Si può rischiare una condanna che sporca l'onore di un uomo pur essendo innocente? Purtroppo sì, ed il caso dell'ex arbitro Marco Gabriele è emblematico del cosiddetto caso Calciopoli. Sì può rischiare la condanna se le indagini non sono fatte o riferite come si deve, ovvero considerando e segnalando anche le prove a discolpa perché il pm applichi il dettato dell'art. 358 del codice di procedura penale.
La garanzia per un cittadino di essere discolpato se innocente non può dipendere dalla sua memoria dopo anni dai fatti o, peggio ancora, dalla fortuna.
Durante una deposizione spontanea di Massimo De Santis, che lamentava di aver avuto la vita distrutta, il giudice Teresa Casoria ha detto che "la giustizia umana sbaglia, può sbagliare. Qua ci sarà il controllo. C'è il dibattimento pubblico, più di questo non si può assicurare. Il popolo controlla"; ma se prendiamo il caso di Marco Gabriele poco si sarebbe potuto fare per evitare una presumibile condanna per frode sportiva, se in soccorso non fosse venuta una massiccia dose di fortuna.
Marco Gabriele, come Luca Palanca, era entrato nell'indagine di Narducci e Beatrice per il calcioscommesse, uscendone poi pulito. Poi c'è stata la deposizione di Dal Cin, basata sui "si dice" dell'ambiente, che tirava in mezzo la "combriccola romana" e la Gea, e che ha di fatto aperto "Calciopoli". Auricchio, su delega dei pm Narducci e Beatrice, ha avviato le sue indagini che hanno portato i pm ad avvisare Marco Gabriele, nell'avviso di chiusura indagini, per l'accusa di frode sportiva nella partita Roma-Juventus e di associazione a delinquere. Iniziamo dall'accusa di frode sportiva per Roma-Juventus e, se non lo avete già fatto, rileggete gli articoli che abbiamo già scritto su quella partita.
Dalle informative apprendiamo che prima della partita Bergamo chiede alla Fazi di contattare Marco Gabriele, quarto uomo della gara, per chiedergli di portare con sé un telefonino sicuro acceso. L'interpretazione che i pm danno di quelle parole è univoca e incolpante, ma ai pm Auricchio non ha riportato, nelle sue informative, tutta la sequenza di telefonate, come vedremo. Ne manca una, rilevantissima per un corretto giudizio. Non è un caso isolato questa soggettivissima selezione delle telefonate che ha portato a evidenziarne alcune e a scartarne altre relative allo stesso episodio o alla stessa partita, come abbiamo potuto scoprire solo grazie alla disponibilità finanziaria dell'imputato Luciano Moggi.
Come si siano svolti in realtà i fatti lo ha raccontato Marco Gabriele durante "Il bianco e nero", trasmissione condotta da Angelini e Zampini su Radio Radio a fine 2010 (clicca e guarda il video).
Gabriele prima dice: "Io mi ritengo un fortunato di Calciopoli, però la giustizia di un cittadino italiano non si può basare sulla fortuna, dovrebbe avere come certezza l'imparzialità del pm, prima di tutto"; poi inizia il suo racconto che dovrebbe procurare i brividi anche a chi con troppa facilità veste i panni del giustizialista, se solo fosse capace di immedesimarsi e pensare: "E se fosse accaduto a me?".
Gabriele si è salvato per aver conservato un messaggio sms per anni. Quanti di noi lo fanno? Nessuno, perché nessuno potrebbe mai pensare che quel messaggio due anni dopo potrebbe servirti per dimostrare la tua innocenza. Qui entra in ballo la componente della fortuna per Gabriele, che racconta:
"Io sono stato assolto dalle accuse di associazione a delinquere e dall'accusa di frode sportiva per la fortuna di aver conservato un messaggio di Paolo Bergamo, e questa è la prima volta che sveliamo al pubblico il messaggio di Paolo Bergamo. Otto mesi prima di quel 5 marzo era nata mia figlia e per l'emozione della primogenita io mi ero recato in ospedale, ho fotografato questa bimba con il telefonino ed avevo in memoria le foto della nascita di mia figlia. Questo telefonino è durato fino ad aprile o maggio del 2005, quindi due mesi dopo la partita Roma-Juve. Questo telefonino si è rotto, ma c'erano in memoria le fotografie di mia figlia e l'ho conservato. In quel telefonino, che era il telefonino con il mio unico numero ufficiale, del quale sono in possesso da 18 anni, c'era un messaggio di Paolo Bergamo che diceva testualmente: "Fate attenzione gol Juve in fuorigioco", arrivato esattamente alle 20.56, mandato contestualmente alla convalida del gol. Attenzione, mandato dal numero di Paolo Bergamo che era il numero che gli arbitri usavano per parlare con il loro designatore, con il numero della Federazione, neanche il suo numero privato".
Prima considerazione: Di Laroni attribuisce sim svizzere a Bergamo ed una sim svizzera a Gabriele, ma usano i loro normali telefoni. Non vi sembra strano?
Per fortuna Bergamo ha mandato quell'sms. Immaginate se non lo avesse fatto. Per sua fortuna Gabriele non aveva neppure trasferito le foto della figlia dal telefonino su un pc, perché se lo avesse fatto non avrebbe avuto più ragione di conservare un telefonino rotto e che non era possibile riaccendere a causa del caricabatterie guasto.
A maggio 2006, durante un raduno a Coverciano, Gabriele viene raggiunto dall'avviso di garanzia e deve ringraziare la fortuna e la sua memoria: "La fortuna, ecco dove viene la fortuna, la prima cosa che ho fatto... ho chiamato mia moglie e Le ho detto dove era il telefono, di andare alla Vodafone e di trovare un caricabatterie che ricaricasse il telefono, di accenderlo e di leggere i messaggi. In memoria c'era quel messaggio".
Dopo questa mano ricevuta dalla dea bendata Gabriele chiede di poter spiegare ai pm il "vero" svolgimento dei fatti: "Io ho preteso di essere interrogato, e questo è successo a settembre 2006. La Procura di Napoli mi ha prodotto due sole telefonate, quella che la Fazi fa a mia moglie perché io avevo il telefono spento, perché un arbitro di Frosinone che va a Roma a fare Roma-Juventus, anche da quarto uomo, riceve la richiesta di almeno mille biglietti per entrare gratis e di duemila magliette di Totti e cinquantamila di Del Piero, scusate l'esagerazione, ma sono ancora avvelenato per questa storia. Quindi tengo il telefonino spento per non essere tediato da queste richieste e la signora Fazi telefona a mia moglie e dice: "Francesca, non riesco a parlare con Marco, Paolo ha bisogno che lui porti con sé un telefonino sicuro acceso", detto in questo modo. Mia moglie mi vede un'ora dopo, perché io per fare il "quarto" a Roma sono partito alle quattro del pomeriggio, la partita era in notturna, e mi dice: "Marco guarda, così e così". Benissimo, chiamo la Fazi, e questa è un'altra fortuna, mi ricordo perfettamente di aver chiamato la Fazi, e alla Fazi dico testualmente: "Grazia io ho solo questo numero, il mio numero di telefono, se Paolo mi deve contattare mi chiami su questo numero"...".
Dov'è questa telefonata dell'intercettato Gabriele nelle informative redatte e firmate da Auricchio? Non c'è!
Perché sono state selezionate ed evidenziate solo quelle due telefonate e non la terza che dimostra come non ci fosse nessuna intenzione di truccare la partita? Ripetiamo, non è un caso isolato, basta rileggersi le "Telefonate a discolpa scartate" nel nostro "Speciale Farsopoli".
Gabriele continua: "Quando sono stato interrogato a Napoli la telefonata mia alla Fazi non era stata prodotta da nessuno e i miei avvocati hanno preteso che i pm prendessero quei brogliacci che oggi stanno venendo fuori. Abbiamo aspettato più di un'ora, si è presentato un maresciallo della Procura di Napoli con un brogliaccio scritto a mano che probabilmente pesava cinque chili, ci siamo messi lì a spulciare ed abbiamo trovato questa telefonata ed abbiamo preteso che fosse trascritta".
Continuando il suo racconto, che potete ascoltare nel video segnalato, Gabriele parla della sua impressione di minaccia ricevuta e aggiunge: "Io non ho detto: "Non mi sequestrate il telefono", ho detto: "Io il telefono l'ho portato qui", perché io mi sono recato a Napoli ed ho consegnato il telefono alla Procura, il telefono è stato consegnato e sono stati fatti i rilievi".
Quando Gabriele ha mostrato l'sms ai PM, e richiesto la trascrizione della telefonata "scartata" dagli investigatori, sperava nell’archiviazione del suo caso. E' stato così solo per l'accusa di frode sportiva per Roma-Juventus, non contestata più nella richiesta di rinvio a giudizio, ma è rimasta l'accusa molto più grave di associazione a delinquere, dovuta a quello che Auricchio ha definito "uno dei pochi dati a sorpresa di questa attività", ovvero la deposizione spontanea di quel Teodosio De Cillis che gli investigatori avevano ignorato fino a quel momento. Il successivo studio del maresciallo Di Laroni ha abbinato delle sim svizzere ad alcuni indagati che, in conseguenza di queste attribuzioni, sono poi stati inseriti nell'elenco degli "associati".
Per Marco Gabriele i pm Narducci e Beatrice avevano chiesto una condanna a due anni, ma l'ex arbitro è stato assolto con formula piena dal giudice De Gregorio con le considerazioni che potete leggere da pagina 192 delle motivazioni.
De Gregorio scrive che il pm, per sostenere l'accusa contro Gabriele, ha evidenziato:
1. le informazioni rese da Dal Cin e Cellino (basate sui "si dice", ndr), che il giudice definisce "non significative" e "da non prendere in considerazione...";
2. i dialoghi sulle indagini del calcioscommesse, per le quali De Gregorio rileva che "Gabriele non vi compare come protagonista...";
3. il legame con De Santis e "secondo il pm da questo legame nasceva la dipendenza anche con il sodalizio capeggiato da Moggi";
4. "L'Accusa ha ancora dato peso alla conversazione del 9 dicembre 2004 in cui Lanese comunicò a Moggi di aver reintegrato Gabriele e Palanca, nonché l'intervento di Bergamo in occasione della partita Roma-Juventus, tendente a fargli portare un cellulare con sé, già illustrato quanto a ricostruzione dei fatti".
Quindi i pm non hanno formulato l'accusa di frode sportiva per l'episodio del "telefonino sicuro" in Roma-Juventus, ma hanno continuato a darvi "peso" nella richiesta di condanna. De Gregorio scrive a tal proposito: "Gabriele nel suo interrogatorio spiegò che si trattava di una partita molto delicata e per prudenza accettò il consiglio di Bergamo, evidenziando di aver ricevuto un sms da costui tra il primo ed il secondo tempo, in cui si comunicava che il gol Juve era in fuorigioco, egli consegnò il telefonino per accertamenti ed effettivamente fu riscontrata la presenza del messaggio e la sua provenienza dal designatore. [...] Quanto all'uso del cellulare durante l'incontro Roma-Juve va osservato che l'imputato, in sostanza, obbedì ad un'indicazione del designatore, ed in ogni modo il suo telefono servì a far segnalare un sicuro errore degli arbitri, per di più avvenuto a favore della Juve, cioè per uno scopo contrario a quello conforme alla tesi di Accusa".
Eh già, lo scopo si è rivelato palesemente contrario alla tesi, ma Narducci e Beatrice non vi hanno rinunciato nel caso di Gabriele, tanto da costringere De Gregorio a farlo notare nelle sue motivazioni.
Secondo Massimo Malpica de "Il Giornale", in un articolo del 18 aprile 2007, quell'sms inguaiava Bergamo: e invece provava il contrario. I giornalisti dovrebbero essere più prudenti e non prendere per oro colato ogni ipotesi dell'accusa.
De Gregorio scrive che tra le prove presentate dai pm: "Principale elemento di prova a suo carico è dato dal possesso ed uso di una scheda riservata, di cui si è già trattato nella parte dedicata a questo argomento e a quella si rimanda, con riguardo alla ritenuta validità del metodo usato per la sua attribuzione, precisandosi che essa fu una delle 12 individuate in base al traffico telefonico delle prime 9. [...]", ma la conclusione della motivazione, come logica voleva, è che "essendo questo lo stato delle prove deve giudicarsi che il solo dato del possesso ed uso della scheda riservata non è bastevole a considerare Gabriele inserito nella compagine di cui al capo A) della richiesta di giudizio, sotto il profilo della mancanza del contributo apprezzabile all'associazione e l'imputato va mandato assolto per non aver commesso il fatto".
All'Onorevole Daniele Capezzone, presente nella trasmissione "Il bianco e il nero", e che aveva parlato di linciaggio dei media per i coinvolti in Calciopoli, Gabriele rivolge la sua richiesta piena di amarezza: "Queste indagini, ecco Onorevole, un pm se fa le indagini e c'è un maresciallo, un capitano, e legge che c'è un messaggio di quel tenore... rovinare la vita ad una persona ci vuole poco, a me ed a tanti altri miei colleghi, mi permetto di dirlo anche per Paolo Bergamo, non dovrebbe succedere a nessun cittadino".
Per quanto riguarda la stampa sarebbe come minimo doveroso, dopo aver riportato le tesi dell'accusa, spiegare almeno le motivazioni che hanno portato all'assoluzione più completa di chi, anni prima, si è ritrovato esposto al giudizio dell'opinione pubblica. Secondo nostro costume, portiamo degli esempi:
Corriere della Sera del 13 maggio 2006, pagine 2 e 3, articolo firmato da Fulvio Bufi (nostro premio "Ballone d'oro 2010") e Fiorenza Sarzanini (rileggete l'articolo su "La fuga di notizie", ndr): "... e mediante il contatto occulto che avveniva nel corso della gara tra Paolo Bergamo e Marco Gabriele con l'utilizzo di un apparecchio telefonico riservato da utilizzare in caso di bisogno...". Leggetela tutta la parte relativa a quel Roma-Juventus.
Corriere della Sera del 17 maggio 2006, pagina 11, Giovanni Bianconi scrive: "Usavano un sistema di «telefoni sicuri», per evitare che qualche orecchio indiscreto ascoltasse certe conversazioni. Sono loro stessi - i protagonisti della «banda Moggi» ipotizzata e descritta nel rapporto dei carabinieri di Roma - a usare quella definizione. Per esempio quando il designatore arbitrale Bergamo chiama la sua segretaria Maria Grazia Fazi chiedendole di avvisare Marco Gabriele, il «quarto uomo» della partita Roma-Juventus, affinché tenga acceso «un telefonino sicuro» durante l'incontro".
Sono solo due esempi tra i tanti che potremmo tirar fuori. Abbiamo cercato articoli di Bianconi, di Bufi, e della Sarzanini, ma anche di altri giornalisti, che riconoscano a Marco Gabriele il suo diritto anche alla riabilitazione "mediatica", ma non li abbiamo trovati. La storia di Gabriele l'ha raccontata solo "Calcio GP" di Padovan, "Il bianco ed il nero", ed i soliti siti "di nani e ballerine", tra cui noi, che devono farsi carico di coprire le lacune informative dei grandi giornali con milioni di lettori.
Crediamo che il "metodo" con cui svolgere una indagine e il criterio con cui valutare le ipotesi e le prove d'accusa debba essere diverso da quello visto con Calciopoli. Come crediamo che il ruolo della stampa debba essere diverso e sempre "orientato" a fornire ai lettori tutta la verità.
Il caso Gabriele, emblema di Calciopoli
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