Breve excursus dell'ultimo mese e mezzo di calcio italiano.
Il 10 novembre si gioca Juventus-Napoli e le curve bianconere intonano cori ritenuti di discriminazione territoriale contro i napoletani. Scatta la squalifica, come da nuova norma partorita l'estate scorsa dalla fulgide menti della FIGC. Sui media unificati giubilo per la giusta punizione, giubilo per la discriminazione territoriale e sdegno per quei mascalzoni dei tifosi bianconeri.
La Juventus accetta di buon grado la sanzione senza battere ciglio e, di concerto con la FIGC, decide di riempire i settori sanzionati con i bambini.

Il 1° dicembre si gioca Juve-Udinese e i bambini fanno il famoso coro al portiere avversario che rinvia il pallone, quello che ogni domenica sentono dai più grandi e che nessuno aveva mai considerato particolarmente disdicevole: né i soliti media unificati, né il giudice sportivo. All'improvviso, però, cambia tutto: ondate di indignazione su giornali e tv, stucchevoli dibattiti e vuota retorica pseudopedagogica. I soggetti sono gli stessi che hanno sempre fatto finta di non vedere e non sentire cori e striscioni sull'Heysel, sul dramma di Pessotto ecc. L'indignazione è tale che Tosel (anche lui cieco e sordo sui casi sopra ricordati) decide per una multa di 5.000 euro alla Juventus, creando seduta stante una norma ad hoc fondata sulla discriminazione anagrafica: nella motivazione, infatti, è spiegato che particolarmente disdicevole è non tanto il coro quanto l'età dei coristi. Risposta choc da Corso Galfer: siamo sconcertati ma paghiamo lo stesso.

Il 6 dicembre c'è Bologna-Juve e al portiere rossoblu Curci non viene risparmiato nemmeno un "merda" dagli adulti del settore ospiti. Tosel non fa una grinza (come d'altronde tutte le altre volte che questa goliardata è stata riprodotta negli ultimi tre anni), a conferma del fatto che i 5.000 euro erano calibrati su misura dell'età delle ugole. Nei più malfidati inizia a balenare il sospetto che Tosel possa fare e disfare a suo piacimento, visto che non esiste nessuna norma che determini la punibilità di un coro su base anagrafica. Questa, ovviamente, è una considerazione che non trova spazio sui soliti media unificati, che d'altronde non ospitano nemmeno un decimo dell'indignazione mostrata per i "merda" minorenni nei confronti del simpatico striscione esposto dalla civilissima curva bolognese: "Per un caldo Natale, brucia un gobbo". Curiosa coincidenza: nemmeno Tosel ritiene punibili tali aulici versi. Evidentemente le fiamme del falò di gobbi non sono discriminatorie quanto quelle della lava del Vesuvio. I soliti malfidati iniziano a pensare che questa discriminazione territoriale sia in realtà una cagata pazzesca studiata e applicata a tutela esclusiva della napoletanità.

Tenetevi forte, però, che arriva l'escalation. La settimana si apre con la replica dei 5.000 euro di multa perché i toseliani hanno udito nuovi escrementi canterini in Juventus-Sassuolo, ma vengono anche squalificate le curve di Roma e Inter per cori razzisti e discriminatori. Questo dà l'inizio alle grandi manovre di riposizionamento dei nostri amici dei media unificati. Non riguardo ai 5.000 euro, eh, che avete capito! D'improvviso diventano tutti garantisti, cavillosi e scoprono, udite udite, che la discriminazione territoriale (quella che portavano su un palmo di mano dopo Juventus-Napoli) è una boiata. Contemporaneamente riesplode pure il calcioscomesse, questa volta il nome succoso per avere visibilità è quello di Gattuso. Grosso errore dei magistrati di Cremona, perché dovevano sceglierlo tra quelli con le maglie bianconere. Lo stesso Conte poteva andar bene di nuovo, e infatti spulciando qua e là i soliti noti sono riusciti ad accostare il suo nome a quello di Gattuso, cavalcando un'inconsistente deposizione di tale Coppola. Gattuso, che per quanto mi riguarda è innocente come lo era Conte, ha una fortuna: non avere mai giocato nella Juventus. Articolesse e sermoni sono tutti (giustamente) dalla sua parte, non deve subire il fango gratuito che toccò ad Antonio, nessuno costruirà parodie e tormentoni sul suo "mi ammazzo in piazza" come fecero l'anno scorso con "è agghiacciante quello che dicono". Fortunato Rino, incassa addirittura la fiducia del Presidente Federale Abete: quindici mesi fa il prode Giancarlo fa credeva solo nell'autonomia della giustizia sportiva, adesso è ciecamente convinto dell'innocenza di Ringhio.
Alla sfacciataggine di istituzioni e mezzi di comunicazione ci si è praticamente assuefatti, ma se ci si ferma un attimo a riflettere sul capovolgimento di posizioni al quale si è assistito nell'ultima settimana c'è da restare basiti. Le pressioni dell'opinione pubblica e il voltafaccia dei media hanno sospinto i ricorsi di Inter e Roma fino all'esito scontato e da più parti atteso e auspicato: sanzioni sospese e curve riaperte, decisione sulla quale si sono subito affrettate a mettere il cappello del "buon senso" le ali di folla giornalistica festante, salvo pochissime eccezioni.
Ricapitoliamo: in soli dieci giorni gli uomini della Federcalcio sono riusciti a multare due volte la Juventus per dei cori risibili con la scusa dell'esempio per i bambini (salvo però punire con partita persa e un punto di penalizzazione il baby Pisa di Birindelli che aveva ritirato la squadra in segno di dissenso verso il cattivo esempio che gli adulti genitori stavano dando sugli spalti), a garantire l'impunità per chi suggeriva simpatici falò di gobberia e a depotenziare a favore degli amici la discriminazione razzial/territoriale che solo 40 giorni fa era più o meno il quinto Vangelo.

La prima riflessione non può che essere affidata a una vecchia e sempre attualissima copertina di "Cuore":



Le trame di Beautiful sono ormai più credibili del calcio italiano, delle sue istituzioni e dei suoi media che fanno blocco unico. L'enorme passione per la Juventus è l'unica cosa che ci fa ancora seguire le vicende di questo circo sgangherato, guidato da persone inadeguate (eufemismo) e raccontato da professionisti della faziosità, della superficialità e dell'ipocrisia.
In questo contesto la Juventus spicca tanto per capacità tecniche e manageriali quanto per nanismo comunicativo e politico. Non contiamo nulla, e questo rende forse le vittorie di questi ultimi anni ancora più prestigiose. Non conta nulla politicamente la società, relegata fuori dalla stanze dei bottoni tanto in Lega quanto in Federazione. Non conta nulla la proprietà, che considera la Juventus asset marginale e non degno di protezione nemmeno attraverso i pochi mezzi di comunicazione sui quali esercita un controllo diretto o indiretto. Non conta la città di Torino, vaso di coccio tra i vasi di ferro delle due capitali d'Italia, quella politica e quella economica. Non conta nulla la tifoseria, che non è concentrata geograficamente come altre ma molto sparpagliata e non in grado di fare massa critica e influenzare politica e informazione: siamo solo tantissimi consumatori di pay tv ma senza alcun peso reale. Non abbiamo patronage politici di destra né di sinistra e nessuna firma di peso nelle redazioni di giornali e tv, dove la fanno da padroni soggetti che rispondono ai grandi bacini d'utenza di Milano, Roma e Napoli. Abbiamo solo Storia, valori tecnici e un grande allenatore-comunicatore che fa da parafulmine e sopperisce come può alle tante carenze sopra elencate. Finché dura...