"La goccia scava la pietra“, Ovidio
«Alcun dubbio poi sussiste sulla consapevolezza in entrambi gi (sigh!) imputati della finalità della attività fraudolenta posta in essere: i contatti febbrili fra le due schede riservate in possesso degli stessi in prossimità della partita in uno con le citate conversazioni (in una il Moggi indica al Baldas di « fare il possibile » per il Dattilo), appaiono risolutivi nella individuazione del chiaro elemento soggettivo ovvero della finalità della serie di azioni fraudolente poste in essere prima e durante la partita in questione» (pag. 153, sentenza d’appello).
E così la Corte d’Appello di Napoli non cancella l’enorme topica presente nella sentenza di primo grado confermando di fatto l’attribuzione di una scheda svizzera all’ex arbitro Dattilo in prossimità della partita Udinese-Bresca del 26/9/04. A questo proposito in realtà è ormai storia di Calciopoli, a parte evidentemente per i giudici partenopei, che il maresciallo Di Laroni attribuisce la presunta scheda al Dattilo soltanto per il periodo 12/11/04 – 12/2/05, quindi la riceverebbe quasi due mesi dopo la partita!
C’è da chiedersi a cosa serva un processo di secondo grado se non è in grado nemmeno di correggere gli evidenti strafalcioni della precedente sentenza. In questo caso poi la falsa convinzione dell’attribuzione risulta decisiva per poter coinvolgere l’arbitro nella presunta frode. Non fossero stati introdotti, come un deus ex machina, i mai esistiti “contatti febbrili” tra l’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi, e Dattilo non si sarebbe potuto validare l’ultimo segmento del «teorema Meani», quello del campo da gioco. Difatti con quale mezzo sarebbe stato indotto a frodare in favore della Juventus se non esiste prova del fatto che Dattilo sia stato avvicinato per trasmettergli il messaggio criminale?
L’incongruenza e la contraddizione degli organi giudicanti napoletani raggiunge il suo massimo “apicale” proprio in questo capo d’accusa: mentre l’ex amministratore delegato della società bianconera, Antonio Giraudo, dopo una precedente condanna in primo grado, viene finalmente assolto in appello nel rito abbreviato per questo presunto reato, Moggi e Dattilo, sulla base degli stessi fallaci indizi vengono invece condannati.
Appare dunque evidente che si tratta di una scelta soggettiva dei giudici che possono scegliere di vedere o ignorare che il bicchiere sia mezzo vuoto. E, ricordiamolo ancora una volta, tale bicchiere è pieno soltanto di altrettante interpretazioni decontestualizzate, cervellotiche e parziali, di innocui contatti telefonici tra Moggi e i membri della trasmissione televisiva « Il processo di Biscardi ». Tanto basta, a quanto pare, per condannare penalmente un cittadino nel nostro paese. Manca ancora il grado finale, quello della Corte di Cassazione, per rimediare ad una macroscopica ingiustizia.