Il campionato 2000/01 vede un entusiasmante testa a testa tra Roma e Juventus per la conquista del titolo. I giallorossi sono obiettivamente molto attrezzati e competitivi ma godono di arbitraggi troppo compiacenti, mentre i bianconeri vengono ripetutamente penalizzati da decisioni errate dei direttori di gara. Ma a far pendere l’ago della bilancia in direzione di Roma interviene una questione che esula dal fatto tecnico e dal discorso arbitrale.
Nell’aprile 2000, con il caso Veron, scoppia la grana passaporti. In pochi mesi lo scandalo si allarga a macchia d’olio, coinvolgendo anche altre squadre di serie A, tra cui la Roma, l’Inter e il Milan. Ovvero tutte le grandi d’Italia, ad eccezione della Juventus. La questione passaporti rischia di rivelarsi un affare troppo complicato per queste società che vedono all’orizzonte l’eventualità di una penalizzazione in classifica.
La questione è delicatissima e va risolta al più presto: il primo a muovere passi concreti è l’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, il quale propone di parificare i calciatori ai lavoratori normali residenti nella comunità europea. Si tirano in ballo questioni etiche e morali: perché solo i poveri calciatori devono subire limitazioni alla loro attività professionale? Un pretesto pietoso, ovviamente, ma che serve a dare almeno una parvenza di giustificazione all’iniziativa. Se ne parla in Federazione ma i saggi che vi lavorano sono quasi tutti concordi nell’aspettare la fine del campionato prima di prendere qualsiasi decisione in merito. D’altra parte non si può falsare un torneo, cambiando le regole in corsa.
In primavera però arriva la svolta, il terremoto che cambia le carte in tavola: il Procuratore Federale emette i deferimenti per le società coinvolte nel caso passaporti e minaccia processi quasi immediati. La paura si diffonde: le squadre rischiano forti penalizzazioni che comprometterebbero la corsa per lo scudetto e la qualificazione alle coppe europee. L’unica salvezza è anticipare la decisione sullo status dei giocatori extracomunitari in Italia. Ce ne sono ben 67 e una loro assimilazione comporterebbe una quasi totale eliminazione delle sanzioni per lo scandalo dei passaporti.
Galliani acuisce la pressione e a ruota lo seguono Moratti, Sensi e Cragnotti. Il tempo sembra volare e ad aprile si parla già di modifica della norma, che puntualmente arriva il 4 maggio 2001:
Stranieri liberi, da subito. Niente più limiti da oggi (con i due anticipi) e da domani, con Juve-Roma. È caduta a sole sei giornate dalla fine del campionato la norma sugli extracomunitari: prima nell’elenco ufficiale se ne potevano inserire soltanto 3 (dei cinque tesserabili: due quindi ogni domenica si accomodavano in tribuna). Ora no, la Corte Federale ha stabilito che l’articolo 40, comma 7, delle Noif, è “radicalmente illegittimo” e introduceva “indebite restrizioni”. I 67 extracomunitari sono equiparati quindi ai comunitari. Favorito chi ne ha cinque, di “extra”, e possibilmente buoni (vedi soprattutto Roma, Milan e Parma). Sfavorito chi ne ha di meno (vedi Juve, che è furibonda). La Corte Federale ha accolto il reclamo di Inter, Milan, Lazio, Vicenza, Sampdoria e Udinese e dei loro giocatori extracomunitari. La decisione è stata presa giovedì, dopo aver sentito anche gli avvocati, ma dispositivo e motivazione (9 pagine) sono stati resti noti dalla Figc soltanto ieri, in serata. Non è stata una sentenza indolore. Ci sono state pressioni: qualche club avrebbe preferito aspettare. Altri ora sono infuriati perché le regole sono state cambiate, stravolte, in corso di stagione. Il commissario Figc, e presidente del Coni, Petrucci ieri è stato a lungo riunito, preoccupato per questa sentenza, ma nulla ha potuto dare anche di fronte alle proteste: non poteva certo opporsi ad una decisione della Corte Costituzionale del calcio, una Corte composta da magistrati illustri (presidente Manzella, con i componenti De Biase, Frascione, Griffi, Longo, Pajno e Sandulli). (Repubblica, 5 maggio 2001. Notare i nomi di due componenti della Corte Costituzionale: Ugo Longo, futuro presidente della Lazio e Sandulli, protagonista come presidente di Corte Federale nella farsa di Calciopoli)
Lo scandalo è servito: a sole sei giornate dalla fine del campionato vengono cambiate le carte in tavola. Le squadre che hanno rispettato le regole, scegliendo di non tesserare extracomunitari, rimangono con un pugno di mosche. È una sproporzione inaccettabile che vede la sua più spietata applicazione due giorni dopo la modifica della norma: a Torino è in programma lo scontro diretto tra le Juventus e Roma. I giallorossi, beneficiando del nuovo regolamento, schierano gli ex-extracomunitari Assunçao e Nakata. Il giapponese, segna il gol del 2-1 (la Roma perdeva 2-0) e propizia il pareggio, al 90’, con un tiro da fuori area che viene insaccato da Montella dopo la respinta di Van der Sar.
La porcheria è sotto gli occhi di tutti ma non c’è nulla da fare perché nessuno ha più intenzione di rischiare con alle porte le sentenze sui passaporti.
L’8 maggio il presidente della Reggina Lillo Foti minaccia un ricorso alla giustizia ordinaria («per la violazione dell’art.1 sulla lealtà sportiva. Il campionato è iniziato con certe regole e chi le ha rispettate chiede tutela. Se questo non avverrà, andremo in tribunale») ma è un grido che rimane inascoltato. Un efficace sintesi della vicenda la fornisce Giraudo, parlando del diverso atteggiamento della Federcalcio riguardo alle indicazioni fornite dal presidente della Consulta Caianiello: «È curioso che il suo parere sia stato preso per Vangelo quando si trattava di rinviare il processo per i passaporti, e per carta straccia quando ha detto che sarebbe stato meglio aspettare un mese prima di decidere sugli extracomunitari».
Un quadro ancora migliore proviene dall’estero, dove la vicenda viene vista con distacco e con il solito sorrisetto compiaciuto sull’abitudine tutta italiana al maneggio e alla truffa. Ecco un articolo del Guardian, quotidiano inglese, dell’8 maggio 2001:
Su le mani chi pensava che una delle leggi fondamentali dello sport era che non si potevano cambiare le regole nel bel mezzo del gioco? Incredibile ma gli stregoni al comando del calcio italiano lo hanno appena fatto. Grazie ad un ricorso alla Corte Federale da parte di alcuni club (e abbiamo visto quali, nda), ora le squadre di serie A possono schierare quanti non comunitari desiderano. E con effetto immediato. L’Italia, che aveva già le regole più permissive d’Europa al riguardo, ora ha fatto carta straccia di tutto.[…] Ma c’è di più: nonostante il regolamento fosse rimasto invariato per tre anni, i giudici hanno imposto il cambiamento con effetto immediato, senza nemmeno aspettare le cinque settimane che mancano alla fine della stagione.[…] “La tempistica della decisione ci ha lasciato perplessi” ha commentato l’avvocato della Juve Vittorio Chiusano, con il suo caratteristico understatement. “È una follia”afferma Sergio Campana, capo dell’Associazione Calciatori, “e ha alterato il campionato”. […] Gli avvocati [delle società coinvolte nello scandalo dei passaporti] ora si fregano le mani: squadre come Inter e Milan stavano per fare i conti con penalizzazioni fino a sei punti. La Corte Federale ha bloccato i processi delle cinque società coinvolte e nessuno sa quando per quanto tempo. È probabile che si deciderà per l’unificazione dei procedimenti disciplinari una volta terminata la stagione agonistica e, alla luce del nuovo regolamento, le eventuali penalità saranno enormemente minori.
W l'Italia.
Nell’aprile 2000, con il caso Veron, scoppia la grana passaporti. In pochi mesi lo scandalo si allarga a macchia d’olio, coinvolgendo anche altre squadre di serie A, tra cui la Roma, l’Inter e il Milan. Ovvero tutte le grandi d’Italia, ad eccezione della Juventus. La questione passaporti rischia di rivelarsi un affare troppo complicato per queste società che vedono all’orizzonte l’eventualità di una penalizzazione in classifica.
La questione è delicatissima e va risolta al più presto: il primo a muovere passi concreti è l’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, il quale propone di parificare i calciatori ai lavoratori normali residenti nella comunità europea. Si tirano in ballo questioni etiche e morali: perché solo i poveri calciatori devono subire limitazioni alla loro attività professionale? Un pretesto pietoso, ovviamente, ma che serve a dare almeno una parvenza di giustificazione all’iniziativa. Se ne parla in Federazione ma i saggi che vi lavorano sono quasi tutti concordi nell’aspettare la fine del campionato prima di prendere qualsiasi decisione in merito. D’altra parte non si può falsare un torneo, cambiando le regole in corsa.
In primavera però arriva la svolta, il terremoto che cambia le carte in tavola: il Procuratore Federale emette i deferimenti per le società coinvolte nel caso passaporti e minaccia processi quasi immediati. La paura si diffonde: le squadre rischiano forti penalizzazioni che comprometterebbero la corsa per lo scudetto e la qualificazione alle coppe europee. L’unica salvezza è anticipare la decisione sullo status dei giocatori extracomunitari in Italia. Ce ne sono ben 67 e una loro assimilazione comporterebbe una quasi totale eliminazione delle sanzioni per lo scandalo dei passaporti.
Galliani acuisce la pressione e a ruota lo seguono Moratti, Sensi e Cragnotti. Il tempo sembra volare e ad aprile si parla già di modifica della norma, che puntualmente arriva il 4 maggio 2001:
Stranieri liberi, da subito. Niente più limiti da oggi (con i due anticipi) e da domani, con Juve-Roma. È caduta a sole sei giornate dalla fine del campionato la norma sugli extracomunitari: prima nell’elenco ufficiale se ne potevano inserire soltanto 3 (dei cinque tesserabili: due quindi ogni domenica si accomodavano in tribuna). Ora no, la Corte Federale ha stabilito che l’articolo 40, comma 7, delle Noif, è “radicalmente illegittimo” e introduceva “indebite restrizioni”. I 67 extracomunitari sono equiparati quindi ai comunitari. Favorito chi ne ha cinque, di “extra”, e possibilmente buoni (vedi soprattutto Roma, Milan e Parma). Sfavorito chi ne ha di meno (vedi Juve, che è furibonda). La Corte Federale ha accolto il reclamo di Inter, Milan, Lazio, Vicenza, Sampdoria e Udinese e dei loro giocatori extracomunitari. La decisione è stata presa giovedì, dopo aver sentito anche gli avvocati, ma dispositivo e motivazione (9 pagine) sono stati resti noti dalla Figc soltanto ieri, in serata. Non è stata una sentenza indolore. Ci sono state pressioni: qualche club avrebbe preferito aspettare. Altri ora sono infuriati perché le regole sono state cambiate, stravolte, in corso di stagione. Il commissario Figc, e presidente del Coni, Petrucci ieri è stato a lungo riunito, preoccupato per questa sentenza, ma nulla ha potuto dare anche di fronte alle proteste: non poteva certo opporsi ad una decisione della Corte Costituzionale del calcio, una Corte composta da magistrati illustri (presidente Manzella, con i componenti De Biase, Frascione, Griffi, Longo, Pajno e Sandulli). (Repubblica, 5 maggio 2001. Notare i nomi di due componenti della Corte Costituzionale: Ugo Longo, futuro presidente della Lazio e Sandulli, protagonista come presidente di Corte Federale nella farsa di Calciopoli)
Lo scandalo è servito: a sole sei giornate dalla fine del campionato vengono cambiate le carte in tavola. Le squadre che hanno rispettato le regole, scegliendo di non tesserare extracomunitari, rimangono con un pugno di mosche. È una sproporzione inaccettabile che vede la sua più spietata applicazione due giorni dopo la modifica della norma: a Torino è in programma lo scontro diretto tra le Juventus e Roma. I giallorossi, beneficiando del nuovo regolamento, schierano gli ex-extracomunitari Assunçao e Nakata. Il giapponese, segna il gol del 2-1 (la Roma perdeva 2-0) e propizia il pareggio, al 90’, con un tiro da fuori area che viene insaccato da Montella dopo la respinta di Van der Sar.
La porcheria è sotto gli occhi di tutti ma non c’è nulla da fare perché nessuno ha più intenzione di rischiare con alle porte le sentenze sui passaporti.
L’8 maggio il presidente della Reggina Lillo Foti minaccia un ricorso alla giustizia ordinaria («per la violazione dell’art.1 sulla lealtà sportiva. Il campionato è iniziato con certe regole e chi le ha rispettate chiede tutela. Se questo non avverrà, andremo in tribunale») ma è un grido che rimane inascoltato. Un efficace sintesi della vicenda la fornisce Giraudo, parlando del diverso atteggiamento della Federcalcio riguardo alle indicazioni fornite dal presidente della Consulta Caianiello: «È curioso che il suo parere sia stato preso per Vangelo quando si trattava di rinviare il processo per i passaporti, e per carta straccia quando ha detto che sarebbe stato meglio aspettare un mese prima di decidere sugli extracomunitari».
Un quadro ancora migliore proviene dall’estero, dove la vicenda viene vista con distacco e con il solito sorrisetto compiaciuto sull’abitudine tutta italiana al maneggio e alla truffa. Ecco un articolo del Guardian, quotidiano inglese, dell’8 maggio 2001:
Su le mani chi pensava che una delle leggi fondamentali dello sport era che non si potevano cambiare le regole nel bel mezzo del gioco? Incredibile ma gli stregoni al comando del calcio italiano lo hanno appena fatto. Grazie ad un ricorso alla Corte Federale da parte di alcuni club (e abbiamo visto quali, nda), ora le squadre di serie A possono schierare quanti non comunitari desiderano. E con effetto immediato. L’Italia, che aveva già le regole più permissive d’Europa al riguardo, ora ha fatto carta straccia di tutto.[…] Ma c’è di più: nonostante il regolamento fosse rimasto invariato per tre anni, i giudici hanno imposto il cambiamento con effetto immediato, senza nemmeno aspettare le cinque settimane che mancano alla fine della stagione.[…] “La tempistica della decisione ci ha lasciato perplessi” ha commentato l’avvocato della Juve Vittorio Chiusano, con il suo caratteristico understatement. “È una follia”afferma Sergio Campana, capo dell’Associazione Calciatori, “e ha alterato il campionato”. […] Gli avvocati [delle società coinvolte nello scandalo dei passaporti] ora si fregano le mani: squadre come Inter e Milan stavano per fare i conti con penalizzazioni fino a sei punti. La Corte Federale ha bloccato i processi delle cinque società coinvolte e nessuno sa quando per quanto tempo. È probabile che si deciderà per l’unificazione dei procedimenti disciplinari una volta terminata la stagione agonistica e, alla luce del nuovo regolamento, le eventuali penalità saranno enormemente minori.
W l'Italia.