In questi giorni abbiamo visto in bella mostra in un negozio di abbigliamento una T-Shirt che, ispirandosi al famoso pezzo musicale degli anni 80, recava la scritta "Internet killed the Video star".
Purtroppo sembra non essere ancora così, e dobbiamo amaramente constatare che, come già il trio Arbore Troisi Frassica faceva notare una ventina di anni fa, per la maggior parte dei cittadini e telespettatori una notizia è vera esclusivamente se l’hanno sentita in TV o letta sui giornali.
Da quasi tre anni combattiamo su internet la nostra battaglia per la verità.
Solo recentemente il treno della verità e della rivisitazione di Farsopoli sembra essere finalmente partito anche sulla RAI, con un ritardo abissale degno della rete ferroviaria italiana e al passo di una littorina piuttosto che di uno dei nuovi treni veloci, ma sembra finalmente essersi messo in moto.
Chi è il capostazione? Chi ha dato semaforo verde al tiepido revisionismo mediatico? Gli uomini dell’informazione che hanno trovato il coraggio di iniziare a far conoscere al pubblico televisivo anche le istanze della difesa hanno avuto il via libera dall’alto o hanno capito che la velocità del treno aumenterà presto e rischiano di non riuscire a salirvi sopra e allora stanno cercando quella via di uscita della quale scrivevamo già un anno fa?
La recente sentenza GEA ha obbligato a parlare della caduta dell’accusa di associazione a delinquere, ma gli elementi che minano il castello di sabbia di Farsopoli e che vengono solo oggi discussi con un minimo di contradditorio sono arcinoti dall’estate 2006, ed erano sinora stati intenzionalmente lasciati ad esclusivo consumo dei carbonari della rete.
Sarebbe bello scoprire che Bruno Vespa ha agito spinto esclusivamente dalla propria coscienza di giornalista senza fare calcoli di convenienza, quando invece, sempre più spesso, sembra che che le iniziative dei giornalisti siano concordate con i propri referenti della casta politico-finanziaria, apparendo poco più che schermaglie di avvertimento ai nemici nell’ambito delle inconfessabili lotte di potere che devono rimanere nascoste dietro le quinte.
Dobbiamo purtroppo anche registrare che la maggioranza dei giornalisti continua a scommettere sul fatto che il treno della verità finisca su un binario morto e, anche qui, è da chiedersi se lo facciano perché hanno superato il punto di non ritorno e coraggiosamente accettino di bluffare sino in fondo, oppure perché molto meno coraggiosamente stiano solo obbedendo ai loro referenti.
Ovviamente, qualunque siano le motivazioni che li spingono a continuare nel tentativo di imporre la realtà artificiale che fa comodo a chi si è giovato degli effetti di Farsopoli, rifiutandosi persino di rettificare le notizie che sono risultate false al vaglio di un tribunale o perché pubblicamente sconfessate dalle presunte vittime, ci auguriamo che debbano pentirsi amaramente di avere scommesso sulla tenuta della farsa e che paghino il prezzo professionale più alto per essersi fatti carico della propaganda venendo meno all’osservanza del proprio codice deontologico.
Da innamorati della Juventus ci auguriamo che il treno della verità di Farsopoli giunga presto a destinazione e che ai tanti tifosi bianconeri vengano pubblicamente riconsegnati scudetti e dignità.
Da cittadini italiani, ci piacerebbe che tutto ciò potesse avvenire nel modo ideale, a seguito di una sentenza della Corte Europea che smascherasse tutti gli ispiratori ed esecutori della farsa, ma siamo consapevoli che questa eventualità è molto remota.
Con un po' di sano realismo dovremo invece sperare che nell’ambito dello scontro tra bande per le lotte di potere, la riabilitazione della
Juventus sia l’arma da utilizzare al momento opportuno e che la presenza di Moggi a "Porta a Porta" sia un primo segnale che l’arma sta per essere utilizzata.
Se l’arma della delegittimazione mediatica di Farsopoli dovesse essere usata fino in fondo secondo un modello speculare a quello dell’estate 2006, come tifosi potremo forse sorridere amaramente godendoci gli articoli dei Palombo e dei Cannavò, come cittadini avremo perso comunque.
Purtroppo sembra non essere ancora così, e dobbiamo amaramente constatare che, come già il trio Arbore Troisi Frassica faceva notare una ventina di anni fa, per la maggior parte dei cittadini e telespettatori una notizia è vera esclusivamente se l’hanno sentita in TV o letta sui giornali.
Da quasi tre anni combattiamo su internet la nostra battaglia per la verità.
Solo recentemente il treno della verità e della rivisitazione di Farsopoli sembra essere finalmente partito anche sulla RAI, con un ritardo abissale degno della rete ferroviaria italiana e al passo di una littorina piuttosto che di uno dei nuovi treni veloci, ma sembra finalmente essersi messo in moto.
Chi è il capostazione? Chi ha dato semaforo verde al tiepido revisionismo mediatico? Gli uomini dell’informazione che hanno trovato il coraggio di iniziare a far conoscere al pubblico televisivo anche le istanze della difesa hanno avuto il via libera dall’alto o hanno capito che la velocità del treno aumenterà presto e rischiano di non riuscire a salirvi sopra e allora stanno cercando quella via di uscita della quale scrivevamo già un anno fa?
La recente sentenza GEA ha obbligato a parlare della caduta dell’accusa di associazione a delinquere, ma gli elementi che minano il castello di sabbia di Farsopoli e che vengono solo oggi discussi con un minimo di contradditorio sono arcinoti dall’estate 2006, ed erano sinora stati intenzionalmente lasciati ad esclusivo consumo dei carbonari della rete.
Sarebbe bello scoprire che Bruno Vespa ha agito spinto esclusivamente dalla propria coscienza di giornalista senza fare calcoli di convenienza, quando invece, sempre più spesso, sembra che che le iniziative dei giornalisti siano concordate con i propri referenti della casta politico-finanziaria, apparendo poco più che schermaglie di avvertimento ai nemici nell’ambito delle inconfessabili lotte di potere che devono rimanere nascoste dietro le quinte.
Dobbiamo purtroppo anche registrare che la maggioranza dei giornalisti continua a scommettere sul fatto che il treno della verità finisca su un binario morto e, anche qui, è da chiedersi se lo facciano perché hanno superato il punto di non ritorno e coraggiosamente accettino di bluffare sino in fondo, oppure perché molto meno coraggiosamente stiano solo obbedendo ai loro referenti.
Ovviamente, qualunque siano le motivazioni che li spingono a continuare nel tentativo di imporre la realtà artificiale che fa comodo a chi si è giovato degli effetti di Farsopoli, rifiutandosi persino di rettificare le notizie che sono risultate false al vaglio di un tribunale o perché pubblicamente sconfessate dalle presunte vittime, ci auguriamo che debbano pentirsi amaramente di avere scommesso sulla tenuta della farsa e che paghino il prezzo professionale più alto per essersi fatti carico della propaganda venendo meno all’osservanza del proprio codice deontologico.
Da innamorati della Juventus ci auguriamo che il treno della verità di Farsopoli giunga presto a destinazione e che ai tanti tifosi bianconeri vengano pubblicamente riconsegnati scudetti e dignità.
Da cittadini italiani, ci piacerebbe che tutto ciò potesse avvenire nel modo ideale, a seguito di una sentenza della Corte Europea che smascherasse tutti gli ispiratori ed esecutori della farsa, ma siamo consapevoli che questa eventualità è molto remota.
Con un po' di sano realismo dovremo invece sperare che nell’ambito dello scontro tra bande per le lotte di potere, la riabilitazione della
Juventus sia l’arma da utilizzare al momento opportuno e che la presenza di Moggi a "Porta a Porta" sia un primo segnale che l’arma sta per essere utilizzata.
Se l’arma della delegittimazione mediatica di Farsopoli dovesse essere usata fino in fondo secondo un modello speculare a quello dell’estate 2006, come tifosi potremo forse sorridere amaramente godendoci gli articoli dei Palombo e dei Cannavò, come cittadini avremo perso comunque.