Tre solisti che non cantavano nel coro, in contemporanea, si sono visti abbassare il volume. Può essere una strana coincidenza come pure non esserlo.
Una crepa se non provi a saldarla subito si allarga. La gestione del potere e del consenso mal tollera le “voci fuori dal coro”. In un paese normale le opinioni contrarie al coro hanno spazio e garantiscono la democrazia. In uno stato dominato da pochi gruppi di potere, molto forti, questo non è tollerato sempre. Chi non canta in coro viene sostituito, zittito. In Italia piacciono i “coristi”, soprattutto nell’informazione.
Guido Rossi non è più, da tempo, il Commissario “molto” Straordinario e “Inter nos più che Super Partes” che Petrucci (o chi glielo ha suggerito) aveva scelto per risolvere il caso “calciopoli”. Dopo aver provato a rimanere incollato ad entrambe le poltrone, della FIGC e della Telecom, in barba al “conflitto di interessi” che denunciava da una vita, fu costretto a lasciare prima il calcio e poi anche il telefono tanto caro.
Delle sue “riforme”, strombazzate da Petrucci e dal ministro Melandri per un’estate intera, resta solo il Comunicato Ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio n. 58, pubblicato in data 5 settembre 2006. Solo Marco Liguori, su Quotidiano.net, denunciò lo scempio del “solito salvaconto che confligge con quanto stabilito dal Codice Civile”.
Gli sponsor di Guido Rossi, in un paese serio ne sarebbero usciti con le ali bruciate. In Italia no! Perché sono i media a decidere tra pollice su o pollice verso.
Di Guido Rossi, però, vengono messe in atto le sue precedenti teorie, quelle per cui, forse, era stato scelto.
Nel saggio “Il ratto delle Sabine”, edito del 2000, il professore che saltava al collo di Moratti e lo baciava dopo un gol dell’Inter (episodio riferito dalla moglie del petrolecologista) tratta la storia della fondazione di Roma, delle astuzie e delle sopraffazioni di Romolo, capace di trasformare l’omicidio del fratello Remo e il rapimento con stupro delle donne sabine nel rito catartico di una nuova civiltà. Nel libro, l’avvocato Rossi si ispira al ratto delle sabine, ma tratta di filosofia del diritto e descrive quello che, in pratica, è poi avvenuto con i procedimenti sommari e di piazza subiti dai protagonisti di calciopoli.
Pagina 94: “Un atto di violenza iniziale apparve allora come l’unica alternativa. Atto di violenza che doveva tuttavia essere immediatamente nobilitato da un rito formale che potesse agli occhi dei posteri mascherare prima e sancire poi il consenso”.
L’atto di violenza su calciopoli ha pensato di nobilitarlo “assumendo”, per il rito formale, gente come Borrelli e Ruperto che hanno messo la propria carriera a disposizione.
A pagina 91: “Nella preparazione delle cerimonie si nasconde sovente l’inganno: le più feroci aggressioni avvengono nei luoghi di potere formalmente più severi e tranquilli, ove dietro ai comportamenti di facciata si nascondono i più sporchi rituali dell’ipocrisia”.
Vi ricorda nulla? Ricordate il giudice che si dimise perché non volle “prestarsi” al gioco?
A pagina 86: “La sanzione (…) doveva essere crudele, così che Romolo ideò anche nuovi rituali…”, perché “la crudeltà del supplizio che accompagna la pena, oltre ad avere un carattere retributivo, allontana il timore che l’atto illecito provochi una contaminazione generale e una misteriosa vendetta contro tutti”.
E la sanzione è stata crudele. E Rossi è ricorso a nuovi rituali, saltato un grado di giudizio, ridotto i tempi del “rito”. Pochi si sono soffermati a rilevare quali brutture si sono consumate, come la “non possibilità di addurre prove a discarico”, la richiesta delle pene formulta da Palazzi all’inizio del processo, ecc. Istruttivo rileggere quanto affermarono allora il Senatore Manzella e l’ex-giudice De Biase. Ma erano voci isolate, facili da “coprire”. Mai hanno avuto la prima pagina con il titolo a nove colonne come altri funzionali al teorema.
A pagina 32, tratta l’uccisione del gemello Remo ma quanto somiglia alla trasformazione di Luciano Moggi in mostro: “L’inganno sarebbe poi stato sicuramente coperto (…) soprattutto dall’esercizio continuato e martellante del potere raggiunto, grazie al quale (Romolo, ndr) avrebbe imposto la sua versione dei fatti, l’unica che sarebbe stata poi ritenuta autentica. Il potere, a posteriori, è capace di nobilitare gli atti più abominevoli, vigliacchi e selvaggi. Esso si basa sulla menzogna e sulla simulazione, per le false verità che impone e cui finge di credere”.
Un inganno, per esempio, è quello che Moggi aggiustasse le partite: la sentenza della Caf ha smentito questa menzogna. Ma anche quanto affermato dalla Corte si poteva coprire con l’aiuto dei media sensibili al “potere”. Una versione dei fatti faziosa e falsa ma condotta in modo martellante al punto da sembrare la verità. I media ed i giornalisti che si sono adoperati li conosciamo bene!
Teorizzava ancora Rossi: Romolo è consapevole che “senza l’applauso fisico della moltitudine, il potere del singolo perde vigore nella palude della solitudine” ed è appare evidente che “il consenso di tutti si ottiene non solo con tacite adesioni, ma soprattutto nelle manifestazioni collettive, dove cento, mille anime diventano entusiasticamente una sola”.
Questo serviva: il consenso generale. E consenso venne generato dai media, Gazzetta in testa e gli altri media a seguire in fila per quattro col resto di …. pochi.
Ecco il problema, la crepa nella sceneggiatura. Non devono esserci “voci fuori dal coro” per gestire il consenso. Il “Nuovo Sistema” non può concedere che prima uno, poi due, poi tre giornalisti creino il “solco” nel quale può germogliare una presa di conoscenza e coscienza più vasta di quella che già si è creata sul web o grazie ai libri di Oggiano, Cambiagli, Pasta e Sironi, Kefeo.
Già dall’inizio non si allinearono giornalisti come Biagi, Bocca, Ostellino, Rocca. Ma erano solo pochi articoli che vennero ben coperti dalle urla quotidiane dei “candidi strilloni” che vogliono venderci il “nuovo calcio pulito”. La crepa si allargò un po’ di più quando sui forum e sul web “volenterosi” iniziarono a studiare e a diffondere le brutture giuridiche delle sentenze di calciopoli, quando alcuni di questi “volenterosi” scrissero dei libri con dati difficili da smentire ma, soprattutto, quando Feltri affida una rubrica a Moggi, Padovan su Tuttosport scrive degli editoriali che chiedono “giustizia uguale per tutti”, Moncalvo attacca calciopoli a più riprese e dedica una puntata del suo “Confronti” a Luciano Moggi e Nesti sul suo sito ospita le rivelazioni dell’Uomo Nero.
Il “Nuovo sistema”, i potenti, i giornali vicini o, quantomeno, sensibili al potere degli “amichetti del salotto buono” iniziano a far fatica nel “silenziare” le notizie scomode.
Qual'è la situazione oggi?
Padovan è stato sostituito come direttore di Tuttosport, pur essendo il giornale in costante crescita di vendite, Moncalvo lascia la RAI perché la sua trasmissione, che ha il difetto di costare pochissimo, viene spostata in orario da annunci hard e Nesti annuncia la seconda sospensione delle interviste dell’Uomo Nero alla vigilia delle annunciate rivelazioni su Lapo e su Calciopoli. Davvero singolare pensare a semplici coincidenze, soprattutto perché mancano presupposti “classici” come cali di vendite, cali di ascolto, costi esagerati, ecc.
Padovan viene sostituito dall’editore nel momento di massime vendite per Tuttosport. Sostituito da uno dei tanti vice-direttori della Pravda Rosa. La notizia l’avevamo appresa, da dagospia, già a metà dicembre 2007: Giancarlo Padovan sarà sostituito il 9 gennaio da Paolo De Paola, attualmente vicedirettore de La Gazzetta dello Sport. Oggi o domani l'annuncio ufficiale di Nes (Nuova editoriale sportiva) che edita il terzo quotidiano sportivo italiano. (…) Non ancora definito il futuro di Giancarlo Padovan, che da cinque anni e due mesi dirige il quotidiano fondato da Renato Casalbore. «Un periodo record, almeno in tempi recenti», spiega Padovan a ItaliaOggi. «Credo che questa mia esperienza professionale abbia mercato, al momento però non ho in tasca nessun nuovo contratto e quindi accetterò la proposta di Nes per continuare a lavorare come editorialista».
Oggi, nel suo editoriale di saluto, Padovan scrive: “ Sono stati anche anni di battaglie dure e di posizioni scomode, prova ne sia (e i lettori lo sanno) la controversa e contraddittoria vicenda impropriamente chiamata Calciopoli (solo i posteri potranno esprimere un giudizio definitivo su colpevoli, condannati, innocenti, intoccati) … Ho il ciglio asciutto e la certezza di non essere piaciuto a tutti. Sinceramente, ora più di prima, sarei preoccupato del contrario. Non avrei creato il solco. E’ lì che va gettato il seme.”
Tutti sanno a chi Padovan non è sicuramente piaciuto. Moratti, per esempio, ha rifiutato interviste con Tuttosport per un anno. Le scelte di Padovan non sono state sempre accettate dalla totalità dei tifosi juventini. Tanti quelli che hanno cambiato idea nell’estate 2006 quando Padovan, dopo aver cavalcato la spinta verso il ricorso al TAR, mutò atteggiamento il giorno prima del ritiro del ricorso. Resta il fatto che con i suoi editoriali era tra i pochi ad accendere uno spot di luce sugli illeciti commessi dall’Inter, sul fatto che venissero facilmente prescritti da Palazzi, quando non lasciati nel cassetto per un anno come è tuttora quello sul falso in bilancio. A “qualcuno” quegli editoriali sicuramente non sono piaciuti. Meglio il “pensiero unico in salsa rosa”, meglio sostituire Padovan. Il fatto che lo si faccia, appunto, con una “penna rosa” ci fa rizzare il pelo.
Su Moncalvo vi invito a leggere quanto scrive Trillo sul suo Blog: Un’altra pera casca dall’albero.
Veniamo a Nesti. Il primo ciclo di interviste all’Uomo Nero si stoppò dopo le interviste “L’Uomo nero attacca Farina” e “L’Uomo nero sull’Inter e Cobolli”. Il secondo ciclo si stoppa senza motivazioni chiare dopo queste due interviste:
L'Uomo nero attacca Tronchetti
L'Uomo nero su Amauri e Lapo
Nella prima delle interviste citate l’Uomo Nero, che potrebbe essere chiunque perchè non conta chi è ma quel che rivela, parla di Tronchetti, dell’Inter e di Carraro: “Adesso, però, certe cose, devono uscire fuori. E mi riferisco alle intercettazioni, in chiave Inter”
Ed ancora: ”Il signor Tronchetti Provera nella scalata al colosso telefonico “Telecom”, ha utilizzato delle apparecchiature telefoniche impossibili da intercettare. Guarda caso le stesse usate da Moggi e, mi consenta la divagazione, da Cossiga e Sgarbi. Questa, è una vergogna. Perché la scalata alla “Telecom”, implica una grande manovra strategica, che coinvolge risorse economiche di milioni di risparmiatori e azionisti. E le regole del mercato azionario, sono rigide. Insomma, è vietato operare in questo modo. Tutto ciò, è indegno. Ma nessuno dice niente, per il bene presunto dell’Italia.Perché utilizzava telefoni anti intercettazione, salvo successivamente giudicarli in maniera negativa in relazione alla vicenda Moggi, assecondando le voglie di Moratti per le intercettazioni su Vieri?”
“Lo studioso Farneti ha sempre definito la storia come un ciclo soggetto a tre dinamiche fondamentali. Perdita del potere, vuoto del potere e presa del potere, non necessariamente positivo, di un'altra corrente. Ed è esattamente ciò che sta accadendo in questo periodo. Siamo di fronte ad un controllo totale della società da parte di un paio di soggetti. Oggi, la cricca Moratti, Tronchetti Provera e Guido Rossi, in consiglio di amministrazione dell’Inter per quattro anni e poi in "Telecom", controlla il settanta percento dei settori nei quali l’Italia zoppica. Petrolio, quindi benzina, telefonia, settore immobiliare, sport e televisione. Eppure, nessuno protesta”.
“E poi, non si dica che la matassa di calciopoli è stata districata con qualche ammonimento. Oggi, Carraro è molto più sereno di ieri. Ha dovuto pagare un’irrisoria multa. E sa perché? Se chiudono la sua banca, tutta l’Italia va a rotoli. Perchè è quella che eroga prestiti per i processi di ricapitalizzazione delle varie società. Peraltro, ed è la cosa che più mi sorprende, l’intera vicenda delle intercettazioni ha evidenziato due aspetti di deboli appoggio per l’accusa. Per prima cosa, l’unico arbitro punito, cioè De Santis, è l’unico che non ha mai parlato con Moggi. In secondo luogo, ed è l’aspetto di gran lunga più importante, non emerge alcun tipo di movimento bancario che possa far pensare ad una rete di stampo mafioso in grado di gestire la spartizione di denaro fra tutte le persone indagate. Una situazione giuridica medioevale, me lo consenta, non conferisce certo dignità e credibilità all’estero”.
L'ultima intervista, invece, si chiuse così:
”La prossima volta, parlerò di Lapo Elkann. E della mia teoria in merito a calciopoli, che guarda caso combacia perfettamente con la vicenda del nipote dell’Avvocato. Mai compresa da chi non ha ragionato senza considerare determinati parametri. Le due vicende hanno una stessa matrice. Sono la stessa cosa, sono unite da un unico filo conduttore. Mi creda. Perché la verità, si ricordi, è una sola. Talvolta, la volontà di depistare, di creare più ragionamenti, non serve a nulla. Tutto viene a galla, prima o poi. Tutte le strade periferiche, sono solo un’arteria del cuore di una città. Il tempo degli Agnelli, è terminato con l'Avvocato ed il dottore. La Fiat, l’Ifil, la Ferrari, Lapo Elkann e le vicende di calciopoli, sono il risultato di un’unica azione preordinata”.
Non sapremo mai il finale della storia nella versione dell’Uomo Nero.
Ma chi pensa di poter stoppare per sempre la verità sbaglia di grosso. I media sono potenti, hanno una cassa di risonanza grandissima ma le bugie hanno le gambe corte. Loro possono sempre far finta di non aver udito ma la loro credibilità sarà corrosa ogni giorno di più e la verità, comunque, rimbalzerà sul web.
Prendete quella che era una notizia boom come le dichiarazioni di Blatter che rivela all’ANSA un particolare inedito su Calciopoli: "Credo sia ora passato abbastanza tempo per poterne parlare - ha spiegato Blatter – Quando scoppiò lo scandalo, nel 2006, Luca di Montezemolo svolse un importantissimo ruolo di moderatore. E' in gran parte merito suo se la Juventus non si rivolse ai tribunali ordinari dopo le sanzioni conseguenti allo scandalo".
Noi sapevamo gia, basta rileggetersi l’articolo “L’uomo del Monte(zemolo) ha detto NO” di Emilio Cambiaghi, scritto già a maggio 2007.
Era una notizia da 6, se non da 9 colonne. I media, invece hanno fatto finta che Blatter non abbia parlato, hanno fatto finta di nulla per “non disturbare il conducente”, perché quella verità non era “funzionale” al teorema che, invece, bisogna spingere con forza e costanza, perché la verità non faccia breccia nelle menti della gente e butti giù il muro di cartapesta di Farsopoli. Eppure era lo stesso Blatter della lettera a Rossi, lo stesso Blatter che la Pravda Rosa agitava come uno spaventa-tifosi quasi tutti i giorni nell’estate 2006.
Se sei funzionale al loro teorema ti amplificano in prima pagina, se invece non lo sei ti ignorano.
Abbiamo trovato traccia della dichiarazione di Blatter solo in un trafiletto sul Corriere dello Sport e sul blog di Jacobelli che scrive: “Ma è su Calciopoli che Federazione e Lega si giocano tutto nel 2008. O fanno pulizia una volta per tutte o verranno costretti da un'opinione pubblica sempre più convinta che a Roma abbiano fatto finta di cambiare tutto perchè nulla cambiasse. In queste ore abbiamo pure appreso da Blatter che, se non fosse stato per Montezemolo, la Juve avrebbe fatto ricorso al Tar, scatenando il panico in Figc, Uefa e Fifa. A Montezemolo, questa non la perdoneremo mai”.
Jacobelli ha sempre sostenuto di essere stato allontanato dal Corriere dello Sport per i suoi articoli su Carraro dopo il mondiale in Corea. Padovan, Moncalvo e l’Uomo Nero hanno sicuramente dato fastidio ad altri.
La difesa del muro di cartapesta di Farsopoli ha, invece, bisogno di un coro affiatato nel quale trovano facilmente posto il Candido con braccialetto nerazzurro seduto in tribuna accanto a Moratti, le “penne rosa”, Mensurati (Repubblica), l’ex Team manager nerazzurro Bortolozzi (Corriere dello Sport), "penne-ultras" che consegnano targhe a Magath, per il gol nella finale di Coppa Campioni, come Garanzini (Radio24 - “A tempo di Sport”) o Fabio Monti (Corriere della Sera). Giornali strategici e gente che eviti di fare domande scomode, gente che difenda Romolo ed il suo processo farsa.
Quella che si vorrebbe imporre è la “normalizzazione”. Le garanzie che vogliono è che non ci siano giornalisti con la schiena dritta abbastanza da volerci veder chiaro su Farsopoli o incalzare l’immobilismo di Abete e Palazzi sul falso in bilancio delle milanesi, che ha già visto la prima udienza preliminare ed è ricoperto di ragnatele in qualche cassetto del Superprocuratore. Sperano, così, che il muro di cartapesta di Farsopoli possa reggere ma hanno paura che gli frani addosso.
Ormai la vera informazione libera si può scovarla e diffonderla solo sul web. Lo sanno anche loro. Infatti, ogni tanto, cercano di imbavagliare anche il web proponendo illiberali progetti di legge o decreti.
Una crepa se non provi a saldarla subito si allarga. La gestione del potere e del consenso mal tollera le “voci fuori dal coro”. In un paese normale le opinioni contrarie al coro hanno spazio e garantiscono la democrazia. In uno stato dominato da pochi gruppi di potere, molto forti, questo non è tollerato sempre. Chi non canta in coro viene sostituito, zittito. In Italia piacciono i “coristi”, soprattutto nell’informazione.
Guido Rossi non è più, da tempo, il Commissario “molto” Straordinario e “Inter nos più che Super Partes” che Petrucci (o chi glielo ha suggerito) aveva scelto per risolvere il caso “calciopoli”. Dopo aver provato a rimanere incollato ad entrambe le poltrone, della FIGC e della Telecom, in barba al “conflitto di interessi” che denunciava da una vita, fu costretto a lasciare prima il calcio e poi anche il telefono tanto caro.
Delle sue “riforme”, strombazzate da Petrucci e dal ministro Melandri per un’estate intera, resta solo il Comunicato Ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio n. 58, pubblicato in data 5 settembre 2006. Solo Marco Liguori, su Quotidiano.net, denunciò lo scempio del “solito salvaconto che confligge con quanto stabilito dal Codice Civile”.
Gli sponsor di Guido Rossi, in un paese serio ne sarebbero usciti con le ali bruciate. In Italia no! Perché sono i media a decidere tra pollice su o pollice verso.
Di Guido Rossi, però, vengono messe in atto le sue precedenti teorie, quelle per cui, forse, era stato scelto.
Nel saggio “Il ratto delle Sabine”, edito del 2000, il professore che saltava al collo di Moratti e lo baciava dopo un gol dell’Inter (episodio riferito dalla moglie del petrolecologista) tratta la storia della fondazione di Roma, delle astuzie e delle sopraffazioni di Romolo, capace di trasformare l’omicidio del fratello Remo e il rapimento con stupro delle donne sabine nel rito catartico di una nuova civiltà. Nel libro, l’avvocato Rossi si ispira al ratto delle sabine, ma tratta di filosofia del diritto e descrive quello che, in pratica, è poi avvenuto con i procedimenti sommari e di piazza subiti dai protagonisti di calciopoli.
Pagina 94: “Un atto di violenza iniziale apparve allora come l’unica alternativa. Atto di violenza che doveva tuttavia essere immediatamente nobilitato da un rito formale che potesse agli occhi dei posteri mascherare prima e sancire poi il consenso”.
L’atto di violenza su calciopoli ha pensato di nobilitarlo “assumendo”, per il rito formale, gente come Borrelli e Ruperto che hanno messo la propria carriera a disposizione.
A pagina 91: “Nella preparazione delle cerimonie si nasconde sovente l’inganno: le più feroci aggressioni avvengono nei luoghi di potere formalmente più severi e tranquilli, ove dietro ai comportamenti di facciata si nascondono i più sporchi rituali dell’ipocrisia”.
Vi ricorda nulla? Ricordate il giudice che si dimise perché non volle “prestarsi” al gioco?
A pagina 86: “La sanzione (…) doveva essere crudele, così che Romolo ideò anche nuovi rituali…”, perché “la crudeltà del supplizio che accompagna la pena, oltre ad avere un carattere retributivo, allontana il timore che l’atto illecito provochi una contaminazione generale e una misteriosa vendetta contro tutti”.
E la sanzione è stata crudele. E Rossi è ricorso a nuovi rituali, saltato un grado di giudizio, ridotto i tempi del “rito”. Pochi si sono soffermati a rilevare quali brutture si sono consumate, come la “non possibilità di addurre prove a discarico”, la richiesta delle pene formulta da Palazzi all’inizio del processo, ecc. Istruttivo rileggere quanto affermarono allora il Senatore Manzella e l’ex-giudice De Biase. Ma erano voci isolate, facili da “coprire”. Mai hanno avuto la prima pagina con il titolo a nove colonne come altri funzionali al teorema.
A pagina 32, tratta l’uccisione del gemello Remo ma quanto somiglia alla trasformazione di Luciano Moggi in mostro: “L’inganno sarebbe poi stato sicuramente coperto (…) soprattutto dall’esercizio continuato e martellante del potere raggiunto, grazie al quale (Romolo, ndr) avrebbe imposto la sua versione dei fatti, l’unica che sarebbe stata poi ritenuta autentica. Il potere, a posteriori, è capace di nobilitare gli atti più abominevoli, vigliacchi e selvaggi. Esso si basa sulla menzogna e sulla simulazione, per le false verità che impone e cui finge di credere”.
Un inganno, per esempio, è quello che Moggi aggiustasse le partite: la sentenza della Caf ha smentito questa menzogna. Ma anche quanto affermato dalla Corte si poteva coprire con l’aiuto dei media sensibili al “potere”. Una versione dei fatti faziosa e falsa ma condotta in modo martellante al punto da sembrare la verità. I media ed i giornalisti che si sono adoperati li conosciamo bene!
Teorizzava ancora Rossi: Romolo è consapevole che “senza l’applauso fisico della moltitudine, il potere del singolo perde vigore nella palude della solitudine” ed è appare evidente che “il consenso di tutti si ottiene non solo con tacite adesioni, ma soprattutto nelle manifestazioni collettive, dove cento, mille anime diventano entusiasticamente una sola”.
Questo serviva: il consenso generale. E consenso venne generato dai media, Gazzetta in testa e gli altri media a seguire in fila per quattro col resto di …. pochi.
Ecco il problema, la crepa nella sceneggiatura. Non devono esserci “voci fuori dal coro” per gestire il consenso. Il “Nuovo Sistema” non può concedere che prima uno, poi due, poi tre giornalisti creino il “solco” nel quale può germogliare una presa di conoscenza e coscienza più vasta di quella che già si è creata sul web o grazie ai libri di Oggiano, Cambiagli, Pasta e Sironi, Kefeo.
Già dall’inizio non si allinearono giornalisti come Biagi, Bocca, Ostellino, Rocca. Ma erano solo pochi articoli che vennero ben coperti dalle urla quotidiane dei “candidi strilloni” che vogliono venderci il “nuovo calcio pulito”. La crepa si allargò un po’ di più quando sui forum e sul web “volenterosi” iniziarono a studiare e a diffondere le brutture giuridiche delle sentenze di calciopoli, quando alcuni di questi “volenterosi” scrissero dei libri con dati difficili da smentire ma, soprattutto, quando Feltri affida una rubrica a Moggi, Padovan su Tuttosport scrive degli editoriali che chiedono “giustizia uguale per tutti”, Moncalvo attacca calciopoli a più riprese e dedica una puntata del suo “Confronti” a Luciano Moggi e Nesti sul suo sito ospita le rivelazioni dell’Uomo Nero.
Il “Nuovo sistema”, i potenti, i giornali vicini o, quantomeno, sensibili al potere degli “amichetti del salotto buono” iniziano a far fatica nel “silenziare” le notizie scomode.
Qual'è la situazione oggi?
Padovan è stato sostituito come direttore di Tuttosport, pur essendo il giornale in costante crescita di vendite, Moncalvo lascia la RAI perché la sua trasmissione, che ha il difetto di costare pochissimo, viene spostata in orario da annunci hard e Nesti annuncia la seconda sospensione delle interviste dell’Uomo Nero alla vigilia delle annunciate rivelazioni su Lapo e su Calciopoli. Davvero singolare pensare a semplici coincidenze, soprattutto perché mancano presupposti “classici” come cali di vendite, cali di ascolto, costi esagerati, ecc.
Padovan viene sostituito dall’editore nel momento di massime vendite per Tuttosport. Sostituito da uno dei tanti vice-direttori della Pravda Rosa. La notizia l’avevamo appresa, da dagospia, già a metà dicembre 2007: Giancarlo Padovan sarà sostituito il 9 gennaio da Paolo De Paola, attualmente vicedirettore de La Gazzetta dello Sport. Oggi o domani l'annuncio ufficiale di Nes (Nuova editoriale sportiva) che edita il terzo quotidiano sportivo italiano. (…) Non ancora definito il futuro di Giancarlo Padovan, che da cinque anni e due mesi dirige il quotidiano fondato da Renato Casalbore. «Un periodo record, almeno in tempi recenti», spiega Padovan a ItaliaOggi. «Credo che questa mia esperienza professionale abbia mercato, al momento però non ho in tasca nessun nuovo contratto e quindi accetterò la proposta di Nes per continuare a lavorare come editorialista».
Oggi, nel suo editoriale di saluto, Padovan scrive: “ Sono stati anche anni di battaglie dure e di posizioni scomode, prova ne sia (e i lettori lo sanno) la controversa e contraddittoria vicenda impropriamente chiamata Calciopoli (solo i posteri potranno esprimere un giudizio definitivo su colpevoli, condannati, innocenti, intoccati) … Ho il ciglio asciutto e la certezza di non essere piaciuto a tutti. Sinceramente, ora più di prima, sarei preoccupato del contrario. Non avrei creato il solco. E’ lì che va gettato il seme.”
Tutti sanno a chi Padovan non è sicuramente piaciuto. Moratti, per esempio, ha rifiutato interviste con Tuttosport per un anno. Le scelte di Padovan non sono state sempre accettate dalla totalità dei tifosi juventini. Tanti quelli che hanno cambiato idea nell’estate 2006 quando Padovan, dopo aver cavalcato la spinta verso il ricorso al TAR, mutò atteggiamento il giorno prima del ritiro del ricorso. Resta il fatto che con i suoi editoriali era tra i pochi ad accendere uno spot di luce sugli illeciti commessi dall’Inter, sul fatto che venissero facilmente prescritti da Palazzi, quando non lasciati nel cassetto per un anno come è tuttora quello sul falso in bilancio. A “qualcuno” quegli editoriali sicuramente non sono piaciuti. Meglio il “pensiero unico in salsa rosa”, meglio sostituire Padovan. Il fatto che lo si faccia, appunto, con una “penna rosa” ci fa rizzare il pelo.
Su Moncalvo vi invito a leggere quanto scrive Trillo sul suo Blog: Un’altra pera casca dall’albero.
Veniamo a Nesti. Il primo ciclo di interviste all’Uomo Nero si stoppò dopo le interviste “L’Uomo nero attacca Farina” e “L’Uomo nero sull’Inter e Cobolli”. Il secondo ciclo si stoppa senza motivazioni chiare dopo queste due interviste:
L'Uomo nero attacca Tronchetti
L'Uomo nero su Amauri e Lapo
Nella prima delle interviste citate l’Uomo Nero, che potrebbe essere chiunque perchè non conta chi è ma quel che rivela, parla di Tronchetti, dell’Inter e di Carraro: “Adesso, però, certe cose, devono uscire fuori. E mi riferisco alle intercettazioni, in chiave Inter”
Ed ancora: ”Il signor Tronchetti Provera nella scalata al colosso telefonico “Telecom”, ha utilizzato delle apparecchiature telefoniche impossibili da intercettare. Guarda caso le stesse usate da Moggi e, mi consenta la divagazione, da Cossiga e Sgarbi. Questa, è una vergogna. Perché la scalata alla “Telecom”, implica una grande manovra strategica, che coinvolge risorse economiche di milioni di risparmiatori e azionisti. E le regole del mercato azionario, sono rigide. Insomma, è vietato operare in questo modo. Tutto ciò, è indegno. Ma nessuno dice niente, per il bene presunto dell’Italia.Perché utilizzava telefoni anti intercettazione, salvo successivamente giudicarli in maniera negativa in relazione alla vicenda Moggi, assecondando le voglie di Moratti per le intercettazioni su Vieri?”
“Lo studioso Farneti ha sempre definito la storia come un ciclo soggetto a tre dinamiche fondamentali. Perdita del potere, vuoto del potere e presa del potere, non necessariamente positivo, di un'altra corrente. Ed è esattamente ciò che sta accadendo in questo periodo. Siamo di fronte ad un controllo totale della società da parte di un paio di soggetti. Oggi, la cricca Moratti, Tronchetti Provera e Guido Rossi, in consiglio di amministrazione dell’Inter per quattro anni e poi in "Telecom", controlla il settanta percento dei settori nei quali l’Italia zoppica. Petrolio, quindi benzina, telefonia, settore immobiliare, sport e televisione. Eppure, nessuno protesta”.
“E poi, non si dica che la matassa di calciopoli è stata districata con qualche ammonimento. Oggi, Carraro è molto più sereno di ieri. Ha dovuto pagare un’irrisoria multa. E sa perché? Se chiudono la sua banca, tutta l’Italia va a rotoli. Perchè è quella che eroga prestiti per i processi di ricapitalizzazione delle varie società. Peraltro, ed è la cosa che più mi sorprende, l’intera vicenda delle intercettazioni ha evidenziato due aspetti di deboli appoggio per l’accusa. Per prima cosa, l’unico arbitro punito, cioè De Santis, è l’unico che non ha mai parlato con Moggi. In secondo luogo, ed è l’aspetto di gran lunga più importante, non emerge alcun tipo di movimento bancario che possa far pensare ad una rete di stampo mafioso in grado di gestire la spartizione di denaro fra tutte le persone indagate. Una situazione giuridica medioevale, me lo consenta, non conferisce certo dignità e credibilità all’estero”.
L'ultima intervista, invece, si chiuse così:
”La prossima volta, parlerò di Lapo Elkann. E della mia teoria in merito a calciopoli, che guarda caso combacia perfettamente con la vicenda del nipote dell’Avvocato. Mai compresa da chi non ha ragionato senza considerare determinati parametri. Le due vicende hanno una stessa matrice. Sono la stessa cosa, sono unite da un unico filo conduttore. Mi creda. Perché la verità, si ricordi, è una sola. Talvolta, la volontà di depistare, di creare più ragionamenti, non serve a nulla. Tutto viene a galla, prima o poi. Tutte le strade periferiche, sono solo un’arteria del cuore di una città. Il tempo degli Agnelli, è terminato con l'Avvocato ed il dottore. La Fiat, l’Ifil, la Ferrari, Lapo Elkann e le vicende di calciopoli, sono il risultato di un’unica azione preordinata”.
Non sapremo mai il finale della storia nella versione dell’Uomo Nero.
Ma chi pensa di poter stoppare per sempre la verità sbaglia di grosso. I media sono potenti, hanno una cassa di risonanza grandissima ma le bugie hanno le gambe corte. Loro possono sempre far finta di non aver udito ma la loro credibilità sarà corrosa ogni giorno di più e la verità, comunque, rimbalzerà sul web.
Prendete quella che era una notizia boom come le dichiarazioni di Blatter che rivela all’ANSA un particolare inedito su Calciopoli: "Credo sia ora passato abbastanza tempo per poterne parlare - ha spiegato Blatter – Quando scoppiò lo scandalo, nel 2006, Luca di Montezemolo svolse un importantissimo ruolo di moderatore. E' in gran parte merito suo se la Juventus non si rivolse ai tribunali ordinari dopo le sanzioni conseguenti allo scandalo".
Noi sapevamo gia, basta rileggetersi l’articolo “L’uomo del Monte(zemolo) ha detto NO” di Emilio Cambiaghi, scritto già a maggio 2007.
Era una notizia da 6, se non da 9 colonne. I media, invece hanno fatto finta che Blatter non abbia parlato, hanno fatto finta di nulla per “non disturbare il conducente”, perché quella verità non era “funzionale” al teorema che, invece, bisogna spingere con forza e costanza, perché la verità non faccia breccia nelle menti della gente e butti giù il muro di cartapesta di Farsopoli. Eppure era lo stesso Blatter della lettera a Rossi, lo stesso Blatter che la Pravda Rosa agitava come uno spaventa-tifosi quasi tutti i giorni nell’estate 2006.
Se sei funzionale al loro teorema ti amplificano in prima pagina, se invece non lo sei ti ignorano.
Abbiamo trovato traccia della dichiarazione di Blatter solo in un trafiletto sul Corriere dello Sport e sul blog di Jacobelli che scrive: “Ma è su Calciopoli che Federazione e Lega si giocano tutto nel 2008. O fanno pulizia una volta per tutte o verranno costretti da un'opinione pubblica sempre più convinta che a Roma abbiano fatto finta di cambiare tutto perchè nulla cambiasse. In queste ore abbiamo pure appreso da Blatter che, se non fosse stato per Montezemolo, la Juve avrebbe fatto ricorso al Tar, scatenando il panico in Figc, Uefa e Fifa. A Montezemolo, questa non la perdoneremo mai”.
Jacobelli ha sempre sostenuto di essere stato allontanato dal Corriere dello Sport per i suoi articoli su Carraro dopo il mondiale in Corea. Padovan, Moncalvo e l’Uomo Nero hanno sicuramente dato fastidio ad altri.
La difesa del muro di cartapesta di Farsopoli ha, invece, bisogno di un coro affiatato nel quale trovano facilmente posto il Candido con braccialetto nerazzurro seduto in tribuna accanto a Moratti, le “penne rosa”, Mensurati (Repubblica), l’ex Team manager nerazzurro Bortolozzi (Corriere dello Sport), "penne-ultras" che consegnano targhe a Magath, per il gol nella finale di Coppa Campioni, come Garanzini (Radio24 - “A tempo di Sport”) o Fabio Monti (Corriere della Sera). Giornali strategici e gente che eviti di fare domande scomode, gente che difenda Romolo ed il suo processo farsa.
Quella che si vorrebbe imporre è la “normalizzazione”. Le garanzie che vogliono è che non ci siano giornalisti con la schiena dritta abbastanza da volerci veder chiaro su Farsopoli o incalzare l’immobilismo di Abete e Palazzi sul falso in bilancio delle milanesi, che ha già visto la prima udienza preliminare ed è ricoperto di ragnatele in qualche cassetto del Superprocuratore. Sperano, così, che il muro di cartapesta di Farsopoli possa reggere ma hanno paura che gli frani addosso.
Ormai la vera informazione libera si può scovarla e diffonderla solo sul web. Lo sanno anche loro. Infatti, ogni tanto, cercano di imbavagliare anche il web proponendo illiberali progetti di legge o decreti.