Nelle sue numerose interviste ai giornali e in televisione, il prof. Sandulli una cosa l'ha fatta capire e l'ha ripetuta con chiarezza: lui e gli altri componenti della Disciplinare, nel luglio 2006, hanno condannato Moggi e Giraudo (e la Juve) per una specie di "illecito associativo"; non perché avessero truccato qualche partita, ma perché avevano messo su un'associazione capace di condizionare il campionato. Ha anche aggiunto che questo tipo di illecito non era, a quel tempo, previsto dalla normativa Figc, tant'è che col nuovo Codice di Giustizia Sportiva si è provveduto a "sanare questa falla". Tanti tifosi bianconeri continuano a chiedersi se era possibile condannare per un reato non previsto, perché questo equivarrebbe a dire che la giustizia sportiva è un vero e proprio terno al lotto, se non peggio, ma, secondo me, non è il caso di disperarsi o star dietro alle precisazioni dei grandi esperti. Val la pena invece contrapporre alle affermazioni di Sandulli una convinzione che l'avv. D'Onofrio (difensore di Moggi) ha ribadito più volte, e cioè che "Se a Napoli dovesse decadere l'accusa di associazione a delinquere, non ci sarebbe ragione di non rivedere il rigore sanzionatorio che punì la Juve nell'estate 2006" (Tuttosport del 14/1/2009, pag. 2).
Proviamo allora a "prendere sul serio" quanto dichiarato dal prof. Sandulli e, da non addetti ai lavori, ammettiamo pure che si possa essere condannati per un reato che reato non era. Vediamo quali modifiche sono state apportate al Codice di Giustizia Sportiva e valutiamo così la ragionevolezza della tesi che D'Onofrio propone con sempre maggior convinzione.
Le novità della giustizia sportiva sono contenute negli artt. 1 e 9 del nuovo Codice. Nell'art. 1, in particolare, è stato introdotto il comma 4 che vieta di avere rapporti di "abitualità, o comunque finalizzati al conseguimento di vantaggi nell'ambito dell'attività sportiva, con i componenti degli Organismi di Giustizia Sportiva e con i tesserati dell'AIA", mentre l'art. 9, espressamente dedicato all'illecito associativo e, si vede, "ispirato" proprio dalla sentenza di Calciopoli, recita che "Quando tre o più soggetti tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali si associano allo scopo di commettere illeciti, si applicano, per ciò solo, le sanzioni di cui alle lettere f) ed h) dell'art. 19 comma 1" , il che vuol dire che vengono squalificati o inibiti.
Se rileggiamo le affermazioni di Sandulli alla luce delle novità del nuovo CGS, possiamo allora dire che Giraudo, Moggi (e la Juve) sono stati condannati per lo stesso preciso reato di cui sono incolpati a Napoli: associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Come se gli sceriffi e i giudici della giustizia sportiva (Borrelli, Ruperto e Sandulli) avessero ragionato con la stessa testa di quelli della giustizia ordinaria (Auricchio, Narducci e Beatrice), e non poteva essere che così perché, nel giugno 2006, la Procura Federale ha in mano solo le informative e un po' di intercettazioni dell'indagine della Procura di Napoli (il materiale, per intenderci, che il dottor Borrelli è andato a prendersi a Napoli da "privato cittadino"); solo questo materiale e basta perché, come lamentava il dottor Borrelli, non c'era nessun pentito che avesse aggiunto delle prove alle ipotesi accusatorie delle informative di Napoli (curate da Auricchio, accusato dall'avvocato Prioreschi, nella sua arringa, di aver detto il falso al processo Gea).
Il contenuto delle informative, con le loro imprecisioni, stranezze e anche falsità, è stato sapientamente oscurato dai giornali e dalle televisioni; ne abbiam parlato noi con le nostre inchieste e le nostre ricerche, ne ha parlato Emilio Cambiaghi (uno di noi, juventino vero) nel volume "Manuale di Autodifesa del Tifoso Juventino", e proprio dal Manuale, pag. 58, trascriviamo queste righe che gli investigatori hanno riportato nel paragrafo delle Conclusioni: "Le indagini hanno consentito di delineare una struttura associativa di tipo piramidale e verticistico che vede al suo apice Luciano Moggi, in primis, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo e Luigi Pairetto, Alessandro Moggi e Franco Zavaglia; indispensabili sono anche risultati Francesco Ghirelli (segretario Figc) e Tullio Lanese."
Queste, ripeto, sono le conclusioni del maggiore Auricchio (frattanto promosso e trasferito): questa è la "cupola" sulla quale la Gazzetta (e a traino l'intera stampa nazionale) ha marciato per mesi. Questa ipotesi accusatoria, per il lavoro che fanno Verdelli, Cannavo e Palombo, è diventata Moggiopoli; per il lavoro che dovevano fare Borrelli, Ruperto e Sandulli, ha significato la Juve in B e la revoca degli scudetti. Questa ipotesi però, e così siamo tornati ai nostri giorni, è stata in parte vanificata dalla sentenza Gea perché Alessandro Moggi e Franco Zavaglia, due della "cupola" immaginata dal Maggiore Auricchio, sono stati prosciolti dall'accusa di essere dei delinquenti e potrebbe risultare del tutto "falsa" se, per dirla con D'Onofrio, dovesse decadere anche l'accusa di associazione a delinquere a Napoli, dove intanto, ancor prima dell'inizio del dibattimento, la posizione dell'indispensabile Ghirelli è già stata archiviata.
Stabilito allora che nel processo di Napoli potrebbero esserci dei fatti nuovi (e cioè che non c'era nessuna "cupola" nel calcio), tali per cui la Giustizia Sportiva nell'estate 2006 si è basata su una documentazione poi risultata falsa (le conclusioni investigative) cerchiamo di capire il fondamento della seconda parte della provocazione dell'avv. D'Onofrio e cioè che la Figc dovrebbe, a quel punto, rivedere le sentenze. Tutti quelli che su "Moggiopoli" ci hanno marciato negano che questo fondamento ci sia e ripetono una specia di ritornello per cui la giustizia sportiva è diversa da quella ordinaria, che le sentenze sportive di Calciopoli sono ormai passate in giudicato e non possono essere più modificate; ricordano anche, come se volessero convincere se stessi prima che i lettori, le sentenze all'epoca del Calcio Scommesse e quella del Verona.
Se ci riflettiamo bene, viene fuori un quadro molto interessante perché nessun giornalista sembra più disposto a giurare che l'accusa di associazione a delinquere reggerà al processo di Napoli (non ci giura neppure Ruggiero Palombo che sulla Gazzetta del 9 gennaio scrive "non è detto che in sede penale l'impianto accusatorio regga interamente"), mentre tutti sembrano mettere in gioco la loro professionalità di giornalisti sostenendo che le sentenze del 2006 in ogni caso non si possono più toccare (secondo Palombo "il processo di Napoli al calcio giocato e alle sue sentenze passate in giudicato interessa poco").
Si dà il caso, invece, che c'è un articolo del CGS (c'era nel vecchio Codice e c'è nel nuovo) che comincia con un ritornello diverso da quello di Palombo e compagnia cantante; comincia così "Tutte le decisioni adottate dagli Organi di Giustizia Sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate...". Si tratta dell'art. 39 che ha per titolo "Revocazione e revisione" e che, per dirla in parole povere, riporta i casi in cui una sentenza della giustizia sportiva passata in giudicato può essere "impugnata per revocazione" da parte di chi era stato a suo tempo condannato, oppure può essere soggetta a revisione ad iniziativa della stessa Figc. Parla, questo articolo, di "fatti nuovi", di prove poi riconosciute "false" e di "nuove prove", parole all'apparenza facili, ma che però a metterle insieme ci vogliono dei grandi avvocati. In ogni caso c'è un primo importante punto fermo che può capire benissimo ognuno di noi: quando i giornalisti scrivono, come fa ad esempio Palombo, che le sentenze passate in giudicato possono fregarsene del processo di Napoli, prendono un colossale granchio, dicono delle gran puttanate; se per il Calcio Scommesse e la retrocessione del Verona nessun avvocato difensore ha sostenuto la tesi di D'Onofrio, evidentemente in quei casi non ci sono stati, appunto, fatti nuovi, prove false o nuove prove.
Questo non vuol dire che sarà facile riavere indietro i due scudetti cancellati dall'albo d'oro della Juventus a mani del prof. Guido Rossi, vuol dire che la Juve potrebbe riottenerli in dipendenza della risultanze del processo di Napoli che, a prendere sul serio Palombo, alla Gazzetta dello Sport interessa poco, ma a noi, juventini veri di ju29ro.com, interessa tantissimo. Vuol dire, per arrivare in fondo al ragionamento che abbiamo fatto insieme a chi ci legge, che la provocazione dell'avv. D'Onofrio ha fondamento, che la sua tesi è ragionevole e che la Juve i due scudetti potrebbe davvero riottenerli.
Si potrebbe allora tornare al timore iniziale che la giustizia sportiva sia come una lotteria o, peggio, per concludere che se dev'essere lotteria (sperando che il "sistema" nell'estate 2006 ci abbia risparmiato il peggio), tre numeri buoni da giocare sulla ruota di Napoli ce l'abbiamo: l'1, il 9 e il 39, e cioè i tre articoli del Codice di Giustizia Sportiva che potrebbero obbligare chi nel frattempo sarà, al posto di Guido Rossi, alla guida della Figc (tra tre mesi o tra tre anni, questo non si può ancora sapere) a riscrivere l'albo d'oro, restituendo gli scudetti 2004-05 e 2005-06 a quella squadra che li aveva vinti, sudando, sul campo.
Proviamo allora a "prendere sul serio" quanto dichiarato dal prof. Sandulli e, da non addetti ai lavori, ammettiamo pure che si possa essere condannati per un reato che reato non era. Vediamo quali modifiche sono state apportate al Codice di Giustizia Sportiva e valutiamo così la ragionevolezza della tesi che D'Onofrio propone con sempre maggior convinzione.
Le novità della giustizia sportiva sono contenute negli artt. 1 e 9 del nuovo Codice. Nell'art. 1, in particolare, è stato introdotto il comma 4 che vieta di avere rapporti di "abitualità, o comunque finalizzati al conseguimento di vantaggi nell'ambito dell'attività sportiva, con i componenti degli Organismi di Giustizia Sportiva e con i tesserati dell'AIA", mentre l'art. 9, espressamente dedicato all'illecito associativo e, si vede, "ispirato" proprio dalla sentenza di Calciopoli, recita che "Quando tre o più soggetti tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali si associano allo scopo di commettere illeciti, si applicano, per ciò solo, le sanzioni di cui alle lettere f) ed h) dell'art. 19 comma 1" , il che vuol dire che vengono squalificati o inibiti.
Se rileggiamo le affermazioni di Sandulli alla luce delle novità del nuovo CGS, possiamo allora dire che Giraudo, Moggi (e la Juve) sono stati condannati per lo stesso preciso reato di cui sono incolpati a Napoli: associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Come se gli sceriffi e i giudici della giustizia sportiva (Borrelli, Ruperto e Sandulli) avessero ragionato con la stessa testa di quelli della giustizia ordinaria (Auricchio, Narducci e Beatrice), e non poteva essere che così perché, nel giugno 2006, la Procura Federale ha in mano solo le informative e un po' di intercettazioni dell'indagine della Procura di Napoli (il materiale, per intenderci, che il dottor Borrelli è andato a prendersi a Napoli da "privato cittadino"); solo questo materiale e basta perché, come lamentava il dottor Borrelli, non c'era nessun pentito che avesse aggiunto delle prove alle ipotesi accusatorie delle informative di Napoli (curate da Auricchio, accusato dall'avvocato Prioreschi, nella sua arringa, di aver detto il falso al processo Gea).
Il contenuto delle informative, con le loro imprecisioni, stranezze e anche falsità, è stato sapientamente oscurato dai giornali e dalle televisioni; ne abbiam parlato noi con le nostre inchieste e le nostre ricerche, ne ha parlato Emilio Cambiaghi (uno di noi, juventino vero) nel volume "Manuale di Autodifesa del Tifoso Juventino", e proprio dal Manuale, pag. 58, trascriviamo queste righe che gli investigatori hanno riportato nel paragrafo delle Conclusioni: "Le indagini hanno consentito di delineare una struttura associativa di tipo piramidale e verticistico che vede al suo apice Luciano Moggi, in primis, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo e Luigi Pairetto, Alessandro Moggi e Franco Zavaglia; indispensabili sono anche risultati Francesco Ghirelli (segretario Figc) e Tullio Lanese."
Queste, ripeto, sono le conclusioni del maggiore Auricchio (frattanto promosso e trasferito): questa è la "cupola" sulla quale la Gazzetta (e a traino l'intera stampa nazionale) ha marciato per mesi. Questa ipotesi accusatoria, per il lavoro che fanno Verdelli, Cannavo e Palombo, è diventata Moggiopoli; per il lavoro che dovevano fare Borrelli, Ruperto e Sandulli, ha significato la Juve in B e la revoca degli scudetti. Questa ipotesi però, e così siamo tornati ai nostri giorni, è stata in parte vanificata dalla sentenza Gea perché Alessandro Moggi e Franco Zavaglia, due della "cupola" immaginata dal Maggiore Auricchio, sono stati prosciolti dall'accusa di essere dei delinquenti e potrebbe risultare del tutto "falsa" se, per dirla con D'Onofrio, dovesse decadere anche l'accusa di associazione a delinquere a Napoli, dove intanto, ancor prima dell'inizio del dibattimento, la posizione dell'indispensabile Ghirelli è già stata archiviata.
Stabilito allora che nel processo di Napoli potrebbero esserci dei fatti nuovi (e cioè che non c'era nessuna "cupola" nel calcio), tali per cui la Giustizia Sportiva nell'estate 2006 si è basata su una documentazione poi risultata falsa (le conclusioni investigative) cerchiamo di capire il fondamento della seconda parte della provocazione dell'avv. D'Onofrio e cioè che la Figc dovrebbe, a quel punto, rivedere le sentenze. Tutti quelli che su "Moggiopoli" ci hanno marciato negano che questo fondamento ci sia e ripetono una specia di ritornello per cui la giustizia sportiva è diversa da quella ordinaria, che le sentenze sportive di Calciopoli sono ormai passate in giudicato e non possono essere più modificate; ricordano anche, come se volessero convincere se stessi prima che i lettori, le sentenze all'epoca del Calcio Scommesse e quella del Verona.
Se ci riflettiamo bene, viene fuori un quadro molto interessante perché nessun giornalista sembra più disposto a giurare che l'accusa di associazione a delinquere reggerà al processo di Napoli (non ci giura neppure Ruggiero Palombo che sulla Gazzetta del 9 gennaio scrive "non è detto che in sede penale l'impianto accusatorio regga interamente"), mentre tutti sembrano mettere in gioco la loro professionalità di giornalisti sostenendo che le sentenze del 2006 in ogni caso non si possono più toccare (secondo Palombo "il processo di Napoli al calcio giocato e alle sue sentenze passate in giudicato interessa poco").
Si dà il caso, invece, che c'è un articolo del CGS (c'era nel vecchio Codice e c'è nel nuovo) che comincia con un ritornello diverso da quello di Palombo e compagnia cantante; comincia così "Tutte le decisioni adottate dagli Organi di Giustizia Sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate...". Si tratta dell'art. 39 che ha per titolo "Revocazione e revisione" e che, per dirla in parole povere, riporta i casi in cui una sentenza della giustizia sportiva passata in giudicato può essere "impugnata per revocazione" da parte di chi era stato a suo tempo condannato, oppure può essere soggetta a revisione ad iniziativa della stessa Figc. Parla, questo articolo, di "fatti nuovi", di prove poi riconosciute "false" e di "nuove prove", parole all'apparenza facili, ma che però a metterle insieme ci vogliono dei grandi avvocati. In ogni caso c'è un primo importante punto fermo che può capire benissimo ognuno di noi: quando i giornalisti scrivono, come fa ad esempio Palombo, che le sentenze passate in giudicato possono fregarsene del processo di Napoli, prendono un colossale granchio, dicono delle gran puttanate; se per il Calcio Scommesse e la retrocessione del Verona nessun avvocato difensore ha sostenuto la tesi di D'Onofrio, evidentemente in quei casi non ci sono stati, appunto, fatti nuovi, prove false o nuove prove.
Questo non vuol dire che sarà facile riavere indietro i due scudetti cancellati dall'albo d'oro della Juventus a mani del prof. Guido Rossi, vuol dire che la Juve potrebbe riottenerli in dipendenza della risultanze del processo di Napoli che, a prendere sul serio Palombo, alla Gazzetta dello Sport interessa poco, ma a noi, juventini veri di ju29ro.com, interessa tantissimo. Vuol dire, per arrivare in fondo al ragionamento che abbiamo fatto insieme a chi ci legge, che la provocazione dell'avv. D'Onofrio ha fondamento, che la sua tesi è ragionevole e che la Juve i due scudetti potrebbe davvero riottenerli.
Si potrebbe allora tornare al timore iniziale che la giustizia sportiva sia come una lotteria o, peggio, per concludere che se dev'essere lotteria (sperando che il "sistema" nell'estate 2006 ci abbia risparmiato il peggio), tre numeri buoni da giocare sulla ruota di Napoli ce l'abbiamo: l'1, il 9 e il 39, e cioè i tre articoli del Codice di Giustizia Sportiva che potrebbero obbligare chi nel frattempo sarà, al posto di Guido Rossi, alla guida della Figc (tra tre mesi o tra tre anni, questo non si può ancora sapere) a riscrivere l'albo d'oro, restituendo gli scudetti 2004-05 e 2005-06 a quella squadra che li aveva vinti, sudando, sul campo.