La FIGC gioca d'anticipo e fa trapelare dalla preriunione del 14 luglio quello che diranno ufficialmente soltanto il giorno 18 luglio. Non abbiamo la competenza per decidere.
Avranno quattro giorni per alleggerire, senza un vero provvedimento, il peso e forse la vergogna della decisione di fatto presa, cosicché il 18 apparirà cosa di routine mettere il proprio nome su questa indecenza.
Il gioco delle parti si era sviluppato secondo canoni prestabiliti, tutti convergenti a fare blocco, in vista delle sentenze napoletane, sul mostro partorito nel 2006. Da difendere ad oltranza.
Palazzi che usa gli stessi criteri di valutazione di allora per fustigare l'Inter prescritta, Moratti che ribadisce che quella è una questione chiusa da un pezzo, le radiazioni alla memoria, Abete che invoca l'etica imprescrittibile e assicura ogni approfondimento.
Per concludere infine con un Non possumus, come Pietro e Giovanni rispondevano a chi chiedeva loro di non predicare il Vangelo: "Non possiamo farne a meno".
Ed il Vangelo morattiano non può non essere predicato, significherebbe rinnegare la storia dal 2006, anno zero di Calciopoli.
Si era già intuito l'andazzo, anche se rimaneva la curiosità su quali forme e motivazioni sarebbero state utilizzate.
Le settimane precedenti non era passato giorno che dai corridoi della FIGC o dalle redazioni calciopoliste fiancheggiatrici non uscissero indiscrezioni sugli orientamenti dei consiglieri chiamati a decidere senza stampelle e dei consulenti giuridici stampellatori.
Si è andati dalle ipotesi di fuga (assenze o astensioni dei consiglieri) alle più fantasiose e ridicole soluzioni (conferma del cartone con censura all'Inter) fino a quella finale che sembrava andare per la maggiore, la dichiarazione della propria incompetenza a decidere.
In una prima versione a motivazione si è detto che un provvedimento di assegnazione dello scudetto non potesse essere rimosso, se non con un procedimento della giustizia sportiva e che, essendo gli illeciti dell'Inter prescritti, il Consiglio Federale non potesse sostituire i giudici sportivi, nonostante la proclamazione che "l'etica non va in prescrizione": quindi un provvedimento di assegnazione c'era, seppure di cartone anch'esso, perché la comunicazione del Commissario Straordinario o presuppone un'assegnazione formalmente e separatamente compilata, oppure è essa stessa provvedimento di assegnazione.
Ma c'è un principio generale del diritto amministrativo, secondo cui per sopravvenienza possono essere revocati tutti i provvedimenti amministrativi emanati, quando si accerti solo successivamente che i presupposti del provvedimento erano erronei.
Che la decisione di Guido Rossi fosse un provvedimento amministrativo in questa prima fase doveva essere parso in FIGC non contestabile.
E allora che strada prendere per non revocare lo scudetto di cartone? Questa è parsa l'esigenza principale, infatti, da soddisfare con la ricerca di una pezza giuridica, non importa se raccogliticcia.
Ecco la trovata che ha preso infine a circolare, secondo quanto riferiva il Corriere della Sera: "Ora che l'ufficio legale della Federcalcio ha terminato il proprio lavoro, la via dello scudetto 2006 si fa molto più stretta. Revoca o solo censura per l'Inter di Massimo Moratti? Gli avvocati di via Allegri hanno pochi dubbi: manca l'atto formale alla base dell'assegnazione, nell'estate di 5 anni fa, del tricolore alla truppa nerazzurra. Tradotto: il consiglio federale non ha la competenza per decidere con una revoca le sorti dello scudetto dei veleni perché non si configurano gli estremi per un atto amministrativo in quanto l'allora commissario straordinario Guido Rossi si limitò a varare la nuova classifica con l'Inter prima dopo le penalizzazioni inflitte a Juve e Milan. In sostanza, sostengono gli avvocati federali, se lo scudetto finì sulle maglie nerazzurre come semplice frutto dello «scorrimento» della classifica è evidente come l'atto di «autotutela» (la revoca) non sia percorribile".
Ci siamo incamminati così alle comiche finali. Si dice: l'assegnazione dello scudetto all'Inter non è stata mai pronunciata dalla FIGC, non c'è alcun provvedimento di Guido Rossi. Quindi, se non c'è il provvedimento, non c'è possibilità di revocare qualcosa che non c'è.
Come superare però l'obiezione che, se non è stato mai assegnato, l'Inter ha già uno scudetto in meno? Guido Rossi si sarebbe "limitato" a varare la nuova classifica e per effetto dello scorrimento della classifica l'Inter passò dal terzo al primo posto.
Quindi Guido Rossi un provvedimento, sia pur limitato, lo emise: varò una nuova classifica. Ma essere primi per effetto di provvedimento FIGC non significa diventare assegnatari dello scudetto, tanto che il titolo poteva rimanere non assegnato.
Di qui il ricorso al collegio dei tre saggi - altrimenti perchè convocarli? - e infine la decisione di Rossi di assegnare appunto il titolo. Non c'è provvedimento formale di assegnazione, ma solo una comunicazione del Commissario Straordinario? Delle due l'una: o l'assegnazione non c'è mai stata, l'Inter si è fregiata indebitamente di un titolo per 5 anni, non c'è nulla da revocare e il Consiglio Federale non deve far altro che assumere un provvedimento dichiarativo della situazione e non revocatorio; oppure il provvedimento di assegnazione è già nella comunicazione dell'assegnazione e quindi va revocato o confermato, esercitando i poteri ed osservando i doveri propri dei consiglieri federali.
Non è più tempo del gioco delle tre carte quando si tratta dell'Inter (ricordiamo la tolleranza e l'impunità sostanziale persino verso i falsificatori di passaporti).
Volete lasciare l'orrendo trofeo dove sta? Abbiate il coraggio di deciderlo, motivando la vostra decisione.
Da parte nostra ci sarebbe apprezzamento, anche se vi limitaste a dire che lo lasciate all'Inter perché a Moratti non sapete dire di no. Non possumus.
Non possumus
- Dettagli