Quali conseguenze potrà avere la grave crisi dell'economia sul mondo del calcio? A questo importante interrogativo sono state date risposte contraddittorie: crisi annunciata per il calcio inglese e spagnolo; situazione anomala in Italia dove le cose, secondo Matarrese, sarebbero migliorate per la serie A nel 2007-08 e, in prospettiva, miglioreranno ancora grazie ai soldi dei diritti Tv, mentre i problemi, e grossi, resterebbero limitati alla la Lega Pro. Il nostro giornale, contrariamente alla stampa tradizionale, ha sempre dedicato ampio spazio all'argomento bilanci e situazione economica del sistema calcio. Ci sembra giusto, allora, fare il punto sull'interrogativo di partenza e sui dubbi che ne derivano, sicuri che alla Gazzetta, tutti presi dal rosa della vita e dai vincoli della linea editoriale, l'argomento è tabù.
Intanto un'osservazione di metodo. In Inghilterra è stato il presidente della Football Association a convocare una conferenza stampa dove ha elencato i debiti della Premier, società per società, esprimendo il dubbio che fossero elevati (2,3 miliardi di euro solo per Chelsea, Liverpool, Arsenal e Manchester United), mentre in Spagna un professore universitario ha preso in esame i bilanci delle società delle prime due serie e ha lanciato l'allarme sui troppi debiti (2,7 miliardi, spesso mascherati) e i possibili prossimi fallimenti.
In Italia niente: si vede che Abete era ed è troppo impegnato (in effetti è tutto preso dalla sentenza del Tas sull'anti-doping che lui vuol far revisionare) e, quanto alla ricerca universitaria, è salita all'onore delle cronache solo quella di due bocconiani che, partendo dalle certezze di calciopoli (evidentemente le loro), hanno elaborato un modello matematico (!) per riconoscere quando una partita, secondo loro, è truccata. Di debiti, di economia in crisi e delle eventuali difficoltà delle nostre società di calcio nessuno s'è preoccupato, quasi l'argomento fosse tabù per tutti e non solo per i redattori della Gazzetta.
Venendo, invece, alle questioni di merito, sui debiti della Premier si è scoperto che gli importi più rilevanti riguardano le società più importanti, che riescono comunque a chiudere il bilancio in attivo, e sono da ricondurre a fattori non ricorrenti e comunque extra-gestionali, come la costruzione degli stadi, i prestiti dei proprietari (Abramovich figura creditore di 700 milioni nei confronti del Chelsea) e le modalità di acquisizione delle società (l'acquisto del Manchester è stato finanziato con prestiti bancari per 500 milioni); se, invece, si considerano le sole spese di funzionamento, il campionato inglese è in grado di autofinanziarsi, anzi produce degli utili, grazie ai ricavi da stadio, ai diritti tv e il merchandising, per cui la crisi dell'economia potrà sì colpire qualche società, ma non sembra poter intaccare la buona situazione di fondo.
Diverso è il caso della Liga dove, a fronte di debiti elevati con le banche e con il fisco, sei società hanno iniziato il campionato 2008-09 senza sponsor, mentre il Valencia ne aveva uno che non è riuscito a onorare gli impegni, motivo per cui la ricerca universitaria che citavamo contiene la conclusione drastica che "Almeno cinque o sei club, prima della fine della stagione, saranno costretti a dichiarare la sospensione dei pagamenti ed entreranno in amministrazione controllata per evitare la liquidazione". Con una aggiunta importante sulla natura giuridica di "società anonima" che riguarda molte squadre spagnole: questo, secondo lo studio, ha consentito di lucrare guadagni in epoca di vacche grasse e di "mascherare" i debiti, mentre adesso che c'è la crisi di quei debiti potrebbe non rispondere nessuno.
Mentre le gazzette nazionali si mostravano preoccupate per le sorti del calcio spagnolo e di quello inglese, l'Uefa ha cercato, senza riuscirci, di imporre controlli più rigorosi sui bilanci per assicurare più trasparenza, meno trucchi contabili e, quindi, più sostenibilità di prospettiva, vista la crisi in atto; l'ambizione del presidente Platini era di regolamentare la specificità dello sport (anche per evitare che questioni "spinose" possano finire nelle aule dei tribunali...), vincolandola ad una specie di fair-play finanziario che limitasse il ricorso ai prestiti bancari da parte dei proprietari più ricchi, ma non ha trovato sbocco a livello politico (memorabili al riguardo, secondo noi, gli interventi del sottosegretario Crimi e di Matarrese, come riportati da La Stampa: per i debiti il primo ha sostenuto pubblicamente che "in Italia c'è il ruolo molto efficace della Covisoc"; il concetto è stato spiegato ancora meglio da Matarrese secondo il quale "La nostra Covisoc è già severa"). Perdurando, anzi aggravandosi, la crisi dell'economia, Platini e l'Uefa hanno continuato nella ricerca di soluzioni condivise ottenendo, secondo La Stampa del 6 febbraio, l'ok delle 150 società più importanti aderenti all'Associazione dei Club Europei ad un piano che vincola il monte ingaggi e il passivo del calciomercato ad una percentuale dei ricavi.
E' a questo complicato contesto che bisogna ricondurre i dubbi e gli interrogativi sul calcio nostrano e sulla maggiore o minore capacità di reggere alla crisi: partendo dal principio che il sistema, indipendentemente dal successo dei tentativi di Platini, dovrà forzatamente limitarsi nelle spese; valutando la trasparenza dei bilanci e delle forme societarie; verificando non solo la quantità dei debiti, ma anche come si sono formati e a cosa servono; confrontando la qualità dei ricavi delle nostre società più importanti con quella delle squadre estere. Con una premessa di fondo: come ha rilevato il prof. Tito Boeri su Repubblica, le nostre società sono male amministrate, la normativa di controllo è compiacente e i manager sanno che ci sono degli illeciti tollerati; sono affermazioni gravi, ma nessuno le ha smentite, la Covisoc continua tranquillamente nella sua compiacenza (tanto il sottosegretario e Matarrese dicono pubblicamente che va bene così) e Palazzi, che in paese normale avrebbe dovuto dimettersi, è sempre lì al suo posto, tollera gli illeciti di bilancio richiamati dal prof. Boeri (che potrebbero comportare anche la retrocessione in B) mentre, invece, deferisce alcuni procuratori che promettendo ai giocatori mari e monti avrebbero offeso, secondo la sofferta istruttoria del nostro superprocuratore, l'articolo 1 sulla lealtà sportiva.
Il calcio e la crisi: fallimenti annunciati e illeciti tollerati /1
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