In Commissione Disciplinare è stato dibattuto il deferimento di Moratti e Preziosi che, secondo l'accusa della Procura Federale, hanno violato l'art.10 del Codice di Giustizia Sportiva, quello che vieta di avere rapporti con tesserati inibiti, pena la non validità degli atti conseguenti.
Come si può leggere nel comunicato ufficiale della Figc le difese hanno negato tale violazione, potevano proporre il patteggiamento ed avere uno sconto sulla pena, hanno invece sostenuto che la colazione di lavoro non aveva ad oggetto i trasferimenti di Milito e Motta all'Inter e si sono appellate ad altri dettagli tecnici per negare quello che, per tutti i giornali, era di assoluta evidenza. La Disciplinare, però, ha ritenuto provate le accuse e conseguentemente ha sanzionato i due deferiti (per Moratti l'inibizione minima prevista in tre mesi, per Preziosi sei mesi di inibizione verosimilmente perché recidivo).
In attesa di vedere se ci sarà il ricorso in appello alla Caf, c'è un interrogativo molto più importante da esaminare: i trasferimenti di Milito e Motta sono validi? E se non lo sono cosa potrebbe succedere?
Ce lo chiedevamo in un precedente articolo e vale la pena tornarci sopra, anche perché sulla validità dei trasferimenti l'organo deputato a pronunciarsi è la Commissione Tesseramenti, secondo le modalità previste dall'art 47, commi 3-4, del Codice. L'interrogativo quindi diventa: se la Lega, direttamente o su richiesta, tanto per fare un nome, della Roma seconda classificata nel campionato, chiedesse alla Commissione Tesseramenti di pronunciarsi sulla validità dei trasferimenti di Milito e Motta cosa succederebbe?
L'art.10 non lascia dubbi al riguardo, quei trasferimenti vanno revocati; nei casi di contatti con inibiti, recita l'art.10, "gli atti, anche se conclusi, sono privi di effetto".
Torniamo sull'argomento non perché convinti che succederanno fatti sconvolgenti, ma per rimarcare una volta di più che la Giustizia Sportiva necessiterebbe di essere rivoltata come un calzino, il suo malfunzionamento è ormai palesemente inaccettabile. Nel 2006 s'è dovuto inventare un reato che non era previsto dal Codice, quello associativo, oggi siamo davanti ad un reato che il nuovo Codice prevede ma che, a quanto pare, nessuno si sente di sanzionare.
Sicuramente adesso arriverà qualche pifferaio che, guardando dentro la sua palla di vetro, dirà che va tutto bene, ma non può essere così: questo sistema ha ormai credibilità pari a zero, non si tratta più di essere tifosi di una o dell'altra squadra, il problema è che non ci sono più regole, ognuno fa come gli pare, siamo al Far West. Nell'esposto della Juve sullo scudetto assegnato all'Inter si richiamava l'esigenza di una giustizia sportiva "uguale per tutti", sembrava un richiamo di buon senso, ma qui il buon senso viene offeso e deriso quotidianamente: un'indagine, importante, viene ultimata a dicembre 2009 e il deferimento resta chiuso in un cassetto per cinque mesi; un presidente, Preziosi, passa da un'inibizione all'altra (e intanto viene insignito del premio Beppe Viola), mentre al suo amministratore delegato la Figc concede la grazia revocando gli ultimi mesi di inibizione; un altro presidente, Moratti, dichiara tranquillamente il falso davanti agli ispettori federali e potrebbe non essere la prima volta.
Non solo trasferimenti da invalidare, c'è una norma del Codice di Giustizia Sportiva (quella riportata all'art. 17.8) che sanziona con dei punti di penalità irregolarità come quella accertata a carico dell'Inter di Moratti: per questo nel precedente articolo si diceva che, regolamenti alla mano, nell'ultimo campionato ha fatto più punti la Roma di Ranieri e Rosella Sensi che l'Inter di Mourinho e Massimo Moratti.
Solo che, a quanto pare, i regolamenti non contano; nel Far West del nostro campionato anche nell'ultimo anno, come nei tre precedenti, l'Inter di Massimo Moratti l'ha fatta da padrona.
Di cartone anche le pene
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