“Quanto, poi, al rilievo, sempre di ordine processuale, che la decisione impugnata sarebbe affetta da violazione del principio, di rango costituzionale (oltre che sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo) del 'giusto processo'", la sentenza N. 031/CGF, 2012/2013 della Corte di Giustizia Federale, secondo grado di giudizio sportivo nel caso dell’accusa di omessa denuncia ad Antonio Conte, afferma che "il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore”.
L’indirizzo giurisprudenziale sarebbe quindi per “la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie.” Ed è quindi “libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva". Che non prevede, ricordiamolo, la possibilità di controinterrogare un teste a carico dell’incolpato.
La Corte dunque rivendica la libertà di poter decidere autonomamente come perseguire la giustizia in ambito sportivo. E’ una visione statica e giuridica, di forma, espressa in modo insolitamente chiaro ed esplicito dai giudici della Corte, che quindi ci dice sostanzialmente che il sistema di valori che regna in ambito sportivo riconosce sì il diritto di difesa, ma non necessariamente quello del “giusto processo”, il quale invece fa espresso riferimento al fatto che la difesa “abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico” (Costituzione Italiana, Sezione II, Norme sulla giurisdizione, art. 111).
Dicevamo che questa è una visione giuridica e di forma e che, ammesso che trovi conferma nei successivi gradi di giudizio a cui Antonio Conte ha già annunciato di voler ricorrere, mette al riparo gli organi giudiziari sportivi da accuse di possibile arbitrarietà e/o ignoranza (nel senso di ignorare possibili elementi fondamentali) nel prendere decisioni in grado anche di rovinare definitivamente la carriera sportiva di un atleta professionistico o di intere società sportive. Saremmo interessati a sapere se agli uomini che governano la Federazione Italiana Giuoco Calcio ed il Comitato Olimpico Nazionale Italiano un “sistema di valori” così può andar bene o se, vista la severità, la profondità e la radicalità di 'Scommessopoli', che comprende tra l’altro anche accuse, come quelle ad Antonio Conte, che con le scommesse non hanno nulla a che fare, non ci sia bisogno di rivederlo, ed urgentemente, questo “sistema di valori”.
Perché se è vero, prendendolo a prestito dall'ambito ordinario (ma ci hanno appena detto che ciò non necessariamente è sempre valido anche in ambito sportivo), che "fino all’istante che precede la modifica di una legge, quella legge rimane sacra e si rispetta" come si affretta a specificare ad esempio, forse tanto per placare gli animi, il solito Crosetti, come a dire: è tutto sbagliato, ma purtroppo quelle sono le regole, è anche vero che se si riconosce che le regole sono sbagliate c’è l’obbligo di correggerle prima che possano fare danni irreparabili e non dopo. Ed il tempo c’è, basta cercarlo.
Quel “sistema di valori” della giustizia sportiva
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- By Stefano Abruzzese