Il processo illecito
Il processo illecito - Parte prima sulla Juventus (1)
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- By Kefeo
Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Capitolo “La struttura associativa”
Si sta facendo un elenco delle presunte pregresse “malefatte” di Moggi. A pagina 7, nel completare l’elenco:
“[…] ed infine la vicenda giudiziaria legata allo scandalo dei Rolex destinati agli arbitri”. Curioso, ma c’è scritto proprio questo. Un dirigente della Roma regala orologi di gran valore agli arbitri e questo viene messo nell’elenco delle presunte malefatte non punite di Moggi. Ecco il seguito della fumettistica spiegazione: “La vicenda – pubblicizzata con uno scoop giornalistico evidentemente attivato nell’interesse delle società Juventus e Milan come sostenuto dal giornalista TEOTINO Gianfranco nelle dichiarazioni rese al PM in data17.04.2000 – non ebbe altro effetto che consolidare il sistema di potere gestito da Moggi e dai due designatori Bergamo e Pairetto ridicolizzando il goffo tentativo di Sensi di proporsi in chiave simpatia con la struttura arbitrale”.
In altre parole Sensi commette un illecito sportivo tentando di comprare degli arbitri, e i redattori lo definiscono ”effetto simpatia”. Per di più il dirigente non viene nemmeno sottoposto ad inchiesta, e tutto ciò diventa una prova del potere di Moggi.
In altre parole, sarebbe come dire che se una persona, ad esempio, si trovasse in banca per tentare una rapina, ed una seconda persona ne divulgasse la notizia, risulterebbe invece coinvolta una terza persona (una qualsiasi tra tutte quelle che non sono andate in banca per fare la rapina) che ne trarrebbe vantaggio dal risalto dato all’atto di disonestà perpetrato dalla prima persona.
Niente di eclatante rispetto a quello che si vedrà in seguito, è curioso però notare che già a pagina 7 di tutto l’incartamento mediatico si trovano le tracce del senso di equilibrio ed imparzialità con il quale è stata condotta l’intera indagine.
CARRARO E BERGAMO
Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Pagina 126
Viene qui illustrata un’intercettazione telefonica tra Franco Carraro, presidente federale, e Paolo Bergamo, uno dei due designatori arbitrali.
La data è 26 novembre 2004, e di lì a poco ci sarebbero state delle importanti elezioni in seno alla FIGC. Carraro ovviamente ha a cuore che non si abbiamo rumori, scenate, richieste da parte di certa stampa di far cadere delle teste (evidentemente teme per la sua).
Il 28 si gioca Inter - Juventus. I rumori mediatici che possono scuotere l’ambiente e che Carraro teme sono, ovviamente, quelli di una partita decisa magari da un errore arbitrale a favore della Juventus.
Nota: tutta la premessa di cui sopra sulla la situazione dei “rumori mediatici” le elezioni a venire, le cautele di Carraro, ecc., viene illustrata nel documento commentato dai CC preposti all’analisi delle intercettazioni.
Rivolgendosi a Bergamo, alludendo all’arbitro e tenendo conto che le elezioni di cui sopra sono di poco successive a quella partita, Carraro dice quanto segue: “...che faccia la partita onesta per carità, ma che non faccia “errori” a favore della Juventus per carità”.
Apparentemente una frase tutto sommato normale, ma nell’interpretazione che i CC daranno di questa frase compare una delle tante perle di tutta questa vicenda: le due virgolette che delimitano la parola errori.
Sono parte integrante e fondamentale delle conclusioni dei CC.
A noi sembra impossibile, in una conversazione telefonica in cui si fa solo uso della voce, pensare di leggere delle virgolette.
A voler pensare male, sembrerebbe pura manipolazione su un dato di fatto, la sintesi più bieca e subdola del significato di pregiudizio, non soddisfacenti le interpretazioni vengono addirittura manipolate le stesse conversazioni.
Quel virgolettato artificiosamente ed indebitamente aggiunto permette dunque ai CC di giungere a questa conclusione, nero su bianco: “...il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto è risaputo anche al presidente federale”.
Ma c’è un piccolo problema: Carraro non ha detto “errori” con le virgolette.
CARRARO E L’INTERPRETAZIONE DEI CC
Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Pagina 150.
Questa volta la partita in questione è Roma-Juventus terminata 1-2 il 5 marzo 2005.
La Juventus vince la partita, ma come spesso succede quando la Juventus vince all’Olimpico le polemiche del dopo-partita sono ormai d’obbligo anche nelle trasmissioni televisive. In questa occasione c'è un rigore per la Juventus DUBBIO a velocità normale (era al limite dell’area) MA GIUDICATO POI REGOLARE in moviola.
In questo contesto si inserisce la telefonata di Carraro a Bergamo nella quale il primo ricorda all’interlocutore che era stato molto chiaro: “...se c’è un dubbio per carità che che che che il dubbio non sia a co... a favore della Juventus...”
E poi prosegue: “...dopo di che... che succede... gli dà quel rigore lì?” Il commento dei CC su queste frasi è naturalmente privo di dubbi:
“...anche dalla conversazione che segue emerge, altresì, che il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto, fatto questo ancora più grave è risaputo anche dal presidente federale CARRARO ... ciò a riprova della solidità del meccanismo creato da MOGGI.” Ci permettiamo di far notare che piuttosto, in questo caso, l’affermazione di Carraro è molto grave ma ai danni della Juventus, poiché mentre nel primo caso (quello di cui sopra, relativo a Juventus-Inter) il suggerimento era vago e generico, in questo caso si sostiene che un rigore valido non doveva essere dato in quanto dubbio e poiché questo avrebbe suscitato polemiche: ovvero un rigore a favore della Juventus, anche se regolare, non deve essere dato se dubbio perché ciò avrebbe innescato delle polemiche da parte della stampa e ciò avrebbe probabilmente danneggiato la poltrona di Carraro.
Tanto è vero quanto detto sopra che di lì a poco Carraro aggiunge:
“...allora quando un arbitro dà un rigore al limite dell’area vuol dire che gli scappa che la Juventus voglia... debba vincere la partita...” rimanifestando la sua paura di cui sopra.
Bergamo tra l’altro dice:
“...io non ho sbagliato ieri presidente perché RACALBUTO era preparato e ha sbagliato PISACRETA. Il rigore era un metro dentro...” e Carraro NON nega questa circostanza.
Tirando le somme, quindi, una telefonata in cui il presidente della FIGC dice che nel dubbio bisogna sfavorire la Juventus viene invece interpretata dai CC come prova del potere di Moggi.
L’interpretazione di questa telefonata è emblematica di tutta la faccenda: è da evidenziare che sono proprio questo tipo di intercettazioni quelle che, secondo i CC deputati ad eseguire gli “sbobinamenti”, determinano l’esistenza della “cupola”; intercettazioni e interpretazioni che verranno poi riportate tali e quali nelle tesi accusatorie del procuratore federale Stefano Palazzi.
Non esistono infatti altre telefonate più esplicite e/o con prove accusatorie incontestabili, il che magari giustificherebbe anche la pratica di fornire un’interpretazione personale e non fondata delle telefonate “interpretabili”, simili a quella appena illustrata.
No, tutte le intercettazioni esaminate (e interpretate) sono dello stesso tipo, di cui abbiamo appena letto un esempio brillante.
LE AMMONIZIONI MIRATE
Vediamo ora da dove nasce il discorso delle "ammonizioni mirate", accusa che in larga parte ha contribuito a gettare fumo e ombre sulla figura della dirigenza juventina.
A pagina 128 del "Libro nero del calcio", vol. 1, leggiamo:
“La conversazione dello scorso 5 dicembre fornisce elementi concreti sull’accordo preesistente all’interno della compagine a cui capo v’è Moggi per il raggiungimento ognuno dei propri interessi. Infatti dalla conversazione è possibile rilevare una condotta concreta che evidenzia un preventivo accordo criminoso a monte consistente nella reciproca e predeterminata disponibilità a cooperare al fine di procurare un vantaggio che comporta necessariamente un danno altrui... La conversazione si svolge tra il giornalista Tony Damascelli e Moggi.”
Ecco la telefonata:
D: Oh comunque De Santis ha fatto il delitto perfetto, eh?
M: Che ha fatto?
D: c’abbiamo i tre gio… i tre difensori del Bologna fuori squalificati tutti e tre
M: ma perché chi c’avevano loro diffidato?
D: Tutti e tre, ehm, come si chiama: Nastase, Petruzzi e Gamberini
M: UHHM
D: non male no?
M: Eh, aho meno male che te devo dì
D: no, no, meglio
Poi cambiano argomento e parlano di temi tecnici calcistici.
A noi sembra proprio che da una conversazione insignificante e nella quale Luciano Moggi casca palesemente dalle nuvole quando si accenna ai fatti di una partita cui non ha assistito, si tirano conclusioni tendenziose, ma definitive e certe, successivamente utilizzate senza dubbi nei processi sportivi.
Il processo illecito
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- By Kefeo
IL PROCESSO ILLECITO
Tutte le verità nascoste dell'estate del Calcio: intercettazioni abusive, sabbie, fumi, abusi di potere e procure creative.
Autori: Kefeo e Arthur Dent
LUTHER BLISSETT Prima Edizione - Luglio 2007
PREMESSA
Il documento che state leggendo è stato concepito in maniera tale da venire incontro alle esigenze di tutti coloro che si avvicinano all’argomento trattato a seconda del loro grado di conoscenza della materia, proprio come fosse un corso di lingua organizzato in diversi livelli di difficoltà. Non pensiate che tale approccio derivi da una qualsiasi sorta di presunzione culturale, bensì molto più semplicemente da una pura constatazione della realtà dell’informazione massmediatica italiana degli ultimi periodo.
O meglio, della disinformazione che sta alla base di tutta la questione qui esposta.
Ecco che allora nella stesura del documento si è pensato di doverci rivolgere sia a coloro già introdotti agli argomenti e alle vicende del tema trattato, sia a coloro che vi si avvicinano senza alcun bagaglio informativo pregresso e che troverebbero quindi insostenibile la lettura, ad esempio, delle sentenze di primo e secondo grado della cosiddetta “giustizia sportiva”, se prima non fossero adeguatamente preparati, informati e portati a conoscenza delle basi su cui poggia tutto il teatrino dell’assurdo passato alla storia sotto il nome di “calciopoli” (o, sotto la forma di ancora più raffinata nonsense, con il nome di “moggiopoli”).
Da qui l’esigenza di produrre questa Prima Edizione, di un successivo più ampio documento, in cui verrà descritto in modo discorsivo e fluido il senso di quello che è stato il processo alla Juventus e di gran parte di questa vicenda, il tutto supportato con citazioni e richiami alla documentazione ufficiale agli atti. Questa prima parte si conclude quindi con articoli e interviste di autorevoli personaggi chem hanno espresso il loro parere, fuori dal coro, sull’argomento. Per il lettore “alle prime armi” questa parte può essere di per sé già sufficientemente esaustiva e per questo motivo si è deciso di pubblicare questa come edizione a sé stante, in modo tale da sfruttarne la doppia natura.
La successiva edizione di questo documento, che si disegna come un approfondimento delle documentazioni ufficiali, potrebbe essere definita come il livello avanzato del “corso”: lì si analizzeranno nel dettaglio le documentazioni ufficiali e più precisamente le sentenze di primo e secondo grado, il ricorso al Tar e l’audizione di Borrelli davanti al Senato.
Infine, nel concludere la presentazione di questo lavoro, vorremmo mettere in risalto un ulteriore aspetto: pur avendo tentato di portare alla luce il più possibile, ci rendiamo conto che oltre a quelli presentati, vi sono altri aspetti della vicenda ancora ben poco chiari, e che non sono, per diverse ragioni, ancora stati affrontati.
Ne vogliamo qui citare alcuni, per chiarire il contesto e darvi spunti di riflessione:
• le dichiarazioni di Paolo Bergamo (“tutti i dirigenti mi telefonavano ogni settimana, l’Inter con Facchetti più di tutti”)
• la sparizione delle telefonate di alcuni dirigenti che all’inzio di calciopoli appaiono, poi scompaiono o vengono “dimenticate” (Facchetti e Galliani)
• le citazioni sui presunti favori di Galliani in parlamento a Paparesta (anche questi “dimenticati” dal procuratore federale Palazzi)
• le dichiarazioni di De Santis (“molti mi chiamavano, mai sentito Moggi”)
• le conclusioni della Procura di Torino che sostengono che dalle intercettazioni si evince esattamente il contrario di quanto affermato dalle accuse circa l’esistenza della “cupola” (conclusioni confermate dalle sentenze “calciopoli”) e chissà quante altre incongruenze che potremmo qua esserci dimenticati.
Tutte circostanze che, a dir poco, sarebbe stato opportuno verificare ed approfondire se solo si fosse voluto fare. Non tanto per istruire un “processo serio”, ma quantomeno per istruire un “processo” e non piuttosto una “Santa Inquisizione”.
Infine vorremmo concludere questa presentazione, con la classica forma dei ringraziamenti, che vanno a tutti coloro che nel forum hanno sostenuto, anche solo in modo morale, il topic dal quale trae spunto questo lavoro.
INTRODUZIONE
Non vorremmo tediarvi fin dall’introduzione con ipotesi, commenti, pareri. Intendiamo piuttosto presentarvi i fatti così come ci sono stati forniti dagli organi di informazione. Inoltre osservarli con un occhio attento, critico e diffidente, ed evidenziare tutto ciò che non torna, che è incongruente, che ci hanno dato per scontato, o per vero, e invece non lo è affatto. Vi proponiamo fin d’ora un riassunto della nostra analisi, e se avrete la voglia di leggere il seguito, vi troverete tutte le conferme alle asserzioni qua sotto riportate:
1. Nelle accuse alla Juventus formulate dal Procuratore Federale Stefano Palazzi, sinteticamente, i fatti contestati si riferiscono alle seguenti partite 2004/2005:
1a: Juventus – Lazio Art. 6 CGS (illecito sportivo)
1b: Bologna – Juventus Art. 6 CGS (illecito sportivo)
1c: Juventus – Udinese Art. 1 CGS (comportamento scorretto)
1d: Classifica alterata
2. La Sentenza di Primo Grado (Pres. Cesare Ruperto) in merito a quei punti sentenzia che:
1a: non vi sono estremi di illecito, contempla solo Art. 1 CGS
1b: non vi sono estremi di illecito, contempla solo Art. 1 CGS
1c: è in effetti Art. 1 CGS
Ma sentenzia anche che la somma di Artt. 1 CGS di cui sopra ai punti 1a, 1b, 1c è stata funzionale al conseguimento dell’Art. 6 CGS di cui sopra al punto 1d.
3. La difesa della Juventus, tra le altre cose, obbietta che una sommatoria di più Artt. 1 (comportamento sportivo sleale e non probo) non può portare ad una incolpazione per Art. 6 (illecito sportivo), portando ad esempio la metafora che tante diffamazioni non comportano una condanna per omicidio: obiezione ineccepibile.
4. La Sentenza della Corte d’Appello (Pres. Piero Sandulli) conferma in toto la sentenza Ruperto, ma poichè il punto 3. (Obiezione della difesa della Juventus) è a tutti gli effetti da considerarsi ineccepibile, si sente di dover precisare che la inammissibile somma algebrica di Artt.1 è da considerarsi piuttosto come "ineliminabili tasselli funzionali alla realizzazione dell'art.6" (il “totale” di cui gli artt. 1 sarebbero gli “addendi”).
In tutto questo sostenere che la classifica è effettivamente stata alterata è assurdo se preso come fatto avvenuto, poichè se avvenuto sarebbe opportuno e necessario specificare in quale partita ciò si sarebbe verificato.
Invece, ed è questo l'aspetto strabiliante di tutta la vicenda, tutto il procedimento giuridico (dal dossier d’indagine dei CC alle sentenze delle corti federali) si è svolto eliminando di volta in volta le sospette partite illecite per manifesta infondatezza.
Tutte e 38 le partite indagate sono state esaminate e in tutte e 38 non si è riscontrata alcuna anomalia; le ultime a cadere sono quelle scagionate dalla Corte d’Appello, ovvero Juventus-Lazio e Bologna Juventus.
Da qui il grottesco concetto di "classifica che si altera senza alterare alcuna gara".
Le sentenze “Calciopoli” sanciscono che non ci sono partite alterate. Che il campionato sotto inchiesta, 2004-2005, è da considerarsi regolare. Ma che la dirigenza juventina ha conseguito effettivi vantaggi di classifica per la Juventus FC anche senza alterazione delle singole partite.
In pratica, la Juventus e’ stata condannata per omicidio, senza che nessuno sia morto, senza prove, né complici, né arma del delitto.
Solo per la presenza di un ipotetico movente.
PROCESSI FUORILEGGE
Riportando per intero un brano del libro di Emilio Cambiaghi, vorremmo spiegare il perché del titolo del presente testo, con riferimento all’illegalità presente in molti degli atti processuali durante il primo e il secondo grado di giudizio.
I processi di Calciopoli si sono svolti con eccessiva fretta e con una superficialità intollerabile per un qualsiasi tribunale che si possa definire imparziale. Pur considerando la maggior rapidità dei procedimenti giudiziari sportivi rispetto a quelli ordinari, non è in ogni caso concepibile lo stravolgimento dell’iter processuale e la negazione dei più semplici diritti di cui dovrebbe godere la difesa. Esaminiamo uno per uno gli elementi che hanno inficiato il regolare svolgimento dei processi:
INUTILIZZABILITÀ DELLE INTERCETTAZIONI
L’art.270 del Codice di Procedura Penale prevede che «i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza». Le intercettazioni non possono costituire mezzo unico di prova al di fuori del procedimento per il quale sono state disposte (in questo caso quello penale). Il processo di Calciopoli si è basato esclusivamente sulle intercettazioni.
ABOLIZIONE DI UN GRADO DI GIUDIZIO
L’art.37 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva impone tre gradi di giudizio: «II giudizio per illecito sportivo e per violazioni in materia gestionale ed economica è di competenza delle Commissioni disciplinari in prima istanza e della C.A.F. in seconda ed ultima istanza. Nel caso di più incolpati, appartenenti a Comitati diversi, la competenza territoriale è determinata dal luogo ove è stato commesso l'illecito».
Rispettando i dettami del codice, l’iter di giudizio sarebbe dovuto iniziare con la Disciplinare ma Guido Rossi ha arbitrariamente deciso di eliminare questo passaggio. Il comma appena citato prevede anche che la competenza territoriale spetta al luogo dove è stato commesso illecito. Il processo si è tenuto allo stadio Olimpico di Roma ma, visto che le incolpazioni più pesanti erano addebitate alla Juventus, avrebbe dovuto svolgersi a Torino.
LA REQUISITORIA PRIMA DELLE DIFESE
L’art.37 comma 6 CGS prevede che «il dibattimento si svolge in contraddittorio tra la Procura federale e le parti, che possono stare in giudizio con il ministero e l’assistenza di un difensore. Al termine del dibattimento il rappresentante della Procura federale formula le proprie richieste. La difesa ed i soggetti deferiti hanno il diritto di intervenire per ultimi». Il procuratore Palazzi ha pronunciato la sua requisitoria prima ancora dell’inizio del dibattimento, violando palesemente l’articolo citato.
POCO TEMPO PER LA DIFESA
Il processo della Caf è durato cinque giorni, quello della Corte Federale soltanto quattro. Un po’ pochi se si considera che i deferiti erano 30, tra società e persone fisiche. Tra discussione di eccezioni, formalità burocratiche e presentazioni, alle difese non restava che circa mezz’ora ciascuno per produrre le proprie memorie. In considerazione della mole di intercettazioni, delle persone coinvolte e dei numerosi capi di incolpazione, il tempo processuale avrebbe dovuto raddoppiarsi anziché ridursi. I dibattimenti, se così possono essere chiamati, si sono ridotti ad una ridicola ed infinita processione di avvocati. Va inoltre considerato lo scarsissimo lasso di tempo concesso agli avvocati difensori per esaminare le migliaia di pagine di tabulati telefonici. L’accusa ha potuto visionarle e studiarle a lungo, la difesa ha dovuto farlo in poco più di una settimana.
NIENTE TESTIMONI, NIENTE PROVE A DISCARICO
Incredibilmente agli accusati non è stato riconosciuto il diritto di produrre testimoni in aula. Una negazione irrispettosa nei confronti di chi deve difendersi perché toglie a costui ogni possibilità di dimostrare la propria innocenza. Per esempio, la Juventus avrebbe potuto chiamare Bergamo, il quale ha più volte dichiarato di aver parlato al telefono di griglie ed arbitri con moltissimi dirigenti delle squadre di serie A. Una testimonianza del genere sarebbe risultata decisiva per smontare gran parte delle accuse. Lo stesso dicasi per la produzione di testi o intercettazioni. Sono state effettuate più di 100.000 intercettazioni ma ne sono state utilizzate, contro la Juventus, meno di 200. Ci sarebbe da chiedersi cosa ci fosse nelle restanti 99.800. Molto probabile che in alcune di quelle risiedano importanti prove a discolpa. Tuttavia la riproduzione di questo materiale istruttorio non è stata concessa.
NO ALLE PROVE FILMATE
Una negazione dei diritti fondamentali degli accusati si trasforma in completa ingiustizia nel caso delle prove filmate. I legali difensivi hanno chiesto di poter visionare in sede di dibattimento i nastri di alcune partite, i quali sarebbero stati fondamentali per chiarire alcuni punti controversi. Il permesso è stato negato ma, stranamente, è stato accordato alle squadre facenti parte del cosiddetto “secondo filone” di Calciopoli, come Arezzo e Reggina. Un filmato della partita Arezzo- Salernitana è stato ammesso in dibattimento ed è risultato fondamentale per alleggerire la posizione del club toscano. Perché questa diversità di trattamento?
UN REATO CHE NON C’È
In sede di indagini Borrelli ha più volte usato la locuzione “illecito ambientale” e “illecito strutturato”. Un reato che non è contemplato dal Codice di Giustizia Sportiva. Eppure, nonostante questo l’idea è stata accettata dai giudici, che l’hanno fantasiosamente giustificata con la teoria della sommatoria: più violazioni dell’art.1 fanno un art.6. Ma da quando sei palle da golf fanno un pallone da rugby? Da quando sei furti fanno un omicidio?
Le sentenze di Calciopoli sono una chiara violazione del principio della corretta commisurazione della sanzione e del principio del divieto di punire con più sanzioni lo stesso fatto. Per la Juventus, ad esempio, sono state comminate addirittura sei sanzioni dirette (revoca scudetto 2004/05, non assegnazione 2005/06, retrocessione, punti di penalità, ammenda pecuniaria, squalifica del campo) che ne hanno generate tre indirette (esclusione dalla Champions League per almeno due anni, svendita dei campioni in organico, rinegoziazione dei contratti televisivi e di sponsorizzazione). È opportuno ricordare come la revoca di uno scudetto è la pena più pesante prevista dal Codice di Giustizia sportivo e tale pena è stata applicata due volte per lo stesso (presunto) reato. Di fronte alla revoca di ben due titoli e ad una retrocessione con penalizzazione ci si domanda cosa abbia fatto una squadra per meritarsele. Ha comprato dieci partite, minacciato i calciatori avversari, ha falsificato i bilanci, regalato orologi d’oro agli arbitri e lasciato il terreno di gioco per via di un riflettore spento? Forse tutte queste cose insieme non basterebbero per giustificare le sanzioni oltremodo severe applicate alla Juventus, a carico della quale non c’è nemmeno lo straccio di una prova. All’uscita delle sentenze l’italietta antijuventina si è subito lanciata nei più disparati commenti: «alla Juventus è andata fin troppo bene», «il Genoa per molto bene è finito in serie C». Dichiarazioni senza nessun fondamento logico, dettate solo dall’astio e dal risentimento. Nel caso dei Grifoni va fatta una precisazione: il Genoa fu colto con le mani nel sacco, ovvero con una valigetta contenente 250.000 euro per accomodare una partita. Un illecito chiaro, con tanto di beneficio economico. Per questo i rossoblu sono stati retrocessi di una categoria (e non di due) con tre punti di penalità. Una pena sicuramente dura, ma ridicola in confronto a quella applicata alla Juventus. Lo stesso dicasi per Milan, Fiorentina e Lazio. Adottando il metro di giudizio della Corte Federale, se la Juventus non avesse avuto due scudetti da farsi togliere, dove sarebbe finita? In Interregionale? Una sentenza non solo sproporzionata ma letteralmente al di là di ogni sano ragionamento. Della stessa idea è Andrea Manzella, docente di diritto costituzionale alla Luiss di Roma: «Dalle cose che ho letto, mi sembra che la pena data alla Juventus sia abnorme e sproporzionata, perché le condotte contestate e le prove raccolte, a mio avviso, possono provare la violazione dell'articolo uno del codice di giustizia sportiva, quello sulla lealtà, non quello dell'articolo sei, l'illecito». Tuttavia, secondo la Corte Federale, una sommatoria di azioni sleali costituiscono un illecito. Teoria che Manzella non condivide: «Concetto discutibile. Quando mai la quantità si fa qualità? Ho letto di un ambiente inquinato, ma l'illecito sportivo va provato. Certo, ci sono le intercettazioni, ma dove sono tutti gli arbitri condannati?
Ci vuole il “truccaggio”, la manomissione delle partite e bisogna dimostrarlo. Per questo giudico la pena molto pesante. Mi viene in mente, quando ho cercato di spiegare Calciopoli a un cronista dell'Observer, che mi chiedeva: No money, no girl. Niente soldi, niente ragazze. Dov'è la corruzione? mi chiedeva. Allora gli ho parlato del costume italiano, delle raccomandazioni» . La sproporzione si fa ancora più evidente se si considera che la Fiorentina, punita per un illecito diretto, è rimasta in serie A. Incredibili le parole del giudice Mario Serio, membro della Corte Federale, rilasciate a Repubblica il 27 luglio 2006: «alla Fiorentina un illecito sportivo è rimasto. È comprovato l’illecito del gruppo dirigente viola in Lecce-Parma. Per quelle intercettazioni c´erano elementi solidi, argomentati. Abbiamo rivisto gli ultimi 15´ della partita in camera di consiglio e Zeman con le spalle al campo era un’immagine che parlava da sola. […] La serie A con 19 punti ci è sembrata una punizione sufficientemente pesante». Quindi per un illecito diretto pare sufficiente la sola penalizzazione, invece per un reato che non esiste si revocano due scudetti e si manda una squadra in B? Rimane poi da chiedersi che fine abbia fatto, in sede di deferimento, la teoria di Borrelli secondo la quale il Milan era solo un gradino sotto alla Juventus in quanto a gravità di reati.
IL RUOLO DEI MEDIA
La pubblicazione preventiva delle intercettazioni, quella strana fuga di notizie centellinata con il procedere dei giorni, è la chiave di volta di tutta questa storia; la sua funzione è stata, per chiarine il ruolo, quella di creare l'opinione pubblica forcaiola che poi sarebbe stata accontentata (come asserito in interviste successive ai processi da componenti della corte ed affermato nelle stesse sentenze ***).
Il meccanismo è molto semplice: prima si crea l'opinione pubblica, dopodiché la si accontenta, e poco importa se nelle intercettazioni, di tutte le menzogne raccontate per creare l'opinione pubblica, non ci fosse proprio nulla (sono difatti le stesse sentenze a smentirei titoloni urlati dalla stampa e dalle televisioni).
Senza la pubblicazione delle intercettazioni e senza la campagna al massacro come si sarebbe potuta mandare la Juventus in B per i seguenti motivi?
- inesistenza di <sistema> e <cupola> (pag. 74, Sentenza di Primo Grado)
- alterazione della classifica senza alterazione di alcuna gara (pag. 76)
- sorteggi regolari (pag. 83)
- inesistenza delle ammonizioni mirate (pag. 103)
- telefonata in cui si parla di griglie: semplice art. 1 (pagg. 104 - 105)
Senza il precedente lavaggio del cervello ottenuto grazie alle intercettazioni (e attenzione: non grazie al loro contenuto ma grazie alle interpretazioni fornite a tempi di record dai CC preposti all’indagine e accettate dai giornalisti per il potere mediatico che di cui avrebbero potuto giovarsi), come avrebbe potuto l'opinione pubblica accettare un verdetto talmente sconclusionato?
*** pagina 79, Sentenza di Primo Grado (Pres. Ruperto): “Nella valutazione del materiale probatorio la Commissione (la Caf, ndr) si limiterà ad indicare quegli elementi di sicura valenza, che non si prestano ad interpretazioni equivoche, perché già solo dall’analisi di taluni fatti incontrovertibili emerge a chiare lettere ciò che era nella OPINIONE di tutti coloro che gravitavano nel mondo del calcio, e cioè il condizionamento del settore arbitrale da parte della dirigenza della Juventus”.
FONTI E RIFERIMENTI:
a) Le intercettazioni: “Il libro nero del calcio”, volumi 1 e 2 pubblicato da l’Espresso nel mese di Maggio 2006. Si tratta del documento ufficiale delle trascrizioni effettuate dai Carabinieri (CC) con i loro commenti utilizzati nei processi e citati nelle sentenze.
b) I capi d’accusa formulati dal procuratore Palazzi: Tuttosport, inserti dal 25 al 28 giugno.
c) Sentenza di primo grado. Corte Federale d’Appello presieduta da Cesare Ruperto.
d) Sentenza della Corte Federale d’Appello presieduta dall’ avv. Piero Sandulli.
Queste ultime possono essere scaricate gratuitamente dal sito ufficiale della FIGC (www.figc.it) oppure dal sito stores.lulu.com/LutherBlissett.
PERSONE E RIFERIMENTI.
In questo paragrafo abbiamo elencato i protagonisti della vicenda, come riferimento immediato e ausilio nella lettura delle sentenze, disposizioni, intercettazioni e interpretazioni nei capitoli seguenti.
Guido Rossi: Commissario Straordinario FIGC, ex Dirigente Inter FC, Avv. Telecom
Francesco Saverio Borrelli: Capo Ufficio Indagini FIGC.
Stefano Palazzi: Procuratore Federale FIGC.
Cesare Ruperto: Presidente della Corte Federale di Primo Grado.
Piero Sandulli: Presidente della Corte Federale d’Appello, Avv. SS Lazio
CC: Gli investigatori, i carabinieri (CC) Giovanni Arcangioli e Aurelio Auricchio che si sono occupati di trascrivere e fornire una interpretazione di 40 intercettazioni, quelle utilizzate nei processi, su 90.000 esistenti.
Franco Carraro: Presidente FIGC.
Innocenzo Mazzini: Vice Presidente FIGC.
Paolo Bergamo: Designatore Arbitrale 2002-2005
Gigi Pairetto: Designatore Arbitrale 2002-2005
Luciano Moggi: Direttore Sportivo Juventus FC
Antonio Giraudo: Amministratore Delegato Juventus FC
Claudio Lotito: Presidente SS Lazio
Diego Della Valle: Presidente Onorario Fiorentina AC
Adriano Galliani: Amministratore Delegato Milan AC
Giacinto Facchetti: Presidente Inter FC
Massimo Moratti: Presidente Onorario Inter FC, Dirigente Telecom
Carlo Buora: Vice Presidente Inter FC, Amministratore Delegato Telecom
Franco Sensi: Presidente AS Roma