Ci risiamo, o almeno pare sia così.
Non si sa bene come, ma iniziano a trapelare i verbali (o stralci di essi) degli interrogatori resi da "nuovi" soggetti chiamati a testimoniare, nel segreto delle loro stanze (come dice l'avvocato Gallinelli in udienza), dai PM titolari dell’inchiesta Calciopoli, e anche ora, come allora, le "corbellerie" non mancano.
Il primo ad ottenere risalto dai media è quello di Giorgio Corbelli, presidente del Napoli assieme a Ferlaino, nell'anno della retrocessione 2000-01.
L’ex dirigente partenopeo, interrogato nel novembre scorso in qualità di persona informata sui fatti, sostiene che la retrocessione in serie B della sua squadra fu dovuta all'ingerenza del mostro di Monticiano nella campagna acquisti e alla ritorsione esercitata per mano (o per piede sarebbe meglio dire in questi casi) di calciatori legati a lui o al figlio Alessandro,i quali appositamente avrebbero danneggiato il Napoli sul campo per qualche non meglio specificato motivo.
In pratica, come sembra sia scritto espressamente nel verbale, Luciano Moggi attraverso operazioni di mercato assicurava carriera e sostanziosi ingaggi a calciatori che erano legati a lui direttamente, facendo in modo che tutti i costi economici fossero sostenuti da società diverse da quelle che lui rappresentava".
Premesso che sarebbe paradossale che qualcuno si comportasse in maniera diversa, vediamo in particolare quali sarebbero le operazioni di mercato incriminate in quella campagna acquisti senza entrarne nel merito, visto che, evidentemente, se sottoscritte dalle parti, sono state ritenute convenienti da entrambe; e sfidiamo chiunque ad intravedervi una parvenza di reato:
1. L'acquisto della metà del cartellino di Amoruso per 10 miliardi delle vecchie lire (in comproprietà con la Juventus) ed il relativo ingaggio (3,5 miliardi di lire).
2. Il prestito di Pecchia per un miliardo di lire ed uno stipendio netto di circa 1,2 miliardi.
3. L’acquisto di Salvatore Fresi e Moriero, provenienti dall’Inter.
4. L’assunzione di Zeman come allenatore.
5. L’acquisto dalla Ternana di Baccin, anche lui in comproprietà con la Juventus.
Basta così. Per sua stessa ammissione in realtà il duo presidenziale non era totalmente sprovveduto: "Dopo questi acquisti Corrado Ferlaino mi disse che non avremmo più dovuto ingaggiare altri calciatori dell'orbita moggiana poiché il mio socio continuava a dirmi in privato che non dovevamo permettere a Luciano Moggi di superare una certa soglia di potere all'interno della società Calcio Napoli poiché altrimenti alla fine sarebbe stato lui ad avere il controllo della squadra".
E così fecero, tanto da rigettare la loro successiva proposta, "l'acquisto di un 'ignoto calciatore uruguaiano: Paceco', il cui costo del cartellino era di 10 miliardi". [nota 1]
Questo sgarro, secondo Corbelli, scatenò le ire della "famiglia" tanto da portare il figlio Alessandro a chiedere la risoluzione di un contratto di 180 milioni di lire annue e ad assoldare uno scagnozzo che ne lavasse l'onta: Salvatore Fresi.
Fresi: il killer di Lucky Luciano
"E' noto - sottolinea in seguito Corbelli - che al termine di quel campionato il Napoli retrocesse (sic!) di nuovo in serie B ed io più volte pubblicamente ho accusato il calciatore Salvatore Fresi di essere stato il 'killer di Luciano Moggi' ". Per queste mie affermazioni non sono stato mai querelato né da Fresi né da Moggi". [nota 2]
Le circostanze in cui il killer mise in atto la vendetta sono state due partite (su 23 giocate in quell'anno): "Ho un vivo ricordo di due partite che a mio avviso possono servire a comprendere perché definisco così Fresi. La prima è Verona-Napoli incontro nel quale Mondonico sostituì Pecchia con Fresi che entrò all'80' e commise, nei dieci minuti finali, due lisci clamorosi. Il Napoli era andato in vantaggio con Bellucci al 77' e nei 10 minuti di permanenza in campo di Fresi, il Verona rovesciò il risultato vincendo 2-1".
In effetti leggendo la cronaca di quella gara su un giornale caro agli inquirenti (chissà se in questo caso lo leggeranno) non pare sia andata esattamente in questo modo.
Il Napoli subisce per tutta la partita e passa sorprendentemente in vantaggio al 37' del secondo tempo, a questo punto, Mondonico toglie due giocatori (Bellucci, autore del gol, e Pecchia, migliore in campo fino a quel momento) per inserire Tedesco e Fresi. Il Verona, con tre punte, dilaga. Prima in mischia raggiunge il pareggio, questa l'azione: Italiano passa a Colucci, assist per Mutu, piatto destro nell'angolino alla sinistra di Mancini (1-1). Poi, nel finale, concretizza la rimonta: cross di Cvitanovic, sponda di petto di Bonazzoli per Adailton che davanti a Mancini non sbaglia (2-1). Di clamorosi lisci nemmeno l'ombra, tanto che l'inviato della GdS non assegna nemmeno il voto a Fresi, avendo questi giocato solo 15 minuti e non avendo inciso sulla gara.
"Il secondo episodio è altrettanto clamoroso" - prosegue Corbelli - "poiché si riferisce alla partita Napoli-Brescia, quando mancavano 3 partite alla fine del campionato. Mondonico aveva raccomandato ai calciatori di essere attentissimi a non commettere falli dal limite dell'area perché le punizioni del Brescia venivano battute da Roberto Baggio e dunque erano pericolosissime. Al 91' Fresi che era di spalle sgambettò Diana al limite dell'area, Baggio segnò battendo la punizione e la partita terminò 1-1 praticamente determinando la nostra retrocessione".
Premesso che rivedendo la punizione più che di un killer si dovrebbe parlare di una banda, visto che dai componenti in barriera al portiere sembrano tutti interessati a far segnare Baggio, nel racconto di Corbelli c'è una gaffe clamorosa che, guarda caso, smentisce la sua tesi sul carattere determinante della gara: la partita Napoli-Brescia in realtà si giocò alla decima giornata del girone di ritorno, difficile quindi pensare che possa essere stata tanto decisiva visto che mancavano sette giornate al termine del campionato; ma anche se fosse dovremmo ritrovare quantomeno indagato Fresi, cosa che attualmente non risulta.
A chi mastica calcio in realtà bastano proprio questi due esempi per capire i veri motivi del fallimento di quella stagione: mentre squadre che puntavano alla salvezza, come il Brescia ed il Verona, si presentavano con Baggio e Mazzone, Mutu e Camoranesi, il Napoli si affidava ad Edmundo e Zeman prima e Mondonico poi.
Vedremo se gli inquirenti prenderanno per oro colato quanto raccontato dall'imprenditore, o se, memori delle magre figure già collezionate nel corso delle udienze precedenti, in questo nuovo filone di indagine andranno almeno a verificare l'attendibilità di quanto riferito loro, prima di depositare gli atti (cosa che la stampa pare sta dando un po' troppo per scontata).
Ancora Zeman
Nel racconto di Corbelli ritorna ancora la vicenda Zeman: "Zeman ebbe subito contro il gruppo dei cosiddetti quattro senatori della squadra ovvero Amoruso, Pecchia, Moriero e Fresi e Ferlaino voleva esonerare Zeman già dalla terza partita di campionato ovvero Napoli-Bologna".
Qui, finalmente, si può leggere fra le righe in che modo, secondo l'accusa, Luciano Moggi abbia causato l'esonero di Zeman. Peccato però che ciò non sia emerso nella deposizione del tecnico boemo e che non risultino essere stati indagati i quattro calciatori né interrogati altri loro compagni.
Nota 1. In realtà si tratta di Pacheco (non Paceco come erroneamente riportato nel verbale), che aveva un altro procuratore, Paco Casal (lo stesso di Recoba, che infatti l’anno successivo lo rifilò a Moratti in una specie di pacchetto-offerta 1x2 che difficilmente l'Inter di quegli anni si sarebbe fatta sfuggire.
Nota 2. In realtà pare che Luciano Moggi abbia deciso dopo queste dichiarazioni di procedere a querelarlo; evidentemente il tempo e le vicende lo hanno inasprito ed oggi sopporta meno imperturbabilmente accuse gratuite.
Siamo mica tutti corbelli!
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