Il Milan dei primi anni 90 continua nel trend impostato nelle prime stagioni di presidenza berlusconiana, continua a mietere giocatori ed ingaggi: nel 1990 la rosa rossonera può contare la bellezza di 26 calciatori (di meglio farà solo l’Inter qualche anno dopo). È solo l’inizio di una escalation accumulativa che vedrà il suo apice negli anni dal 1991 al 1994 quando Berlusconi non solo acquista calciatori per la propria squadra, ma li sottrae agli avversari per non permetterne il rafforzamento. Sono gli anni del Milan targato Fabio Capello, chiamato dal Presidente a raccogliere l’eredità di Sacchi. Nel settembre 1992 la rosa del Milan viene ampliata da altri costosi innesti: Eranio (10 miliardi), Savicevic, Papin (20 miliardi), Boban e Lentini (esamineremo a parte il caso). Squadra formidabile quella, capace di vincere in Italia e in Europa con un gioco probabilmente più spettacolare (a parte l’asfittico 1993/94) di quello praticato dal tanto decantato Milan sacchiano. Ma c’è una macchia indelebile su quelle vittorie: un incredibile sequenza di versamenti in nero a favore di calciatori e tecnici della polisportiva Milan.
Nel gennaio del 1997 l’inchiesta “Mani Pulite” certifica un versamento in nero di 22 miliardi di lire dalla cassaforte segreta di Fininvest, All Iberian, a un conto estero intestato a Bettino Craxi. Questa scoperta causa un allargamento delle indagini che porta alla luce, dopo una serie di rogatorie in Inghilterra e Svizzera, un sistema di trasferimenti sistematici di denari illegali a favore degli atleti del Milan: ben 122,5 miliardi sono passati nei conti correnti situati in vari paradisi fiscali di alcuni giocatori rossoneri nel periodo 1991-1994.
Il totale dei fondi neri sale a 190 miliardi, considerando le annualità fino al 1997. In sintesi, per le tre stagioni scudettate del Milan di Capello, 40 miliardi annui sono stati versati come stipendi extra ai tesserati del Milan: il tutto, ovviamente, esentasse. La copertura è una delle innumerevoli società fantoccio di Fininvest, la “News and Sport Time”, che avrebbe dovuto occuparsi dei diritti di immagine dei calciatori, cosa che non è mai accaduta:
La Finanza ha accertato che nessuna di quelle società estere ha poi sfruttato i diritti d’immagine. Ha pagato ma non ha poi “usato” i calciatori per pubblicità o quant’altro. Quei soldi, insomma, usciti dalla porta, potrebbero essere rientrati dalla finestra direttamente agli atleti, come compenso aggiuntivo – oltre a quelli dichiarati – ma “esentasse”. Ultima curiosità: i nomi della lista sarebbero stati codificati utilizzando le ultime due lettere del nome e cognome. Stefano Eranio ad esempio, diventava così “Noio”. (La Padania, 17 aprile 1998)
Se si pensa che, al termine della stagione 1991/92, il Milan aveva fatto registrare un passivo di bilancio di ben 63 miliardi, e che al termine del 1992/93 il deficit era salito a 102 miliardi, si può ben capire quale risparmio abbiano consentito gli emolumenti illegali versati ai giocatori. Risparmiando dai 40 ai 50 miliardi l’anno ci si può permettere di acquistare giocatori in più e versando incentivi faraonici in nero nelle loro casse si ha la quasi matematica certezza di non vederli fuggire in altre squadre: una manovra che si chiama illecito sportivo e che getta un’ombra scura sui trionfi della macchina capelliana. E pensare che, nel 1990, Van Basten e Gullit avevano firmato degli incredibili contratti da 5 miliardi annui (per tre anni)!
Al timoroso annuncio di alcuni giornali delle risultanze delle inchieste di Mani Pulite, la società rossonera emana un esilarante comunicato ufficiale: «Il Milan calcio non ha mai (?) versato emolumenti in nero a nessun (?) giocatore italiano o straniero, né ha ricevuto comunicazione di iniziative giudiziarie a questo riguardo (?). Tutte le operazioni relative al rapporto economico con gli atleti si sono sempre svolte nella massima (?) trasparenza e nella regolarità (?)». Lo stesso Berlusconi fa poi sapere di sentirsi vittima di un sistema politico persecutorio: «Questa storia inventata dei fondi neri del Milan fa parte del preciso disegno di certa magistratura che vuole eliminare un avversario». Ma la Guardia di Finanza sconfessa prontamente il Presidente mettendo a conoscenza della Magistratura una serie di dati eloquenti sulla quantità di denaro versato illegalmente ai calciatori:
Van Basten 42,645 miliardi, Gullit 18,271 miliardi, Lentini 25,880 miliardi, Rijkaard 8 miliardi, Papin 4,889 miliardi, Baresi 4,500 miliardi, Maldini 4,355 miliardi, De Napoli 1,297 miliardi, Panucci 1,177 miliardi, Eranio 760 milioni, Tassotti 520 milioni, Savicevic 441 milioni
Cifre spaventose. Secondo la Finanza, a gestire il traffico di fondi neri sarebbero state due persone di fiducia del presidente Berlusconi, gli avvocati Berruti e Cantamessa, quest’ultimo (lo ritroveremo in Calciopoli), da poco entrato a far parte del cda rossonero. Nel rapporto della GdF il Milan è accusato anche di falso in bilancio, con una nota che comunica un’inquietante rete occulta di società di copertura:
Per il reato di false comunicazioni sociali: “In quanto, considerata la reale natura di compensi extraingaggio delle somme riconosciute agli sportivi Van Basten Marcel, Dil Rudi Gullit, Rijkaard Franklin Edmundo, Baresi Franchino (!), Eranio Stefano, Papin Jean-Pierre, Lentini Gianluigi, Tassotti Mauro, De Napoli Fernando, Maldini Paolo Cesare, Savicevic Dejan e Panucci Cristiano, tutti in forza o già in forza al Milan Ac spa, ometteva di indicare, nei bilanci di quest’ultima relativi agli anni di imposta dal 1991 al 1997, l’esposizione debitoria della citata impresa nei confronti di Sport Image International Ltd e News Sport Time Ltd per i pagamenti da queste effettuati, in suo conto, a favore degli sportivi sopra elencati e per l’interposizione delle società Sport Management Group, Umbrella International Promotions Ltd (questo davvero un nome profetico, nda), Score International Promotions Ltd, Twice International Promotions Ltd, Hockey Rugby Volley Conulting Ltd, Image Management International Ltd e Kirbyhill Trading Ltd
Ma non basta. Galliani, per risanare i conti disastrati del Milan, mette a bilancio dei ricavi fittizi, nella fattispecie una cessione dei diritti di sfruttamento dell’immagine di alcuni giocatori rossoneri a due società estere del gruppo Fininvest (una di quelle dai nomi altisonanti visti prima): ovvero due tranche da 34 miliardi e 31 miliardi. E questo per rispettare il rapporto ricavi/indebitamento, non inferiore a 3, previsto dalla Figc per l’iscrizione al campionato. Insomma, una schifezza in piena regola (falso in bilancio + fondi neri ai calciatori) che non viene nemmeno sfiorata dai media comandati dal Napoleone di Arcore. Marco Mensurati, su Repubblica del 27 marzo 2001, riassume la situazione:
Dal 1991 al 1997, il Milan – quello di cui Silvio Berlusconi era presidente non solo “onorario” – vinse quattro scudetti. Secondo la tesi della Procura di Milano, però, quei campionati, i rossoneri, non avrebbero neanche dovuto giocarli: non erano in regola con i parametri di bilancio previsti dalla Federcalcio. La società rossonera riuscì a iscriversi al torneo solo grazie a una massiccia opera di falsificazione dei bilanci, gestita dal braccio destro del Cavaliere, Adriano Galliani
Nel marzo del 2001, l’amministratore delegato Galliani viene rinviato a giudizio ma i tempi dell’inchiesta magicamente si allungano, giusto per consentire a Berlusconi, diventato presidente del Consiglio, di organizzare una porcheria senza precedenti: nell’aprile 2002, viene approvata la depenalizzazione del falso in bilancio, la quale permette agli imputati di scamparla senza nessuna conseguenza. Nella stessa legge vengono ridotti anche i tempi di prescrizione da 10 a 5 anni. In questo modo Berlusconi sistema alcuni processi pendenti (Sme, All Iberian, Lentini) e, nel frattempo, mette a posto anche quello che grava sull’amico Galliani. In pratica, c’è un illecito che all’epoca della sua attuazione costituisce reato penale ma che, al momento di essere giudicato, si trasforma in un peccatuccio di poco conto. Il diavolo fa le pentole ed anche i coperchi:
Milano, 4 luglio 2002 - Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, e Giancarlo Foscale, amministratore di società dello stesso gruppo operanti in altre discipline sportive, si sono visti dichiarare prescritto il reato di falso in bilancio contestato in relazione a stipendi in nero pagati a giocatori e tecnici.
Il reato è stato commesso ma non lo si può condannare per sopraggiunta prescrizione. Figuriamoci per la giustizia sportiva, secondo la quale la prescrizione entra in vigore ancora prima: 2 anni per le società, 4 per i dirigenti. Incredibile poi come i tre calciatori olandesi (Gullit, Van Basten e Rijkaard) che hanno incamerato fondi neri per 68 miliardi e 900 milioni, se la cavino con il patteggiamento a 3 mesi di reclusione, convertiti in una ridicola multa di 1.500 euro. Siamo al di là di ogni possibile regola. Sulla stessa falsariga l’assoluzione per tutti gli altri personaggi coinvolti nella vicenda:
Per l’ex allenatore di basket e commentatore sportivo (Dan Peterson, nda) la decisione è motivata dal fatto che il reato a lui contestato è estinto per avvenuta prescrizione. Infine, per quanto riguarda Paolo Maldini, Christian Panucci, Franco Baresi, Gianluigi Lentini, Jean-Pierre Papin, Fernando De Napoli e poi ancora Claudio Galli, Andrea Zorzi, Franco Bertoli, Peter Douglas Beel e Jeffrey Stork non si procederà perché il fatto originariamente contestato non è più previsto dalla legge come reato. La difesa di Maldini aveva proposto di attendere alcuni giorni per emettere l’ordinanza in attesa della normativa sul condono in materia, essendosi il capitano rossonero dichiarato disponibile ad accedere al beneficio, pagando il previsto 10% sulla somma che gli veniva attribuita come evasione. (Corriere della Sera, 3 febbraio 2003)
In seguito vengono scoperti altri misteriosi versamenti che riguardano le annate dal 1995/96 al 1999/2000 (in mezzo, altri due scudetti del Diavolo…). Si apprende come, in quel periodo, Berlusconi avrebbe occultato, su una rete di conti esteri, cifre enormi utilizzate anche per pagare, di nuovo in nero, giocatori e tecnici (Weah con 600mila dollari, Tabarez con 250mila). Ovviamente, tutto in prescrizione:
oltre 280 milioni di euro, accumulati dal gruppo Fininvest-Mediaset con un giro di compravendite internazionali, ritenute fittizie, dei diritti tv: soprattutto licenze di trasmettere film americani sulle reti italiane. Con questa rete di conti esteri sarebbero state evase imposte per 124 miliardi di lire. E almeno 103 miliardi sarebbero stati prelevati in contanti da fiduciari di Berlusconi: la quota dei fondi neri aziendali messa a disposizione del presidente per spese riservate. I soldi finiti a Weah sono solo un centesimo del totale dell’appropriazione indebita contestata a Berlusconi, ma l’origine e la destinazione illuminano lo schema dell’accusa. L’ordine di versare i 600 mila dollari parte il 7 febbraio 1996 da una società di Panama, la Scarlett International Overseas Corporation, che ha un conto alla Finter Bank & Trust di Nassau: la lettera però è scritta tutta in italiano, mentre quel deposito 90527 delle Bahamas risulta gestito da Carlo Rossi Scribani, uno dei fiduciari ora imputati di riciclaggio dei presunti fondi neri Fininvest-Mediaset. L’indomani, 8 febbraio, la Finter Bank esegue l’incarico versando i 600 mila dollari sul conto 597472 alla Sbs di Ginevra. I pm milanesi hanno ottenuto dalla Svizzera, per rogatoria, l’atto di apertura di questo deposito: il titolare è George Weah, che ha firmato le carte e lasciato una fotocopia del suo passaporto liberiano (ibidem)
Vista l’immensità e la gravità del fenomeno dei fondi neri, casca a fagiolo un aneddoto che si commenta da solo: nel 1990, su riviste e giornali comparve l’elenco dei 700 uomini più ricchi d’Italia, stilato in base al reddito dichiarato. In cima alla lista, ovviamente, il Cavaliere, mentre il primo calciatore è Baresi, che si classifica al 41° posto (con 3 miliardi). Dietro di lui gli altri milanisti Sacchi, Donadoni, Maldini, Tassotti, Ancelotti. Di fronte a questa invasione rossonera in vetta alla graduatoria, il Presidentissimo non si fa mancare una considerazione, di inarrivabile sfrontatezza: «Quell’elenco non è la dimostrazione che i calciatori milanisti guadagnano troppo, ma piuttosto che denunciano al fisco tutto».
Fa sorridere sentire Berlusconi reclamare due scudetti, quelli che il suo Milan ha perso contro la Juventus protagonista di Calciopoli, quando dovrebbe essere lui per primo a restituire quelli vinti (ben cinque, e la Juve per ben tre volte era finita seconda) grazie ai portentosi ritocchi in bilancio organizzati dal suo amministratore delegato. Se si considera anche lo scudetto vinto sul Napoli nel 1988 (e il caso Lentini), dei sette titoli berlusconiani, solo quello del 2003/04 sembra essere senza ombre e senza sospetti (anche se, per la questione delle plusvalenze, neppure quello appare limpidissimo). Ma le televisioni e i giornali del Padrone si sono ben guardate dall’evidenziare le incredibili anomalie di quel Milan, forte sul campo anche grazie a vagonate di miliardi in nero.
Viene da pensare che, se ci fosse stata la Juventus in quella situazione, avremmo assistito a decenni di processi televisivi e ordinari, che ne avrebbero come minimo messo in discussione le vittorie. Ironia della sorte, Giussy Farina, nel 1991 è stato condannato in appello a 5 anni di reclusione, proprio per il medesimo reato per il quale sono stati prosciolti Galliani e compagnia: falso in bilancio e versamento di emolumenti in nero ai calciatori. Farina, commenta così la sua condanna 12 anni dopo, paragonandola ai falsi in bilancio ben più invasivi del Milan berlusconiano:
Sa cosa le dico? Che se ora fossi il presidente di una squadra di serie A, non avrei tanti problemi come allora. Non foss’altro perché adesso il reato di falso in bilancio non esiste più. […] Io ebbi la mia parte di celebrità, ma avrei rinunciato volentieri. Soprattutto vedendo che oggi i reati per cui fui condannato sono considerati delle inezie.
Segue un riassunto di quello che la società A.C.Milan avrebbe dovuto pagare, in termini di Giustizia Sportiva, qualora ci si fosse premurato di far rispettare le leggi e di assegnare le giuste sanzioni previste dall’articolo 7 CGS “Violazioni in materia gestionale ed economica”:
Articolo 7, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva: "La mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione, anche parziale, dei documenti richiesti dagli Organi di giustizia sportiva e dalla CO.VI.SO.C., ovvero il fornire mendace, reticente o parziale risposta ai quesiti posti dagli stessi Organi, costituisce illecito"
Falsificare i bilanci è illecito. L’illecito può comportare punti di penalizzazione e retrocessione. Cose che non si sono mai verificate nei confronti del Milan.
Articolo 7, comma 4 del Codice di Giustizia Sportiva: "La società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l'ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica"
Il Milan non ha mai pagato nessuna multa né si è mai vista assegnare punti di penalità in classifica per aver versato denaro in nero ai propri tesserati.
Articolo 7, comma 8 del Codice di Giustizia Sportiva: "I tesserati che pattuiscono con la società, o percepiscono comunque dalla stessa compensi, premi o indennità in violazione delle norme federali, sono soggetti alla squalifica di durata non inferiore a un mese"
I calciatori del Milan che hanno percepito stipendi in nero, ovvero violando le norme federali, non sono mai stati soggetti a squalifica. La legge è uguale per tutti ma qualcuno è più uguale degli altri.
Nel gennaio del 1997 l’inchiesta “Mani Pulite” certifica un versamento in nero di 22 miliardi di lire dalla cassaforte segreta di Fininvest, All Iberian, a un conto estero intestato a Bettino Craxi. Questa scoperta causa un allargamento delle indagini che porta alla luce, dopo una serie di rogatorie in Inghilterra e Svizzera, un sistema di trasferimenti sistematici di denari illegali a favore degli atleti del Milan: ben 122,5 miliardi sono passati nei conti correnti situati in vari paradisi fiscali di alcuni giocatori rossoneri nel periodo 1991-1994.
Il totale dei fondi neri sale a 190 miliardi, considerando le annualità fino al 1997. In sintesi, per le tre stagioni scudettate del Milan di Capello, 40 miliardi annui sono stati versati come stipendi extra ai tesserati del Milan: il tutto, ovviamente, esentasse. La copertura è una delle innumerevoli società fantoccio di Fininvest, la “News and Sport Time”, che avrebbe dovuto occuparsi dei diritti di immagine dei calciatori, cosa che non è mai accaduta:
La Finanza ha accertato che nessuna di quelle società estere ha poi sfruttato i diritti d’immagine. Ha pagato ma non ha poi “usato” i calciatori per pubblicità o quant’altro. Quei soldi, insomma, usciti dalla porta, potrebbero essere rientrati dalla finestra direttamente agli atleti, come compenso aggiuntivo – oltre a quelli dichiarati – ma “esentasse”. Ultima curiosità: i nomi della lista sarebbero stati codificati utilizzando le ultime due lettere del nome e cognome. Stefano Eranio ad esempio, diventava così “Noio”. (La Padania, 17 aprile 1998)
Se si pensa che, al termine della stagione 1991/92, il Milan aveva fatto registrare un passivo di bilancio di ben 63 miliardi, e che al termine del 1992/93 il deficit era salito a 102 miliardi, si può ben capire quale risparmio abbiano consentito gli emolumenti illegali versati ai giocatori. Risparmiando dai 40 ai 50 miliardi l’anno ci si può permettere di acquistare giocatori in più e versando incentivi faraonici in nero nelle loro casse si ha la quasi matematica certezza di non vederli fuggire in altre squadre: una manovra che si chiama illecito sportivo e che getta un’ombra scura sui trionfi della macchina capelliana. E pensare che, nel 1990, Van Basten e Gullit avevano firmato degli incredibili contratti da 5 miliardi annui (per tre anni)!
Al timoroso annuncio di alcuni giornali delle risultanze delle inchieste di Mani Pulite, la società rossonera emana un esilarante comunicato ufficiale: «Il Milan calcio non ha mai (?) versato emolumenti in nero a nessun (?) giocatore italiano o straniero, né ha ricevuto comunicazione di iniziative giudiziarie a questo riguardo (?). Tutte le operazioni relative al rapporto economico con gli atleti si sono sempre svolte nella massima (?) trasparenza e nella regolarità (?)». Lo stesso Berlusconi fa poi sapere di sentirsi vittima di un sistema politico persecutorio: «Questa storia inventata dei fondi neri del Milan fa parte del preciso disegno di certa magistratura che vuole eliminare un avversario». Ma la Guardia di Finanza sconfessa prontamente il Presidente mettendo a conoscenza della Magistratura una serie di dati eloquenti sulla quantità di denaro versato illegalmente ai calciatori:
Van Basten 42,645 miliardi, Gullit 18,271 miliardi, Lentini 25,880 miliardi, Rijkaard 8 miliardi, Papin 4,889 miliardi, Baresi 4,500 miliardi, Maldini 4,355 miliardi, De Napoli 1,297 miliardi, Panucci 1,177 miliardi, Eranio 760 milioni, Tassotti 520 milioni, Savicevic 441 milioni
Cifre spaventose. Secondo la Finanza, a gestire il traffico di fondi neri sarebbero state due persone di fiducia del presidente Berlusconi, gli avvocati Berruti e Cantamessa, quest’ultimo (lo ritroveremo in Calciopoli), da poco entrato a far parte del cda rossonero. Nel rapporto della GdF il Milan è accusato anche di falso in bilancio, con una nota che comunica un’inquietante rete occulta di società di copertura:
Per il reato di false comunicazioni sociali: “In quanto, considerata la reale natura di compensi extraingaggio delle somme riconosciute agli sportivi Van Basten Marcel, Dil Rudi Gullit, Rijkaard Franklin Edmundo, Baresi Franchino (!), Eranio Stefano, Papin Jean-Pierre, Lentini Gianluigi, Tassotti Mauro, De Napoli Fernando, Maldini Paolo Cesare, Savicevic Dejan e Panucci Cristiano, tutti in forza o già in forza al Milan Ac spa, ometteva di indicare, nei bilanci di quest’ultima relativi agli anni di imposta dal 1991 al 1997, l’esposizione debitoria della citata impresa nei confronti di Sport Image International Ltd e News Sport Time Ltd per i pagamenti da queste effettuati, in suo conto, a favore degli sportivi sopra elencati e per l’interposizione delle società Sport Management Group, Umbrella International Promotions Ltd (questo davvero un nome profetico, nda), Score International Promotions Ltd, Twice International Promotions Ltd, Hockey Rugby Volley Conulting Ltd, Image Management International Ltd e Kirbyhill Trading Ltd
Ma non basta. Galliani, per risanare i conti disastrati del Milan, mette a bilancio dei ricavi fittizi, nella fattispecie una cessione dei diritti di sfruttamento dell’immagine di alcuni giocatori rossoneri a due società estere del gruppo Fininvest (una di quelle dai nomi altisonanti visti prima): ovvero due tranche da 34 miliardi e 31 miliardi. E questo per rispettare il rapporto ricavi/indebitamento, non inferiore a 3, previsto dalla Figc per l’iscrizione al campionato. Insomma, una schifezza in piena regola (falso in bilancio + fondi neri ai calciatori) che non viene nemmeno sfiorata dai media comandati dal Napoleone di Arcore. Marco Mensurati, su Repubblica del 27 marzo 2001, riassume la situazione:
Dal 1991 al 1997, il Milan – quello di cui Silvio Berlusconi era presidente non solo “onorario” – vinse quattro scudetti. Secondo la tesi della Procura di Milano, però, quei campionati, i rossoneri, non avrebbero neanche dovuto giocarli: non erano in regola con i parametri di bilancio previsti dalla Federcalcio. La società rossonera riuscì a iscriversi al torneo solo grazie a una massiccia opera di falsificazione dei bilanci, gestita dal braccio destro del Cavaliere, Adriano Galliani
Nel marzo del 2001, l’amministratore delegato Galliani viene rinviato a giudizio ma i tempi dell’inchiesta magicamente si allungano, giusto per consentire a Berlusconi, diventato presidente del Consiglio, di organizzare una porcheria senza precedenti: nell’aprile 2002, viene approvata la depenalizzazione del falso in bilancio, la quale permette agli imputati di scamparla senza nessuna conseguenza. Nella stessa legge vengono ridotti anche i tempi di prescrizione da 10 a 5 anni. In questo modo Berlusconi sistema alcuni processi pendenti (Sme, All Iberian, Lentini) e, nel frattempo, mette a posto anche quello che grava sull’amico Galliani. In pratica, c’è un illecito che all’epoca della sua attuazione costituisce reato penale ma che, al momento di essere giudicato, si trasforma in un peccatuccio di poco conto. Il diavolo fa le pentole ed anche i coperchi:
Milano, 4 luglio 2002 - Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, e Giancarlo Foscale, amministratore di società dello stesso gruppo operanti in altre discipline sportive, si sono visti dichiarare prescritto il reato di falso in bilancio contestato in relazione a stipendi in nero pagati a giocatori e tecnici.
Il reato è stato commesso ma non lo si può condannare per sopraggiunta prescrizione. Figuriamoci per la giustizia sportiva, secondo la quale la prescrizione entra in vigore ancora prima: 2 anni per le società, 4 per i dirigenti. Incredibile poi come i tre calciatori olandesi (Gullit, Van Basten e Rijkaard) che hanno incamerato fondi neri per 68 miliardi e 900 milioni, se la cavino con il patteggiamento a 3 mesi di reclusione, convertiti in una ridicola multa di 1.500 euro. Siamo al di là di ogni possibile regola. Sulla stessa falsariga l’assoluzione per tutti gli altri personaggi coinvolti nella vicenda:
Per l’ex allenatore di basket e commentatore sportivo (Dan Peterson, nda) la decisione è motivata dal fatto che il reato a lui contestato è estinto per avvenuta prescrizione. Infine, per quanto riguarda Paolo Maldini, Christian Panucci, Franco Baresi, Gianluigi Lentini, Jean-Pierre Papin, Fernando De Napoli e poi ancora Claudio Galli, Andrea Zorzi, Franco Bertoli, Peter Douglas Beel e Jeffrey Stork non si procederà perché il fatto originariamente contestato non è più previsto dalla legge come reato. La difesa di Maldini aveva proposto di attendere alcuni giorni per emettere l’ordinanza in attesa della normativa sul condono in materia, essendosi il capitano rossonero dichiarato disponibile ad accedere al beneficio, pagando il previsto 10% sulla somma che gli veniva attribuita come evasione. (Corriere della Sera, 3 febbraio 2003)
In seguito vengono scoperti altri misteriosi versamenti che riguardano le annate dal 1995/96 al 1999/2000 (in mezzo, altri due scudetti del Diavolo…). Si apprende come, in quel periodo, Berlusconi avrebbe occultato, su una rete di conti esteri, cifre enormi utilizzate anche per pagare, di nuovo in nero, giocatori e tecnici (Weah con 600mila dollari, Tabarez con 250mila). Ovviamente, tutto in prescrizione:
oltre 280 milioni di euro, accumulati dal gruppo Fininvest-Mediaset con un giro di compravendite internazionali, ritenute fittizie, dei diritti tv: soprattutto licenze di trasmettere film americani sulle reti italiane. Con questa rete di conti esteri sarebbero state evase imposte per 124 miliardi di lire. E almeno 103 miliardi sarebbero stati prelevati in contanti da fiduciari di Berlusconi: la quota dei fondi neri aziendali messa a disposizione del presidente per spese riservate. I soldi finiti a Weah sono solo un centesimo del totale dell’appropriazione indebita contestata a Berlusconi, ma l’origine e la destinazione illuminano lo schema dell’accusa. L’ordine di versare i 600 mila dollari parte il 7 febbraio 1996 da una società di Panama, la Scarlett International Overseas Corporation, che ha un conto alla Finter Bank & Trust di Nassau: la lettera però è scritta tutta in italiano, mentre quel deposito 90527 delle Bahamas risulta gestito da Carlo Rossi Scribani, uno dei fiduciari ora imputati di riciclaggio dei presunti fondi neri Fininvest-Mediaset. L’indomani, 8 febbraio, la Finter Bank esegue l’incarico versando i 600 mila dollari sul conto 597472 alla Sbs di Ginevra. I pm milanesi hanno ottenuto dalla Svizzera, per rogatoria, l’atto di apertura di questo deposito: il titolare è George Weah, che ha firmato le carte e lasciato una fotocopia del suo passaporto liberiano (ibidem)
Vista l’immensità e la gravità del fenomeno dei fondi neri, casca a fagiolo un aneddoto che si commenta da solo: nel 1990, su riviste e giornali comparve l’elenco dei 700 uomini più ricchi d’Italia, stilato in base al reddito dichiarato. In cima alla lista, ovviamente, il Cavaliere, mentre il primo calciatore è Baresi, che si classifica al 41° posto (con 3 miliardi). Dietro di lui gli altri milanisti Sacchi, Donadoni, Maldini, Tassotti, Ancelotti. Di fronte a questa invasione rossonera in vetta alla graduatoria, il Presidentissimo non si fa mancare una considerazione, di inarrivabile sfrontatezza: «Quell’elenco non è la dimostrazione che i calciatori milanisti guadagnano troppo, ma piuttosto che denunciano al fisco tutto».
Fa sorridere sentire Berlusconi reclamare due scudetti, quelli che il suo Milan ha perso contro la Juventus protagonista di Calciopoli, quando dovrebbe essere lui per primo a restituire quelli vinti (ben cinque, e la Juve per ben tre volte era finita seconda) grazie ai portentosi ritocchi in bilancio organizzati dal suo amministratore delegato. Se si considera anche lo scudetto vinto sul Napoli nel 1988 (e il caso Lentini), dei sette titoli berlusconiani, solo quello del 2003/04 sembra essere senza ombre e senza sospetti (anche se, per la questione delle plusvalenze, neppure quello appare limpidissimo). Ma le televisioni e i giornali del Padrone si sono ben guardate dall’evidenziare le incredibili anomalie di quel Milan, forte sul campo anche grazie a vagonate di miliardi in nero.
Viene da pensare che, se ci fosse stata la Juventus in quella situazione, avremmo assistito a decenni di processi televisivi e ordinari, che ne avrebbero come minimo messo in discussione le vittorie. Ironia della sorte, Giussy Farina, nel 1991 è stato condannato in appello a 5 anni di reclusione, proprio per il medesimo reato per il quale sono stati prosciolti Galliani e compagnia: falso in bilancio e versamento di emolumenti in nero ai calciatori. Farina, commenta così la sua condanna 12 anni dopo, paragonandola ai falsi in bilancio ben più invasivi del Milan berlusconiano:
Sa cosa le dico? Che se ora fossi il presidente di una squadra di serie A, non avrei tanti problemi come allora. Non foss’altro perché adesso il reato di falso in bilancio non esiste più. […] Io ebbi la mia parte di celebrità, ma avrei rinunciato volentieri. Soprattutto vedendo che oggi i reati per cui fui condannato sono considerati delle inezie.
Segue un riassunto di quello che la società A.C.Milan avrebbe dovuto pagare, in termini di Giustizia Sportiva, qualora ci si fosse premurato di far rispettare le leggi e di assegnare le giuste sanzioni previste dall’articolo 7 CGS “Violazioni in materia gestionale ed economica”:
Articolo 7, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva: "La mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione, anche parziale, dei documenti richiesti dagli Organi di giustizia sportiva e dalla CO.VI.SO.C., ovvero il fornire mendace, reticente o parziale risposta ai quesiti posti dagli stessi Organi, costituisce illecito"
Falsificare i bilanci è illecito. L’illecito può comportare punti di penalizzazione e retrocessione. Cose che non si sono mai verificate nei confronti del Milan.
Articolo 7, comma 4 del Codice di Giustizia Sportiva: "La società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l'ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica"
Il Milan non ha mai pagato nessuna multa né si è mai vista assegnare punti di penalità in classifica per aver versato denaro in nero ai propri tesserati.
Articolo 7, comma 8 del Codice di Giustizia Sportiva: "I tesserati che pattuiscono con la società, o percepiscono comunque dalla stessa compensi, premi o indennità in violazione delle norme federali, sono soggetti alla squalifica di durata non inferiore a un mese"
I calciatori del Milan che hanno percepito stipendi in nero, ovvero violando le norme federali, non sono mai stati soggetti a squalifica. La legge è uguale per tutti ma qualcuno è più uguale degli altri.