moggiDunque ieri Luciano Moggi è stato condannato in appello per violenza privata nei confronti del giocatore Blasi. Rispetto al primo grado è calata la pena (ora di un anno) e sono calati gli episodi di violenza privata, ne è rimasto solo uno. Esattamente come per il primo grado, i giudici hanno respinto la tesi dell’accusa, secondo cui Moggi e la GEA costituivano un’associazione a delinquere finalizzata all’illecita concorrenza, ribadendo per l’ennesima volta l’infondatezza storica della diceria secondo cui la Juventus, tramite il suo ex DG, controllasse illecitamente il mercato dei calciatori. Non era così. Chi, fra i concorrenti dei bianconeri, a quei tempi prendeva topiche su topiche di mercato lo faceva per insipienza sua, non per misteriose pratiche illecite dei dirigenti juventini.
Detto questo, reputo interessante entrare nel merito del caso Blasi, per far capire al lettore di cosa si tratti. Non è mia intenzione mettere in discussione la sentenza della Corte di appello di Roma, che rispetto nel modo più assoluto e che comunque potrebbe essere annullata in Cassazione; inoltre, non reputo che ove questa condanna dovesse venire confermata anche in terzo grado possa venire scalfita di una virgola la tesi che sosteniamo sul nostro sito da cinque anni, e che cioè tutte le vittorie juventine ante 2006 sono legittime e sacrosante.
Ma cos’avrebbe combinato Luciano Moggi per beccarsi un anno di carcere (che comunque non farà, per l’indulto). Ebbene, da quel che si può desumere dalle informative del Colonnello Auricchio, dove la vicenda Blasi costituisce la parte più sostanziosa dell'indagine sui rapporti tra Moggi e la GEA, si ha l’impressione che Lucianone si sia messo nei guai nel tentativo di tutelare la Juve contro le solite maldicenze giornalistiche e del mondo del calcio, proprio quelle che la sentenza di Appello del Tribunale di Roma ha ribadito essere falsità.
Tutto sarebbe nato da un maligno articolo di Repubblica, che Luciano Moggi ritenne ispirato dal procuratore Antonelli, e per il quale si risolse a sgridare Blasi. Il giocatore, che in quel periodo aveva grossi problemi a convincere Capello a fargli disputare almeno uno spezzone di partita, dovette ritenere che il suo procuratore gli stesse complicando la carriera, e d'accordo col padre decise di risolvere il contratto. Solo pochi mesi prima, nel luglio 2004, Blasi aveva "licenziato" il GEA Zavaglia per passare ad Antonelli; in seguito ai problemi seguiti all'articolo di Repubblica, Blasi decise di passare a Davide Lippi, anche lui legato alla GEA. Interessante il fatto che sia Zavaglia che Lippi siano stati assolti, mentre nemmeno la condanna del figlio di Moggi (confermata ma pure per lui ridotta) riguarda questo caso, ma quello di Boudiansky e Zeytulaev (anche qui sarebbe molto interessante approfondire, per la verità). Solo Moggi padre è stato condannato per Blasi. Il figlio in questa vicenda, sempre leggendo le intercettazioni di Auricchio, sarebbe stato messo in mezzo dagli altri: dal padre che si sfoga con lui per l'articolo di Repubblica; da Antonelli che lo chiama supplicandolo di farlo parlare con Lucianone, velatamente minacciandolo; oltre a queste, su Alessandro Moggi ci sono poi solo alcune telefonate con l'assistito Tavano, di cui i cc prendono due o tre spezzoni nei quali i due chiacchierano di Blasi e di Antonelli.
I veri protagonisti della vicenda che riguarda la procura di Blasi sarebbero Antonelli e gli assolti Zavaglia e Davide Lippi.

Ma entriamo nel dettaglio. Il caso Blasi costituisce dunque la parte più sostanziosa di un intero capitolo dell'informativa di aprile 2005 del Maggiore Auricchio (pp. 728-776), quello dedicato alla presunta "Illecita concorrenza" della GEA . Nell'estate 2004 il giocatore romano aveva tolto la propria procura alla GEA e si era affidato a Stefano Antonelli, un procuratore che non doveva andare molto a genio a Luciano Moggi. Inizia la stagione sportiva 2004-05 e Capello impiega molto poco Blasi. Il 17 ottobre esce su Repubblica un articolo sulla partita Juve-Messina terminata 2-1. Articolo che termina così:

"Difficile invece capire quale sarà il destino di Blasi, escluso anche ieri (così come due settimane a Udine e nel martedì precedente con il Maccabi, quando giocò Tacchinardi) a favore di Appiah, che pure non ha fornito prestazioni strabilianti e senza dubbio inferiori a quelle dell'ex romanista. Chissà se nelle scelte di Capello incide il fatto che la società non sta per nulla apprezzando certi comportamenti del centrocampista, che comunque nulla hanno a che vedere con l'allenamento e la partita."


Nell'informativa di Auricchio si riporta una telefonata di quello stesso giorno tra Lucianone e il figlio, in cui il DG della Juve si sfoga per quelle allusioni finali. Dalle sue parole s'intuisce che le ritiene ispirate da Blasi stesso, o addirittura dal suo procuratore Antonelli. Per Moggi si vorrebbe insinuare nel lettore l'idea che Blasi non verrebbe impiegato da Capello come "ritorsione" per il fatto di non essere più procurato GEA (Zavaglia).
Nella telefonata col figlio, Moggi si dimostra semplicemente indignato per un'insinuazione che ritiene infondata, lo si capisce chiaramente. Così preannuncia una sgridata a Blasi. Di tale esito non ci sono testimonianze dirette, ma da una telefonata di Alessandro Moggi a Tavano si intuisce che c'è stata. Immaginiamo che Lucianone abbia detto a Blasi che sospetta che Antonelli abbia sparso veleno sui giornali, chiedendogli di farlo smettere. Quel che sappiamo è che quello stesso giorno Antonelli chiama Alessandro e gli chiede insistentemente un incontro e di mediare a suo favore col padre. Dalle sue parole sembra molto agitato, ripetutamente lo invita a trovarsi per parlare della situazione di Blasi, anche condendo gli inviti con velate minacce, del tipo "è una guerra schifosa" o passaggi come questi: "Devo incontrarti con la bandiera bianca, cioè con i presupposti più giusti possibili, ma devo incontrarti, perché sennò diventa un massacro che non serve né a me né a te" e "è un momento particolare che se poi si sbotta, in questo momento rischiamo di farci un male della Madonna e non serve, non serve". Insomma, Antonelli capisce di non essere gradito alla Juve e che Blasi comincia a pentirsi di averlo scelto come procuratore. Per la verità, sempre in quella telefonata, Alessandro Moggi sembra più che altro sorpreso e infastidito dalle minacce di Antonelli e poco interessato all'argomento.

Questo appare il casus belli. Nel prosieguo dell’informativa, i Carabinieri presentano altre intercettazioni di Alessandro Moggi, Antonelli, altri personaggi che ruotano nel mondo GEA e dei Blasi (il calciatore e il padre), che avvengono nelle settimane successive, fino a inizio del 2005. Gli inquirenti si prodigano nella descrizione di uno scenario di ricatti e minacce ad opera della GEA e di Moggi ma, a leggere le trascrizioni delle telefonate, vi si trovano più che altro dialoghi su questioni economico/burocratiche relative al ritorno di Blasi alla GEA e opinioni sui protagonisti della vicenda. Vi si ravvisa il desiderio dei Blasi di risolvere il contratto con Antonelli e la disponibilità dei procuratori legati alla GEA di supportarlo, ma vi sono anche conversazioni di segno negativo rispetto al quadro descritto dagli inquirenti, come quando Alessandro Moggi e Davide Lippi convengono sull'opportunità di non "forzare" la mano a Blasi, che si tratta di un problema suo, e quanto a loro Blasi potrebbe anche andare avanti con Antonelli fino a regolare scadenza.

Oltre alle telefonate intercettate dai CC, questo caso presenta una strana particolarità: l’informativa cita anche cinque intercettazioni fatte “artigianalmente” da Antonelli stesso, registrate su una "musi-cassetta" (cit. Auricchio) e consegnate agli inquirenti il 1° febbraio 2005, giorno della sua deposizione (pp. 739-740) in via In Selci. Nell'informativa non si specifica a quando risalgano, alcuni giornali ai tempi del processo di primo grado hanno parlato genericamente di ottobre 2004, cioè praticamente di poco successive all'articolo di Repubblica, ma la cosa è poco chiara. Inoltre, non vengono riportate le trascrizioni, ma solo brevi riassunti (739-740), nei quali si afferma che Blasi e suo padre avrebbero raccontato ad Antonelli che il giocatore ha bisogno di togliergli la procura e riaffidarla alla GEA in quanto condizione necessaria per ottenere un rinnovo del contratto soddisfacente. Molto probabilmente è su queste 5 registrazioni che si fonda l'assunto che ha portato il tribunale a condannare.
Dunque, Antonelli si sarebbe improvvisato "detective" parallelamente ai Carabinieri, cui si presenterà per deporre contro la GEA il 1° febbraio 2005. Le 5 telefonate da lui registrate conterrebbero altrettante conversazioni che ebbe con il padre di Blasi (nella prima in realtà l'interlocutore sarebbe il figlio), incentrate sulla disdetta dalla procura, con papà Blasi preoccupato dalle sue esose richieste. Antonelli inserisce infatti una clausola in cui chiede ai Blasi una penale di ben 450.000 euro (in 5 rate annuali da 90.000). Da altre intercettazioni di fine '04 inizio '05, scopriamo che papà Blasi si confronta con Zavaglia sul da farsi (la mancata datazione delle 5 registrazioni di Antonelli rende poco chiaro il ruolo di Zavaglia, che non si capisce se si sente con Blasi padre dopo le 5 telefonate con Antonelli o in parallelo). Il GEA Zavaglia, pensa un po', gli consiglia addirittura di adire le vie legali, se Antonelli non abbassasse le sue pretese; e cioè di intentargli una causa che dimostri che la disdetta è stata fatta "per giusta causa". Poi Antonelli abbassa le sue pretese, scende a 250.000 in 5 rate annuali da 50. Nelle ultime conversazioni (gennaio 2005), Zavaglia e papà Blasi ipotizzano di farlo calare a 30.000.
In questo capitolo dell'informativa, infine, i cc riportano anche qualche conversazione tra Alessandro Moggi e Diego Tavano, calciatore che gli aveva affidato la procura e conoscente di Blasi. Le loro conversazioni sono sottolineate dagli inquirenti nei passaggi in cui vengono commentati i problemi di Blasi e si parla male di Antonelli, ma francamente sembrano più che altro chiacchiere su fatti di cui non sono protagonisti. Interessante che Tavano racconti ad Alessandro Moggi un altro caso in cui Antonelli avrebbe creato problemi alla squadra di un suo assistito, stavolta la Lazio, parlando male di Liverani e fomentando lo spogliatoio contro Lotito.

Questa è la vicenda come si può desumere dalle informative di indagine. Poi c'è stata la deposizione di Blasi al processo: il 28-4-08, il calciatore, riferendosi alle cinque intercettazioni fatte personalmente da Antonelli, ha dichiarato: "Le pressioni da parte della Gea sono tutte mie invenzioni. Ho pensato che fosse l’unico modo per liberarmi di Antonelli, con cui non avrei mai rinnovato il contratto con la Juve. In realtà, io non ero contento del suo lavoro e avevo preso contatti con Davide Lippi dicendogli che avrei dato a lui la procura se mi avesse consentito di rinnovare con la Juve a cifre maggiori". Già nel maggio 2006, in piena Farsopoli, Blasi aveva fornito le stesse spiegazioni rese in aula, e cioè che lui e il padre si erano semplicemente inventati una scusa per liberarsi di Antonelli senza pagare penali esose, ma il pm Palamara l'aveva accusato di reticenza.

Insomma, i giudici hanno condannato Moggi per violenza privata nonostante la sua presunta vittima non si sia sentita minimamente violentata. Sicuramente le motivazioni della sentenza, quando verranno depositate, consentiranno di inquadrare meglio la questione dal punto di vista legale. In questo articolo si è tentato di ricostruire la "vicenda storica", così come è possibile stando alla documentazione disponibile, con tutti i limiti del caso.
La violenza privata di Moggi nei confronti di Blasi sembrerebbe essere costituita da una sfuriata seguita a un articolo di Repubblica che avrebbe avuto riflessi sulla susseguente impervia trattativa per il rinnovo del contratto del calciatore, portandolo alla decisione di cambiare procuratore. Ricordiamo che Blasi, rispetto ai suoi colleghi, prendeva poco (secondo Auricchio il suo compenso era quello più basso dell'intera rosa) e voleva un consistente aumento, ma veniva da una squalifica per doping e non era molto considerato dall'allenatore. Il fatto che Zavaglia, Davide Lippi e Alessandro Moggi (in relazione al caso Blasi) non siano stati condannati dimostra per lo meno che a Moggi non interessava favorire la GEA, ma semmai tutelare il proprio lavoro e la Juve.
Se Moggi ha violato la legge perché responsabile, anche se solo di violenza privata, è giusto che sia condannato. Ma prima aspettiamo le motivazioni e poi vediamo cosa ne penserà la Cassazione. Di certo, per quanto riguarda le accuse di Calciopoli, e cioè l'associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, è stato assolto ancora. In appello come al processo di due anni fa.

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