“Il giornalismo italiano corre costantemente in soccorso del vincitore".
La frase è di Piero Ostellino, risale a poco meno di un anno fa ed è più che mai attuale nel momento in cui le parole di Moratti fanno smuovere mari e monti. Più i Monti che i mari per la verità.
Il 10 marzo 2011 proprio i due Monti, Fabio sul Corriere della Sera, Andrea (in accoppiata con un articolo a firma Maurizio Galdi) sulla Gazzetta di cui è direttore, arrivano a rimorchio delle dichiarazioni del presidente nerazzurro sulla sua convocazione da parte di Palazzi in Procura federale per il 31 marzo.
“LEI E' TIFOSO DELL'INTER?” - L’avevamo lasciato sul banco dei testimoni a Napoli Fabio Monti: quando, dopo aver riferito prevalentemente su opinioni di Facchetti e voci di corridoio nell’ambito del suo giornale, la Presidente Casoria gli aveva chiesto se per caso non fosse un tantinello di parte. Per avere una risposta a questo interrogativo basta leggere il suo articolo a pagina 57 del Corriere di giovedì. Dopo aver ripreso fedelmente le parole di Moratti comincia a ripercorrere il pensiero del presidente: “per anni si è giocato al fantacalcio; la situazione che si era creata lo aveva obbligato a investimenti onerosi per cercare di rompere l’assedio; lo scudetto a tavolino del 2006 è stato soltanto parziale indennizzo di tutto ciò che è accaduto in quegli anni”. Un piccolo Bignami di filosofia interista, a cominciare dalla certezza di aver giocato per anni in campionati falsati, quando semmai di campionato sotto indagine ce n’è uno. Sicuramente è facile riconoscere in queste righe il pensiero di Facchetti che lo stesso Monti aveva riportato nella sua testimonianza a Napoli (di cui è disponibile la trascrizione integrale che consiglio vivamente di leggere):
PM Capuano: E' in grado di individuare un momento in cui Facchetti individuava la nascita di questo "sistema"?
Monti: Intanto c'era stato il campionato 1997–98 che aveva lasciato dei segni, e poi lui aveva individuato come spartiacque il 2002, per tutto quello che era successo nella parte finale della stagione, nelle ultime partite, non nell'ultima partita in particolare. Erano successi alcuni episodi, tipo in Chievo-Inter, arbitrata da De Santis, con un rigore non dato a Ronaldo. Però, al di là dell'episodio specifico c'era la convinzione da parte di Facchetti che ci fosse, sostanzialmente, una convinzione a cui mancava una prova provata, che vi fosse un sistema che non garantiva la regolarità del campionato.
L’argomentazione preferita dai tifosi del bar dello sport: la prova massima della colpevolezza della Juve è il fatto che la Juve vinceva. Non tanto nel campionato 2004/05 (che gliene frega a un tifoso dell’Inter, mica hanno lottato per lo scudetto quell’anno), ma nelle uniche due stagioni in cui i nerazzurri hanno lottato e hanno perso lo scudetto con la Juve. E infatti, nel sunto che Monti fa del Moratti-pensiero, lo scudetto cartonato è un “risarcimento” per quei due campionati persi sul filo di lana.
Ma andiamo avanti: “Una posizione sintetizzata il 23 aprile 2007, il giorno dopo il primo scudetto vinto sul campo con Mancini: 'Volevo vendere l’Inter, perché davanti a me vedevo un muro non superabile. Avevo capito che al massimo potevamo concorrere per il secondo posto e pensavo fosse venuto il momento di andarsene. Poi ha prevalso il senso di responsabilità e sono rimasto'."
Una dichiarazione, questa risalente al giorno del primo scudetto vinto “sul campo” (e “contro nessuno” ebbe ad aggiungere Mourinho), che deve essere particolarmente cara a Fabio Monti giacché sempre nell’esame testimoniale del 1° marzo l’aveva citata pari pari rispondendo ad una domanda della Presidente Casoria.
Ma adesso occhio! Perché, come si vedrà, la stessa attenzione che ha nei confronti delle confidenze dei presidenti dell’Inter Monti non sembra averla quando invece mette sotto la lente la replica di Moggi. Dopo aver riportato infatti la dichiarazione a radio Kiss Kiss dell’ex dg bianconero in cui sbaglia la data dell’intercettazione del famoso “4-4-4” (la riferisce al 2008), Fabio Monti commenta in questi termini: “Moggi, che non si è mai presentato all’Ufficio Indagine, né con Borrelli (nominato al posto di Italo Pappa, che si era dimesso il 19 maggio 2006) né con Palazzi, ha sbagliato data: il riferimento a Cagliari-Inter è del 12 maggio 2005; nel 2008, Facchetti, definito da Moggi il “brindellone alto” (23 agosto 2005), era già morto da due anni (4 settembre 2006).”
Ora, io credo che non serva necessariamente aver fatto scuola di giornalismo per capire quando si tenta di mettere in cattiva luce una persona in un articolo. Nel caso specifico l’omissione del fatto che Moggi non si sia presentato né da Borrelli nel 2006 (il che farebbe pensare al lettore che lui a differenza di Moratti avesse qualcosa da nascondere) perché non fu mai convocato, né poi da Palazzi perché non era più tesserato FIGC (a differenza del presidente dell’Inter che, in quanto tesserato, ha l’obbligo di rispondere alla convocazione del procuratore federale), può essere anche frutto di una semplice svista. Non si capisce però quale possa essere il senso di quel “brindellone alto” buttato lì, se non quello di lasciare intendere che Moggi non rispettasse granché Facchetti da vivo, figurarsi ora da morto, e che quindi citare le intercettazioni di Facchetti sia solamente un atto di vigliaccheria verso un nemico che non può più difendersi. E con ciò quindi deviare brillantemente l'attenzione dal contenuto dell’intercettazione per spostarla sui dettagli, sul fatto che Moggi sbagli l’anno in modo grossolano, nonostante questo nulla tolga al contenuto più volte analizzato di quell'intercettazione (peraltro assai nota, è chiaro che la telefonata è del 2005). Il metodo, a dire il vero, non è nuovo, è lo stesso di quando giornali e tv si fossilizzarono sul “Collina” pronunciato da Bergamo piuttosto che da Facchetti nella “madre di tutte le intercettazioni”, quando in realtà questo era un particolare del tutto irrilevante, per tralasciare le cose veramente importanti della vicenda (l’intercettazione Facchetti-Mazzei del giorno prima).
ORIENTAMENTO ROSA - Più prudenti sulla Gazzetta le opinioni dell’altro Monti, Andrea (direttore della rosea), ma soprattutto di Maurizio Galdi, a pagina 16. Chissà, forse quest’ultimo, essendo inviato a Napoli ha capito un po’ meglio come stanno i fatti, che aria tira, che forse è meglio tentare di invertire la rotta: arrivati a questo punto, con la novità, il colpo di scena, sempre dietro l’angolo probabilmente è meglio limitarsi a raccontare i fatti, senza sbilanciarsi troppo dalla parte delle sedicenti “vittime”, in attesa dello sviluppo degli eventi.
Ma, come spesso accade quando il patron Moratti fa le sue uscite su Calciopoli, ad accompagnare il pezzo di Galdi, come si diceva, si è scomodato niente meno che il direttore Monti in persona. E ne ha per tutti:: innanzitutto rimprovera a Moratti che “la sortita non è tra le più felici […] La convocazione da parte del procuratore federale, quindi, non ha nulla di ridicolo. E’ semplicemente doverosa”. Era forse il caso di aggiungere che è anche ridicolo che venga sentito il Presidente dell’Inter per una decisione, quella sullo scudetto 2005/2006, che la Federazione dovrebbe prendere in piena autonomia. O che è altrettanto ridicola la differenza tra i tempi dilatatissimi di questo procedimento (quasi undici mesi da quando è stato presentato l’esposto della Juve) e le tre settimane scarse in cui si istruì nell’estate 2006 il processo sportivo per Calciopoli. Niente di tutto questo: secondo Andrea Monti invece l’uscita di Moratti (che immancabilmente viene ricordato in coda all’articolo essere testimone e parte lesa in Calciopoli; a proposito del correre in soccorso dei vincitori…) sarebbe fuori luogo per due motivi: il primo è quello appena esposto, per cui il medesimo farebbe bene a rispondere alla convocazione della Procura se non ha nulla da temere, e anzi avrebbe l’occasione di dimostrare la comprovata onestà dell’Inter, il secondo è che queste dichiarazioni hanno dato spazio all'inevitabile replica di Moggi.
Che il direttore della Gazzetta non perde occasione di bacchettare, in particolare per aver proposto “ancora una volta la sua rilettura di Calciopoli, irta di forzature e priva di qualsiasi autocritica”. Non è una novità, d’altro canto, che Monti contesti la ricostruzione che le difese stanno portando avanti in quel di Napoli. Già in precedenza aveva parlato di “macchina del fango” e di “ricostruzione farraginosa”, pur ammettendo sempre il diritto di un imputato a difendersi. Però così è un po’ troppo facile, bisognerebbe che il signor Monti indicasse quali siano le forzature, dove sarebbe il fango (e se si è dimenticato tutto quello che è stato gettato dal 2006 in poi sulla Juventus), altrimenti siamo alle solite. Alle chiacchiere e non ai fatti. Tanto parlare ma poi, stringi stringi, di concreto poco o nulla. Ma d’altra parte l’aveva detto proprio Monti che il compito dei giornalisti è non tanto di raccontare i fatti quanto di orientare l’opinione pubblica.
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