa storia, in qualche modo nei comportamenti, è diventata questa storia molto antipatica della ricusazione della Presidente della Corte. E' una ricusazione non più portata avanti solo dai PM del processo Calciopoli, ma è una ricusazione che è portata avanti nientepopodimeno che dal Vice presidente del CSM, e i fatti che portano a questa richiesta di ricusazione sono nove punti diversi dei quali solo due, bisogna ricordarlo per chi non lo sapesse, è un documento interessante quello, solo due dei nove punti per cui è richiesta la ricusazione attengono al processo di Calciopoli. In discussione sono i comportamenti di questa Presidente dentro la Procura di Napoli per tutta una serie di altri motivi".
E qui il vicedirettore faceva una confusione tremenda tra le due istanze di ricusazione avanzate dai Pm contro la Casoria, che a dire dello stesso ex Procuratore Capo Lepore sono state decisive nell'andamento del processo, con il procedimento disciplinare, sempre a carico della stessa Casoria, portato avanti però da Alemi. Nel primo caso infatti le istanze di ricusazione sono state giudicate dalla Corte d'Appello, mentre il procedimento disciplinare si è svolto davanti al CSM. A questo procedimento disciplinare è poi vero che era legata la seconda richiesta di ricusazione dei Pm, tuttavia Palombo, confondendo le due cose, si espone ad una figura non certo edificante, dimostrando scarsa preparazione. Proprio lui, il cui lavoro sarebbe invece quello di informare la gente.
5. Fulvio Bufi – Corriere della Sera, 11 novembre 2011: come detto all'inizio, pare che Fulvio Bufi abbia una particolare predilezione per il nostro sito. Già nel 2010 in un suo articolo aveva fatto un malcelato riferimento al "sito juventino che da un paio di settimane sta facendo da megafono alla strategia mediatica decisa da Moggi in persona nonostante il più esperto dei suoi difensori, l'avvocato Trofino, l'avesse espressamente sconsigliato."
Questa volta invece preferisce essere un pochino più diretto, e l'11 novembre 2011 scrive: "L' entourage di Luciano Moggi riapre, dopo l'improvvisa e sorprendente chiusura di martedì sera, il sito Ju29ro.com, e rilancia la campagna mediatica contro l'inchiesta", riferendosi alla sospensione forzata del nostro sito il giorno della sentenza, sospensione dovuta al fatto che il server che ci ospita non era riuscito a reggere l'eccessivo numero di contatti. Beh, che dire, signor Bufi, noi la nostra risposta l'abbiamo già data. Possiamo solo aggiungere che siamo felici di sapere che un giornalista come Lei ci segue tanta attenzione!
Nota finale: Dimenticavamo... il "Ballone d'Oro" non è proprio di oro oro, ma di cartone, come lo scudetto assegnato da Guido Rossi all'Inter.