”Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti”, queste le parole del pm Giuseppe Narducci, interrogato il 27 ottobre scorso sulla possibilità di esistenza di telefonate non inserite tra i faldoni dell’indagine. Possibilità che lo stesso Pubblico Ministero audacemente definì “balle smentite dai fatti”, premurandosi di precisare che “i cellulari erano intercettati 24 ore su 24: le evidenze dei fatti dicono che non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzini o a Lanese”.
Lo stesso concetto è stato ribadito pochi giorni fa dal colonnello Auricchio nell’aula del Tribunale di Napoli dove si stanno svolgendo le udienze del processo riguardante i noti fatti del 2006.
Narducci, sempre nell’aula partenopea, ha poi successivamente raddrizzato il tiro, dichiarando che probabilmente “qualcosa è sfuggito”, lasciando così intendere che non tutto il materiale a disposizione è stato consultato.
Alla luce di quanto recentemente emerso, invece, la realtà si è dimostrata completamente diversa.
Innanzitutto, l’enorme massa di intercettazioni non solo non è stata esaminata nella sua totalità, ma non è stata nemmeno trascritta. Lavoro che è stato di competenza degli avvocati difensori di Luciano Moggi.
In secondo luogo, appare ora evidente che Paolo Bergamo non mentiva quando sosteneva di aver avuto frequenti contatti - telefonici e fisici - con l’intellighentia nerazzurra. E un preavviso, per amor di verità, c’era già stato quando, poco tempo fa, venne alla luce una telefonata nella quale il designatore livornese raccontava a Maria Grazia Fazi di una conversazione tra lui e Massimo Moratti, incentrata sull’incontro di Champions League tra Inter e Milan (“Domani vedrò l’arbitro che farà l’andata al derby, tanto per dirLe dove sono”).
Insomma, se quanto emerso dalle aule di giustizia aveva già assestato colpi tremendi all’impianto accusatorio - progressivamente ridottosi a un semplice atto di fede dell’ostinazione antijuventina - la scoperta di questi nuovi documenti sembra far pendere la bilancia della verità in una direzione ben precisa. Quella di una revisione totale e - ci si augura - repentina delle sentenze sportive.
Molti giornalisti e pensatori del pallone, tuttavia, si sono subito arroccati, sostenendo l’innocenza, o la non eccessiva rilevanza contenutistica delle telefonate morattiane. In attesa di ulteriori sviluppi, ci è sufficiente chieder loro che cosa avrebbero detto e scritto se avessero ascoltato Bergamo augurare a Moggi di ottenere dieci risultati utili consecutivi e quest’ultimo rispondergli di guardalinee che gli strizzavano amichevolmente l’occhio.
Fatte queste precisazioni, vi sono altri aspetti della questione meritevoli di essere sviluppati e messi in evidenza. Vediamoli uno per uno.
IN CERCA DI CONFERME
In una delle conversazioni emerse dal corpus intercettativo sommerso, Bergamo chiede a Moratti se risultano di suo gradimento gli arbitri Palanca e Gabriele per la partita di Coppa Italia tra Bologna e Inter (per la Coppa non venivano effettuati sorteggi). Il mondo dell’opinione sportiva, all’epoca dello scoppio di Calciopoli, rimarcò come il pasticciaccio brutto non risiedesse (anche perché non c’era) in una richiesta di Moggi verso una precisa designazione, quanto nella circostanza che un rappresentante della classe arbitrale si sentisse in dovere di chiedere a un direttore di una società sportiva il via libera per la designazione stessa (come ebbe a dire Ruperto: “C’è una soggezione di Bergamo nei confronti di Moggi” cfr sentenza Caf 14/07/2006, pag.85). Esattamente quanto è accaduto tra il Presidente di corso Vittorio Emanuele II e Paolo Bergamo.
INVITI A CENA
In altre due telefonate ascoltiamo prima Facchetti domandare a Bergamo dove parcheggiare per giungere a casa di quest’ultimo, e poi Moratti chiedere - sempre a Bergamo - un incontro, utile a scambiarsi qualche “confidenza” e “per confermare questo clima di cordialità che naturalmente è una cosa che sappiamo io e Lei”. Non vi sono, quindi, solo conversazioni telefoniche, ma anche incontri de visu.
Ma cosa ci può essere di male in un incontro a cena (ammesso che non si entri dalla porta di servizio e con il ristorante nel giorno di chiusura…)? Probabilmente nulla, se non fosse che sia le sentenze sportive che quelle ordinarie (cfr. Rito abbreviato di Giraudo) dicono l’esatto contrario. Le prime per dimostrare il fantomatico illecito strutturale, la seconda per appioppare cinque anni all’ex amministratore delegato juventino.
Le cose sembrano quindi stare sullo stesso identico piano. Ma con una differenza: la tavolata designatore-Moggi/Giraudo si svolse prima della partita Juventus-Lazio del 5 dicembre 2004, ma con lo scopo non di parlare della partita (in cui non accade nulla di rilevante, se non un presuntissimo rigore per un volo in area di Simone Inzaghi e un rigore, un po’ più concreto, non concesso alla Juve per fallo su Ibrahimovic), bensì con l’intenzione di scambiarsi gli auguri di Natale. L’incontro avviene infatti in un locale pubblico e alla presenza delle mogli dei suddetti e di altre persone, tra cui alcuni giornalisti. Per questo “importantissimo” evento i Carabinieri approntarono un intensivo sistema di appostamenti attorno all’edificio e scattarono anche delle fotografie che, alla fine, risultarono utili solo per documentare l’ingresso nel ristorante di eleganti signori con al braccio le rispettive consorti. (Un’altra cena ci fu in occasione di Livorno-Juventus, penultima giornata del campionato 2004-05, ma con lo scudetto già matematicamente vinto dalla Juventus…).
Il banchetto “interista”, invece, si è svolto a campionato in corso, prima di Livorno-Inter (17° giornata), gara vinta 2-0 dalla Beneamata, la quale beneficiò di due calci di rigore (per l'opportuna concessione degli stessi consultare la Gazzetta). Inoltre gli incontri (cena e partita) in questione, per dirla alla Auricchio, non sono stati minimamente “attenzionati”.
La differenza di trattamento tra le due circostanze è quanto mai evidente. Ognuno tragga le proprie conclusioni.
MORATTI DALL’ARBITRO
Nell’ultima, in ordine di tempo, delle “nuove” telefonate, Massimo Moratti si produce in un inaspettato outing. Bergamo gli annuncia l’avvenuta designazione di Gabriele per il già citato incontro di Coppa Italia. Il Presidente risponde così:
Moratti: "Va bene, mercoledì lo andrò a trovare prima della partita..."
Bergamo: "Questo gli farà piacere...".
Moratti: "Vado a salutarlo...".
Bergamo: "Visto che lì non c'é sorteggio ma c'é designazione a voi ho mandato Gabriele, l'ho fatto accompagnare bene da due assistenti molto bravi".
Moratti: "No, no Gabriele è sempre stato un buon arbitro, molto regolare, non ho mai avuto contestazioni..."
Bergamo: "Un saluto vedrà lo riempirà di gioia…”
Moratti: "La ringrazio, mercoledì sono giù se ce n'è bisogno, lo vado a trovare prima della partita...".
In poche righe il compendio di tutte le accuse mosse negli anni a Luciano Moggi. Con la differenza che quest’ultimo non si è mai sentito in dovere di andare da un arbitro prima di una partita. E nemmeno durante, come invece capitò al compianto Facchetti dopo un Chievo-Inter del 2003. Casomai solamente dopo e con la giustificazione di una direzione di gara, per così dire, deludente (cfr.Paparesta dopo Reggina-Juventus del 6 novembre 2004).
Le domande che, a questo punto, affiorano sono decisamente molte e assolutamente interessanti: Dove si sono incontrati? Cosa si sono detti? Ci andava sempre prima delle partite?
QUESTIONE SCHEDE
Un aspetto importantissimo va assolutamente ricordato: la Juventus è stata retrocessa in serie B e privata di due scudetti non a causa delle schede telefoniche svizzere. All’epoca delle sentenze tale ipotesi accusatoria non era ancora stata presa in considerazione.
Quindi sbaglia chi crede che il processo penale in corso a Napoli sia incentrato esclusivamente su di esse. Anzi, è vero il contrario. L’unico materiale in mano all’accusa sono le intercettazioni. Le tessere telefoniche straniere sono argomento ancora tutto da discutere e, soprattutto, da dimostrare. Già abbiamo visto che quella attribuita a Paparesta si è rivelata un clamoroso falso (inoltre Gabriele e Cassarà sono stati assolti nel rito abbreviato) e, con ogni probabilità, le difese degli arbitri accusati di averne posseduta una avranno argomenti più sostenibili di quelli espressi dal Maresciallo Di Laroni di fronte al giudice Casoria.
C’E’ PROCESSO E PROCESSO
Un altro cavallo di battaglia dei colpevolisti della prima ora è quello relativo all’intrinseca ineguaglianza, e alle differenti sfere di influenza, tra la Giustizia Sportiva e quella Ordinaria. Anche in questo caso si rendono necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto la legge 401/1989 accomuna l’illecito sportivo al reato penale di “FrodeSportiva”, poi non è veritiero affermare che un procedimento ordinario non possa esercitare effetti su quello sportivo. Più volte sono state ricordate le disposizioni prese in merito al famoso caso dei passaporti falsi, per le quali il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Vincenzo Caianiello ebbe a consigliare “una sanzione sportiva lieve, in attesa della sentenza penale che avrebbe potuto smentire i giudici federali, esponendo la Figc a gravi conseguenze”.Recentemente poi il caso Guardiola ha dimostrato come, in base all’articolo 39 CGS, le decisioni del tribunale calcistico siano state riviste sulla scorta di quelle prese da un Tribunale ad esso superiore. Infine, lo stesso supeprocuratore Palazzi, dopo la scoperta di nuovi elementi di accusa relativamente al caso Potenza-Salernitana, si è trovato costretto a riaprire un procedimento chiusosi nell’agosto 2008.
NON DIMENTICHIAMO IL MILAN
Tra gli inediti documenti portati alla luce dalla difesa di Luciano Moggi, compaiono anche prove di conversazioni telefoniche dirette tra Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, e i designatori Pairetto e Bergamo. Anche in questo caso si rende necessaria una considerazione. In attesa di scoprire i contenuti di queste intercettazioni, è evidente come venga meno il teorema, caro ai vertici di via Turati, di Meani come un indipendente scheggia impazzita all’interno della società. E’ lo stesso Galliani, quindi, a muoversi in prima persona e, in particolare, nell’immediata vicinanza dello scontro diretto tra Milan e Juventus dell’8 aprile 2005, prima del quale si registra una notevole quantità di telefonate tra il dirigente rossonero e i designatori. Non ci rimane che attendere per sapere cosa avessero da dirsi di così importante.
Lo scenario, come si può vedere, è in via di sviluppo ma non mancano i punti fermi su cui poter ragionare subito: le indagini venivano svolte principalmente sui giornali, l’oggetto delle stesse pareva essere uno soltanto - la Juventus - e il pm che le ha condotte, nella migliore delle ipotesi, non aveva ben chiaro il quadro della situazione. La gravità di quest’ultima circostanza, tuttavia, sembra prevalere su tutte le altre.
Per chiudere, il silenzio. Se la stampa, con tutte le precauzioni e le prudenze possibili, comincia a trattare questo argomento, ciò che ancora una volta stupisce è, appunto, il silenzio e l’immobilismo dei proprietari della Juventus F.C. E’ decisamente ora di suonare la sveglia anche dalle parti di corso Galileo Ferraris. La strada per la restituzione degli scudetti sembra tutta in discesa. Muoversi per riottenerli è un atto di rispetto per i tifosi, per gli azionisti e per la storia di questa gloriosa società.
Piaccia o non piaccia, le telefonate ci sono
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- By Emilio Cambiaghi