Avete presente i vecchi film western di John Ford, “Ombre rosse” ad esempio, quelli in cui la cavalleria arriva sempre puntuale a ribaltare le sorti della battaglia?
Ecco, Baraldi, Minotti e Corbelli dovevano essere una grossa parte della cavalleria in soccorso dei cowboys Narducci e Capuano, “cavalleria” annunciata da numerosi squilli di tromba mediatici ed attesa per dare il colpo di grazia ai cattivi. Ma, “mutatis mutandis”, i tre “cavalieri” da pilastri dell'accusa si trasformano in testimoni a discarico. E' un déjà vu, dato che non sono i primi testi convocati dall'accusa a riportare sensazioni, teorie e sentito dire ma pochi fatti ed elementi concreti. E Baraldi era già stato sentito in aula ed aveva riportato anche in quella occasione dei sentito dire e delle sue sensazioni e mai prove certe. E già il solo fatto che i PM abbiano intrapreso la ricerca di prove supplementari la dice lunga sulla consistenza iniziale delle accuse. Baraldi e Minotti sono stati sentiti dagli inquirenti lo scorso novembre 2010 in merito all'acquisto di Marco Di Vaio da parte della Juventus. Acquisto che è avvenuto nell'agosto 2002, non si capisce come mai solo nel 2010 i due PM abbiano pensato di spulciare le carte di quel trasferimento, sembra quasi che qualcuno abbia suggerito loro di seguire questa traccia. Ed i PM, ormai assetati di prove, hanno provato a battere anche questo sentiero. Ma la deposizione dei due ex dirigenti del Parma non ha fornito molte prove cui appigliarsi, anzi, ha ulteriormente demolito la tesi accusatoria.
Baraldi ha ripercorso le tappe delle trattativa per la cessione di Di Vaio, specificando che l'accordo venne raggiunto nell'agosto 2002 tra Sacchi e Moggi: accordo che prevedeva il passaggio di Di Vaio in maglia bianconera per 27 miliioni di euro, 15 dei quali pagabili subito, il resto con un meccanismo studiato per dilazionare il pagamento oltre il limite dei tre anni: compartecipazione di Brighi che sarebbe passato al Parma (Baraldi riferisce che il giocatore piaceva molto a Sacchi), con successivo riacquisto dopo due anni da parte della Juventus: prezzo fissato a 12 milioni.
Questo secondo negozio giuridico venne realizzato mediante la sottoscrizione di una scrittura privata tra Sacchi per il Parma e Moggi per la Juventus.
In seguito nel giugno 2004 il Parma e la Juventus si incontrarono, prima a Torino e poi a Milano, per risolvere la comproprietà di Brighi. Giraudo e Moggi in prima battuta provarono ad inserire nella trattativa l'acquisto dell'opzione su Gilardino, Bonera e Marchionni; al rifiuto del Parma in alternativa cercarono di ottenere l'opzione su alcuni giovani del vivaio. Il fatto che il Parma fosse in amministrazione controllata ed in difficoltà finanziaria a causa del crac Parmalat induceva Moggi e Giraudo a cercare di forzare la mano, ma Bondi, commissario Parmalat plenipotenziario su tutte le società del gruppo, oppose loro un secco “niet”. Normali operazioni di cinismo finanziario che solo il PM Capuano sembra non conoscere quando chiede a Baraldi “se la dirigenza della Juve era a conoscenza delle difficoltà economiche del Parma”, ottenendo una conferma da parte di Baraldi ed una notizia arcinota nel mondo del calcio : “Il ricavato della vendita di Brighi era necessario per l'iscrizione al campionato”. Chissà se Capuano è a conoscenza del cinismo finanziario di chi ha approfittato delle spoglie della Juventus post Calciopoli per accaparrarsi il più forte centravanti visto negli ultimi 10 anni in Italia al prezzo di un brocco?
Ma tutta la vicenda Di Vaio era semplicemente finalizzata a riportare l'incazzatura di Giraudo, che prima firma il contratto così come previsto dalla scrittura privata dell'agosto 2002 e poi si lascia andare ad uno sfogo nei confronti di Baraldi e Minotti: “Con noi avete chiuso!”
“Le parole esatte non le ricordo” ha precisato Baraldi, ma io l'ho interpretato come una minaccia.
Minaccia che non ha saputo chiarire nemmeno quando il presidente Casoria gli ha chiesto di cosa l'avesse minacciato Giraudo e con quali mezzi intendesse raggiungere lo scopo. Solo una sua sensazione, altro che minaccia di andare in serie B come voleva far credere il PM.
Ancora più esplicito è stato Minotti, il quale ha riferito che Giraudo prima firmò e poi si incazzò con lui e con Baraldi di fronte a tutti nella hall dell'albergo dove si teneva il calcio mercato, ma non fece nessuna minaccia di spedirli in B.
Una normale incazzatura per un affare che Giraudo pensava potesse andare meglio, anche perché, come lo stesso Minotti ammette, “non è che Brighi avesse fatto così bene al Parma”.
Quindi niente minacce di Giraudo e nessuna azione tendente alla retrocessione del Parma, cosa che, a risentire Narducci nell'udienza in cui aveva chiesto l'ammissione di questi nuovi testi, sembrava lampante, solare.
Ma se nessuna prova vi è delle teorie dell'accusa, dal controesame di Baraldi da parte dell'avvocato Bonatti abbiamo appreso che anche il Parma su iniziativa di Sacchi aveva organizzato una cena con i designatori: “C'eravamo io, Sacchi, Stefano Tanzi, Calisto Tanzi e i due designatori Bergamo e Pairetto” ha detto Baraldi.
Altro che rapporto esclusivo di Moggi con i designatori!
E se la deposizione di Baraldi e Minotti s'è risolta con un nulla di fatto per l'accusa, ancora peggio è andata con la deposizione di Corbelli.
Corbelli è stato presidente e co-proprietario, insieme a Ferlaino, del Napoli dal 2000, anno della promozione in serie A, al 2002, quando il Napoli retrocedette in B.
A dar credito alle indiscrezioni giornalistiche, Corbelli nel suo interrogatorio da parte dei PM aveva accusato Moggi di aver causato la retrocessione del Napoli per mezzo del suo killer Fresi e degli assistiti della GEA.
Di tutt'altro tenore sono state in realtà le dichiarazioni di Corbelli in aula, in pochi minuti ha smentito Zeman, il quale aveva detto che Moggi lo aveva fatto assumere a Napoli per rovinarlo, affermando invece che Moggi voleva il bene del Napoli e che consigliò Zeman in quanto lo riteneva l'allenatore ideale per il Napoli.
Moggi su Zeman si sbagliava, ma questa non può essere ritenuta una colpa degna di una condanna penale. Corbelli poi smonta la teoria dei PM che ritenevano Moggi il vero direttore sportivo del Napoli che ne condizionava la campagna acquisti. Corbelli riporta che proprio per limitare la presenza di assistiti GEA (Amoruso, Pecchia e Fresi) nel Napoli, Ferlaino rifiutò la proposta di Alessandro Moggi (consulente di mercato) di acquistare l'uruguaiano Pacheco. Alessandro Moggi si dimise ed i rapporti tra i Moggi ed il Napoli si interruppero. Corbelli ha poi ribadito di non aver mai detto che Moggi fece retrocedere il Napoli o che Moggi volesse il male del Napoli, anzi lo riteneva il più esperto nel mondo del calcio ed i suoi consigli erano ben accetti dal club partenopeo. Non è mancata tuttavia una stoccata finale a Fresi che, secondo il parere di Corbelli, è responsabile di almeno due sconfitte che costarono la retrocessione del Napoli, nel campionato 2000/2001. A suo parere appunto, senza nessuna prova che Fresi abbia agito in malafede. Presidente Corbelli, se Lei sapesse quante sconfitte noi imputiamo al povero Grygera! Ma certamente non riteniamo che voglia il male della Juve. Presidente Corbelli, PM Capuano, Vi vogliamo aiutare: nel mondo del calcio ci sono quelli bravi e quelli scarsi, Fresi era semplicemente scarso.
Baraldi, Minotti e Corbelli: la cavalleria soccorre la difesa
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