Ieri sera (o magari anche qualche ora prima) in via Solferino si sono sfregati le mani per benino. Senza capire, ovviamente, cosa fosse successo a Napoli. Di chi parlo? Del semprerosa Ruggiero Palombo e della penna del Corriere Daniele Dallera. Quest'ultimo, dopo attenta ricerca, ho scoperto non essere, come immaginavo, il refuso della procace attrice degli anni '80, ma l'attuale capoccia della redazione sportiva al Corsera, autore di una svenevole intervista a Moratti e spingitore della macchina di Gianfranco Matteoli ai bei tempi.
I due cronisti di nera si sono convinti che le decisioni del Gup di ieri siano una naturale tappa verso l'agognata carcerazione di Luciano Moggi. Cosìcchè oggi leggiamo i loro festeggiamenti, conditi da una certa dose di ironia per quanto riguarda l'insaziabile succhiatore di stanghette di occhiali, e da un certo livore per quanto attiene all'attrice romana.
Partiamo dunque con il Palombo, pagina 17 della Pravda, titolo: "E che ora il verdetto sia rapido". E già, perchè il processo estivosportivo del 2006 era stato appena più lungo di una fucilazione a un reo confesso in tempi di legge marziale. Vediamo di fare un po' più in fretta, stavolta, please.
Il Palombo non perde occasione di consigliare i giudici: processatelo!, condannatelo!, e in tempi brevi!
Cosa dovrebbe succedere secondo Palombo non si capisce. Se debba interessarsi il Ministero della Giustizia o quello degli Interni, per accelerare la fase processuale che seguirà gli stessi tempi di ogni altra in Italia.
In principio enumera date : 4 anni dall'inizio delle indagini, 2 anni dopo lo scandalo, eccetera eccetera.
Scordandosi probabilmente che i tempi lunghi sono serviti ai Pm che ancora nel 2007 presero a intercettare Moggi, ottenendo l'autorizzazione all'ascolto grazie alle dichiarazioni dell'attendibilissimo Armandino Carbone, e non trovando, in ulteriori 3 mesi, lo straccio di una prova contro l'imputato. E dimostrando la debolezza del proprio impianto accusatorio, a caccia disperata di un appiglio per giustificare un 'accusa tanto grave.
Chi l'ha tirata per le lunghe? Beatrice e Narducci.
Seconda bufala, e in sole 10 righe di editoriale: il Gup ha sposato quasi per intero le tesi accusatorie.
Quasi? Levando di mezzo Carraro e Ghirelli, personaggi di grande potere in Federazione e al di fuori, il Gup ha fatto lo scalpo all'inchiesta. I vertici federali non stavano con Moggi, anzi, come abbiamo visto a più riprese, lo osteggiavano. E si interessavano eccome dei risultati delle partite.
Basta questo per trasformare la cupola in "guerra fredda" o "coesistenza competitiva". La nostra teoria dei gruppi di potere, e non quella di Palombo di Moggiopoli.
Inoltre giova ricordare che i vertici della Federcalcio, ora usciti indenni dal processo, sono gli stessi costretti alle dimissioni per lasciar spazio al commissariamento di Guidorrossi matador che, a sua volta, ha avocato a sè le nomine dei giudici sportivi.
Palombo un pò sfotte quando continua a scrivere "Calciopoli (o, se preferite, Moggiopoli)". Che ci prenda in giro, poi, lo scopriamo nel finale in crescendo, quando ha il coraggio di scrivere: "La presunzione di innocenza vale per tutti, fino a quel giorno. Che speriamo soltanto arrivi presto, e non tra altri due o tre anni."
Che è un po' come quel filosofo del bar sport che premette sempre di non essere razzista, ma poi vorrebbe abbattere a cannonate le barche dei clandestini.
E passiamo all'esagitato Dallera. Che comincia in tono sommesso con "il più grosso scandalo che il calcio abbia mai partorito". Poi parla di "aria di montagna" riferendosi al nuovo calcio, come per altro confermava due giorni fa un importante dirigente federale. Però occhio, Moggi c'è ancora, ma si fa "coprire da agili prestanome". Invita dunque al pattugliamento in stile guerra civile "non bisogna sonnecchiare (...) occorre vigilanza". E infine occhiolino all'editore Della Valle (è nel patto di sindacato RCS ndr) che "ha dovuto fare i conti finendo per essere vittima con il paradosso di ritrovarsi poi sullo stesso banco degli imputati".
Insomma Dallera è uno di quelli convinti che le prove si formino all'interno del processo, che la presunzione di innocenza valga sino a prova contraria, che le garanzie dell'imputato siano intoccabili.
Titolo del poemetto: "Non va abbassata la guardia". Una cosuccia post-rivoluzionaria, di quando le rivoluzioni si trasformano in regimi.
I due cronisti di nera si sono convinti che le decisioni del Gup di ieri siano una naturale tappa verso l'agognata carcerazione di Luciano Moggi. Cosìcchè oggi leggiamo i loro festeggiamenti, conditi da una certa dose di ironia per quanto riguarda l'insaziabile succhiatore di stanghette di occhiali, e da un certo livore per quanto attiene all'attrice romana.
Partiamo dunque con il Palombo, pagina 17 della Pravda, titolo: "E che ora il verdetto sia rapido". E già, perchè il processo estivosportivo del 2006 era stato appena più lungo di una fucilazione a un reo confesso in tempi di legge marziale. Vediamo di fare un po' più in fretta, stavolta, please.
Il Palombo non perde occasione di consigliare i giudici: processatelo!, condannatelo!, e in tempi brevi!
Cosa dovrebbe succedere secondo Palombo non si capisce. Se debba interessarsi il Ministero della Giustizia o quello degli Interni, per accelerare la fase processuale che seguirà gli stessi tempi di ogni altra in Italia.
In principio enumera date : 4 anni dall'inizio delle indagini, 2 anni dopo lo scandalo, eccetera eccetera.
Scordandosi probabilmente che i tempi lunghi sono serviti ai Pm che ancora nel 2007 presero a intercettare Moggi, ottenendo l'autorizzazione all'ascolto grazie alle dichiarazioni dell'attendibilissimo Armandino Carbone, e non trovando, in ulteriori 3 mesi, lo straccio di una prova contro l'imputato. E dimostrando la debolezza del proprio impianto accusatorio, a caccia disperata di un appiglio per giustificare un 'accusa tanto grave.
Chi l'ha tirata per le lunghe? Beatrice e Narducci.
Seconda bufala, e in sole 10 righe di editoriale: il Gup ha sposato quasi per intero le tesi accusatorie.
Quasi? Levando di mezzo Carraro e Ghirelli, personaggi di grande potere in Federazione e al di fuori, il Gup ha fatto lo scalpo all'inchiesta. I vertici federali non stavano con Moggi, anzi, come abbiamo visto a più riprese, lo osteggiavano. E si interessavano eccome dei risultati delle partite.
Basta questo per trasformare la cupola in "guerra fredda" o "coesistenza competitiva". La nostra teoria dei gruppi di potere, e non quella di Palombo di Moggiopoli.
Inoltre giova ricordare che i vertici della Federcalcio, ora usciti indenni dal processo, sono gli stessi costretti alle dimissioni per lasciar spazio al commissariamento di Guidorrossi matador che, a sua volta, ha avocato a sè le nomine dei giudici sportivi.
Palombo un pò sfotte quando continua a scrivere "Calciopoli (o, se preferite, Moggiopoli)". Che ci prenda in giro, poi, lo scopriamo nel finale in crescendo, quando ha il coraggio di scrivere: "La presunzione di innocenza vale per tutti, fino a quel giorno. Che speriamo soltanto arrivi presto, e non tra altri due o tre anni."
Che è un po' come quel filosofo del bar sport che premette sempre di non essere razzista, ma poi vorrebbe abbattere a cannonate le barche dei clandestini.
E passiamo all'esagitato Dallera. Che comincia in tono sommesso con "il più grosso scandalo che il calcio abbia mai partorito". Poi parla di "aria di montagna" riferendosi al nuovo calcio, come per altro confermava due giorni fa un importante dirigente federale. Però occhio, Moggi c'è ancora, ma si fa "coprire da agili prestanome". Invita dunque al pattugliamento in stile guerra civile "non bisogna sonnecchiare (...) occorre vigilanza". E infine occhiolino all'editore Della Valle (è nel patto di sindacato RCS ndr) che "ha dovuto fare i conti finendo per essere vittima con il paradosso di ritrovarsi poi sullo stesso banco degli imputati".
Insomma Dallera è uno di quelli convinti che le prove si formino all'interno del processo, che la presunzione di innocenza valga sino a prova contraria, che le garanzie dell'imputato siano intoccabili.
Titolo del poemetto: "Non va abbassata la guardia". Una cosuccia post-rivoluzionaria, di quando le rivoluzioni si trasformano in regimi.