Calciopoli non è finita con le telefonate selezionate dagli investigatori. Piaccia o non piaccia a tanti media nel processo c'è anche il "diritto alla difesa" e i legali di Luciano Moggi lo esercitano selezionando intercettazioni, valutate "non utili investigativamente" e che i legali reputano, invece, utili a dimostrare l'innocenza del loro assistito. La "cupola", secondo noi, non sta più in piedi da quando in aula i testimoni hanno giurato che il sorteggio era "regolarissimo", frantumando l'architrave che la sorreggeva. E' caduto anche il pilastro dell'esclusività del rapporto con i designatori, da quando sono state ritrovate telefonate che dimostrano la verità di quanto Bergamo sosteneva dal 2006, ovvero che parlava di griglie con molti dirigenti e non solo con Moggi.
Ora i legali stanno selezionando nuove telefonate che potrebbero dare una spallata alla tesi che nessun altro poteva contrapporsi al potere della "compagine moggiana".
Sono state passate al setaccio le telefonate del principale competitor della stagione sotto indagine, il Milan, e centinaia di telefonate proverebbero i rapporti con i designatori, e con un impressionante numero di arbitri ed assistenti.
Da oggi iniziamo ad ascoltare anche noi le telefonate del Milan (qualcuna è "parzialmente nota" dal 2006, come la Meani-Roccato che ascoltiamo oggi, molte altre saranno "inedite"), per verificare se gli altri facevano solo "contenimento", come sostiene la Procura, oppure avevano un peso diverso da quello che è stato reso noto nel 2006.
Milanterie?
L'illogicità dell'impianto accusatorio ci è sempre apparsa evidente nel caso della duplice posizione del collaboratore del Milan, Leonardi Meani: da una parte Meani è imputato di frode sportiva, dall'altra le sue opinioni al telefono, intercettate dai carabinieri, sono state usate come elemento di accusa nei confronti di Moggi. Il che potrebbe anche star bene, se non fosse che quelle espresse da Meani sono per l'appunto semplici opinioni, mai riscontrate dai fatti. Abbiamo ascoltato il suo interlocutore Copelli deporre in Tribunale e sostenere che a certe sparate "competitive" del collaboratore del Milan dava il giusto peso, interpretandole spesso come parole in libertà. Abbiamo ascoltato il suo interlocutore Babini sostenere in Tribunale che, alla prova dei numeri, le teorie di Meani sul potere Juve non reggevano. Se non fosse che sappiamo, se non altro per buon senso, che Meani lavorava per una "corazzata", una squadra fortissima sia sul campo che fuori, a livello politico e mediatico. Sappiamo dalle informative inoltre che Meani non era certo uno sprovveduto, ma un convinto sostenitore della realpolitik, uno che andava "à la guerre comme à la guerre".
Forte, scaltro, estremamente competitivo, e un po' millantatore, per sua stessa ammissione. Eccolo qui, Meani, che racconta al dirigente milanista Roccato come tenda spesso ad esagerare e ad inventare di sana pianta, quando si tratta del "nemico" juventino. E allora perché gli inquirenti si bevono tutto quello che dice, andando finanche a scrivere, in un'informativa, che il campionato 1999/2000 era truccato, solo perché Meani così in libertà si diverte a dirlo? Meani è un acerrimo competitore della Juventus, disposto quindi naturalmente, per professione, a parlarne male e, per sua stessa ammissione, a parlarne male anche senza che ve ne siano veri elementi.
Questo è un elemento della telefonata.
Il secondo elemento è forse un po' più grave, in due direzioni, e attiene alla scelta dei guardalinee per il big match Milan-Juventus, la partita che avrebbe deciso il campionato. Parrebbe da questa telefonata infatti che Meani, secondo quanto racconta lui stesso, abbia contribuito alla selezione degli assistenti Mitro e Farneti per la partita. Non che, sempre a quanto racconta lui, le cose siano andate esattamente secondo le sue preferenze (ritiene Farneti un "meno peggio" mentre è contento di Mitro), però il Milan ha detto la sua ed è stato ascoltato. E questo è un punto già tutt'altro che marginale: influire sulle designazioni della partita che decide il campionato non è da tutti. E contro la Juve, la squadra che dovrebbe dominare tutte le decisioni.
C'è un altro punto però: parrebbe che in questo caso il collaboratore esterno Meani non abbia agito totalmente in autonomia, come da linea difensiva del Milan in Calciopoli, ma si sia confrontato con un importante dirigente della squadra rossonera, come è Ramaccioni (che Meani chiama "Rama", ndr), che gli avrebbe consigliato di porre veti su un discreto numero di guardalinee. Un Ramaccioni ben conscio quindi, secondo il racconto di Meani, di quello che Meani stava andando a fare: un' irregolarità. E un'irregolarità che chiama in causa, questa volta, il Milan, con responsabilità più stringenti.
Meani-Roccato, 6 maggio 2005, ore 16.24.
Meani: Ciao Rino.
Roccato: Ciao.
Meani chiede a Roccato di portare quattro biglietti per Pairetto al Visconti, in portineria, oppure all'Hotel Westin Place (alla fine della telefonata decidereanno per l'Hotel Westin Palace).
Meani: Te capì?
Roccato: Novità?
Meani: Nessuna.
Roccato: Era su tranquillo.
Meani: Collina, noi siam contenti.
Roccato: Con chi?
Meani: Mitro e Farneti.
Roccato: Griselli l'han tirato via per quella storia lì.
Meani: Sì.
Roccato: Ah...Ah...
Meani: L'han tirato via per quella storia lì.... sì che ieri... sì che ieri sembravo... come si può dire... sai quello che diceva... dicevo questo no... questo no... allora... eh no questo no... questo no... questo no... E questo? Questo no! A voi non va bene Griselli? A me non mi va bene Ivaldi, non mi va bene Pisacreta, non mi va bene Consolo.... allora è saltato fuori Farneti, che è il meno peggio, comunque...
Roccato: Certo, certo... sai, bisogna vedere noi in che condizioni siamo...
Meani: Il massimo è sempre Rama... oh, Rama non gli va mai bene nessuno...
Roccato: Eh beh...
Meani: Anche perchè... anche perché se qualcuno cappella, com'è facile, perché sbagliare è umano... Ah lui fa la parte del leone... Sì... l'avevo detto io che quello...
Roccato: Una cappella si può anche fare, certo, ma lui fa la parte del leone...
Meani: Dopo però io gli ho risposto, gli ho detto: "Allora mettiamoci d'accordo", perché alla fine gli ho detto: "Farneti non va bene, Ivaldi non va bene, Pisacreta non va bene, Consolo non va bene, Biasutto non va bene, l'altro là di Bologna non va bene, tiratemeli fuori voi... tiratemi fuori un nome o due".
Roccato: Esatto.
Meani: Ditemelo. Puglisi non ce lo mandano perché non si può... Noi oltretutto abbiano una serie di giornalisti, no, che quando si tratta di difendere i nostri non dicono un cazzo...
Roccato: Certo.
Meani: L'avete lasciato andare nel mare, nel mare in tempesta? E vaffanculo! E gli altri non va bene nessuno. E allora fatevele voi le partite...
Roccato: Eh sì... Eh sì... Ma guarda te!
Meani: Sacramenta... sì... sì... sì... Ma è così... ma è così. Poi io faccio apposta, faccio apposta, gli dico, non so: Eh cazzo, Mitro lavora in un'azienda che pare abbia legami con Moggi, gli dico.
Roccato: Urca madocina.
Meani: Faccio apposta...
Roccato: Diventa matto, diventa.
Meani: Come quando gli avevo detto che Merck aveva comprato un casale nel Senese che era di Moggi e pare che gliel'avesse venduto a poco prezzo... Diventava matto... Ma io faccio apposta... diventa pazzo
(riprendono a parlare dei biglietti)
Nella seconda intercettazione l'assistente Contini (arbitra Parma-Livorno) sente Meani prima di Fiorentina-Milan 1-2, gli chiede informazioni sulla formazione del Milan e conclude con una richiesta "Dovete vincere eh, mi raccomando eh, in bocca al lupo".
Meani-Contini, 30 aprile 2005, ore 17.57.
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