Secondariamente, ci chiediamo come noi siamo legati a queste cose.
In terzo luogo, ci domandiamo come dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei loro confronti.
Riguardo a cosa sono le cose, possiamo solo rispondere che non sappiamo nulla.
Noi sappiamo solo come le cose ci appaiono, ma sulla loro essenza intrinseca siamo ignoranti.”
(Pirrone, filosofo greco, 365-270 a.c.)
Eccolo finalmente, si era già detto che senza dubbio prima o poi i testimoni chiave sarebbero arrivati.
Ora possiamo anche spiegarci la presenza di Moggi per la prima volta al processo, ancora un arbitro avrà pensato, avrà temuto un’altra testimonianza sulla scia di Nucini ed avrà voluto dare il suo apporto morale ai suoi avvocati con il suo indiscutibile carisma.
È quasi l’ora di pranzo quando si accinge ad entrare lui, il secondo, ma solo in ordine cronologico, inoppugnabile arbitro, talento sprecato, terrore dei grandi.
Premessa
In realtà queste righe non si dovevano scrivere, così come questo testimone non era nemmeno da citare.
Si racconta di episodi e sensazioni delle stagioni che vanno dal 1998-'99 al 2000-'01, Anni non oggetto del processo di Napoli, anzi a dirla tutta anni in cui la Juventus (1897) F.C. avrebbe molto da recriminare.
Inoltre un tribunale si è già pronunciato in merito, condannando per diffamazione il giornalista Teotino, che ha avuto la brillante idea di raccontare i deliri di Pirrone in un suo articolo, argomento già trattato qui.
Su Pirrone – cu fu?
Riccardo Pirrone, messinese, entra a far parte della CAN A e B nel 1998, l’anno del commissariamento, un anno difficile per l’AIA, anno di rinnovamento dei sistemi, dei dirigenti, della classe arbitrale.
Non entriamo nel merito dei criteri utilizzati per effettuare le scelte, abbiamo molti esempi di giudici di gara che iniziano in quegli anni e si sono caratterizzati per le loro ottime prestazioni, quasi sempre all'altezza della situazione; riteniamo che il talento e la preparazione degli uomini selezionati sia in tutti i casi indiscutibile, ma purtroppo spesso accade che la ribalta, invece di esaltare le doti, le reprime a scapito della qualità. Per questo possiamo spiegarci l'astio di Pirrone e Nucini verso alcuni colleghi più fortunati ed i loro superiori. Non condanneremo il loro atteggiamento, ma cercheremo semplicemente di comprenderlo, premesso che tutto ciò che raccontano sia vero, sia fatti che sensazioni, allora non possiamo che pensare che nel loro pensiero si sia scatenato inconsciamente un meccanismo di autodifesa che tende ad imputare ad agenti esterni gli insuccessi; pertanto si travisano eventi insignificanti, banali coincidenze diventano eccezionali ed ossessionanti, così i colleghi più bravi diventano i “raccomandati” ed i superiori degli “oppressori”. Ecco perchè si deve credere all'uomo Pirrone, quando molte volte ripete di sentirsi a posto con la coscienza, crediamo che effettivamente lui senta tradito, violentato il suo sogno di bambino, purtroppo però il sistema arbitrale fa parte del pianeta calcio ed il calcio si sa "non è uno sport per signorine".
Anche Pirrone, in sintonia con Nucini, intervista rilasciata all'ANSA imputa ad un evento sfortunato ai danni di una “grande” la fine della sua carriera arbitrale, questa volta però la vittima fu l’Inter. Per dimostrare la nostra tesi possiamo prendere come prova i voti assegnati all'arbitro dai maggiori quotidiani (es. Corriere.it) dopo Juventus-Bologna. L’episodio della sospensione ingiusta, patita da Nucini a seguito a questo episodio è citato anche da Pirrone come emblema delle influenze esterne sui designatori, delirio! Chi avesse dei dubbi può consultare l’articolo di Graziano Campi, CAMPI MINATI- Il mestiere del giornalista o lo stesso articolo già citato in precedenza sulla sua deposizione, cioè i motivi della lunga sospensione sono prettamente disciplinari: manda a quel paese, pubblicamente, Pairetto, un suo superiore, altra coincidenza, entrambi, Pirrone e Nucini, si rendono protagonisti di fatti disciplinari incresciosi, legati al loro carattere, aggrediscono e sfottono con le parole superiori e colleghi.
Stando alle parole di questi due geni incompresi del mondo arbitrale potremmo a questo punto completare il titolo di molti pennivendoli di qualche settimana fa: “Juve, un torto ed arbitravi in B! Inter, un torto e non arbitravi più!”.
Pirrone è poco più di una meteora del mondo arbitrale, rassegna infatti le dimissioni dopo solo tre anni di militanza nelle massima classe arbitrale. Decide di “lasciare” perché si sente "ghettizzato" dall'ambiente e soprattutto dai designatori Bergamo e Pairetto; ma la "goccia che fa traboccare il vaso", che lo porta a dimettersi, è il mancato sostegno da parte di molti colleghi e soprattutto dei dirigenti dopo l'aggressione subita da Ayroldi che, "senza motivi apparenti", gli sferra un calcio di una violenza tale da mandarlo in infermeria.
Ingiustificabile il comportamento dell’arbitro barese, ma certamente deprecabile anche lo sfottò al quale questo rinomato retore di quella lingua che fu di Dante, Carducci, Leopardi, De Andrè lo sottomette, rimarcando le sue "inflessioni dialettali" esibite durante il discorso di ringraziamento per una premiazione.
Ad essere maligni si potrebbe anche pensare che, volendosi rivolgere ad un tribunale ordinario per ottenere giustizia della violenza subita e non potendolo fare perché il CdS vieta di intraprendere cause civili tra tesserati, le dimissioni siano in realtà obbligate.
Ma noi non siamo maligni. Ci piace seguire i fatti e le logiche che scaturiscono da essi, le illazioni lasciamole ad altri.
Sui sorteggi pilotati
L'essenza della sua deposizione è il dubbio sulla regolarità dei sorteggi.
La sua prima stagione ad alti livelli è caratterizzata dal sorteggio globale, in cui gli arbitri sono divisi in due fasce, A e B, che, onestamente, giudica ingiusto perché tende ad avvantaggiare arbitri inesperti come lui a danno di altri più anziani, un sistema certamente affatto meritocratico.
Lui stesso dichiara che uno degli arbitri più penalizzati fu Collina, peccato che più avanti lo inserirà fra i raccomandati.
Premettiamo che le stagioni di riferimento sono la 1999-00 e la 2000-01, anni in cui vinsero rispettivamente Lazio e Roma e sulle quali la Juventus avrebbe molto da recriminare.
Nel 2000 viene introdotto il sorteggio a fasce con i designatori, Bergamo e Pairetto, che hanno il compito di definire le fasce in base ai meriti ottenuti sul campo ed all’esperienza maturata. Le partite e gli arbitri vengono divisi in tre fasce, lui fa parte della terza fascia, in cui ci sono tre partite e quattro papabili; pur avendo il 75% di probabilità di essere sorteggiato viene escluso il 60% delle volte.
Trascurando le impressioni supponiamo che ciò che racconta sia vero. Purtroppo per lui ciò non dovrebbe bastare per dimostrare una combine contro di lui, se ci fermiamo ai numeri possiamo notare che essendo in debito con la fortuna, l’anno dopo questa gli presenta il conto con gli interessi. Niente di strano che capiti proprio a lui, che sembra la personificazione di uno dei personaggi di uno dei romanzi del ciclo "I Vinti" del suo conterraneo Verga.
L’episodio più eclatante, a suo dire, è la stranezza che avveniva il 60-70% delle volte durante il riversamento nell’urna dei bussolotti, infatti in questa fase capitava che una pallina si aprisse perché difettosa o chiusa male, nel 70% delle volte era quella di un arbitro, la stessa veniva poi richiusa, rimessa nell’urna e mescolata alle altre in maniera “blanda”, in modo che l’incaricato all’estrazione, alternativamente Bergamo o Pairetto, potesse sempre tenere d’occhio il bussolotto "segnato", in modo da poterlo estrarre al momento giusto. Il sorteggio avveniva a Coverciano in presenza di tutti gli arbitri, veniva estratta quasi sempre prima la partita e poi l'arbitro.
Storniamo anche qui le impressioni ed analizziamo i dati. Anche qui supponiamo vere le affermazioni:
1. Il 60-70% delle volte un bussolotto si apre.
2. Nel 70% dei casi si tratta della pallina contenente il nominativo di un arbitro
3. La maggior parte delle volte viene estratta prima la partita poi l’arbitro. Supponiamo il 75%.
Sorteggio truccato direbbe un maligno. Sbagliato! Diciamo noi.
Vediamo i punti a sfavore dell’ipotesi di reato:
1. Matematico. Con un semplice calcolo statistico si evince che dalle percentuali fornite dal Pirrone, trascurando il margine di errore umano, comunque alto, nell’individuazione della pallina giusta, la probabilità di successo che l’accoppiata arbitro-partita sia quella prevista è circa del 35%, obiettivamente non sembra un metodo propriamente scientifico.
2. Storico. Dalla deposizione di Dario Galati, l'unico teste degno di nota e lucido ascoltato finora, si evince che i biglietti con i nomi degli arbitri e delle partite venivano immessi nei bussolotti da lui stesso e dalla Fazi, a questa operazione non partecipano i designatori, pertanto: o si ammette che anche Galati e Fazi sono coinvolti in questa tresca, e non mi pare che sia emerso, o non si capisce come potessero Bergamo o Pairetto sapere quale era il bigliettino che si apriva, visto che era regolarmente piegato ed illeggibile.
Più probabile riteniamo questo scenario. I bussolotti sono notoriamente difettosi, basta un piccolo urto perché si aprano, nella fase di riversamento tale circostanza è molto probabile, infatti capita spesso che una pallina si apra, viene quindi effettuata una nuova rimescolata, effettuata delicatamente proprio per evitare che l’incidente riaccada; possiamo anche ipotizzare che egli stesso guardi con attenzione nell’urna proprio per assicurarsi che questo non avvenga.
Sulle sensazioni.
Veniamo alle considerazioni sulle impressioni, che secondo gli inquisitori sono fondamentali per la condanna degli imputati.
I sorteggi erano pilotati per favorire “i figli di…” o “gli amici di…”. Non vengono fatti nomi da Pirrone, dato che, in perfetta linea con i teste finora ascoltati, racconta di “sicure” sensazioni ma quando gli si chiedono specificazioni, fatti, circostanze, nomi, dice di non ricordare o che non è in grado di farlo.
Descriviamo ora una breve panoramica dello scenario descritto dall'arbitro messinese: ai sorteggi erano presenti tutti gli arbitri, circa 60 persone, che avrebbero omertosamente accettato la tresca, sostiene inoltre che i rapporti di valutazione delle sue prestazioni redatti dagli osservatori arbitrali, agli atti del processo, siano stati opportunamente manomessi. Allora se è vero questo, si deve ammettere che tutto l’ambiente è marcio, quello stesso ambiente che ha condannato la Juventus e la sua dirigenza a pene pesantissime nel 2006.