Intercettazioni
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/5: Moggi Gossip Picture Show
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- By Mario Incandenza
Benvenuti al Moggi Gossip Picture Show!
Tramite intercettazioni che nulla hanno a che fare con le mai provate accuse di illeciti imputati alla Juve, né tanto meno con questioni di lealtà sportiva, Repubblica ci offre un saggio del genere che va per la maggiore sui media contemporanei, e cioè "l'intrattenimento spazzatura".
Basta titolare "Potere Moggi", mettere in fila 24 files audio alla rinfusa, etichettarli il più maliziosamente possibile, cioè, al solito, estrapolando dal contesto frasi che mettano nella luce peggiore chi le pronuncia, e l'obbiettivo è raggiunto: si vellica il disprezzo del lettore benpensante e si confondono le idee a coloro che vorrebbero capire cosa queste intercettazioni ci raccontino veramente.
E cos'è che ci raccontano, queste 24 conversazioni carpite a tradimento e pubblicate in spregio a leggi e norme sulla privacy? In sostanza, 5 cose:
1) Che quando la Juve e persone ad essa legate andavano a Roma, dato il clima da guerra civile che spesso vi si respirava, Moggi, che aveva la responsabilità della loro sicurezza, si appoggiava ad agenti della Digos con alcuni dei quali, come spesso capita tra esseri umani, aveva finito per instaurare un rapporto confidenziale. Questo verrà trattato nel paragrafo: La Digos.
2) Che Moggi conosceva e frequentava il Questore di Napoli, tanto che gli chiese di interessarsi personalmente al furto a mano armata della Mercedes Classe A del figlio perpetrato ai danni della consuocera nei pressi della loro abitazione partenopea. Questo verrà trattato nel paragrafo: A Napoli rubano la A.
3) Che Moggi, in virtù del suo ruolo di dirigente della squadra più prestigiosa dello sport più popolare d'Italia, si trovava spesso a gestire richieste di biglietti e gadgets provenienti da politici, personaggi dello spettacolo e dello sport, insomma uomini pubblici in genere, e ovviamente, come ogni avveduto amministratore deve fare, si preoccupava ove possibile di accontentarli per mantenere i buoni rapporti. Questo verrà trattato nel paragrafo: Biglietti e gadgets.
4) Che Moggi, in virtù delle sue mansioni, si preoccupava della gestione dello spogliatoio e di come i media cercavano di sporcare l'immagine pubblica della Juventus. Questo verrà trattato nel paragrafo: Desaparecidos e quarto potere.
5) Che Moggi, per assicurare alla Juventus un certo peso all'interno della Figc, adeguato all'importanza di una società che non poteva permettersi di venire schiacciata dal ben più capillare e invadente potere di Milan, Roma, Lazio e Inter, faceva attività di lobbying collaborando con clubs minori come l'Avellino. Questo verrà trattato nel paragrafo: In Irpinia c'è lavoro.
Eppure, leggendo il dossier che Repubblica dedica a questi files audio, sembrerebbe che intrattenere relazioni con organismi istituzionali preposti per legge alla sicurezza della squadra in occasione delle partite, se non addirittura alla sicurezza della propria famiglia, sia indizio di corruzione; che gestire richieste di biglietti per le partite e di gadgets non possa essere che il pretesto per ordire losche trame; che intessere relazioni con i club minori costituisca una sorta di un abuso di potere, e via dicendo.
Il fatto è che molti preferiscono l'intrattenimento spazzatura.
La Digos
Un dirigente come Luciano Moggi, con alle spalle una trentennale esperienza ad alto livello nel calcio italiano, abituato da sempre a gestire eventi sportivi che possono mettere a repentaglio l'ordine pubblico, è ovvio che col tempo stringa relazioni con funzionari delle forze dell'ordine.
E' il caso, ad esempio, dell'ispettore capo della Digos torinese, Dino Paradiso, un punto di riferimento, tanto che in queste conversazioni i due danno l'impressione di coltivare un rapporto di amicizia ormai consolidato.
Un altro contatto nella Digos è Fabio Basile, a cui ad esempio viene chiesto di occuparsi del servizio di scorta ad Emerson, volato a Roma dove il figlioletto frequenta la scuola. Emerson, dopo il passaggio alla Juve, come mister Capello, era diventato oggetto di odio da parte dei tifosi giallorossi in quanto accusato di aver rinnegato la maglia.
5.1 Quello che hanno fatto prima, dopo e durante è indicibile, a rischio di incolumità fisica[1]
Sabato 5 marzo 2005, a Roma, più che una partita ebbe luogo una guerriglia, in campo e fuori dal campo. In questa telefonata Moggi e Dino Paradiso ne rievocano alcuni momenti salienti. Dino, tifoso romanista, recrimina scherzosamente per il rigore dubbio su Zalayeta concesso alla Juve, Il Direttore sottolinea che il problema non è stato costituito dall'arbitro (che comunque avrebbe dovuto espellere almeno due giocatori romanisti già nel primo tempo), ma dall'ambiente invivibile. "Quello che hanno fatto prima, dopo e durante è indicibile, a rischio di incolumità fisica".
5.2 Moggi a Dino: "Voi partite con la squadra?"
In questa intercettazione si organizza una scorta per la Juve. A 1'15'' Dino rassicura Luciano "Noi ti siamo sempre vicini". E Moggi: "Avvisa che vengono anche quelli della Digos", che lui poi lo dirà al Questore Improta. Moggi: "Io intanto faccio veni' Fabio Basile, quelli che seguono la Lazio". Dino: "Se tu hai bisogno di muoverti la sera, non c'è problema".[2]
5.3 Moggi a Silvana: A Roma c'è un'alluvione
Qui[3] Moggi organizza tramite Digos il trasferimento di due donne dall'aeroporto di Roma all'hotel, di cui una, Silvana Garufi, è la presidentessa del Comitato "Crescere Insieme al Sant'Anna", una Onlus collegata alla Juventus. Silvana è anche un'amica con la quale il Direttore si sente spesso.[4]
I media hanno presentato questa intercettazione secondo il cliché classico del potente che abusa della forza pubblica per agevolare gli amici, senza considerare che le due donne sono comunque persone dell'area Juve e non si sa bene in quale occasione andarono a Roma. Insomma, per giudicare correttamente, probabilmente, mancano alcuni elementi. E' chiaro che, per quel poco o nulla che sappiamo, non si capisce perché le due non potessero prendersi un taxi...[5]
5.4 Io non ce l'ho il numero di Dino Paradiso
Una Silvana Garufi molto turbata chiama Moggi per chiedergli se può aiutarla a rintracciare il recapito del padre di un suo conoscente. Moggi, che sembra un po' disorientato dalla richiesta e soprattutto del tono, la indirizza su Dino Paradiso, ma la Garufi dice di non avere il numero e la chiamata s'interrompe così.
5.5 Alessio ad Alessandro: La patente non è un documento d'identità riconosciuto
Moggi jr, il giorno prima di prendere l'aereo per Maiorca, si accorge che ha il passaporto scaduto (ed è anche privo di carta d'identità). S'informa così presso la Digos se c'è un modo per partire senza i documenti. Alessio, il suo interlocutore, non può risolvergli il problema e alla fine lo sbologna al solito Dino Paradiso. Chissà se poi ce l'ha fatta a partire, viene da chiedersi. Ma Repubblica non risolve il mistero.
5.6 De Nicola a Moggi: Alessio Secco ha sistemato già con Fabio
Moggi chiama il suo collaboratore Nello De Nicola, responsabile del settore giovanile, e gli chiede il numero di Cellino. Poi, tra le altre cose, gli chiede se ha già chiamato A. Secco per sistemare Emerson (vedi anche telefonata 5.20). Nello dice che è tutto a posto, ci pensa Fabio Basile della Digos di Roma che andrà a prenderlo all'aeroporto.[6]
5.7 Giannini a Moggi: Deve far fare qualcosa di buono alla Roma, se no qui...
Fabio Basile passa a Moggi il dirigente della Digos romana Lamberto Giannini che vuole ringraziarlo per qualcosa che non viene specificato. E aggiunge, scherzando: "Se vuole farmi un regalo, deve far fare qualcosa di buono alla Roma, perché se no qui…". Ma a parte la piazza, i rapporti tra le due società ultimamente erano migliorati, come convengono entrambi gli interlocutori.
A Napoli rubano la A
La suocera di Moggi jr subisce una rapina presso il parco Commola, vicino all'appartamento partenopeo del genero. Quattro malviventi su due moto, minacciandola con una pistola, la costringono a scendere dalla Classe A di proprietà di Alessandro e gliela rubano.
Ovviamente, il clan famigliare si attiva sia per denunciare il fatto, sia per cercare di ripristinare un minimo di tranquillità e sicurezza dopo uno spavento del genere. La guardia della Vigilanza che presidiava la zona si è dimostrata inefficiente.
Da queste telefonate si capisce che Lucianone aveva un rapporto molto confidenziale col Questore di Napoli, Franco Malvano (dal 2006 deputato di Forza Italia). Tanto che questi accetta di occuparsi in prima persona della denuncia, mandando una volante presso la casa dei Moggi e facendo interrogare la guardia per capire se e perché ha omesso di intervenire.
5.8 Mamma ad Alessandro: Eh, Nino, quelle so' macchine troppo belle
Alessandro Moggi chiama Monticiano per informare i genitori della rapina.
Parla prima con la mamma, che gli fa un predicozzo sull'inopportunità di girare a Napoli con macchine "troppo belle", invitandolo a usare in quel contesto una più umile Fiat, benché Alessandro le faccia notare che la Classe A non sia esattamente una Ferrari. Poi la donna gli passa il marito, a cui Moggi jr chiede di sentire la Digos di Napoli, ma Lucianone ritiene una soluzione migliore contattare direttamente il Questore Malvano.
5.9 Moggi al Questore: vinciamo il campionato alla grande
Moggi chiama il Questore e gli racconta della rapina. Malvano si fa dare il numero di Alessandro in modo da farlo contattare da un suo funzionario, per la denuncia. Moggi chiede anche di mandare una volante a casa del figlio, dove tutti sono ancora sconvolti, in particolare la moglie Fabrizia. Infine, propone, per la Befana, una scappata insieme a Roma.
Il Questore, in un eccesso di piaggeria,[7] si spinge ad affermare che, pur avendo sempre detestato la Juve, da quando c'è Moggi avrebbe iniziato a tifarla.
5.10 Il Questore a Moggi jr: io sono un amico fraterno di tuo padre
Malvano chiama Alessandro e gli chiede di raccontare l'accaduto e poi gli annuncia che lo chiamerà una funzionario per farsi dare i dettagli per la denuncia. Gli anticipa che indagheranno anche sul custode della vigilanza.
5.11 La Moglie a Moggi jr: l'unica cosa da fare è prendere e andare a vivere in un altro posto
Moggi jr annuncia alla moglie di aver parlato con Fabio Basile allo scopo di assoldare qualcuno che venisse a fare 3-4 giorni di ronda. La ragguaglia dell'intenzione di Lucianone di chiedere al Questore una pattuglia.
Poi i due coniugi si lamentano dell'inefficienza delle guardie della Vigilanza, confrontandosi su quale sia la maniera più opportuna per rivolgere loro le rimostranze a tal riguardo.
La moglie, alle prese con i capricci del figlioletto Luciano, si lamenta della mancanza di sicurezza che si patisce a Napoli, manifestando il desiderio di andare ad abitare in un'altra città.
5.12 Malvano a Moggi: Non ti preoccupare
Il Questore rassicura Moggi: ha mandato "una volante col lampeggiante acceso" da suo figlio, invitandolo, nel caso, a chiamarlo anche di notte.
5.13 Moggi jr alla moglie: Ci hanno fregato la macchina e dobbiamo pure paga'?
Alessandro ragguaglia la moglie Fabrizia sulla telefonata del Questore.
Fabrizia è preoccupata per l'assicurazione dell'auto rubata, dato che Alessandro non si ricorda se ha effettuato il pagamento della polizza, e anche per altri documenti che erano sulla macchina, riconducibili ad Alessandro. Insomma, dopo la dimenticanza del Passaporto per Maiorca, lo sbadato Alessandro ne ha combinata un'altra?
Biglietti e gadgets
Sono numerose le personalità che all'interno delle istituzioni si rivolgono al DG juventino per avere biglietti per le partite o gadgets: funzionari della Digos, Carabinieri, Finanzieri, Questori, uomini politici, oltre a personaggi del mondo dello spettacolo. Ma non è da queste telefonate che si può intuirne il perché, dato che non vi è nulla di illecito, a meno che offrire un passaggio in aereo a un finanziere per vedere la Juve a Madrid sia tale, o addirittura sia da considerare illecito il semplice fatto in sé di avere contatti con Lucianone.
In un paio di telefonate ascoltiamo il Direttore occuparsi in prima persona della questione biglietti: sulla base delle rimanenze, stabilisce l'ordine di posti da assegnare al richiedente, se a pagamento o se gratuito, o, addirittura, se trasformare posti che per "il commerciale" erano a pagamento in posti omaggio.
5.14 Moggi a Lella: le poltroncine da pagamento devono trasformarsi in omaggio.
L'impiegata Lella contatta Moggi per avere l'autorizzazione ad accontentare numerose richieste di biglietti omaggio per la partita entrante. Moggi, prima di decidere, vuole esaminare le rimanenze dei biglietti a pagamento. Poi, Lella gli legge l'elenco dei richiedenti e Moggi dà istruzioni per ciascuno.[8]
5.15 Moggi a Claudia: Non me le dica, non fatichi, tanto non le prendo in esame
In questo file audio, in realtà, ci sono due telefonate distinte: nella prima Moggi chiede a un uomo 45 biglietti di tribuna per l'amica Silvana Garufi e 5 per il giudice Calabrò.
Nella seconda (a 02' 20''), la segretaria Claudia riporta a Moggi altre richieste di biglietti e di Gadgets.[9] Moggi, da par suo, segnala un passeggero in più sull'aereo della Juve per Torino: Ciro Venerato. Non si capisce in che occasione.
5.16 Uomo a Moggi: ti è arrivato il quadro di Padre Pio?
Un uomo che Repubblica indica come "Carabiniere" chiama Moggi, il quale cerca di accontentarlo riguardo a due biglietti per la partita, di cui uno per "la moglie del Generale". Potrebbe essere il dott. Farina di cui Moggi parla con la segretaria Claudia nell'intercettazione precedente.
Alla fine, l'interlocutore chiede al Direttore se gli è arrivato il quadro di Padre Pio: "Poi quando lo vedi è la fine del mondo". Addirittura.
5.17 Moggi a Gino: E' un incarico che non vale niente
Un certo Gino chiama Moggi che dice di essere in riunione. Dopo averlo ringraziato per "quelle due cose" che ha ritirato, gli comunica che hanno trasferito Attardi da Roma a Bergamo come Comandante dell'Accademia di Guardia di Finanza.
Per Moggi è un incarico che non vale niente, Gino prova invece a contraddirlo, senza però riuscire molto convincente.
Attardi, oltre a essere generale della Guardia di Finanza, era un membro dell'Ufficio Indagini della Federcalcio, poi dimissionario una volta finito sotto inchiesta durante Calciopoli.
Desaparecidos e Quarto Potere
Qui ascoltiamo Moggi affrontare due questioni.
La prima, riguarda la gestione dello spogliatoio, di cui abbiamo un esempio nell'intercettazione in cui decide le multe da comminare a tre giocatori bianconeri.
Nella seconda intercettazione ascoltiamo il Direttore farsi leggere da Alessio Secco alcuni articoli di giornale che ruotano su due temi spinosi: le accuse di doping alla Juve e di "posizione dominante" per la GEA. Riguardo a quest'ultima questione, la pubblicazione di questa intercettazione sa un pochino di ripicca da parte di Repubblica, dato che Moggi alla fine sbeffeggia proprio loro.
5.20 Moggi a Secco: A Capello dico che il permesso lo dà quando lo dice a Moggi
Il Team Manager Alessio Secco relaziona Moggi sull'esito di un permesso speciale che Capello, di sua iniziativa, ha concesso ad alcuni giocatori stranieri. Thuram è rientrato con puntualità, ma gli uruguagi Montero, Olivera e Zalayeta non hanno rispettato i termini pattuiti. Il Direttore decide così di comminare una multa di 5.000 euro a ciascuno, riservandosi di fare un cicchetto anche a Capello per non aver prima chiesto l'autorizzazione a lui.[11]
5.21 Moggi a Secco: Mi sa che ci sono rimasti male
Alessio Secco chiama Moggi per leggergli 3 articoli di giornale: uno di Italo Cucci in cui si fanno pesanti insinuazioni sull'utilizzo di doping da parte di alcuni giocatori bianconeri (Del Piero, Tacchinardi, Conte). Come per fare da contraltare, gli legge poi un'intervista del Messaggero a Mattolini (giocatore della Fiorentina anni '60) che racconta di aver fatto uso in carriera di diversi medicinali. Infine, un trafiletto di Repubblica intitolato "la GEA nel mirino dell'antitrust" in cui si riporta una dichiarazione del presidente dell'Antitrust Catricalà che parla di un'indagine in atto sulla GEA, attenuando però le possibili responsabilità degli indagati, specificando che si tratta di normale attività di routine che non presuppone alcuna "posizione ufficiale successiva". Al che Moggi commenta compiaciuto, riferito al quotidiano: "Mi sa che ci son rimasti male".
In Irpinia c'è lavoro
Le intercettazioni restanti, risalenti al novembre 2004, testimoniano delle ottime relazioni allora in corso tra il DG Juventino e la proprietà dell'Avellino, squadra allora in serie C1, al punto che ascoltiamo Moggi esprimere al patron Massimo Pugliese la propria preoccupazione per la gestione tecnica della squadra irpina, fino a convincerlo a sostituire il DS in carica con un altro di sua fiducia.
Il senso profondo dell'interesse moggiano per i destini dell'Avellino risiede probabilmente nelle lotte di potere che deve portare avanti in Federazione. Proprio in quelle settimane, in FIGC sono in corso le trattative per l'elezione del Presidente Federale, con potenti lobbies in pista, come quella che sostiene Carraro (Capitalia e Letta) e quella di Abete (Montezemolo/Della Valle/Margherita/Bnl). Quest'ultima opera per estromettere Mazzini, l'alleato di Moggi, dalla carica di Vice Presidente, a vantaggio appunto di Abete. Per poter contrastare questi giochi ed evitare che la Juventus perda potere in seno alla Federazione, Moggi ha bisogno di mantenere le relazioni con più società possibili, anche di serie minori, dato che portano voti.
Chiamato da Cuccureddu, mister dell'Avellino, che si lamentava del DS Fiore, e avendo avuto conferma di problemi anche da parte del patron irpino, Moggi consiglia a Pugliese di sostituire Fiore con Luigi Pavarese, legato alla GEA e professionista più affidabile.
5.22 Moggi a Massimo Pugliese: Bisogna essere attrezzati a competere
Avendo recepito le lamentele di mister Cuccureddu riguardo al direttore sportivo avellinese Fiore, Moggi consiglia al patron Pugliese di sostituirlo con Gigi Pavarese. "Fiore è un cretino patentato", dice Moggi, fa troppe stupidaggini. Massimo conferma "è un coglione, sparla di tutti".
Pugliese ha delle riserve su Pavarese, teme le reazioni della piazza, dato che in passato avrebbe dichiarato pubblicamente di tifare Napoli, indispettendo gli Avellinesi. Ma ammette che professionalmente è superiore a Fiore. Moggi sottolinea la sua bravura nel tenere i rapporti con le squadre e con la Federazione. I due concordano un incontro alla casa napoletana di Moggi per parlarne, al termine dell'imminente partita dell'Avellino.[12]
5.23 Pavarese a Moggi: Comunque, si tratta della città mia
In questa telefonata ascoltiamo un Pavarese titubante manifestare a Moggi la necessità di "chiarire bene le cose" a lui e al figlio: "non va tralasciato nulla, se no qua non si lavora", aggiunge. Sembra timoroso, probabilmente pensa all'ostilità della piazza dovuta a precedenti dichiarazioni infelici. Ammette di avere in effetti da una parte necessità di lavorare, ma dall'altra sottolinea che "si tratta della città mia". Forse sperava che gli proponessero un'altra piazza: nemo propheta in patria…
Moggi cerca di tagliare corto e di spingerlo a decidersi: gli dice che ha già parlato col presidente e farà fare una paternale a Fiore, per spingerlo a lasciare l'incarico.
Pavarese resta dubbioso: dice che il giorno dopo andrà da Alessandro a Roma, come per rinviare la decisione. E Moggi: "Vabbuo', vi mettete d'accordo e me lo dite".
5.24 Guglielmo a Zavaglia: Hanno cacciato Fiore perché ha parlato male di Alessandro
Questa telefonata (di cui Repubblica non specifica gli interlocutori) non comprende i protagonisti della vicenda Avellino, ma due persone che credo vadano ricondotte entrambe al mondo GEA.
Uno, che si qualifica come Guglielmo, dà l'impressione di essere un DS (Guglielmo Acri?) che cerca di raccomandarsi all'interlocutore, che dovrebbe essere Franco Zavaglia. Infatti, Guglielmo esordisce annunciando di aver saputo che "mandano via Fiore dall'Avellino". A suo dire, pare che Fiore sparlasse di tutti, in particolare del "figlio di Luciano", gliel'avrebbe detto Di Somma. Gugliemo lascia intendere di essere interessato a quel posto, ma Zavaglia risponde a mugugni e non si sbilancia: "Vedo un attimo"… Che sapesse già dell'investitura di Pavarese?
[1] Incredibile la malafede del titolista: "Il poliziotto Digos: ho fregato quelli della Roma". A parte che semmai si tratterebbe di un'affermazione di Moggi, ma soprattutto la "fregatura" non ha nulla a che fare con la squadra di calcio, ma è uno stratagemma (pianificato, a dire di Lucianone, direttamente col beneplacito del ministro degli Interni Pisanu) per evitare di subire un assalto al pullman da parte degli scalmanati ultras giallorossi. E' spassosissimo, per l'appunto, il racconto di Moggi che si vanta con Paradiso di aver beffato i tifosi romanisti appostati con sassi e uova marce per l'arrivo degli juventini, avendo deciso all'ultimo momento di fare un percorso alternativo al previsto, tanto che quasi ne faceva le spese quello giallorosso, che al passaggio davanti agli ultras è stato lì lì per venire scambiato per quello bianconero. La telefonata si chiude con Paradiso che s'informa se Luciano andrà al processo del Lunedì: "No, no, li lasci parla'…" prima di chiedere una decina di biglietti per vedere la Juve.
[2] Inoltre, Dino Paradiso comunica a Moggi che Nicola Cavaliere non è più Questore (a Roma) e quindi non ha biglietti da chiedere. La segretaria del Questore nuovo, Improta, ha chiesto invece 4 biglietti per Roma - Juve e 3 per Juventus - Real Madrid. Vedi anche paragrafo "Biglietti e gadgets".
[3] La prima parte della telefonata, più che un'intercettazione, sembra una registrazione ambientale. Più probabilmente Moggi lasciò per sbaglio il cellulare acceso. L'audio è quindi molto disturbato, ma si capisce che il Direttore sta chiedendo a qualcuno di contattare la Digos per andare a prendere Silvana e Flaminia all'aeroporto e portarle, previa visita dentistica, in hotel. A 4'50'' possiamo invece ascoltare la chiamata in cui Moggi ragguaglia Silvana dell'organizzato prelievo della Digos all'aeroporto, ma senza fermata dal dentista dato che l'appuntamento è previsto per qualche ora più tardi.
[4] Vedi anche QCVCNI 4 / L'illecito non è un pasto a base di tartufi, telefonata 4.3.
[5] Interessante, per altri motivi, un passaggio verso la fine, quando Moggi dice a Silvana: "Possiamo vederci all'una, però dobbiamo sorbirci anche Grazia Fazi". E la Garufi: "Chi è Grazia Fazi? La moglie del…" "Sì". Moggi le chiede inoltre d'intrattenere la Fazi nel caso lui tardasse. Poi chiede del tempo a Torino e finge che a Roma sia in corso "un'alluvione". Silvana lo smaschera subito e i due scoppiano a ridere.
[6] Alla fine, come Repubblica evidenzia nel titolo ("Non riesco a portare il regalo a Vespa"), Nello chiede istruzioni riguardo a Vespa, "per dargli quel coso…" Moggi dice di non riuscire a rintracciarlo, "glielo daremo"…
[7] Moggi invita Malvano a un incontro con Giraudo, il 31 dicembre: "Dobbiamo ripetere la nostra cosa che facciamo tutti gli anni". "Ti ho portato anche le maglie, tutto a posto". Una partita di calcetto? Una messa nera? Chissà…
[8] Moggi, una volta ottenuto di ascoltare le rimanenze, autorizza Lanese, Il presidente del Pescara Paterna, Pazzanese (vedi anche QCVCNI2 / Fragilità Juve, telefonata 2.7) e Pisanu (da mettere vicino a quest'ultimo). Biglietti invece a pagamento per: Pontacolone, Giletti (di solito per sé li chiede omaggio, ma in questo caso sono per amici), Ilio Mariani, Tudor, Malec Zidane, Stasi, Bergamo per Fiorillo (direttore Monte dei Paschi), Ciangola e Ciccio Graziani. Ancora, a pagamento: qualcuno del Djurgardens, Romeo Benetti, Palone, Professor Benech (via Agricola), Antonio Conte e fratello (via Secco), Bartolini (via Lippi), Zerbinati e Cresti (via cugino di Moggi, tal Barazzuoli), un "sorvegliante Telecom", Nuciari (via Inter), Mingolini (via Parma), Bove e Maspero della GdF, Corbo, Improta e Petronzi (via Dino Paradiso), Apolloni. Non vengono autorizzate le richieste da parte dei club Gubbio e Pro Patria.
[9] Il dott. Farina chiede 2 biglietti per quella sera (via Flaminia). Ceravolo chiede di cedere i suoi 3 biglietti alla Diadora, ma Moggi qui dice di lasciare in sospeso la richiesta. Dino Paradiso invece chiede gadgets per 5 agenti della Digos di Palermo.
[10] Ennesimo caso di sciatteria: A 00' 55', comincia la telefonata già analizzata al punto 5.5.
[11] Alla fine, Moggi chiede a Secco di sentire la Digos di Roma per coordinare una viaggio di Emerson a Roma a prendere il bambino (vedi intercettazione al 5.7).
[12] A 6'10'' c'è una seconda telefonata, nella quale sostanzialmente vengono ripetuti gli stessi concetti della prima. Stavolta è Moggi a chiamare M. Pugliese, ricordandogli che si aspettava la chiamata dopo la partita come da accordo. Ma il patron irpino ha la febbre ed è allettato, per questo non l'ha chiamato.
Moggi torna a insistere per "raggiungere la soluzione" riguardo al caso Fiore. Ricorda a Pugliese che l'obbiettivo dev'essere quello della compattezza dell'ambiente e che Pavarese è un professionista. Pugliese ribadisce che l'unico suo dubbio è relativo all'ambiente avellinese.
Ma dato che Cuccureddu continua a lamentarsi di Fiore, Moggi ribadisce che bisogna prendere alla svelta una decisione. Prova così a minimizzare le infelici dichiarazioni incriminate, attribuendole al rammarico di Pavarese per non essere mai stato mai chiamato a lavorare nella sua Avellino.
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/3: Per la Signora i preliminari contano
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Premessa. Il frammento di conversazione che segue, preso da qui, è stato intercettato dalla procura di Torino il 15 settembre 2004:
Pairetto: "Avevo fatto mettere Meier appunto perché è un arbitro molto... "
Facchetti: "Sì perché a Valencia…"
Pairetto: "Affidabile, no no lì a Valencia è un ambientino...bello tosto, anche se ieri è stato un bel risultato, lui è stato bravo"
Come si vede, il compianto Giacinto Facchetti si rivolgeva tranquillamente al designatore Pairetto per avere rassicurazioni sulle designazioni per le partite di Champions della sua Inter. D'altronde si trattava di una prassi comune e consolidata, niente di illecito o sportivamente sleale.
Il gruppo di intercettazioni che sto per analizzare contiene appunto una serie di conversazioni incentrate su una designazione arbitrale europea, quella del ritorno dei preliminari di Champions League svoltosi il 24 agosto tra gli svedesi del Djurgardens e la Juventus.
All'andata le cose erano andate maluccio, sia dal punto di vista del risultato - un 2-2 casalingo che non lasciava tranquilli - che da quello arbitrale, per alcuni errori che avevano penalizzato la Juventus. I dirigenti bianconeri speravano quindi che l'arbitro del ritorno fosse preparato e affidabile, capace cioè di evitare errori che rischiassero di compromettere una qualificazione così importante, anche dal punto di vista economico.
Il tutto senza ovviamente dimenticare che, come dice a un certo punto Giraudo, "è chiaro che dobbiamo fare la partita noi".
Purtroppo, durante l'estate di Farsopoli, anche brani di queste conversazioni sono stati fraudolentemente travisati per infangare la dirigenza juventina.
3.1 Pairetto a Moggi: C'era solo la segretaria bassa
Come il rapinatore in banca, nella fretta di infilare nel sacco più banconote possibili, può portarsi via pure qualche cartaccia, qui il giornalista infila sul web una telefonata del tutto insignificante della durata di 20 secondi, in cui il Direttore chiama Pairetto per chiedere "se ha saputo qualcosa". Questi risponde che non è ancora riuscito a parlare con la "persona", perché c'era solo "la segretaria bassa".
Una menzione speciale per lo strepitoso esempio di malafede va al titolista di Repubblica, che la etichetta così: "Moggi: Le bugie con Giraudo". Delirio.
3.2 Pairetto a Moggi: E' Cardoso
E' Ferragosto. Pairetto si trova in montagna e chiama Moggi per annunciargli la designazione del ritorno del preliminare di Champions. Si tratta dell'arbitro portoghese Cardoso. E' buono, sostiene: "E' stato già in Italia con noi".
E' una telefonata breve, finalizzata solo alla comunicazione del nominativo dell'arbitro. I due si concedono solo qualche battuta di prammatica: Moggi chiede: "come sono andate le partite?". Per Pairetto, in comode panciolle vacanziere, è andato tutto bene, "non c'è stato nulla", anche se non ha ancora letto i giornali.
Poi si rimandano a un futuro ipotetico incontro a Torino, qualora ce ne fosse l'occasione.
3.3 Moggi a Pairetto: E' Paul Green
Verrebbe da dire: anche le cupole fanno cilecca.
"All'anima di Cardoso!", esordisce infatti Moggi in questa intercettazione, "E' Paul Green".
Pairetto trasecola: "E' successo allora qualcosa. Si vede che è stato male o qualcosa del genere".
"Informati un momentino", chiede il sospettoso capocupola. E aggiunge: "Io intanto c'ho aperto".[1]
Qualche domanda.
Che diavolo di affiliato di cupola è mai Pairetto se deve fare tutto Moggi, dato che è proprio lui a correggere il designatore?
Ma soprattutto, chi caspita è Paul Green? E perché Pairetto, che dei due dovrebbe essere l'esperto di arbitri europei, non pone questa domanda a Moggi dato che un arbitro con tale nome non esiste?
Man mano che ci si addentra nell'ascolto di queste intercettazioni, dalla tanto strombazzata testimonianza di un drammatico sistema di malaffare, si ha sempre più l'impressione di scivolare verso la commedia grottesca stile Totò Peppino e la Malafemmina!
3.4 Moggi a Giraudo: E' Graham Poll
Finalmente al nostro rimpianto ex Direttore riesce di pronunciare correttamente il nome dell'arbitro designato per il benedetto incontro di Stoccolma: Graham Poll. Cardoso, come spiega a Giraudo, si è infortunato.[2]
Moggi valuta Poll buono per le partite in trasferta e si augura che l'UEFA abbia "a cuore le sorti della Juve", più o meno lo stesso pensiero di Giraudo. Il che, ovviamente, non significa che sperino in "favori", anzi, pare chiaro che i due desiderino solo che la Juve possa fare la propria partita senza subire torti arbitrali, data la netta superiorità dello squadrone bianconero (il match poi finirà 1-4 per la Juve).
Tanto è vero che la conversazione vira alla svelta sull'umore della squadra in vista della sfida. Giraudo è soddisfatto dell'ambiente che si sta creando: parla bene di Capello, Tacchinardi, Zebina, Nedved. Vede dei notevoli miglioramenti rispetto alla poco fortunata stagione precedente. Trova azzeccata anche al scelta dello staff tecnico e in particolare parla in termini entusiastici di Galbiati. Di Capello loda la grande professionalità.[3]
La telefonata si chiude col Direttore che parla di trattative di mercato ancora in corso,[4] finché Giraudo saluta dicendo che andrà a giocare a calcetto.
Questa intercettazione dà l'idea di essere stata pubblicata solo per documentare il funambolismo telefonico di Moggi, alle prese con ben tre chiamate contemporaneamente.
Repubblica la titola "Tre telefonini", ma in realtà due chiamate sembrano avvenire sulla medesima linea, dato che si ascoltano anche le voci dei rispettivi interlocutori. Una avviene invece su una linea non intercettata, dove il Direttore si limita a parlare di visite mediche in corso, con una donna sembrerebbe.
La prima chiamata, sulla linea intercettata che dovrebbe essere quella di casa Moggi, è di Pairetto dall'UEFA, che esordisce complimentandosi di non si capisce bene cosa, forse del passaggio in Champions, ma più probabilmente dell'acquisto di Ibra, dato che parla di una "notizia arrivata qui dall'Olanda".
Ma Moggi preferisce portare il discorso su "sabato", e cioè sul trofeo Berlusconi appena disputato (28 agosto, 1-0 per la Juve), per il quale si lamenta degli errori dell'assistente Saglietti. Fa riferimento a una sua previsione che si sarebbe avverata: "Quando io vi dico qualche cosa, mi date anche contro". Pairetto ammette, ma minimizza. E Moggi "Però vengono tutti da Bologna.
Al che il designatore ribatte che un altro bolognese, Stagnoli, avrebbe invece fatto sempre benissimo, ma Moggi insiste: "Nella maggior parte dei casi i problemi li creano questi qui".
Ma guarda un po'. E se invece della pseudo-filo-moggiana "combriccola romana" fosse esistita una anti-juventina "combriccola bolognese"?[5]
Poi il Direttore viene interrotto dalla chiamata di una donna, una segretaria sembra, a cui chiede di attendere per rispondere al misterioso interlocutore delle visite mediche. Quando finalmente si libera, si ascoltano alcune battute con la segretaria che gli parla di non specificati fax, finché l'intercettazione viene tagliata malamente.
[1] Pare che Moggi intenda dire che terrà il telefonino acceso e/o libero in attesa della chiamata, ma gli inquirenti hanno colto la palla al balzo, facendo passare tale modo di dire come una parole d'ordine per passare all'utilizzo delle fantomatiche schede non intercettabili. In tal caso, perché allora non hanno usato la scheda svizzera anche per questa chiamata? L'argomento per il quale si rimandano a più tardi non è lo stesso?
[2] Eh, certo: Pairetto sarà ricorso a una segretissima scheda svizzera per comunicare al Direttore un'informazione così scottante e decisiva per le attività criminose della cupola.
[3] Giraudo sembra risentito nei confronti di Lippi, uno che, a suo dire, parla solo "di figa, di pesca" (a differenza del nuovo staff tecnico: "questa invece è gente concentrata sul lavoro"). Addirittura, secondo lui non arriverà neanche ai Mondiali, e critica il fatto che in Islanda non abbia lasciato entrare Abete nell'albergo. Moggi lo asseconda, definisce Lippi un insicuro, dice che continua a chiamarlo, che continua "a raccomandarsi" Secondo Giraudo non ha carattere e prevede che troverà l'opposizione dei giocatori più importanti e della stampa.
Anche questo passaggio venne molto enfatizzato durante Farsopoli, e infatti Repubblica titola questa intercettazione: "Giraudo a Moggi: Lippi non arriverà al Mondiale".
In effetti, è vero, queste parole suonano sgradevoli. Avendo appena concluso la collaborazione con Lippi, M&G si rassicurano a vicenda sulla bontà di chi l'ha sostituito anche malignando su chi non c'è più. Non è bello.
Ma…ma…
Cosa c'entra questa conversazione con ipotesi di illeciti? Perché conversazioni private senza alcuna rilevanza penale vengono diffuse a solo scopo di becero gossip?
Chi è peggio, due liberi cittadini che malignano al telefono su un ex collega o dei pubblici ufficiali che li spiano e, ILLEGALMENTE, passano alla stampa le loro conversazioni?
[4] In particolare, Moggi parla della trattativa in corso per Cannavaro. Paco (Casal, il procuratore di Carini) gli avrebbe rivelato le parole che il dirigente interista Branca avrebbe detto al giocatore: sarebbe finito ovunque tranne che alla Juventus. Fedele (procuratore di Cannavaro) gli avrebbe detto che gli interisti aspettavano l'esito dei preliminari e, nel caso si fossero qualificati, allora sarebbe rimasto per far numero. A quel punto Cannavaro sarebbe andato a parlare con Ghelfi chiedendo di farsi vendere e minacciando di non andare agli allenamenti (Vedi anche l'intercettazione 1.1 Moggi: ma ti rendi conto: Cannavaro?, già analizzata in "Bravura Juve").
[5] Vedi anche l'intercettazione 1.5 Moggi a Giraudo: In effetti Berlusconi è andato nello spogliatoio, ha preso il pettine e l'ha pettinato, già analizzata in "Fragilità Juve". In particolare, quando Moggi dice: "E' stata una cosa perfetta. Però resta il fatto che Salienti non verrà più con noi… fa parte degli assistenti bolognesi e ha fischiato quel fuorigioco di Zalayeta che non sta né in cielo né in terra… l'ha detto anche lui".
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/2: Fragilità Juve
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- By Mario Incandenza
Non solo non ce l'hanno contata giusta, con la farsa di Calciopoli, ma hanno avuto pure la spudoratezza di pubblicare la prova delle loro malefatte.
Altro che "Potere Juve"! Ascoltando bene le intercettazioni che vado ora a commentare, si capisce che la realtà era proprio il contrario di quel che è stato fatto apparire.
Moggi capocupola? Una barzelletta. Il Direttore si arrabattava come poteva per arginare un potere molto più grande di lui, cercando di recuperare informazioni sulle trame che gli altri tessevano ai danni della Juve. Mentre Giraudo, da par suo, abbandonato economicamente dalla proprietà (e alquanto malvisto…), cercava di stare a ruota del ricco carro milanista, restandone inevitabilmente subordinato.
E' incredibile che si sia fatta passare la Juventus come la grande burattinaia del mondo arbitrale, quando veniamo a scoprire che nell'estate 2004 alla CAN tutti "puntano su Milan e Inter" e si compiacciono del fatto che Montezemolo vuole far fuori la Biade. E Bergamo? Un nemico. Magari da blandire invitandolo a cena, sperando che trovi il tempo per loro.
Ma allora, chi deteneva il vero potere? C'era la politica romana che faceva forti pressioni a favore delle squadre capitoline. C'era la dirigenza milanista che intratteneva strettissimi rapporti con la classe arbitrale, mentre gli juventini venivano tenuti a distanza. Addirittura, scopriamo che Berlusconi faceva pressioni in prima persona sui designatori.
Quanto alle alleanze in FIGC, il ruolo di Mazzini risulta in definitiva molto poco incisivo.
M&G stessi sono consapevoli di rappresentare l'anello debole del sistema e nelle loro conversazioni cercano di rinfrancarsi a vicenda: "da spettatori non lo faremo mai, perché fino all'ultimo romperemo i coglioni". Di una cosa in particolare erano fieri e ne facevano un segno di distinzione: "Noi abbiamo l'abitudine di vincere con le nostre forze".
Signori, questo è "Stile Juve". Altro che balle.
2.1 Moggi a Giraudo: Quindi noi siamo accantonati un'altra volta? [1]
Questa conversazione fornisce una delle tante prove che Luciano Moggi e Antonio Giraudo non erano a capo di alcuna cupola. E comunque, se anche una cupola esisteva, i due ne erano semmai esclusi. Ma forse è proprio per questo che è stata per lo più trascurata dai media.
Infatti, i dirigenti bianconeri si dimostrano qui molto preoccupati dai maneggi degli altri grandi club e reputano di vitale importanza aprire canali per avere "informazioni" riguardo alle trame del "Palazzo". A questo proposito, Moggi (a 1'30'') si vanta di avere trovato una fonte in un "ragazzo di Roma di Atalanta" (Atalanta è il soprannome del designatore Bergamo), alludendo probabilmente a Manfredi Martino, segretario alla CAN. Questi gli avrebbe riportato la seguente confidenza ricevuta da Bergamo: "Quest'anno è Milan-Inter". Ma Giraudo lo contraddice (almeno in parte), dato che Galliani gli avrebbe confidato che "puntano tutti sull'Inter".
Successivamente Moggi riporta una seconda soffiata del "ragazzo di Atalanta" che rovescia completamente l'immagine tanto cara ai media (tra cui Repubblica stessa) della contiguità con i designatori. Infatti, Bergamo avrebbe rivelato a Martino: 'tanto Moggi e Giraudo alla fine dell'anno Montezemolo li manda via".
Giraudo non la prende affatto bene e insulta "Atalanta", mentre Moggi si chiede: "Come si fa ad arrivare fino a questo punto?" e prova a ipotizzare la ragione di tale ostilità: "gliel'avrà detto in un momento di rabbia, perché ha dovuto mandare via questa qua". Appare chiara l'allusione all'affare Fazi, e cioè alla segretaria della CAN allontanata perché accusata di intrattenere rapporti sospetti con alcune società, in particolare Milan e Roma. In altre intercettazioni ci sono allusioni più esplicite a questo scottante retroscena.
A questo punto, Moggi pone una domanda molto eloquente: "Quindi noi siamo accantonati un'altra volta?”
Signori, questo sarebbe un dubbio da capocupola? Tanto capocupola da ipotizzare poi che Galliani stesse facendo il furbo con Giraudo, che cioè tramite la confidenza fattagli volesse "scaricare l'Inter" e "usare noi". A questo proposito, si raccomanda con Giraudo affinché non si facciano usare dal dirigente milanista: "Bisogna trovare qualche sistema" dice…
2.2 Moggi a Giraudo: Noi siamo impotenti di fronte a una cosa del genere [2]
I due dirigenti juventini sono molto preoccupati dei maneggi che avvengono alla CAN. "E' cominciata la verifica di quello che mi disse il ragazzino", dice Moggi (02' 18''), che ce l'ha in particolare con Bergamo per una designazione.[3] "Evidentemente" commenta "hanno subito delle pressioni, su questo non ci piove. Sicuramente gli avranno detto: no, quello no". Giraudo allora si rammarica di non avere "sfiduciato" il designatore toscano, creando un problema che si porteranno dietro tutto l'anno. "Adesso bisogna martellare, fare e disfare, ma sappiamo che sarà così tutto l'anno" dice.
Dunque non era vero che M&G designavano. Anzi, le pressioni più forti erano di segno opposto.
In particolare qui sono preoccupati da forze riconducibili alla Roma, perché Moggi collega questo problema niente meno che a un "casino scoppiato per Gilardino", e cioè un'interpellanza parlamentare orchestrata dai "romanisti" contro Berlusconi. E aggiunge: "Quando mi dissero di Capitalia, cominciai a crederci anche". E Giraudo: "Fanno tutta una roba attorno che non c'entra niente… è una cosa incredibile!".
A questo punto arriva uno dei passaggi a mio avviso più significativi di queste conversazioni, direi quasi toccante. Comincia a 4'36'', lo riporto per esteso:
Moggi: "Noi siamo impotenti di fronte a una cosa del genere. Dobbiamo solo fare da spett… cioè, da spettatori non lo faremo mai, perché fino all'ultimo romperemo i coglioni a tutti… però, noi siamo i più deboli di tutti, nell'anello….”
Giraudo: "In questo momento, è sicuro. Non siamo forti né a livello industriale, né a livello politico. Non c'è dubbio che sia così. Lo eravamo anche prima, solo che prima c'era una figura, e adesso non c'è più".
Eccolo qui, il potere Juve. Ecco i presupposti di Farsopoli. Moggi e Giraudo erano l'anello debole del sistema e qualcuno lo spieghi al professor Guido Rossi o a Francesco Saverio Borrelli.
Quanto al resto della telefonata, si tratta di ordinaria amministrazione e in particolare verte sul calciomercato in corso.[4]
2.3 Bergamo: Fammi andare domattina in Federazione e vedrai che casino faccio
Moggi invita Bergamo a cena a casa di Giraudo, vuole riportargli ciò che gli avrebbe detto Carraro: "ce l'ha con te di brutto", gli rivela.
Per provare a spiegare il senso di questo invito non si può non tornare alle confidenze del "ragazzo di Atalanta", e cioè al sospetto che il mondo arbitrale fosse stato indirizzato a favore di Inter-Milan. Probabilmente i dirigenti juventini volevano vederci chiaro. E probabilmente non solo su questo, data l'altra confidenza del "ragazzo" sulle voci su Montezemolo intenzionato a far fuori la Triade. Si pensi anche alla frase "Bisogna trovare qualche sistema".. (vedi 2.1).
Ma la rivelazione su Carraro con la quale Moggi cerca di blandirlo non è affatto nuova a Bergamo, il quale parte con una pesante e colorita sequela di insulti all'indirizzo dell'allora Presidente della Federazione. Pare infatti che gli avesse appena fatto una scenata talmente feroce da spingerlo a pensare di lasciare l'incarico. Il designatore auspica che "non scoppi questo casino, che ci andiamo di mezzo tutti", ma è davvero avvelenato. In particolare, si dice ferito del fatto che Carraro gli abbia mancato di rispetto di fronte al gruppo: "Mi ha detto che sono un uomo privo di qualsiasi credibilità… Luciano, quanto è vero Iddio me la paga".
Moggi cerca di calmarlo "Dobbiamo aggiustare le cose", ma Bergamo è un fiume in piena e minaccia le dimissioni con tanto di dichiarazioni di fuoco ai giornali. E quando per l'ennesima volta il Direttore gli ripete l'invito a cena, Bergamo risponde "se sono sempre alla CAN vengo, se no non vengo" e chiude minacciando di andare in Federazione la mattina dopo "a fare un casino".
2.4 Previti a Galliani: Guarda che lo vuole Berlusconi
Se Luciano Moggi cerca di aprire dei canali di comunicazione per intuire i maneggi che avvengono alla CAN, qui e in altre intercettazioni Antonio Giraudo è colui che marca stretto il presidente della Lega Galliani, il grande tesoriere dei diritti televisivi.
In questa conversazione, prendendo spunto dall'andamento del calciomercato, e in particolare da alcune trattative in corso con la Lazio di Lotito, Giraudo racconta un aneddoto molto interessante. Galliani, infatti, gli avrebbe appena confidato di aver litigato con Previti che insisteva perché "aiutasse" il presidente laziale. Ovviamente, per dare peso alle proprie richieste, Previti gli avrebbe detto di riportare una precisa volontà di Berlusconi, al che Galliani avrebbe riposto "Se Berlusconi vuole che dia dei soldi a Lotito, che me lo dica di persona".
Dunque, e ancora una volta, appare chiaro che i favori nel sistema calcio non si chiedevano a Moggi e Giraudo, ma semmai a qualcun altro. Qui, come altrove, appare fin troppo palese che i dirigenti juventini non comandavano alcun potere occulto, ma semmai cercavano di non farsi sopraffare dal ben più decisivo potere altrui.[5]
2.5 Moggi a Giraudo: In effetti Berlusconi è andato nello spogliatoio, ha preso il pettine e l'ha pettinato
Questa telefonata dovrebbe essere del giorno successivo al Trofeo Berlusconi. Infatti, a 5'40'', Giraudo racconta a Moggi di un pranzo post partita in cui Berlusconi, Galliani e Meani si siedono al tavolo con la quaterna. Notare l'amministratore delegato juventino, terribile affiliato della cupola, che si descrive alle prese con un poco dignitoso "tallonamento" dei dirigenti rossoneri. Ma soprattutto, Moggi che aggiunge al quadretto un altro interessantissimo dettaglio: Berlusconi sarebbe andato negli spogliatoi a riprendere duramente Pairetto (qui soprannominato Pinochet).
A questo punto non si possono non constatare due fatti eclatanti:
1) Meani non era un signor nessuno ai margini del Milan, ma partecipava alle cene con gli arbitri assieme a Galliani e Berlusconi.
2) Le pressioni ai designatori non le facevano solo l'addetto agli arbitri lodigiano e magari Galliani, ma addirittura Berlusconi in persona, "col pettine suo".
Giraudo, che dopo aver cercato di stare a ruota dei ben più potenti dirigenti milanisti pare ora in preda a una specie di sindrome di Stoccolma, commenta: "Tanto è andata meglio così, così questo qui non lo ammazzano". E Moggi, come per cercare di rassicurarsi, aggiunge: "E' stata una cosa perfetta. Però resta il fatto che Salienti non verrà più con noi… fa parte degli assistenti bolognesi e ha fischiato quel fuorigioco di Zalayeta che non sta né in cielo né in terra… l'ha detto anche lui".
Quanto al resto della telefonata, assistiamo al solito tormentone su Lotito, qui etichettato, tra le altre cose, come "benemerito cretino". Per Moggi i politici "sono stati matti a dare in mano la Lazio a Lotito", a cui dà pure del pazzo e del vanesio.[6]
2.6 Moggi: Meno male che abbiamo l'abitudine di cercare di vincere con le nostre forze [7]
La conversazione si apre con uno scambio di battute alquanto sibilline su una confidenza che avrebbe ricevuto Moggi nientemeno che da un ministro (Pisanu?) e che riguarda un misterioso discorso che Galliani[8] aveva già fatto a Giraudo. I due stanno volutamente nel vago, come se sospettassero di essere ascoltati. Non si può capire con certezza a cosa si riferiscano, anche se vien da pensare ai poco amichevoli progetti di Montezemolo nei loro confronti, già citati in altre telefonate.
Ma la frase fondamentale la pronuncia Moggi al minuto 2'40' (vedi titolo):
"Meno male che noi abbiamo l'abitudine di fare sempre le cose per noi e basta, e cerchiamo di vincere ma con le nostre forze".
Si tratta di una chiosa al resoconto di un Ansa in cui l'avvocato del Chievo commenta la condanna sportiva in primo grado di alcuni dirigenti di Siena e Chievo per un procedimento scaturito dalle inchieste delle procure di Napoli e Ancona sulle scommesse. Il legale avrebbe definito le accuse "baggianate" chiedendosi perché "non si indaga su tutte". Ci sarebbe anche, a suo parere, Reggina-Milan, partita di fine stagione che aveva consentito ai calabresi di salvarsi grazie a un Milan molto remissivo, data l'ormai matematica vittoria dello scudetto.
Giusto per ribadire il concetto, Lucianone, nel raccontare l'episodio a Giraudo, aveva esordito così: "Meno male che noi non abbiamo l'abitudine di comprare né di vendere cose a nessuno. Noi facciamo la nostra strada".
2.7 Mazzini a Moggi: guarda caso, tutti i nostri amici cercano di farli fuori
Innocenzo Mazzini, vice-presidente della FIGC, rappresenta in Federazione, per così dire, un "esponente politico di area juve".
D'altronde, tutti i maggiori club si giocavano la partita del potere stringendo alleanze di questo tipo, se non piazzando direttamente propri uomini. Di certo, non si può dire che il funzionario toscano rappresentasse la pedina più influente dello schieramento: le romane ad esempio, tramite Capitalia, avevano dalla loro la Presidenza, e cioè Carraro.
In questa conversazione Mazzini esordisce sottoponendo a Moggi il caso di Pazzanese,[9] dirigente amico escluso dalla lista dei delegati UEFA da una manovra poco cristallina da parte di esponenti di una "cordata" avversa ("Ghirelli, Di Cesare e tutta la batteria"). "L'hanno fatto anche con Lulli", spiega Mazzini, "Guarda caso, tutti i nostri amici cercano di farli fuori".
Passatoglielo da Mazzini, Moggi prova a dare un consiglio a Pazzanese: "Non bisogna avere paura di entrare in conflitto con qualcuno", ma il funzionario federale risponde che lo farebbe più volentieri "con le spalle coperte". E' evidente che la "cordata" (o le cordate…) avversa in FIGC è soverchiante, mentre quella di Moggi e Mazzini un po' deboluccia.
In generale,[10] Mazzini fa il resoconto di una serie di situazioni le quali, benché non del tutto chiare, evidenziano lo scarso potere che ha in Federazione: parla di indicazioni disattese da parte del "nostro amico", facendo i nomi o semplicemente alludendo ad alcuni arbitri e assistenti; parla di "gran baraonda" e di aver visto Carraro "malissimo". Moggi risponde di avere "i coglioni pieni", ma di "non voler mollare". Per Mazzini il momento sarebbe cruciale, tanto che il giorno dopo avrà un incontro con "Petrucci e loro".
Alla fine, Moggi si ripropone di sentire Ghirelli per la questione Pazzanese e Mazzini gli ricorda di citare anche Lulli, definendo la situazione "allo sfascio". E aggiunge: "Però, siccome si potrebbe perdere il potere, io voglio lottare fino in fondo". E Moggi: "Non si perde niente, perché si fa il culo prima di perderlo", consigliando di aspettare a vedere "che piega prende la continua lagna di Carraro" e comportarsi di conseguenza.
[1] Molti giornali, durante Calciopoli, hanno enfatizzato, in questa intercettazione, la frase di Moggi: "Con Gigi è una cannonata". In realtà si riferisce al contatto che ha con Pairetto in quei giorni in virtù del suo ruolo nella commissione arbitrale UEFA. Infatti, Giraudo ricorda che ora "deve impegnarsi per Stoccolma". Come si evince da altre telefonate (dovremmo trovarci a metà agosto 2004), si allude al ritorno dei preliminari di Champions League con gli svedesi del Djurgarden, per il quale i dirigenti juventini sperano nella designazione di un arbitro esperto che garantisca una direzione equa, a differenza di quella a loro avviso infelice dell'andata di Torino finita 2-2. Piuttosto, di questo passaggio, inquieta quando Giraudo chiede a Moggi come "tira l'aria a Sportilia, non è come l'anno scorso?". E cioè, verrebbe da pensare che intenda, "non è come quando c'era la Fazi alla CAN?".
[2] Repubblica titola l'intercettazione "Giraudo a Moggi: Lotito lo carico contro tutti". Ma, a parte che semmai è "Moggi a Giraudo", al solito la frase è estrapolata dal contesto in maniera tendenziosa. La realtà è che i due, come si evince pure da altre conversazioni, in quei giorni stavano cercando acquirenti per piazzare Iuliano. In particolare, Moggi stava cercando di convincere Lotito, ma Caso si opponeva. La frase "lo carico contro tutti" è una spacconata di Lucianone che spera di convincere il presidente della Lazio a non considerare il parere del mister.
[3] Moggi: "Improvvisamente a Milano non va più quello indicato. E siccome non possono mandarci il loro, ne vorrebbero mandare un terzo". Dovrebbero riferirsi al Trofeo Berlusconi… ma non ci era stato raccontato che era stato Moggi a sceglierlo? E soprattutto, perché tutto questi problemi per la designazione di un'amichevole?
[4] Si parla delle misure da prendere contro i concorrenti di calciomercato (la Roma che sta su Ibra, il Real Madrid su Cannavaro), delle insicurezze di Capello riguardo alla competitività della squadra, e soprattutto su incassi da fare: innanzitutto i 30-40 milioni che garantirebbe il passaggio del preliminare di Champions; poi i diritti televisivi delle amichevoli estive, dei quali Moggi discute con Romy Gai passatogli da Giraudo.
[5] Oltre all'episodio di Previti, non ci sono altri passaggi particolarmente degni di nota. Si parla delle trattative di mercato in corso, di acquisti e di cessioni: Cannavaro, Miccoli, Iuliano, Baiocco. Giraudo insiste sulla cessione di Iuliano. In generale, i due dimostrano di avere una pessima considerazione di Lotito.
[6] Le trattative in corso col neo-presidente laziale offrono diversi spunti di derisione nei suoi confronti. I due provano ad ipotizzare un'offerta: metà Miccoli, Baiocco e Iuliano gratis (Giraudo non vede proprio l'ora di sbolognare il difensore), in cambio di Cesar e 10 milioni, ma poi convengono che sarà inutile perché "10 milioni non ce li ha" e che sarà "una perdita di tempo". Lotito cerca invece uno scambio alla pari Miccoli-Cesar, e Moggi si lamenta di aver ricevuto la risibile proposta alle 2.30 di notte.
Ma Giraudo non si rassegna: "metà Miccoli e Iuliano per 10 milioni". E, come in una specie di tormentone, ripete "Piazzagli Iuliano". Ma è dura, dice: "primo è pazzo, secondo è vanesio, terzo non c'ha una lira".
Alla fine, i due si danno appuntamento per il giorno dopo, al pomeriggio, a Milano, per chiudere con Cannavaro.
[7] Di questa telefonata Repubblica sottolinea invece l'ultima parte, quella in cui si parla di una riunione in Lega alla cui uscita si era parlato di diritti televisivi (Giraudo: "la Mazzoleni rompeva i coglioni col contratto dei diritti"). L'AD avrebbe usato questo argomento per fare pressione su Baldini e Sensi per "mettere a posto Emerson". Moggi approva: "Bisogna farlo contestualmente, altrimenti ci fottono. Quella è gente senza faccia". E Giraudo: "Son deficienti, son poco di buono. Bisogna starci attenti".
La canea forcaiola del 2006 volle vedere nell'intercettazione la prova di una sorta di potere ricattatorio juventino, fondato sui diritti televisivi Sky, finalizzato a strappare i giocatori più forti agli avversari, in questo caso Emerson alla Roma. Ma al solito si tratta di pura fantasia, anche perché la Roma firmò il contratto con Sky nel novembre seguente, più di due mesi dopo la cessione di Emerson, avvenuta con la piena soddisfazione della società capitolina, che riuscì a strappare alla Juve 15 milioni più Brighi. I diritti televisivi erano entrati a un certo punto nella trattativa sotto forma di un quadrangolare (per quattro anni, con proventi di sponsor e TV a favore della Roma) che i bianconeri volevano mettere sul piatto insieme ai 15 milioni già offerti (vedi qui). In questa telefonata, Moggi e Giraudo fanno considerazioni sull'opportunità di organizzare il quadrangolare (appunto comprensivo di diritti televisivi per la Roma) solo contestualmente alla cessione di Emerson, sospettando che i dirigenti romanisti volessero usare il centrocampista brasiliano solo come specchietto per le allodole. Tra l'altro la Guardia di Finanza indagò sul caso, perquisendo addirittura la casa di Emerson e controllando i suoi conti, stabilendo alla fine che era tutto in ordine.
[8] La fonte di Galliani sarebbe stata Berlusconi, che a sua volta sarebbe stato informato dal ministro stesso.
[9] E' Pazzanese in persona a raccontarlo al Direttore: dopo essersi occupato dell'organizzazione della finale di Champions a Milano nel 2001, l'Uefa l'aveva promosso a delegato, "quello che tu incontri quando fai le partite di Champions League" (notare come da queste spiegazione si capisce che Moggi è poco addentro alla materia…e in certi momenti sembra ascoltare più che altro per cortesia...), oltre a far parte di un "pannello" di esperti che si occupano di biglietteria. Ora, grazie a un amico nell'UEFA, ha saputo che la FIGC ha depennato il suo nome dall'elenco dei nominativi dei delegati italiani in scadenza che biennalmente bisogna presentare. La sua ipotesi è che sia stato il collega Di Cesare all'insaputa dello stesso Carraro, per una meschina questione di protagonismo e invidia, per avere cioè l'esclusiva nei rapporti con l'Uefa.
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/1: Bravura Juve
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Le 5 conversazioni telefoniche che andiamo ad analizzare, risalenti all'estate 2004, testimoniano della bravura di Luciano Moggi nel suo lavoro, che era quello di ingaggiare, per il club che lo stipendiava, campioni di livello assoluto come, in questo caso, il Pallone d'oro 2006 Cannavaro e il fuoriclasse interista, scalpo di calciopoli, Zlatan Ibrahimovic.
Di queste telefonate, nel maggio 2006 vennero presentate al pubblico solo trascrizioni parziali e assemblate in maniera subdola e tendenziosa, per far credere ai lettori che il talento del Direttore juventino nascondesse oscure pratiche illecite.
Invece, ascoltando le telefonate nella versione completa, non si può fare a meno di notare come non contengano illeciti, né tantomeno alcun tentativo.
E' del tutto fuorviante parlarne senza tenere conto che si tratta di conversazioni frutto di un contesto, quello dei procuratori e manager di società sportive, in cui vengono spostate anche decine di milioni di euro alla volta. Se ne può discutere lo stile, il linguaggio e il tono, ma, in assenza di indizi di illeciti, non certo la legittimità.
1.1 Moggi: ma ti rendi conto, Cannavaro?
Ascoltando questa intercettazione si ha un saggio della bravura di Moggi e, implicitamente, dell'incompetenza dei dirigenti dell'Inter. Non c'è né illecito, né mancanza di etica, ma solo una normale trattativa di mercato che sta per essere perfezionata sul finire dell'agosto 2004.
Colpisce molto la conversazione con Ghelfi che Moggi riferisce al suo interlocutore Fedele, il procuratore di Cannavaro: la sera prima, infatti, a dire del Direttore, il vice presidente dell'Inter gli aveva fatto capire che il futuro capitano della nazionale campione del mondo e Pallone d'Oro 2006 non era particolarmente apprezzato dai nerazzurri, dato che intendevano trattenerlo solo per far numero nel caso in cui l'Inter avesse passato i preliminari di Champions.
Per questo motivo, Moggi invita Fedele a darsi da fare per il suo passaggio alla Juve, come da titolo Repubblica, tendenziosamente enfatizzante l'uso dell'imperativo: "Moggi a Fedele: fai fare subito Cannavaro". D'altronde, lui, Lucianone, che di calcio ci capisce, crede in Cannavaro e intende valorizzarlo.
1.2 Moggi: Cannavaro vuole la Juve
In questa conversazione Moggi e Giraudo si confrontano sull'andamento della campagna acquisti della Juve, pianificano il trasferimento dei nuovi acquisti a Torino all'insaputa dalla stampa, parlano di compensi e di diritti d'immagine. Oltre alle trattative in corso (Cannavaro, Ibrahimovic, Emerson), ne ipotizzano altre: Cesar, Zauri ed eventuali contropartite.
Il titolo originario di Repubblica "Cannavaro all'Inter rifiuta tutto" è fuorviante perché dà l'idea di un Cannavaro costretto da Moggi a non giocare, non allenarsi, non mangiare o a sottoporsi a chissà quale altra tremenda privazione. In realtà, Moggi riporta a Giraudo solo una rassicurazione di Fedele, secondo cui il difensore è seriamente intenzionato a passare alla Juve e quindi, per fortuna sua e del calcio italiano, rifiuterà le altre destinazione che gli interisti gli proporranno.
1.3 Raiola: Domani il signor Ibrahimovic non si presenterà all'allenamento
Moggi tratta col procuratore Raiola il trasferimento di Ibra dall'Ajax alla Juve. Da Raiola veniamo a sapere che lo svedese vuole lasciare il club olandese perché non sopporta più il compagno di reparto Van der Vaart. E soprattutto scopriamo un trucchetto di Raiola per forzare l'Ajax a cedere il giocatore alle sue condizioni: non farlo presentare agli allenamenti.
Questo dialogo ci mostra alcuni dettagli importanti in questo tipo di trattative, come la particolare delicatezza della questione riguardante le garanzie dei pagamenti, su cui Raiola qui e in altre telefonate torna spesso (particolarmente comica la considerazione che ha del Monaco: "non ha neanche i soldi per accendere la luce nello stadio!").
Non c'è né illecito, né tentativo di illecito, né mancanza di etica. O meglio, durante l'estate 2006 scandalizzò molti la frase di Raiola (ma attribuita al malefico influsso di Moggi) su Ibra che non si sarebbe presentato agli allenamenti. Almeno fino a quando, proprio nell'agosto di quell'anno, lo stesso trucchetto venne perpetrato ai danni della Juve e a vantaggio dell'Inter: a quel punto, anche questo comportamento venne sdoganato come "etico".
Il titolo di Repubblica, "Moggi a Raiola: Ibrahimovic va alla Roma", vuol forse suggerire l'idea che Moggi è bugiardo? Boh.
1.4 Raiola: Il Presidente del Consiglio ha detto a Baldini che sono scemi
Anche questo dialogo tra Raiola e Moggi è molto interessante per scoprire come avvengono le trattative per l'acquisto di un giocatore, sia per quanto riguarda l'aspetto economico che mediatico.
Repubblica la titola "Aereo privato per il procuratore", probabilmente con l'intento di suggerire una vaga idea se non di corruzione, almeno di spreco. In realtà questa è solo una richiesta di Raiola che a causa di un lutto improvviso rischia di non essere presente al momento clou della trattativa con l'Ajax per Ibra. Infatti, manca l'accordo sul prezzo: i 12 milioni offerti dalla Juve sono pochi, i 20-25 chiesti dall'Ajax troppi. Raiola parla di 15-16 come prezzo accettabile, ma Moggi fa lo gnorri.
Niente di illecito, è una trattativa, tutto qui.
Piuttosto, è la seconda parte della telefonata a contenere dei passaggi poco chiari. Quando cioè i due commentano l'azione di disturbo che la Roma starebbe portando avanti. Raiola parla di storia "montata". Per Moggi, se anche i giallorossi volessero prendere Zlatan, non ne avrebbero i mezzi. Particolarmente inquietante il passaggio in cui Raiola racconta di un colloquio, avvenuto a Monaco, tra l'allora Presidente del Consiglio Berlusconi e Baldini, in cui il presidente del Milan avrebbe dato degli "scemi" ai dirigenti romanisti, dimostrandosi molto informato sulle finanze giallorosse, insufficienti a suo parere per realizzare l'acquisto. Certo, se torniamo con la mente alla questione decreto spalma-debiti / salva-calcio dell'anno prima, la cosa può acquistare un senso. Resta l'impressione che, se c'era una cupola, forse più che a Torino si sarebbe dovuto cercarla proprio a Roma.
La telefonata si chiude con il gustoso racconto, da parte di Raiola, di una telefonata di Chivu a Ibra per invitarlo, a nome nientemeno che di capitan Pupone, a trasferirsi alla Roma, ambasciata fallita miseramente alla domanda del tutt'altro che sprovveduto Zlatan sulla data dell'ultimo stipendio erogato dalla società giallorossa al giocatore rumeno. Una volta avuta la risposta, lo svedese gli avrebbe fatto sapere che sarebbe stato sì felice di calcare un campo da gioco italiano con Totti, ma solo come suo avversario.
Particolarmente deludente la chiusura della telefonata, allorché Raiola chiede a Moggi un consiglio su cosa dichiarare a un giornalista (Ciro Venerato) che gli aveva chiesto del presunto interessamento dei giallorossi. "Lo montiamo un po'?", ipotizza il procuratore. Ebbene, il grande burattinaio del calcio e dei media non sembra dare alcun peso alla cosa, rispondendo con un indifferente "Va bene", che suona più che altro come un: "chi se ne frega di queste inezie, ora mollami che ho altro da fare".
1.5 Moggi: son maleducati, perché se chiedessero le cose serie...
Qui il giochetto infanga-moggi è addirittura puerile. L'intercettazione viene titolata "Moggi: volevo fa una plusvalenza con Baiocco", giocando molto maliziosamente sul senso truffaldino che la parola acquista nel contesto degli artifici contabili messi in atto negli ultimi anni da quasi tutte le più importanti società di Serie A (Juventus esclusa), e cioè il cosiddetto "doping amministrativo" (per una spiegazione chiara ed esaustiva del fenomeno, compreso quello delle plusvalenze fittizie, vedi il capitolo "Il doping amministrativo" del "Manuale di autodifesa del tifoso juventino" di Emilio Cambiaghi").
In realtà, qui la parola "plusvalenza" è usata in senso proprio, e cioè nel senso di utile ricavato da uno scambio di giocatori di differente valore. L'interlocutore di Moggi, Fabio Capello, gli chiede infatti un parere sul giocatore Coloccini. Moggi risponde di essersene interessato benché non si trattasse di niente di che, con l'obbiettivo di fare "una plusvalenza con Baiocco" nel contesto di uno scambio che avrebbe interessato Milan e Messina. L'affare, tra l'altro, sempre a detta di Moggi, sarebbe poi sfumato a causa del disinteresse dalla società milanese.
Nemmeno in questa intercettazione, dunque, assistiamo a comportamenti illeciti e men che meno eticamente riprovevoli.
E' una normale telefonata tra l'uomo mercato e l'allenatore della Juve che discorrono dell'andamento delle trattative in corso (Cannavaro e Ibra) e si accordano su dettagli logistici.
Semmai è Moggi, all'inizio, a lamentarsi della maleducazione e della mancanza di serietà dei suoi interlocutori di calciomercato, che descrive come "interessati solo ai soldi…"