La giustizia sportiva anticipa il Parlamento nella stagione delle riforme istituzionali. Intendiamoci, niente di straordinario, ammesso che le cose non cambino strada facendo.
Arriva il Superprocuratore di nomina CONI con potere di vigilanza ed eventualmente di avocazione sulle varie Procure Federali. Potrà cioè avere notizie sullo stato delle indagini di Palazzi e dei procuratori delle altre federazioni sportive, sui tempi delle stesse, sui ritardi o sulle inerzie, in ultima opzione potrà sostituirsi ai procuratori federali nella trattazione delle indagini stesse, spogliandoli del procedimento.
Più che una riforma istituzionale è una riformina di sistema della giustizia sportiva, che crea una figura simile a quella del Procuratore Generale, che nella giustizia ordinaria ha analoghi poteri rispetto ai vari Procuratori della Repubblica.
Il potere di vigilanza significa che potrà, direttamente o indirettamente, attivare gli organi disciplinari. Forse.
Il potere di avocazione comporta la possibilità di raddrizzare in corsa le indagini che presentino sbilanciamenti. Forse.
Nella giustizia ordinaria accade rarissimamente che questo potere venga esercitato e lo stesso accadrà nella giustizia sportiva. Il motivo è semplice: l'esistenza di una norma del genere stimolerà comportamenti più virtuosi da parte delle procure federali; è quindi una sorta di moral dissuasion e l'intervento sostitutivo del superprocuratore resterà soltanto come una possibilità incombente.
Se poi il Superprocuratore farà il suo mestiere, questo la norma non lo può garantire.
Si lamenta Abete, sostenendo che il nuovo superorgano difetterebbe di terzietà. Non si capisce su cosa si basi questo giudizio, nè quale sia il suo concetto di terzietà.
Sia i procuratori federali delle singole discipline sportive che il superprocuratore sono nominati da organi dell'ordinamento sportivo. Il rapporto dei procuratori federali con i vari consigli federali non sarà diverso da quello che avrà il superprocuratore con il CONI.
E allora, di cosa si preoccupa Abete?