De Santis? “Moggi l’ha perdonato”. Teresa Casoria è così. Fatta di lampi d’umanità brusca e commendevole. Quante volte è venuta in soccorso del diritto alla difesa. Mamma. Non si contano. Per gli juventini col tempo questa donna è diventata come “La cura” di Battiato: un essere speciale. Conosce le leggi del mondo e forse ce ne farà dono. Oggi però non c’è Narducci. Tocca salvare Auricchio (da Parma-Juventus) per andare avanti. Ma gli avvocati sono meno sensibili delle donne, specie di quelle che hanno fretta. Gallinelli sembra quello per il quale le parole, belle o inutili che fossero, stanno tutte al cimitero. Vuole i fatti. La questione è lo sdoganamento dell’arbitro De Santis. Secondo Auricchio, l’arbitro romano avrebbe fatto parte dell’associazione sino al Febbraio del 2005. Allorché, ricevuta la notifica della proroga delle indagini su di lui da parte dell’autorità giudiziaria, avrebbe dato vita al cosiddetto “sdoganamento”. Avrebbe cioè arbitrato contro gli interessi dell’associazione per sviare furbescamente i sospetti degli inquirenti e, perché no, trovandosi facendo assecondare gli interessi di altri. Il Milan. I propri. Comincia un balletto di date da far perdere la testa. Lo sdoganamento di De Santis per Auricchio è tutt’altro che lineare ma peggio di un gambero. Un passo avanti, due passi indietro. Incomprensibile ma comunque rosso dalla vergogna. Si parte. De Santis fuori dall’associazione a partire dal Febbraio del 2005. Parma-Juventus del rigore negato a Del Piero è del 6 Gennaio 2005, quindi precede lo sdoganamento. Per Auricchio, è arbitraggio in linea con l’opera continuativa del De Santis pro-Juve. Infatti. Non ha danneggiato la Juve anzitutto per tutta evidenza, essendo il pari risultato diverso dalla sconfitta. Poi ci sarebbero i comportamenti fattivi dei team. Cinquini del Parma si sarebbe lamentato dell’arbitraggio a fine gara e quindi le lamentazioni del Parma provano che l’arbitraggio non ha danneggiato la Juve. Moggi stesso a fine gara non avrebbe dato di matto e dunque l’arbitraggio non ha danneggiato la Juve. Se non l’ha danneggiata, De Santis era ancora associato.
Gallinelli ha qualcosa in mente. Adopera la tattica Moggi: “fateli parlare parlare e parlare ancora, ‘ché si inguaiano da soli”. Palermo-Lecce 3 a 2 è del 20 Febbraio 2005: De Santis da sdoganato (siamo a Febbraio inoltrato) compie atti da associato. Ammonisce i diffidati Finardi e Rullo del Lecce, impedendo loro di difendere la propria squadra nell’incontro successivo col Messina, il socio della Juve. Per Auricchio, lo sdoganamento data Febbraio ma, è vero, nessuno lo ha sentito specificare il giorno. Che so, il 21.
Fiorentina-Milan è del Primo Maggio del 2005. Termina due a uno in favore del Milan e proprio la giornata prima dello spareggio scudetto Milan-Juventus. Arbitro? De Santis. “No, Farina”. “De Santis, Colonnello”. Tanto che, Gallinelli prosegue, non aver ammonito i diffidati del Milan “sarebbe la prova dello sdoganamento per rapido calcolo di convenienza pro Milan”. E sfido. De Santis avrebbe potuto per lo scontro scudetto con i bianconeri privare la squadra rossonera di diffidati del calibro di Rui Costa, Nesta e Seedorf. Altro che Finardi, Rullo, Nastase e comparse del genere. Auricchio annuisce, Gallinelli finalmente gli sta dando ragione. E’ vero, è vero. Questa è la prova madre che giustifica logicamente l’associazione a delinquere in favore della Juventus nonostante le tante evidenze contrarie. Che importa se De Santis in precedenza aveva ammonito diffidati Juve di pari e grosso calibro come Ibrahimovic, anzi. Quando è successo (con l’Inter) era Aprile. A quell’epoca De Santis era sdoganato e se era sdoganato vuol dire una cosa sola. Associato, associato, associato. Ad Auricchio la voce si fa comprensiva e impaziente come quando hai una donna che ti ha appena detto di si. Portasse ancora i baffi se li leccherebbe. Non ci fossero donne, fischietterebbe. Farebbe insomma quel che fanno gli uomini in media quando l’hanno appena avuto vinta. Si fregherebbe le mani se non si fosse appena fregato da solo. Perché è a quel punto che Gallinelli, chiudendo le gambe (del discorso) che aveva aperto, lo prende in trappola. Non esiste alcuno sdoganamento. Non per Juventus-Inter, non per Fiorentina-Milan. La notifica di proroga indagini che avrebbe dirottato l’associato De Santis verso cinici arbitraggi contro gli interessi della Juventus e sue protette non risalirebbe al Febbraio del 2005. Bensì, al Giugno. Gallinelli ha la prova documentale. La mostra a tutti. Meglio di un lenzuolo virginale. La consegna al collegio perché l’alleghi agli atti. Perché tutti lo devon sapere. Adesso tutti lo sanno. De Santis era vergine. De Santis non avrebbe saputo che a Giugno del 2005 di essere attenzionato dall’autorità giudiziaria. Ergo, è tutto da rifare. Ergo, il De Santis avrebbe danneggiato la Juve quell’anno, come risulta dalle intercettazioni proprio di Moggi (“ci costa almeno sei punti, se noi perdiamo il campionato è colpa sua”), senza alcun calcolo dietro. L’ha danneggiata semplicemente facendo l’arbitro e non il dissociato. L’associazione provata dallo starne fuori, questa strana associazione provata paradossalmente dalla dissociazione dopo quel foglio non esiste più. Gallinelli continuerà ad incalzare Auricchio. Ma sarà del tutto pleonastico. Interpretando il sentimento comune di noi tutti in aula, dopo quel foglio il colonnello forse per rispetto quasi non risponderà più. Sui rapporti di Moggi con i giornalisti per difender De Santis. Con Moggi che per far difendere De Santis chiama dopo Fiore-Milan Franco Melli per criticare l’operato dell’arbitro romano. Con la Gazzetta che prima di Reggina-Cagliari parla di sgradimento da parte (anche) della Reggina ed Auricchio che pignolo fa notare che della Gazzetta loro prendevano solo i pezzi di commento alle gare. E poi dicono che stare nel posto e nel pezzo giusto non cambi la vita. Gallinelli sempre a proposito di quella gara e di stare sul pezzo riuscirà persino a far dire al Presidente Casoria che “il teste non vuole rispondere”. E fa bene. Quando risponde, fa peggio. Ma gli avvocati e il silenzio non vanno d’accordo. L’uomo coi ricci che difende De Santis trionferà su Auricchio, il quale dopo esser stato processualmente sedotto ed illuso ora probabilmente vorrebbe soltanto essere abbandonato. Lo farà tenendolo a terra. Buttandola sulle basi. Sul senso pratico. “Quali i vantaggi che ha conseguito De Santis dall’associazione?”, “Mondiali 2006 e il maggior numero di partite da arbitrare”. Colonnello, ma se ai mondiali è andato Rosetti e più di lui hanno arbitrato Farina, Rosetti e persino un Trefoloni. Su Livorno-Siena dell’8 Maggio, capo d’imputazione perché arbitrata da associato sette giorni dopo aver arbitrato da sdoganato Fiore-Milan, partita rovinata dal De Santis per “futili e abietti motivi” (andare contro il “nemico” Spinelli), partita manipolata dal De Santis contro il Livorno espellendo Galante per un calcio che aveva realmente dato e concedendo un rigore al Livorno per farlo pareggiare. Con un De Santis in aula a chiedere ad alta voce ad Auricchio, a qualcuno, a una guardia che dà le informazioni, al senso comune, a quel sentimento popolare che per quel giorno lì ed altri quattro anni fa inseguiva una sua chimera, ma insomma, in questa partita, in quella stagione alla fine. “Che ho fatto?”.
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