Il 31 marzo è il giorno della convocazione di Moratti davanti al Procuratore federale Palazzi, o forse sarebbe meglio dire della convocazione del Procuratore davanti a Moratti… E così non si fa attendere il commento “a reti unificate” (sia sul cartaceo che online) di Andrea Monti. E siccome l’occasione è di quelle solenni, è giusto che il tono si adegui a un stile più consono, un po’ dolce e un po’ severo.
Ci sarebbe da citare tutto l’articolo, non lo possiamo fare, ci limiteremo in questa sede a commentare, e se del caso a confutare, il tema di ogni paragrafo del lavoro del buon Monti.
E se come si suol dire “il buon giorno si vede dal mattino”, bollare l’esposto della Juve come un documento che si legge in “cinque minuti - a prendersela comoda -“ non è che sia proprio il migliore degli incipit. Premetto che il senso generale del discorso è del tutto condivisibile: l’esposto della Juve meritava sicuramente tempi più celeri mentre di volta in volta la Procura ha trovato qualche scusa per rimandare. Detto questo però si sta comunque parlando di un documento serio e ben circostanziato, non una decina di paginette da liquidare in neanche cinque minuti. Può essere che Monti l’abbia letto un po’ distrattamente perché non gli piaceva molto l’oggetto dell'esposto?
Il vero punto della questione – Se c’è un’argomentazione a cui gli anti-juventini tengono più di ogni altra questa è sicuramente la presunta separazione della giustizia sportiva da quella ordinaria. Nessuno tocchi le sentenze sportive, è questo che interessa al tifoso medio. Anche qua il tono è tra il dolce e il severo: Palazzi è giusto che decida per conto suo, non c’è alcun bisogno di attendere la fine del processo di Napoli per la revoca del cartonato. Ok. Poi però continua dicendo che è giusto anche perché “ciò che per un magistrato sportivo è prova di colpevolezza in una frode calcistica (per esempio, le tessere svizzere distribuite da Moggi) può non esserlo per il giudice penale che persegue una possibile associazione a delinquere. Inoltre, per sua natura, la giustizia sportiva deve, o dovrebbe, essere molto veloce. Infatti il procedimento che fulminò la Juve mandando in pezzi — e che pezzi! — la squadra più amata d'Italia, durò un mese. Non un anno e più.”
A questo punto il cazzatometro però sale vertiginosamente verso il rosso, anzi visto il contesto, verso il nerazzurro. Che la giustizia sportiva sia una sorta di giustizia indipendente, lo si è detto più volte, non esiste in nessun sistema giuridico. E in virtù di ciò invitiamo il signor Monti a riguardarsi il celeberrimo articolo 39 del Codice di Giustizia Sportiva. Come pure lo invitiamo a dare un’occhiata a questo articolo in cui si commenta il processo sportivo già avvenuto per il caso delle sim svizzere, in cui non si rileva alcuna “frode calcistica”.
Peraltro l’accostamento non è del tutto corretto: l’esposto della Juve sulla revoca dello scudetto infatti poteva benissimo portare a risposte veloci, in quanto interessa quello che allora fu un atto del tutto indipendente del commissario Rossi, che è ben diverso da un processo il quale evidentemente necessita di ben altri tempi. Mettere a confronto le due cose per giustificare la “fretta” con cui venne imbastita l’inquisizione contro la Juventus del 2006 è un ragionamento quantomeno scorretto, se non addirittura capzioso. Come pure è capzioso ridurre quanto accade al processo di Napoli (soprattutto nell’ultima udienza) ad uno scontro tra Casoria e pm sulla ricusazione.
L’ultima infine sa un po’ di presa per il culo, visto e considerato che due di quei pezzi, i più pregiati, andarono all’Inter a prezzo di saldo.
Non c’è nulla di ridicolo nell’essere onesti – La logica fa sì che anche il direttore della Gazzetta, se vuole, può mettere Palazzi con le spalle al muro. La storia del non turbare il campionato non sta in piedi e se n’è accorto anche Monti. Ed è quello che speriamo anche noi, che non finisca tutto in burla. Lo si deve sì alla Juve e ai suoi tifosi. Ma all’Inter no, signor Monti, all’Inter non si deve un bel niente. Anzi, è proprio il suo presidente Moratti ad essere in debito probabilmente di più di qualche spiegazione.
E non per ribadire l’onestà dell’Inter, troppo a lungo indebitamente ostentata da chi, al di là di Calciopoli, tra magagne con passaporti e bilanci, aveva ben poche ragioni per proclamarsi casto e meritevole dello “scudetto dell’onestà”. Ma questo concetto dell’occasione per “comprovare la propria diversità e limpidezza” da parte della società nerazzurra (che, guai a dimenticarlo eh, è parte lesa!) dev’essere evidentemente molto caro al direttore della rosea, e anche ben radicato nelle sue convinzioni, visto che lo aveva già espresso qualche settimana fa.
Se ne faccia una ragione, signor Monti, Moratti non è stato chiamato a rispondere della propria innocenza davanti alla Procura…
Torniamo dritti al 2006 – A quando cioè Andrea Monti non si occupava di calcio, a quanto pare. Rievochiamo “l’intelligenza previdente” di Cannavò. Io in tutta sincerità più che intelligenza previdente la chiamerei preveggenza: abbiamo ancora tutti negli occhi le sentenze indovinate alla virgola dal giornale rosa in quei giorni. Però bisogna dare atto a Monti che, se come dice lui non si interessava di calcio all’epoca, magari qualcosa può essergli sfuggito (per dirla alla Narducci).
Ma tornando al tono dolce e severo che pervade l’articolo, focalizziamo un attimo l’attenzione sull’aggettivazione usata nell’ultimo paragrafo. Specialmente su questa parte: “un bel po' di intercettazioni che la sgangherata inchiesta Auricchio non aveva ritenuto rilevanti. Ma non ha tolto nulla alla gravità dei comportamenti contestati agli imputati. Onestamente non credo che la condotta di Moggi e compagni, già definitivamente condannata in sede sportiva, abbia la stessa natura e qualità dei goffi interventi di Facchetti”
Ora va da sé che avrete sentito mille volte questo discorso: i comportamenti di Moggi sono più gravi di quelli di Facchetti, le intercettazioni le abbiamo sentite tutti, bisogna valutare il tono delle telefonate etc… ovviamente senza mai un riferimento preciso che sia uno. Ma non è questo il punto, adesso. Facciamo caso alle due espressioni grassettate. Come dicevo l’aggettivazione è quantomeno curiosa, termini come sgangherata e goffi messi appositamente lì per dare l’idea di qualcosa fatto così, un po’ alla carlona ma con buone intenzioni, s’intende. Mica come Moggi…
Ad ogni modo, con buona pace di Monti e di Cannavò, non c’è intelligenza né previdenza che tenga: lo scudetto 2006, ricordiamolo, vinto in un campionato che non è nemmeno oggetto d’indagine, deve tornare a casa domani mattina. E a casa vuol dire nella bacheca di Corso Galileo Ferraris.
In conclusione: “Come finirà? Nessuno ne ha la più pallida idea, ma male di sicuro perché l'una o l'altra parte di questa irriducibile, ed evitabile, contesa ne uscirà con la convinzione di essere stata gabbata”. Assolutamente no. Comunque vada a finire ci sarà una sola parte che sarà stata gabbata. Indovinate quale…
Trecento di questi giorni!
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