Javier Zanetti dà l'addio al calcio giocato. La tentazione sarebbe quella di rispondere "No, l'Inter non è un argomento di discussione, perché non ci interessa. Se vogliamo, parliamo di queste altre società". Così come risposero gli inquirenti di calciopoli all'ex assistente Rosario Coppola, peraltro senza verbalizzarne le dichiarazioni. Quel Coppola che era andato spontaneamente a riferire di aver ricevuto delle pressioni dai nerazzurri all'epoca dei fatti indagati.
Forse, Zanetti non lo sa. Di sicuro, avrebbe fatto meglio ad evitare certe dichiarazioni.
Nel 2007: "Noi vinciamo senza rubare".
Nel 2011: "Le telefonate di Facchetti sono diverse da quelle degli altri: lui lo faceva per difendere l'Inter". "Non ci sono dubbi: quel titolo lo sento mio come tutti gli altri".
Nel 2012: "Sentivamo di meritarci quel titolo per tutto quello che avevamo vissuto prima". "Prima di quel giorno del 2006, nessuno trovava la spiegazione di tanti perché, ma io ho sempre creduto nell'Inter, nel lavoro". "Non capisco i ricorsi della Juventus per gli scudetti".
Nel 2013: "Noi siamo diversi dagli altri: vinciamo e perdiamo lealmente".
Forse, Javier Zanetti ignora chi sia Guido Rossi. Guido Rossi è un noto tifoso interista e, prima di diventare Commissario straordinario della Figc, era stato un esponente del CdA dell’Inter. Come Moratti, Tronchetti Provera, Buora, Ghelfi... tutte persone presenti, in momenti diversi (come lui), anche nel CdA di Telecom.
Il 26 luglio 2006, il Commissario straordinario, senza alcun atto ufficiale, assegnò all’Inter a mezzo comunicato stampa lo scudetto del campionato 2005/06 (stravinto dalla Juve, e mai messo neppure sotto inchiesta), in conseguenza dell’eliminazione degli avversari per via giudiziaria, mediante un processo sommario ed irregolare, definito dal giudice Debiase "un autentico aborto giuridico". Il tutto, senza che fosse necessario (l’Uefa aveva chiesto solo i nomi delle partecipanti alla Champions League), e senza che sussistessero per l’Inter quei requisiti di eticità espressamente richiesti dai famosi “tre saggi” nominati dallo stesso Rossi.
Perché non sussistevano e, a maggior ragione alla luce di quanto emerso negli anni, non sussistono quei requisiti di eticità?
Perché quella stessa società, proprio nei giorni di in cui riceveva il regalo dello scudetto 2006, aveva Oriali, un suo alto dirigente, impegnato a patteggiare una condanna penale per aver fornito ad un proprio tesserato (Recoba) documenti falsi e ricettati.
Perché i bilanci di quella stessa società già allora non apparivano proprio cristallini. Dal patteggiamento di sanzioni per violazione di norme amministrative, relativamente ai bilanci dal 2003 al 2005, agli sconti (concessi proprio da Guido Rossi) sulle sanzioni irrogate dalla Covisoc, per il mancato rispetto delle regole per l’iscrizione ai campionati di serie A; dagli scambi sospetti con altre società, con supervalutazioni di calciatori mai scesi in campo, alla vendita del proprio marchio a società ad hoc, per tentare di aggiustare i conti.
Perché la Figc, nella relazione del 1 luglio 2011 del Procuratore federale Palazzi, disse che nei comportamenti dei dirigenti interisti si ravvisavano slealtà sportiva (art. 1 del Cgs) e alcune violazioni dell’art. 6 (illecito sportivo, quello che prevede anche la retrocessione). Questo significava che l’Inter, se non fossero state occultate le telefonate (anche quelle contrassegnate con i tre “baffi rossi”), salvata nel 2011 dallo stesso Procuratore Palazzi grazie alla prescrizione (determinata proprio dall’occultamento delle telefonate che la riguardavano), nel 2006 sarebbe stata deferita e sarebbe andata a processo come le altre.
Perché in quelle telefonate è emerso che il presidente di quella società aveva contatti diretti e privati, espressamente vietati, con arbitri in attività (De Santis e Nucini). Intratteneva inoltre rapporti continuativi e riservati, in luoghi non pubblici, con lo stesso Nucini, arruolato come "cavallo di Troia" per indagini private, e in suo favore si era anche adoperato per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, con il supporto dell’allora Ad nerazzurro Paolillo.
Perché abbiamo ascoltato telefonate nelle quali i dirigenti interisti chiedevano ai designatori di avere uno specifico arbitro, o di conoscere in anticipo i nomi di arbitri e assistenti; telefonate nelle quali fornivano suggerimenti mirati sulle griglie; telefonate nelle quali chiedevano di non fare i sorteggi e, se proprio li si doveva fare, di blindarne l'esito inserendo in griglia degli arbitri preclusi; telefonate nelle quali si ricordava al designatore l’importanza di migliorare lo score di un arbitro; telefonate per invitare il designatore a ritirare un regalino del patron in sede (a 400 km di distanza). Senza dimenticare le visite negli spogliatoi dei direttori di gara di Moratti e Facchetti, non dopo le partite come Moggi, ma prima e durante l'intervallo (vedi caso Bertini); o ancora gli omaggi alle terne arbitrali: "abbigliamento e borsona della Nike, orologio, e in tutte le gare un maglione di cashmere" (E.Ceniccola).
Perché, secondo quanto emerso dal processo Telecom, i dirigenti di quella società (cui Guido Rossi ha regalato per motivi etici uno scudetto mai vinto) hanno fatto spiare e pedinare illegalmente alcuni calciatori, arbitri, dirigenti di altre società, designatori arbitrali, esponenti della Federazione. Al processo, Tavaroli ha riferito di incontri con Moratti e Facchetti, nel corso dei quali è nata l’attività privata di monitoraggio che portò al famigerato “Dossier Ladroni”. E, in conseguenza di quanto emerso, sono già arrivate le prime richieste di danni: Vieri e De Santis hanno chiesto un risarcimento per il dossieraggio illecito operato ai loro danni (pedinamenti e raccolta di informazioni) dagli uomini della security Telecom.
Perché sul campo quella squadra, capitanata da Zanetti, non si avvicinò neanche a sentir l’odore della vittoria: in quel campionato finì terza a 15 punti, senza mai essere stata in lotta per il primato. E anche negli anni precedenti, per i quali il suo patron Moratti descriveva i nostri come una banda di truffatori e imbroglioni, in realtà quella squadra lottò per lo scudetto solo due volte (1998 e 2002), perdendo in entrambe le occasioni.
Perché perdevano? Per scoprirlo, leggiamo alcuni nomi, presi dall’elenco degli oltre 150 acquisti relativi al periodo 1994-2006: Adani, Angloma, Ballotta, Brechet, Caio, Carbone, Carini, Centofanti, Cirillo, Coco, Colombo, Colonnese, Corradi, Dell’Anno, Delvecchio, Di Napoli, Domoraud, Fadiga, Farinos, Ferrante, Festa, Gamarra, Georgatos, Gilberto, Gresko, Guglielminpietro, Kallon, Lamouchi, Macellari, Manicone, Martins, Mezzano, Milanese, Okan, Padalino, Pancev, Peralta, Pistone, Rambert, Seno, Sorondo, Sukur, Tarantino, Vampeta, Ventola, West, Wome.
Ecco perché non ci mancherà Zanetti. Perché non ci piace chi si è appropriato dei successi altrui, festeggiando qualcosa che non aveva mai vinto e dando dei ladri ai suoi colleghi (che quel successo se l'erano sudato e strameritato sul campo). Non ci piace un capitano che manca di rispetto agli altri calciatori (juventini, certo, ma sempre colleghi), permettendosi poi certe esternazioni. Si può anche essere avversari senza sputare sul lavoro degli altri.
Binsciamo sensa rruvvare
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- By Nino Ori