Il processo illecito
Il processo illecito - Parte prima sulla Juventus (3)
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- By Kefeo
Il libro nero del calcio, vol. 1
pagina 167
“Il caso Paparesta”
La vicenda è nota: dopo la partita Reggina-Juventus 2-1, in cui la squadra bianconera è stata pesantemente sfavorita dall’arbitro Paparesta (cosa ammessa incredibilmente anche dai tiggì di regime), Moggi si reca nello spogliatoio per sfogarsi con l’arbitro e alla fine dello sfogo se ne va chiudendo l’arbitro nello spogliatoio lasciando la chiave inserita (questo almeno è ciò che risulta da una telefonata, ma non da tutte: in un’altra Moggi lascia intendere che “avrebbe voluto” chiuderlo dentro).
Commento dei CC: “…questo episodio denota […] ancora maggiormente la notevole capacità dello stesso di ricorrere disinvoltamente alle più caratteristiche condotte dell’intimidazione di tipo delinquenziale”.
A parte il fatto che l’episodio è stato iper-amplificato a differenza di un episodio analogo che, invece, guarda caso non ha avuto la stessa rilevanza: alla fine della partita Inter-Juventus 1-2 del 12 febbraio 2006, partita vinta dalla squadra torinese meritatamente ad opinione generale dei media, il giocatore Stankovic, in diretta TV chiudeva negli spogliatoi arbitri, guardalinee, giornalisti, giocatori e dirigenti vari, i quali per alcuni minuti rimanevano intrappolati in quelle stanze. Ci volle l’intervento del compagno di squadra Materazzi per riportare alla ragione il giocatore nerazzurro. Due episodi: in un caso il protagonista è stato accusato di sequestro di persona, nell’altro non si è neanche ritenuto di aprire un’inchiesta.
Quello che è invece interessante verificare è che fine farà l’arbitro, ovvero, se è vero che la minaccia di Moggi nei confronti dell’arbitro si concretizza. Stando all’assunto dei CC, ciò dovrebbe essere automatico perché questo episodio denota “…ancora maggiormente la notevole capacità dello stesso di ricorrere disinvoltamente alle più caratteristiche condotte dell’intimidazione di tipo delinquenziale”.
Nella realtà, invece, l’arbitro pur con i palesi errori commessi non verrà neanche squalificato (come avviene spesso per qualsiasi arbitro che abbia commesso gravi errori durante un arbitraggio), ma verrà semplicemente relegato ad un arbitraggio in serie B per due giornate.
Alla faccia del polso e dello strapotere di Moggi, vorremmo dire. Ma questi sono probabilmente particolari insignificanti che i solerti CC non ritengono neanche di dover verificare: quello che avviene nella realtà non ha nessuna valenza ai fini processuali, conta solo quello che viene detto per telefono.
Vorremmo inoltre ricordare che i commenti alle intercettazioni da parte dei CC verranno presi alla lettera nelle accuse federali e riportati nelle sentenze.
L’INTERROGATORIO DI PAPARESTA
Interrogatorio di Paparesta da parte del capo dell'ufficio indagini FIGC Borrelli:
A pag. 2 della prima parte:
"Paparesta: Sulla scia di queste proteste dopo aver raggiunto con difficoltà il tunnel che portava agli spogliatoi, raggiungevo il mio spogliatoio e nelle vicinanze dello stesso trovavo i dirigenti della Juventus, Moggi e Giraudo, molto agitati così come agitati eravamo tutti. Io ero con gli assistenti e, subito dopo, sopraggiungeva anche l'osservatore arbitrale. I due dirigenti della Juventus, paonazzi, si lamentarono dentro lo spogliatoio. A quel punto io dissi di mantenere la calma e in quel momento era presente anche l'osservatore arbitrale, dicendo ai dirigenti juventini che se fosse risultato un nostro errore sicuramente ne avremmo subito le conseguenze".
Si continua a pag. 3:
"Moggi si rivolse al guardialinee Copelli, dicendogli che era vergognoso non dare un rigore del genere; poi passò a Di Mauro e, puntandogli il dito, gli ricordò che tre anni prima a Bergamo aveva commesso degli errori a danno della Juventus".
Ancora a pag. 3:
"Giraudo mi disse, dandomi del lei a differenza di Moggi che, nel suo stato di particolare agitazione, dava il tu a tutti, che lei con noi è sempre sfortunato. A quel punto ho invitato i due ad uscire. Ingargiola ( l'osservatore arbitrale, sarà deferito per non aver denunciato il "fatto"...n.d.r.) vedeva tutto. Di lì ad un quarto d'ora, rientravano negli spogliatoi Moggi e Giraudo, questa volta in compagnia del presidente della Reggina, Sig. Foti. Giraudo mi disse che tutti i moviolisti d'Italia gli stavano dicendo che tutti gli episodi erano stati valutati erroneamente a danno della alla Juventus. Foti, però, intervenne e disse che, per onore del vero, doveva dire che il goal annullato all'ultimo era risultato in fuorigioco. Moggi si innervosì anche con Foti e, a quel punto, io invitai tutti a uscire nuovamente dagli spogliatoi".
Infine, ancora a pag. 3:
"Paparesta: Sono stato negli spogliatoi dopo la partita un'ora circa. Non ho avuto alcuna percezione di essere stato chiuso. Ho appreso questo fatto dai giornali".
Ma quest’ultimo passaggio, lo hanno notato davvero tutti?
Non ci sembra sia stato evidenziato più di tanto dall’informazione, stampata e televisiva. Né tantomeno preso in considerazione dagli organi inquirenti.
In pratica: l’unica prova presa in considerazione è una millanteria telefonica dell’accusato, mentre l’ipotetica vittima nega di essersi accorta del reato.
Altro esempio di contro-giustizia. E contro-informazione.
ANALISI DELLE EVIDENZE NEL CASO PAPARESTA
1. Quando il Direttore (Moggi) e l'Amministratore Delegato (Giraudo) entrano nello spogliatoio non se la prendono con Paparesta: se la prendono con Copelli, reo di non aver visto un fallo di mano in area a favore della Juventus e aver invece visto il fuorigioco di Kapo.
2. In realtà, i nostri nutrono già forti dubbi sull'operato di Copelli, indipendentemente da Paparesta.
3. Paparesta non si è accorto di essere stato chiuso nello spogliatoio e lo ha appreso dai giornali: questa è la sua deposizione da Borrelli.
4. La mattina dopo la partita Paparesta chiama Moggi per scusarsi di averli buttati fuori non una, ma due volte. Questa è l'unica telefonata fra Moggi e un arbitro, iniziata dall’arbitro e finita con il Direttore che chiude bruscamente la comunicazione.
5. La telefonata fra l'Amministratore Delegato Giraudo e il Moggi, dopo che questi ha parlato con Paparesta, chiarisce che i due non ce l'hanno con Paparesta, ma viene confermato che nutrono forti dubbi su Copelli.
CONCLUSIONI SUL CASO PAPARESTA
"Il libro nero del calcio" vol.1
pagina 167
"Quello che preme evidenziare in questa sede non è, ovviamente, la reazione legata all'evento negativo in sè ma la strategia di ASSOLUTA PORTATA CRIMINALE, che da un lato viene finalizzata alla PUNIZIONE di chi indistintamente se a torto o a ragione ha in qualche modo attaccato, si badi bene, la sua persona e dall'altro in direzione di un'azione che resti di monito assoluto e deterrente per il futuro”.
Tutto questo viene detto prima di esporre le telefonate, come preambolo accusatorio.
Sorvolando sul contenuto e il senso dell'interpretazione dei CC, poiché si commenta da solo nella sua efficacia e lucidità, vorremmo piuttosto far notare che nella vicenda più eclatante (anzi l'unica) degli sfoghi di Moggi, si cerca mettere in evidenza il potere CRIMINALE e PUNITIVO dello stesso.
Il punto debole di questa tesi così solertemente esposta dai CC è che nessuna delle presunte vittime degli strali di Moggi subirà alcuna conseguenza se non quelle previste (e a dire il vero applicate in maniera leggera nello specifico) dal codice degli arbitri: Copelli si ritroverà addirittura ad arbitrare i Mondiali di Calcio in Germania, con assegnazione (è bene sottolinearlo) precedente allo scoppio del caso calciopoli.
Detto questo, il fatto che la ricostruzione della vicenda fatta da Moggi sia un'autentica operazione di millanteria è testimoniato solo una decina di righe sotto i consistenti commenti e interpretazioni dei CC di cui sopra.
Si passa, infatti, alla sintesi delle telefonate:
Moggi alla moglie: "ho chiuso l'arbitro nello spogliatoio e mi sono portato le...... le chiavi in aeroporto" (vds prog 137 utenza 335/54....).
Moggi al giornalista Damascelli: "so entrato....so entrato nello spogliatoio e li ho fatti neri tutti quanti!! Poi li ho chiusi a chiave e VOLEVO portà via le chiavi, me le hanno levate, sennò le portavo via" (vds prog. 140 utenza 335/54..).
Le due versioni sono diametralmente opposte e questo, aggiunto al fatto che Paparesta neanche si accorge dell'accaduto, avrebbe dovuto forse portare i CC ad approfondire meglio la circostanza ed esporre le tesi accusatorie in modo più cauto.
Ma nella realtà parallela di calciopoli (come in una novella wonderland al contrario), non conta quello che si fa, ma SOLTANTO quello che viene detto. E tutto ciò che viene detto, ma SOLTANTO quello che viene detto al telefono. E neanche tutto ciò che viene detto al telefono, ma SOLTANTO nelle telefonate selezionate.
E neanche complete, ma SOLTANTO in alcuni stralci di esse.
E’ invero una realtà veramente attendibile, non c'è che dire.
Il processo illecito - Parte prima sulla Juventus (2)
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Corte Federale d’Appello.
Cesare Ruperto, Presidente della Corte nella prima sentenza, aveva validato la tesi del procuratore federale Stefano Palazzi, quella che la Juventus sarebbe stata da punire severamente in quanto una somma di art.1 (comportamento inopportuno e sleale) sarebbe stata risultante di un art. 6 (illecito sportivo); la difesa juventina aveva risposto nella richiesta di appello che ciò non era giuridicamente accettabile (proponendo la metafora delle tre offese verbali che non consentono di condannare per omicidio).
Piero Sandulli, Presidente della Corte Federale d’Appello, nella seconda sentenza ha replicato il concetto in questo modo (pag. 63 Sentenza di Secondo Grado):
"Logicamente, nessun diaframma è ragionevole interporre ad una doppia valutazione di rilevanza di una medesima condotta, sussumendola nei binari del generale disvalore deontologico e, in ottica diversa, concependola come ineliminabile tassello strumentale nella realizzazione dell’illecito ex art. 6, senza che ciò si traduca – a differenza di quanto sostenuto dalle difese nel corso della discussione orale in una (inammissibile) somma algebrica di singole condotte qualificate come antidoverose ex art. 1 e senza che l’operazione valutativa, di cui si dice, determini l’assorbimento di tali condotte nel paradigma dell’illecito sportivo con (insussistente) perdita della loro originaria natura e rilevanza (ed in questo senso va rettificata la motivazione di primo grado, senza effetti quoad poenam, in difetto di appello)".
La pappardella di cui sopra, in parole semplici, vuole comunicarci che una condotta che ricada nell’art. 1 può invero essere considerata un “tassello” nella strada dell’illecito che porta all’art.6.
Ma perfino uno scolaretto di prima elementare potrebbe osservare con noi che in una somma algebrica uno degli addendi può essere considerato “come ineliminabile tassello strumentale nella realizzazione” del totale, quindi di somma algebrica si parlava nella prima sentenza e di somma algebrica, nonostante il pecoreccio tentativo da dialettica da quattro soldi, si continua a parlare nella seconda.
E’ una cretineria evidente quella che scrive Sandulli, però agli atti questo viene accettato.
Da notare bene che è lo stesso Sandulli a definire la somma “INAMMISSIBILE”, nella stessa sentenza.
BERGAMO, PAIRETTO E LA GESTIONE DELLE ALTRE SQUADRE
Fonte: "Il libro nero del calcio", vol. 1
pagina 145
C’è, tra le varie intercettazioni esposte al pubblico giudizio, un discorso interessante di Paolo Bergamo (designatore arbitrale) con Innocenzo Mazzini (vicepresidente FIGC), stranamente caduto nel vuoto, sia da parte degli organi di stampa, sia da parte degli organi inquirenti e giudicanti.
“...e l’altr’anno ho cercato di gestì la ROMA, ho gestito il MILAN... ho gestito l’INTER… loro perdevano non c’avevano squadra e hanno perso. Oh Innocenzo ma ora sennò veramente io gioco mica a centravanti! Io devo designà gli arbitri” poi ancora “...te lo sai, poi, Gigi (NdA: Pairetto) risponde alla Sampdoria, al Milan, all’Inter, al Verona, al Vicenza, al Palermo a tutti quelli dove ci sono grandi magazzini, lui ha bisogno di lavorare…”.
Ovviamente una frase del genere se riferita alla Juventus sarebbe stata considerata una prova schiacciante, ma visto che si trattava di altre squadre non si è neanche pensato di indagare.
TESTIMONI O COMPLICI?
Sentenza CAF, 15/7/2006:
Pag. 121
Capitolo IV
Per quel che concerne la Fiorentina, nell’atto di deferimento si espone: - che, fino al mese di aprile 2005, la dirigenza di tale società aveva, in tutti i modi, cercato di contrapporsi alle posizioni assunte, di volta in volta, dalla Juventus e dal Milan nel tentativo di costituire un altro polo, di analoga rilevanza e peso economico, che potesse contrapporsi a quello rappresentato da tali società; - che detta strategia non era stata priva di conseguenze per la Fiorentina, la quale era stata penalizzata da una serie di arbitraggi sfavorevoli, l’ultimo dei quali durante la partita con il Messina svoltasi il 17 aprile 2005, in occasione della quale la Fiorentina, che stava conducendo per 1 a 0, si era vista raggiungere dal Messina grazie ad un recupero di ben sei minuti accordato dal direttore di gara (Nucini), il quale aveva, per giunta, espulso un calciatore della Fiorentina per le proteste proprio contro un recupero di tale entità.
Quindi, secondo quanto hanno inteso i giudici di primo grado, il signor Nucini (l’arbitro che andò da Facchetti a "denunciare" il potere di Moggi e a suggerire contromisure) prestava le sue abilità arbitrali per penalizzare la Fiorentina che aveva osato contrapporsi all'asse Juventus-Milan.
Ma qualcuno l’avrà forse detto a Ruperto e soci che il signor Nucini è uno dei punti oscuri e fondamentali dalla quale son nati filoni che tutt'ora devono essere sciolti? Che è quantomeno curioso che il signor Nucini avvantaggiasse Juventus e Milan e contemporaneamente andava a denunciare illegalità al “lindo” Facchetti?
Ma non solo: per quanto riguarda la Juventus, non è stato ritenuto opportuno andare ad esaminare neanche mezzo secondo di partita (ad esempio per verificare che la farsa delle "ammonizioni mirate" era appunto tale); invece in questo caso viene presa come prova inconfutabile i 6 minuti di recupero di una partita.
Come se concedere scientificamente 6 minuti di recupero garantisse la realizzazione di una rete decisiva, tra l’altro senza poi preoccuparsi se il gol fosse regolare o meno.
Nel caso in esame, il gol era poi regolare.
Il fatto poi che l'arbitro in questione fosse proprio Nucini è addirittura strabiliante.
LA TELEFONATA DELLE GRIGLIE
Continuando nella disamina delle intercettazioni con il supporto del documento ufficiale “Il libro nero del calcio”, vol. 1, vorremmo a mettere in risalto alcuni aspetti che hanno fatto molto rumore mediatico e sui quali è stato basato il bombardamento a senso unico nei confronti della Juventus: Cominciamo da pagina 143: la famosa telefonata in cui si discute delle griglie e vorremmo sottolineare che è l’unica. E’ un particolare molto importante: non ce ne sono prima e non ce ne saranno dopo, pur se il bailamme mediatico questa veniva presentata come una consuetudine.
Possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che non sia il massimo dell’etica sportiva parlare con il designatore arbitrale e discutere di griglie (“discutere” e non “imporre” come la canea mediatica ha voluto far credere).
Ma vogliamo sottolineare alcune osservazioni:
- la griglia non determina chi arbitra una determinata partita perché la designazione vera e propria avviene tramite sorteggio (che è bene chiarirlo non era truccato - pagina 83 sentenza di primo grado confermata dal secondo grado - anche se molti “giornalisti” continuano a dibattere su questo tema)
- per stessa ammissione di Bergamo erano soprattutto altri i dirigenti che avevano quest’abitudine (Bergamo in trasmissione MATRIX in data attorno a Giugno-Luglio 2006, interviste a Bergamo su QN a Gennaio 2007).
- non si può configurare illecito sportivo ex art. 6 CGS, perché non si può influire sullo svolgimento della partita (tanto è vero che Moggi sarà condannato per quest’infrazione sulla base dell’art.1, quello sulla slealtà) e la stessa accusa chiederà la semplice violazione dell’art.1.
A queste osservazioni per quanto banale possa sembrare va dato il giusto peso che è enorme perché tutta la campagna mediatica si è basata considerando questa telefonata come se fosse alla base di un illecito sportivo, il che ovviamente non corrisponde assolutamente alla realtà!
Oltretutto tra dicembre 2006 e gennaio 2007 Moggi ha dimostrato, in diversi interventi televisivi, come sia possibile attraverso nozioni rudimentali di statistica arrivare a predire la griglia arbitrale.
Molte delle telefonate presentate come reato sono in realta’ telefonate incomprensibili a volte, e prive di significato altre.
La maggior parte sono telefonate di “giochi di potere” del tipo “chiama il tizio x e convincilo a votare il tipo y alla Lega”, oppure: “per convincere il tipo z, dobbiamo fare in modo che…, etc. etc, etc”.
Va anche notato che molte telefonate (forse per fare “corpo”) sono riportate per intero anche cinque o sei volte.
Ce ne sono poi anche alcune che, forse per evidenziare il presunto “potere” in mano a Luciano Moggi, sfiorano il ridicolo, tipo quella a pagina 11 (sempre del “Libro nero del calcio vol.1”) in cui per dimostrare il potere di Moggi sul settore arbitrale si passa a considerare un episodio di una partita del settore giovanile in cui un arbitro concede all’89’ un rigore agli avversari precludendo quindi la vittoria alla squadra bianconera che stava vincendo 1 – 0, e sul quale episodio Moggi commenta con l’interlocutore telefonico:
“….ma ora a questo lo metto a posto io, non ti preoccupare……”.
I solerti CC si dimenticano però un piccolo particolare: omettono di dirci cosa sia successo all’arbitro.
L’obiezione è lecita perché sappiamo benissimo che esito avevano queste minacce: sia nel caso di Paparesta (che nonostante gli errori madornali di Reggina-Juventus non subirà alcun tipo di squalifica o penalizzazione), sia per Copelli che secondo i fantasiosi CC Moggi avrebbe voluto distruggere, e invece si ritroverà ad arbitrare addirittura i Mondiali in Germania due anni dopo.
Il processo illecito - Parte prima sulla Juventus (1)
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Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Capitolo “La struttura associativa”
Si sta facendo un elenco delle presunte pregresse “malefatte” di Moggi. A pagina 7, nel completare l’elenco:
“[…] ed infine la vicenda giudiziaria legata allo scandalo dei Rolex destinati agli arbitri”. Curioso, ma c’è scritto proprio questo. Un dirigente della Roma regala orologi di gran valore agli arbitri e questo viene messo nell’elenco delle presunte malefatte non punite di Moggi. Ecco il seguito della fumettistica spiegazione: “La vicenda – pubblicizzata con uno scoop giornalistico evidentemente attivato nell’interesse delle società Juventus e Milan come sostenuto dal giornalista TEOTINO Gianfranco nelle dichiarazioni rese al PM in data17.04.2000 – non ebbe altro effetto che consolidare il sistema di potere gestito da Moggi e dai due designatori Bergamo e Pairetto ridicolizzando il goffo tentativo di Sensi di proporsi in chiave simpatia con la struttura arbitrale”.
In altre parole Sensi commette un illecito sportivo tentando di comprare degli arbitri, e i redattori lo definiscono ”effetto simpatia”. Per di più il dirigente non viene nemmeno sottoposto ad inchiesta, e tutto ciò diventa una prova del potere di Moggi.
In altre parole, sarebbe come dire che se una persona, ad esempio, si trovasse in banca per tentare una rapina, ed una seconda persona ne divulgasse la notizia, risulterebbe invece coinvolta una terza persona (una qualsiasi tra tutte quelle che non sono andate in banca per fare la rapina) che ne trarrebbe vantaggio dal risalto dato all’atto di disonestà perpetrato dalla prima persona.
Niente di eclatante rispetto a quello che si vedrà in seguito, è curioso però notare che già a pagina 7 di tutto l’incartamento mediatico si trovano le tracce del senso di equilibrio ed imparzialità con il quale è stata condotta l’intera indagine.
CARRARO E BERGAMO
Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Pagina 126
Viene qui illustrata un’intercettazione telefonica tra Franco Carraro, presidente federale, e Paolo Bergamo, uno dei due designatori arbitrali.
La data è 26 novembre 2004, e di lì a poco ci sarebbero state delle importanti elezioni in seno alla FIGC. Carraro ovviamente ha a cuore che non si abbiamo rumori, scenate, richieste da parte di certa stampa di far cadere delle teste (evidentemente teme per la sua).
Il 28 si gioca Inter - Juventus. I rumori mediatici che possono scuotere l’ambiente e che Carraro teme sono, ovviamente, quelli di una partita decisa magari da un errore arbitrale a favore della Juventus.
Nota: tutta la premessa di cui sopra sulla la situazione dei “rumori mediatici” le elezioni a venire, le cautele di Carraro, ecc., viene illustrata nel documento commentato dai CC preposti all’analisi delle intercettazioni.
Rivolgendosi a Bergamo, alludendo all’arbitro e tenendo conto che le elezioni di cui sopra sono di poco successive a quella partita, Carraro dice quanto segue: “...che faccia la partita onesta per carità, ma che non faccia “errori” a favore della Juventus per carità”.
Apparentemente una frase tutto sommato normale, ma nell’interpretazione che i CC daranno di questa frase compare una delle tante perle di tutta questa vicenda: le due virgolette che delimitano la parola errori.
Sono parte integrante e fondamentale delle conclusioni dei CC.
A noi sembra impossibile, in una conversazione telefonica in cui si fa solo uso della voce, pensare di leggere delle virgolette.
A voler pensare male, sembrerebbe pura manipolazione su un dato di fatto, la sintesi più bieca e subdola del significato di pregiudizio, non soddisfacenti le interpretazioni vengono addirittura manipolate le stesse conversazioni.
Quel virgolettato artificiosamente ed indebitamente aggiunto permette dunque ai CC di giungere a questa conclusione, nero su bianco: “...il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto è risaputo anche al presidente federale”.
Ma c’è un piccolo problema: Carraro non ha detto “errori” con le virgolette.
CARRARO E L’INTERPRETAZIONE DEI CC
Fonte: “Il libro nero del calcio”, vol. 1
Pagina 150.
Questa volta la partita in questione è Roma-Juventus terminata 1-2 il 5 marzo 2005.
La Juventus vince la partita, ma come spesso succede quando la Juventus vince all’Olimpico le polemiche del dopo-partita sono ormai d’obbligo anche nelle trasmissioni televisive. In questa occasione c'è un rigore per la Juventus DUBBIO a velocità normale (era al limite dell’area) MA GIUDICATO POI REGOLARE in moviola.
In questo contesto si inserisce la telefonata di Carraro a Bergamo nella quale il primo ricorda all’interlocutore che era stato molto chiaro: “...se c’è un dubbio per carità che che che che il dubbio non sia a co... a favore della Juventus...”
E poi prosegue: “...dopo di che... che succede... gli dà quel rigore lì?” Il commento dei CC su queste frasi è naturalmente privo di dubbi:
“...anche dalla conversazione che segue emerge, altresì, che il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto, fatto questo ancora più grave è risaputo anche dal presidente federale CARRARO ... ciò a riprova della solidità del meccanismo creato da MOGGI.” Ci permettiamo di far notare che piuttosto, in questo caso, l’affermazione di Carraro è molto grave ma ai danni della Juventus, poiché mentre nel primo caso (quello di cui sopra, relativo a Juventus-Inter) il suggerimento era vago e generico, in questo caso si sostiene che un rigore valido non doveva essere dato in quanto dubbio e poiché questo avrebbe suscitato polemiche: ovvero un rigore a favore della Juventus, anche se regolare, non deve essere dato se dubbio perché ciò avrebbe innescato delle polemiche da parte della stampa e ciò avrebbe probabilmente danneggiato la poltrona di Carraro.
Tanto è vero quanto detto sopra che di lì a poco Carraro aggiunge:
“...allora quando un arbitro dà un rigore al limite dell’area vuol dire che gli scappa che la Juventus voglia... debba vincere la partita...” rimanifestando la sua paura di cui sopra.
Bergamo tra l’altro dice:
“...io non ho sbagliato ieri presidente perché RACALBUTO era preparato e ha sbagliato PISACRETA. Il rigore era un metro dentro...” e Carraro NON nega questa circostanza.
Tirando le somme, quindi, una telefonata in cui il presidente della FIGC dice che nel dubbio bisogna sfavorire la Juventus viene invece interpretata dai CC come prova del potere di Moggi.
L’interpretazione di questa telefonata è emblematica di tutta la faccenda: è da evidenziare che sono proprio questo tipo di intercettazioni quelle che, secondo i CC deputati ad eseguire gli “sbobinamenti”, determinano l’esistenza della “cupola”; intercettazioni e interpretazioni che verranno poi riportate tali e quali nelle tesi accusatorie del procuratore federale Stefano Palazzi.
Non esistono infatti altre telefonate più esplicite e/o con prove accusatorie incontestabili, il che magari giustificherebbe anche la pratica di fornire un’interpretazione personale e non fondata delle telefonate “interpretabili”, simili a quella appena illustrata.
No, tutte le intercettazioni esaminate (e interpretate) sono dello stesso tipo, di cui abbiamo appena letto un esempio brillante.
LE AMMONIZIONI MIRATE
Vediamo ora da dove nasce il discorso delle "ammonizioni mirate", accusa che in larga parte ha contribuito a gettare fumo e ombre sulla figura della dirigenza juventina.
A pagina 128 del "Libro nero del calcio", vol. 1, leggiamo:
“La conversazione dello scorso 5 dicembre fornisce elementi concreti sull’accordo preesistente all’interno della compagine a cui capo v’è Moggi per il raggiungimento ognuno dei propri interessi. Infatti dalla conversazione è possibile rilevare una condotta concreta che evidenzia un preventivo accordo criminoso a monte consistente nella reciproca e predeterminata disponibilità a cooperare al fine di procurare un vantaggio che comporta necessariamente un danno altrui... La conversazione si svolge tra il giornalista Tony Damascelli e Moggi.”
Ecco la telefonata:
D: Oh comunque De Santis ha fatto il delitto perfetto, eh?
M: Che ha fatto?
D: c’abbiamo i tre gio… i tre difensori del Bologna fuori squalificati tutti e tre
M: ma perché chi c’avevano loro diffidato?
D: Tutti e tre, ehm, come si chiama: Nastase, Petruzzi e Gamberini
M: UHHM
D: non male no?
M: Eh, aho meno male che te devo dì
D: no, no, meglio
Poi cambiano argomento e parlano di temi tecnici calcistici.
A noi sembra proprio che da una conversazione insignificante e nella quale Luciano Moggi casca palesemente dalle nuvole quando si accenna ai fatti di una partita cui non ha assistito, si tirano conclusioni tendenziose, ma definitive e certe, successivamente utilizzate senza dubbi nei processi sportivi.
Il processo illecito
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IL PROCESSO ILLECITO
Tutte le verità nascoste dell'estate del Calcio: intercettazioni abusive, sabbie, fumi, abusi di potere e procure creative.
Autori: Kefeo e Arthur Dent
LUTHER BLISSETT Prima Edizione - Luglio 2007
PREMESSA
Il documento che state leggendo è stato concepito in maniera tale da venire incontro alle esigenze di tutti coloro che si avvicinano all’argomento trattato a seconda del loro grado di conoscenza della materia, proprio come fosse un corso di lingua organizzato in diversi livelli di difficoltà. Non pensiate che tale approccio derivi da una qualsiasi sorta di presunzione culturale, bensì molto più semplicemente da una pura constatazione della realtà dell’informazione massmediatica italiana degli ultimi periodo.
O meglio, della disinformazione che sta alla base di tutta la questione qui esposta.
Ecco che allora nella stesura del documento si è pensato di doverci rivolgere sia a coloro già introdotti agli argomenti e alle vicende del tema trattato, sia a coloro che vi si avvicinano senza alcun bagaglio informativo pregresso e che troverebbero quindi insostenibile la lettura, ad esempio, delle sentenze di primo e secondo grado della cosiddetta “giustizia sportiva”, se prima non fossero adeguatamente preparati, informati e portati a conoscenza delle basi su cui poggia tutto il teatrino dell’assurdo passato alla storia sotto il nome di “calciopoli” (o, sotto la forma di ancora più raffinata nonsense, con il nome di “moggiopoli”).
Da qui l’esigenza di produrre questa Prima Edizione, di un successivo più ampio documento, in cui verrà descritto in modo discorsivo e fluido il senso di quello che è stato il processo alla Juventus e di gran parte di questa vicenda, il tutto supportato con citazioni e richiami alla documentazione ufficiale agli atti. Questa prima parte si conclude quindi con articoli e interviste di autorevoli personaggi chem hanno espresso il loro parere, fuori dal coro, sull’argomento. Per il lettore “alle prime armi” questa parte può essere di per sé già sufficientemente esaustiva e per questo motivo si è deciso di pubblicare questa come edizione a sé stante, in modo tale da sfruttarne la doppia natura.
La successiva edizione di questo documento, che si disegna come un approfondimento delle documentazioni ufficiali, potrebbe essere definita come il livello avanzato del “corso”: lì si analizzeranno nel dettaglio le documentazioni ufficiali e più precisamente le sentenze di primo e secondo grado, il ricorso al Tar e l’audizione di Borrelli davanti al Senato.
Infine, nel concludere la presentazione di questo lavoro, vorremmo mettere in risalto un ulteriore aspetto: pur avendo tentato di portare alla luce il più possibile, ci rendiamo conto che oltre a quelli presentati, vi sono altri aspetti della vicenda ancora ben poco chiari, e che non sono, per diverse ragioni, ancora stati affrontati.
Ne vogliamo qui citare alcuni, per chiarire il contesto e darvi spunti di riflessione:
• le dichiarazioni di Paolo Bergamo (“tutti i dirigenti mi telefonavano ogni settimana, l’Inter con Facchetti più di tutti”)
• la sparizione delle telefonate di alcuni dirigenti che all’inzio di calciopoli appaiono, poi scompaiono o vengono “dimenticate” (Facchetti e Galliani)
• le citazioni sui presunti favori di Galliani in parlamento a Paparesta (anche questi “dimenticati” dal procuratore federale Palazzi)
• le dichiarazioni di De Santis (“molti mi chiamavano, mai sentito Moggi”)
• le conclusioni della Procura di Torino che sostengono che dalle intercettazioni si evince esattamente il contrario di quanto affermato dalle accuse circa l’esistenza della “cupola” (conclusioni confermate dalle sentenze “calciopoli”) e chissà quante altre incongruenze che potremmo qua esserci dimenticati.
Tutte circostanze che, a dir poco, sarebbe stato opportuno verificare ed approfondire se solo si fosse voluto fare. Non tanto per istruire un “processo serio”, ma quantomeno per istruire un “processo” e non piuttosto una “Santa Inquisizione”.
Infine vorremmo concludere questa presentazione, con la classica forma dei ringraziamenti, che vanno a tutti coloro che nel forum hanno sostenuto, anche solo in modo morale, il topic dal quale trae spunto questo lavoro.
INTRODUZIONE
Non vorremmo tediarvi fin dall’introduzione con ipotesi, commenti, pareri. Intendiamo piuttosto presentarvi i fatti così come ci sono stati forniti dagli organi di informazione. Inoltre osservarli con un occhio attento, critico e diffidente, ed evidenziare tutto ciò che non torna, che è incongruente, che ci hanno dato per scontato, o per vero, e invece non lo è affatto. Vi proponiamo fin d’ora un riassunto della nostra analisi, e se avrete la voglia di leggere il seguito, vi troverete tutte le conferme alle asserzioni qua sotto riportate:
1. Nelle accuse alla Juventus formulate dal Procuratore Federale Stefano Palazzi, sinteticamente, i fatti contestati si riferiscono alle seguenti partite 2004/2005:
1a: Juventus – Lazio Art. 6 CGS (illecito sportivo)
1b: Bologna – Juventus Art. 6 CGS (illecito sportivo)
1c: Juventus – Udinese Art. 1 CGS (comportamento scorretto)
1d: Classifica alterata
2. La Sentenza di Primo Grado (Pres. Cesare Ruperto) in merito a quei punti sentenzia che:
1a: non vi sono estremi di illecito, contempla solo Art. 1 CGS
1b: non vi sono estremi di illecito, contempla solo Art. 1 CGS
1c: è in effetti Art. 1 CGS
Ma sentenzia anche che la somma di Artt. 1 CGS di cui sopra ai punti 1a, 1b, 1c è stata funzionale al conseguimento dell’Art. 6 CGS di cui sopra al punto 1d.
3. La difesa della Juventus, tra le altre cose, obbietta che una sommatoria di più Artt. 1 (comportamento sportivo sleale e non probo) non può portare ad una incolpazione per Art. 6 (illecito sportivo), portando ad esempio la metafora che tante diffamazioni non comportano una condanna per omicidio: obiezione ineccepibile.
4. La Sentenza della Corte d’Appello (Pres. Piero Sandulli) conferma in toto la sentenza Ruperto, ma poichè il punto 3. (Obiezione della difesa della Juventus) è a tutti gli effetti da considerarsi ineccepibile, si sente di dover precisare che la inammissibile somma algebrica di Artt.1 è da considerarsi piuttosto come "ineliminabili tasselli funzionali alla realizzazione dell'art.6" (il “totale” di cui gli artt. 1 sarebbero gli “addendi”).
In tutto questo sostenere che la classifica è effettivamente stata alterata è assurdo se preso come fatto avvenuto, poichè se avvenuto sarebbe opportuno e necessario specificare in quale partita ciò si sarebbe verificato.
Invece, ed è questo l'aspetto strabiliante di tutta la vicenda, tutto il procedimento giuridico (dal dossier d’indagine dei CC alle sentenze delle corti federali) si è svolto eliminando di volta in volta le sospette partite illecite per manifesta infondatezza.
Tutte e 38 le partite indagate sono state esaminate e in tutte e 38 non si è riscontrata alcuna anomalia; le ultime a cadere sono quelle scagionate dalla Corte d’Appello, ovvero Juventus-Lazio e Bologna Juventus.
Da qui il grottesco concetto di "classifica che si altera senza alterare alcuna gara".
Le sentenze “Calciopoli” sanciscono che non ci sono partite alterate. Che il campionato sotto inchiesta, 2004-2005, è da considerarsi regolare. Ma che la dirigenza juventina ha conseguito effettivi vantaggi di classifica per la Juventus FC anche senza alterazione delle singole partite.
In pratica, la Juventus e’ stata condannata per omicidio, senza che nessuno sia morto, senza prove, né complici, né arma del delitto.
Solo per la presenza di un ipotetico movente.
PROCESSI FUORILEGGE
Riportando per intero un brano del libro di Emilio Cambiaghi, vorremmo spiegare il perché del titolo del presente testo, con riferimento all’illegalità presente in molti degli atti processuali durante il primo e il secondo grado di giudizio.
I processi di Calciopoli si sono svolti con eccessiva fretta e con una superficialità intollerabile per un qualsiasi tribunale che si possa definire imparziale. Pur considerando la maggior rapidità dei procedimenti giudiziari sportivi rispetto a quelli ordinari, non è in ogni caso concepibile lo stravolgimento dell’iter processuale e la negazione dei più semplici diritti di cui dovrebbe godere la difesa. Esaminiamo uno per uno gli elementi che hanno inficiato il regolare svolgimento dei processi:
INUTILIZZABILITÀ DELLE INTERCETTAZIONI
L’art.270 del Codice di Procedura Penale prevede che «i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza». Le intercettazioni non possono costituire mezzo unico di prova al di fuori del procedimento per il quale sono state disposte (in questo caso quello penale). Il processo di Calciopoli si è basato esclusivamente sulle intercettazioni.
ABOLIZIONE DI UN GRADO DI GIUDIZIO
L’art.37 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva impone tre gradi di giudizio: «II giudizio per illecito sportivo e per violazioni in materia gestionale ed economica è di competenza delle Commissioni disciplinari in prima istanza e della C.A.F. in seconda ed ultima istanza. Nel caso di più incolpati, appartenenti a Comitati diversi, la competenza territoriale è determinata dal luogo ove è stato commesso l'illecito».
Rispettando i dettami del codice, l’iter di giudizio sarebbe dovuto iniziare con la Disciplinare ma Guido Rossi ha arbitrariamente deciso di eliminare questo passaggio. Il comma appena citato prevede anche che la competenza territoriale spetta al luogo dove è stato commesso illecito. Il processo si è tenuto allo stadio Olimpico di Roma ma, visto che le incolpazioni più pesanti erano addebitate alla Juventus, avrebbe dovuto svolgersi a Torino.
LA REQUISITORIA PRIMA DELLE DIFESE
L’art.37 comma 6 CGS prevede che «il dibattimento si svolge in contraddittorio tra la Procura federale e le parti, che possono stare in giudizio con il ministero e l’assistenza di un difensore. Al termine del dibattimento il rappresentante della Procura federale formula le proprie richieste. La difesa ed i soggetti deferiti hanno il diritto di intervenire per ultimi». Il procuratore Palazzi ha pronunciato la sua requisitoria prima ancora dell’inizio del dibattimento, violando palesemente l’articolo citato.
POCO TEMPO PER LA DIFESA
Il processo della Caf è durato cinque giorni, quello della Corte Federale soltanto quattro. Un po’ pochi se si considera che i deferiti erano 30, tra società e persone fisiche. Tra discussione di eccezioni, formalità burocratiche e presentazioni, alle difese non restava che circa mezz’ora ciascuno per produrre le proprie memorie. In considerazione della mole di intercettazioni, delle persone coinvolte e dei numerosi capi di incolpazione, il tempo processuale avrebbe dovuto raddoppiarsi anziché ridursi. I dibattimenti, se così possono essere chiamati, si sono ridotti ad una ridicola ed infinita processione di avvocati. Va inoltre considerato lo scarsissimo lasso di tempo concesso agli avvocati difensori per esaminare le migliaia di pagine di tabulati telefonici. L’accusa ha potuto visionarle e studiarle a lungo, la difesa ha dovuto farlo in poco più di una settimana.
NIENTE TESTIMONI, NIENTE PROVE A DISCARICO
Incredibilmente agli accusati non è stato riconosciuto il diritto di produrre testimoni in aula. Una negazione irrispettosa nei confronti di chi deve difendersi perché toglie a costui ogni possibilità di dimostrare la propria innocenza. Per esempio, la Juventus avrebbe potuto chiamare Bergamo, il quale ha più volte dichiarato di aver parlato al telefono di griglie ed arbitri con moltissimi dirigenti delle squadre di serie A. Una testimonianza del genere sarebbe risultata decisiva per smontare gran parte delle accuse. Lo stesso dicasi per la produzione di testi o intercettazioni. Sono state effettuate più di 100.000 intercettazioni ma ne sono state utilizzate, contro la Juventus, meno di 200. Ci sarebbe da chiedersi cosa ci fosse nelle restanti 99.800. Molto probabile che in alcune di quelle risiedano importanti prove a discolpa. Tuttavia la riproduzione di questo materiale istruttorio non è stata concessa.
NO ALLE PROVE FILMATE
Una negazione dei diritti fondamentali degli accusati si trasforma in completa ingiustizia nel caso delle prove filmate. I legali difensivi hanno chiesto di poter visionare in sede di dibattimento i nastri di alcune partite, i quali sarebbero stati fondamentali per chiarire alcuni punti controversi. Il permesso è stato negato ma, stranamente, è stato accordato alle squadre facenti parte del cosiddetto “secondo filone” di Calciopoli, come Arezzo e Reggina. Un filmato della partita Arezzo- Salernitana è stato ammesso in dibattimento ed è risultato fondamentale per alleggerire la posizione del club toscano. Perché questa diversità di trattamento?
UN REATO CHE NON C’È
In sede di indagini Borrelli ha più volte usato la locuzione “illecito ambientale” e “illecito strutturato”. Un reato che non è contemplato dal Codice di Giustizia Sportiva. Eppure, nonostante questo l’idea è stata accettata dai giudici, che l’hanno fantasiosamente giustificata con la teoria della sommatoria: più violazioni dell’art.1 fanno un art.6. Ma da quando sei palle da golf fanno un pallone da rugby? Da quando sei furti fanno un omicidio?
Le sentenze di Calciopoli sono una chiara violazione del principio della corretta commisurazione della sanzione e del principio del divieto di punire con più sanzioni lo stesso fatto. Per la Juventus, ad esempio, sono state comminate addirittura sei sanzioni dirette (revoca scudetto 2004/05, non assegnazione 2005/06, retrocessione, punti di penalità, ammenda pecuniaria, squalifica del campo) che ne hanno generate tre indirette (esclusione dalla Champions League per almeno due anni, svendita dei campioni in organico, rinegoziazione dei contratti televisivi e di sponsorizzazione). È opportuno ricordare come la revoca di uno scudetto è la pena più pesante prevista dal Codice di Giustizia sportivo e tale pena è stata applicata due volte per lo stesso (presunto) reato. Di fronte alla revoca di ben due titoli e ad una retrocessione con penalizzazione ci si domanda cosa abbia fatto una squadra per meritarsele. Ha comprato dieci partite, minacciato i calciatori avversari, ha falsificato i bilanci, regalato orologi d’oro agli arbitri e lasciato il terreno di gioco per via di un riflettore spento? Forse tutte queste cose insieme non basterebbero per giustificare le sanzioni oltremodo severe applicate alla Juventus, a carico della quale non c’è nemmeno lo straccio di una prova. All’uscita delle sentenze l’italietta antijuventina si è subito lanciata nei più disparati commenti: «alla Juventus è andata fin troppo bene», «il Genoa per molto bene è finito in serie C». Dichiarazioni senza nessun fondamento logico, dettate solo dall’astio e dal risentimento. Nel caso dei Grifoni va fatta una precisazione: il Genoa fu colto con le mani nel sacco, ovvero con una valigetta contenente 250.000 euro per accomodare una partita. Un illecito chiaro, con tanto di beneficio economico. Per questo i rossoblu sono stati retrocessi di una categoria (e non di due) con tre punti di penalità. Una pena sicuramente dura, ma ridicola in confronto a quella applicata alla Juventus. Lo stesso dicasi per Milan, Fiorentina e Lazio. Adottando il metro di giudizio della Corte Federale, se la Juventus non avesse avuto due scudetti da farsi togliere, dove sarebbe finita? In Interregionale? Una sentenza non solo sproporzionata ma letteralmente al di là di ogni sano ragionamento. Della stessa idea è Andrea Manzella, docente di diritto costituzionale alla Luiss di Roma: «Dalle cose che ho letto, mi sembra che la pena data alla Juventus sia abnorme e sproporzionata, perché le condotte contestate e le prove raccolte, a mio avviso, possono provare la violazione dell'articolo uno del codice di giustizia sportiva, quello sulla lealtà, non quello dell'articolo sei, l'illecito». Tuttavia, secondo la Corte Federale, una sommatoria di azioni sleali costituiscono un illecito. Teoria che Manzella non condivide: «Concetto discutibile. Quando mai la quantità si fa qualità? Ho letto di un ambiente inquinato, ma l'illecito sportivo va provato. Certo, ci sono le intercettazioni, ma dove sono tutti gli arbitri condannati?
Ci vuole il “truccaggio”, la manomissione delle partite e bisogna dimostrarlo. Per questo giudico la pena molto pesante. Mi viene in mente, quando ho cercato di spiegare Calciopoli a un cronista dell'Observer, che mi chiedeva: No money, no girl. Niente soldi, niente ragazze. Dov'è la corruzione? mi chiedeva. Allora gli ho parlato del costume italiano, delle raccomandazioni» . La sproporzione si fa ancora più evidente se si considera che la Fiorentina, punita per un illecito diretto, è rimasta in serie A. Incredibili le parole del giudice Mario Serio, membro della Corte Federale, rilasciate a Repubblica il 27 luglio 2006: «alla Fiorentina un illecito sportivo è rimasto. È comprovato l’illecito del gruppo dirigente viola in Lecce-Parma. Per quelle intercettazioni c´erano elementi solidi, argomentati. Abbiamo rivisto gli ultimi 15´ della partita in camera di consiglio e Zeman con le spalle al campo era un’immagine che parlava da sola. […] La serie A con 19 punti ci è sembrata una punizione sufficientemente pesante». Quindi per un illecito diretto pare sufficiente la sola penalizzazione, invece per un reato che non esiste si revocano due scudetti e si manda una squadra in B? Rimane poi da chiedersi che fine abbia fatto, in sede di deferimento, la teoria di Borrelli secondo la quale il Milan era solo un gradino sotto alla Juventus in quanto a gravità di reati.
IL RUOLO DEI MEDIA
La pubblicazione preventiva delle intercettazioni, quella strana fuga di notizie centellinata con il procedere dei giorni, è la chiave di volta di tutta questa storia; la sua funzione è stata, per chiarine il ruolo, quella di creare l'opinione pubblica forcaiola che poi sarebbe stata accontentata (come asserito in interviste successive ai processi da componenti della corte ed affermato nelle stesse sentenze ***).
Il meccanismo è molto semplice: prima si crea l'opinione pubblica, dopodiché la si accontenta, e poco importa se nelle intercettazioni, di tutte le menzogne raccontate per creare l'opinione pubblica, non ci fosse proprio nulla (sono difatti le stesse sentenze a smentirei titoloni urlati dalla stampa e dalle televisioni).
Senza la pubblicazione delle intercettazioni e senza la campagna al massacro come si sarebbe potuta mandare la Juventus in B per i seguenti motivi?
- inesistenza di <sistema> e <cupola> (pag. 74, Sentenza di Primo Grado)
- alterazione della classifica senza alterazione di alcuna gara (pag. 76)
- sorteggi regolari (pag. 83)
- inesistenza delle ammonizioni mirate (pag. 103)
- telefonata in cui si parla di griglie: semplice art. 1 (pagg. 104 - 105)
Senza il precedente lavaggio del cervello ottenuto grazie alle intercettazioni (e attenzione: non grazie al loro contenuto ma grazie alle interpretazioni fornite a tempi di record dai CC preposti all’indagine e accettate dai giornalisti per il potere mediatico che di cui avrebbero potuto giovarsi), come avrebbe potuto l'opinione pubblica accettare un verdetto talmente sconclusionato?
*** pagina 79, Sentenza di Primo Grado (Pres. Ruperto): “Nella valutazione del materiale probatorio la Commissione (la Caf, ndr) si limiterà ad indicare quegli elementi di sicura valenza, che non si prestano ad interpretazioni equivoche, perché già solo dall’analisi di taluni fatti incontrovertibili emerge a chiare lettere ciò che era nella OPINIONE di tutti coloro che gravitavano nel mondo del calcio, e cioè il condizionamento del settore arbitrale da parte della dirigenza della Juventus”.
FONTI E RIFERIMENTI:
a) Le intercettazioni: “Il libro nero del calcio”, volumi 1 e 2 pubblicato da l’Espresso nel mese di Maggio 2006. Si tratta del documento ufficiale delle trascrizioni effettuate dai Carabinieri (CC) con i loro commenti utilizzati nei processi e citati nelle sentenze.
b) I capi d’accusa formulati dal procuratore Palazzi: Tuttosport, inserti dal 25 al 28 giugno.
c) Sentenza di primo grado. Corte Federale d’Appello presieduta da Cesare Ruperto.
d) Sentenza della Corte Federale d’Appello presieduta dall’ avv. Piero Sandulli.
Queste ultime possono essere scaricate gratuitamente dal sito ufficiale della FIGC (www.figc.it) oppure dal sito stores.lulu.com/LutherBlissett.
PERSONE E RIFERIMENTI.
In questo paragrafo abbiamo elencato i protagonisti della vicenda, come riferimento immediato e ausilio nella lettura delle sentenze, disposizioni, intercettazioni e interpretazioni nei capitoli seguenti.
Guido Rossi: Commissario Straordinario FIGC, ex Dirigente Inter FC, Avv. Telecom
Francesco Saverio Borrelli: Capo Ufficio Indagini FIGC.
Stefano Palazzi: Procuratore Federale FIGC.
Cesare Ruperto: Presidente della Corte Federale di Primo Grado.
Piero Sandulli: Presidente della Corte Federale d’Appello, Avv. SS Lazio
CC: Gli investigatori, i carabinieri (CC) Giovanni Arcangioli e Aurelio Auricchio che si sono occupati di trascrivere e fornire una interpretazione di 40 intercettazioni, quelle utilizzate nei processi, su 90.000 esistenti.
Franco Carraro: Presidente FIGC.
Innocenzo Mazzini: Vice Presidente FIGC.
Paolo Bergamo: Designatore Arbitrale 2002-2005
Gigi Pairetto: Designatore Arbitrale 2002-2005
Luciano Moggi: Direttore Sportivo Juventus FC
Antonio Giraudo: Amministratore Delegato Juventus FC
Claudio Lotito: Presidente SS Lazio
Diego Della Valle: Presidente Onorario Fiorentina AC
Adriano Galliani: Amministratore Delegato Milan AC
Giacinto Facchetti: Presidente Inter FC
Massimo Moratti: Presidente Onorario Inter FC, Dirigente Telecom
Carlo Buora: Vice Presidente Inter FC, Amministratore Delegato Telecom
Franco Sensi: Presidente AS Roma