C'era da aspettarselo, come le castagne a novembre o l'Inter fuori dalle coppe a marzo. C'è una sentenza in arrivo a Napoli, una Juve che ha dichiarato guerra alla Federcalcio e che pare avviata ad un campionato da protagonista, anche grazie alle difficoltà altrui e alla pochezza media del campionato di Serie A. Sei giornate consecutive in testa alla classifica, cose dell'altro mondo. Cose da pre 2006, un'era fa. Qualcosa si annusava nell'aria da tempo, bastava leggere attentamente qualche articolo dei soliti giornali, quelli che il metodo l'hanno inventato e perfezionato negli anni e che nel 2006 hanno raccolto la semina. Lo sguardo dolce e comprensivo, le pacche sulle spalle, tutto l'armamentario di accondiscendenza che ha accompagnato per anni la Juve che aveva abdicato a se stessa, di colpo spariti. Volatilizzati. E inizialmente, non lo possiamo negare, la cosa l'avevamo accolta con un certo compiacimento, perché era la cartina di tornasole delle cose che ritornavano al loro posto. La Juve che vince, l'Inter che arranca e i media che rosicano e straparlano.
Nell'ultima settimana, però, c'è stata una brusca accelerazione che non ci piace per niente. Noi che il sentimento popolare lo abbiamo visto nascere e crescere, e ne portiamo ancora i segni sulla pelle, certe cose le cogliamo subito. Facciamola breve: la Juve è sotto tiro. Il "fortino assediato", per rievocare un'immagine di moggiana memoria. Da martedì è iniziata la strumentalizzazione sul "caso Del Piero", e l'obiettivo non è certamente quello di difendere un giocatore che negli anni si è visto dare prima del dopato e poi è stato trattato come una sorta di raccomandato che in Nazionale rubava periodicamente il posto al Baggio o al Totti di turno, insomma uno che bisognava sopportare e che si trovava lì giusto perché giocava nella potente Juventus del boss di Monticiano. Il bersaglio era ovviamente Andrea Agnelli, questo giovane Presidente che un bel giorno ha deciso di far saltare il banco e sparigliare un giochetto che si stava dimostrando divertente: la Juve che accetta tutto in silenzio e perde, gli altri che vincono e la Federazione che osserva e fa il cavolo che le pare. E allora improvvisamente Del Piero è diventato quasi un patrimonio dell'UNESCO da difendere e preservare e Agnelli il bruto che, nella migliore delle ipotesi, ha sbagliato i tempi, ma anche peggio: vilipendio alla bandiera, oltraggio ai veri valori juventini che Alex rappresenta, calpestamento dello stile Juve. Il tutto per aver ricordato ciò che tutti sapevano da tempo e aver invitato la platea a tributare un omaggio ad un campione che ha incarnato gli ultimi vent'anni di Juventus. Forse siamo troppo maliziosi, ma crediamo che senza tutto quel malloppo di ricorsi ed esposti molti giudizi sarebbero stati differenti. Spiace solo, come abbiamo già avuto modo di dire, che una fetta della tifoseria si faccia abbindolare da queste meschine strumentalizzazioni, proprio in questo momento così delicato.
Ma la giornata campale, quella dell'attacco al cuore della Juve, è stata giovedì. Sappiamo bene che lo Juventus Stadium rappresenta il simbolo del nuovo corso bianconero, pietra miliare e allo stesso tempo nucleo intorno al quale si sta ricostruendo un feeling importante tra la squadra e i tifosi, in un circolo virtuoso che accresce da un lato l'orgoglio e il senso di appartenenza e dall'altro, almeno per ora, i risultati sportivi. Nel merito dell'inchiesta preferiamo non entrarci per il momento, anche perché sinora la situazione appare quanto mai confusa e fumosa, così come il livello di coinvolgimento dei vari indagati (per ora tre, ma il numero pare poter aumentare). Di certo le nostre antenne ju29re si drizzano immediatamente al solo leggere il nome di Guariniello, memori come siamo di un'inchiesta lunga sette anni il cui unico risultato apprezzabile fu quello di dare una brusca accelerata ad un sentimento popolare antijuventino che da lì a qualche anno avrebbe prodotto Farsopoli. Ma, essendo ormai vaccinati e avendo imparato a conoscere certi metodi d'indagine, la cosa non può lasciarci indifferenti. Avremo modo di ritornarci, non appena i contorni saranno più chiari. Ciò su cui non si può tacere, però, è il contorno mediatico che da giovedì ha ripreso vita. Sull'abbrivio del presunto caso Del Piero, abbiamo visto ritornare in pompa magna dei modi di fare informazione che già conoscevamo e che non esitiamo a definire terrorismo mediatico. Sulla base di reati ipotizzati e ipotetici, di pericoli di crollo "teorici", si è scatenato un fuoco di fila fatto di titoloni allarmistici, notizie approssimative, definizioni spericolate come "stadio fatiscente", parti lese fatte passare per colpevoli, insinuazioni su "eventuali scricchiolii a cui gli spettatori da ora presteranno attenzione" e quant'altro. Il tutto sulla base di notizie incomplete e frammentarie, con un accanimento che già abbiamo imparato a conoscere nel recente passato.
Tutto ciò ha sicuramente creato un danno di immagine gravissimo, che auspichiamo la società prenda quanto prima in considerazione, facendosi sentire nelle sedi opportune. Danno di immagine che diventa anche economico, perché dopo cinque sold out consecutivi c'è il grosso rischio che l'ingiustificato allarmismo da un lato porti un'affluenza minore nelle prossime partite, e dall'altro scoraggi i partner commerciali attuali e potenziali dal legare il proprio nome ad uno stadio che si vuole far passare come insicuro e a rischio crollo. E' una situazione intollerabile che ci auguriamo la società affronti con decisione e tempismo. Noi siamo già attivi nel girare tutte le segnalazioni che ci stanno giungendo in questi giorni, su articoli e servizi televisivi da querela.
A completare il quadro si è aggiunta, sempre nella giornata di giovedì, la perquisizione fatta dalla Guardia di Finanza per conto della Consob, al fine di verificare la situazione finanziaria della società, anche in vista dell'aumento di capitale imminente. Su queste problematiche noi stessi abbiamo espresso dubbi nei giorni scorsi e non abbiamo lesinato critiche, sempre in maniera costruttiva e non pretestuosa, nei confronti della società e ovviamente non ci permettiamo di avanzare dubbio alcuno sul merito dell'operato delle Fiamme Gialle. Ma giocoforza anche questo episodio ha contribuito ad alimentare il circuito mediatico di terrore antijuventino che già era in atto e che ci fa parlare, crediamo a ragione, di Juventus sotto attacco.
Crediamo che mai come in questo momento sia indispensabile che la tifoseria faccia tesoro di quanto subito cinque anni fa, non si faccia abbindolare dai venditori di fumo mediatici e si compatti nel sostenere una società che viene attaccata, nel momento in cui sta provando a rialzarsi, attraverso i suoi due elementi cardine: un Presidente in guerra contro le istituzioni sportive e uno stadio all'avanguardia destinato ad essere il volano della rinascita sportiva ed economica della Juventus.
Juventus sotto assedio: riparte il terrorismo mediatico
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