Continuano ad arrivare tegole sulla testa del Presidente della FIGC, Giancarlo Abete. Questa volta i problemi sembrano arrivare dal fronte interno alla Federazione stessa. La nostra redazione, infatti, è venuta a conoscenza del fatto che alcune settimane fa sono state formulate nei confronti della FIGC, e in particolare del suo massimo esponente, pesanti accuse di discriminazione sul luogo di lavoro, di mobbing e di demansionamento. Il dipendente che si è rivolto ai tribunali per denunciare una situazione ormai insostenibile è Dario Galati, in servizio presso la FIGC fin dal 1992 e coordinatore della segreteria retta dall’ex-vicepresidente federale Innocenzo Mazzini dal 2002 al mese di maggio 2005.
Galati fu individuato nel 2006, all'alba di Calciopoli, come un possibile "grande accusatore" a sostegno del teorema della cupola capeggiata da Moggi. Da più fronti ci furono tentativi di strumentalizzazione di tale dipendente, il quale, invece, mantenne una linea di grande neutralità, rifiutandosi, di fatto, di validare un teorema che, da addetto ai lavori, non riconosceva come attinente alla realtà. Nonostante ciò, fu convocato a Napoli, come testimone dell'accusa, rilasciando una deposizione, a nostro parere, interessantissima per capire cosa era davvero il calcio negli anni pre-Calciopoli.
Ebbene, nell’atto introduttivo del giudizio si apprende che proprio nel 2006 comincia il calvario di Dario Galati all'interno della FIGC. Infatti proprio in quel periodo le conseguenze di una rara malattia degenerativa lo fanno dichiarare invalido civile al 76% con riconoscimento di
handicap grave (L. n.104/92, art. 3, comma 3), e come tale inserito tra i lavoratori obbligatoriamente assunti, in base alla Legge 68/99 dalla F.I.G.C. a partire dal mese di Febbraio 2008.
Come ogni malattia oncologica, anche quella del Galati si sarebbe aggravata a causa del rilevante e continuo stress vissuto prima, durante e dopo lo scandalo del 2006. Evidentemente questo nuovo status, unito al suo atteggiamento in merito alla vicenda Calciopoli, secondo la stessa ricostruzione del Galati sarebbe alla base dei comportamenti e delle accuse formulate nella denuncia presentata: demansionamento progressivo fino alla totale inoperosità; perquisizioni forzose sui files e divieto di utilizzo del personal computer a lui assegnato, nonostante nessun divieto fosse stato mai pronunciato da alcuna Commissione Sanitaria; mancata corresponsione dei premi individuali degli anni 2008 e 2009; ostruzionismo effettuato dai vertici della F.I.G.C. nel fargli espletare correttamente le mansioni da “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, cui è stato nominato dagli altri lavoratori.
Ma il punto centrale del ricorso è certamente la lettera che sarebbe stata inviata dallo stesso Abete a Dario Galati, nel novembre del 2009, lettera che i legali di quest’ultimo, Avv. Giulia Galati e Avv. Francesco Bono, ritengono diffamatoria. Nel documento si legge infatti che "…. difficoltà integrative e offensive nei confronti del Sig. Galati vengono ulteriormente ribadite in un’altra missiva anche dal Presidente Federale Dott. Giancarlo Abete. Quest’ultimo nella sua raccomandata del 24.11.2009, discriminando, ingiuriando e diffamando il ricorrente (poiché la missiva è inviata non solo al Sig. Galati, ma anche al Comitato Tecnico e alla Asl Roma C) afferma: ”…possibilità di adibire il dipendente ad altro Ufficio tenuto conto della rilevante situazione di incompatibilità ambientale determinatasi all’interno dell’Ufficio, in cui è attualmente inserito il dipendente, manifestata anche dal disagio accusato dal responsabile dell’Ufficio a gestire un sereno rapporto di lavoro con il Sig.Galati….” In un paragrafo successivo, ancor più offensivo e degradante: ”...si segnala la presenza di difficoltà che pongono in pregiudizio la prosecuzione dell’integrazione lavorativa dell’interessato anche in considerazione della già evidenziata incompatibilità ambientale e dell’incertezza sul proficuo utilizzo del bagaglio professionale del dipendente”.
Nelle conclusioni, i procuratori del Galati chiedono al Giudicante di ritenere che "…tali comportamenti perpetrati dal Presidente Federale e dai propri dipendenti (Responsabile del Personale, Medico Competente, Segretario del SGS, Direttore Generale) e inerenti molestie ovvero comportamenti indesiderati che violino la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero che creano (come di fatto creano) un clima di intimidazione, ostilità e umiliazione, altro non sono che condotte di discriminazione sia diretta che indiretta ex L.67/06".
Ennesima gatta da pelare, quindi per Giancarlo Abete. Comunque vada, il suo mandato alla guida della Federcalcio sarà consegnato ai posteri come uno dei peggiori dal punto di vista dei risultati sia sportivi che politici. Al suo attivo ricordiamo due sconfitte brucianti in altrettante candidature per organizzare gli Europei; un fallimento epocale della Nazionale di calcio ai Mondiali del Sudafrica, dopo una non meno clamorosa figuraccia agli Europei del 2008; una serie di imbarazzanti vicende nell’ambito della Giustizia Sportiva con inspiegabili ritardi, omissioni e "sentenze" che riteniamo quanto meno discutibili; la nomina di un designatore arbitrale, Collina, coinvolto a pieno titolo nelle vicende di Calciopoli, ma mai inquisito nonostante sconvenienti intercettazioni con dirigenti del Milan; il rinvenimento di decine di telefonate "scomode" dello stesso Abete con molti personaggi del mondo del calcio, tra cui alcune in cui appare seriamente preoccupato delle sorti della Fiorentina del suo amico Della Valle; una serie di accuse rivoltegli da ambienti interni alla FIGC non solo per non aver saputo rinnovare con tempestività i quadri dirigenziali della stessa e per non aver saputo interpretare il suo ruolo in ambito internazionale.
Nonostante tutto questo, Giancarlo Abete resiste e sembra non avere alcuna intenzione di abdicare. In fondo siamo in Italia e le poltrone si lasciano solo quando si intravede una valida alternativa. Magari una staffetta con Abete al CONI e Petrucci in FIGC?