Intercettazioni
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni
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- By Mario Incandenza
La più grande truffa della storia del calcio si fonda sulla falsificazione del significato di decine di conversazioni telefoniche avvenute tra luglio 2004 e maggio 2005.[1]
Nel maggio 2006, brandelli di tali conversazioni vennero fatti pervenire ai principali organi d'informazione italiani, i quali, in spregio alla deontologia giornalistica che prevede la tutela della presunzione d'innocenza, li manipolarono per presentarli al pubblico come se costituissero la prova di mai commesse frodi sportive juventine. Nell'opinione pubblica venne in tal modo istillata una sorta di isteria collettiva colpevolista, sull'onda della quale la politica decise il commissariamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Sotto la guida di un "avvocato d'affari", vennero così istruiti tribunali speciali che, nel giro di poche settimane, tramite procedimenti farseschi e antigiuridici, irrogarono una sentenza di colpevolezza che realizzò quello che fin dall'inizio era il vero obbiettivo della messa in scena: delegittimare, ridimensionare e umiliare la Juventus.
Lo scopo di questo dossier è di riportare le conversazioni oggetto di scandalo al loro significato originario, smascherando la truffa di cui furono usate a pretesto. Solo così, tramite una loro corretta interpretazione, si può effettuare una valutazione del sistema calcio quale effettivamente era ai tempi dei fatti, individuandone i ruoli e le reali responsabilità.
Per raggiungere questo scopo, si è attinto direttamente all'ascolto delle registrazioni audio, volutamente ignorando qualsiasi trascrizione pubblicata in precedenza. Ciò è stato possibile sfruttando e ribaltando un'operazione di stampo orwelliano realizzata da Repubblica web, che nell'aprile 2007, non si sa bene a che titolo, oltre che con criteri a dir poco discutibili,[2] ne mise on-line ben 151, suddivise in 12 capitoli.
In particolare, nel dossier verranno analizzate le 48 conversazioni contenute nei capitoli "Potere Juve", "Potere Moggi", "De Santis governa" e "Collina il ristoratore", dimostrando che le interpretazioni date in pasto al grande pubblico sono frutto di mistificazioni e pregiudizi.
Si tratta di sei lavori che ristabiliscono alcune verità negate dalla truffa di Farsopoli, e cioè che:
1) I dirigenti della Juventus erano i migliori professionisti sulla piazza;
2) La società bianconera non era sostenuta da alcun occulto potere. Anzi, semmai godeva, nel sistema politico-finanziario italiano, di molti meno appoggi rispetto agli altri grandi club;
3) I suoi dirigenti non interferivano illecitamente nelle designazioni arbitrali;
4) Non vessavano arbitri, al massimo protestavano quando ritenevano di aver subito un trattamento ingiusto;
5) Non compivano abusi di potere;
6) Infine, ultimo ma non ultimo, dovevano far fronte alla concorrenza sleale di società che gestivano vere e proprie scuderie di fischietti e assistenti fidati (altri direbbe "combriccole").
Le analisi sono costituite da una serie di paragrafi di commento ad altrettante telefonate. Ciascun paragrafo verrà introdotto da un titolo costituito da:
- Un collegamento ipertestuale all'audio dell'intercettazione.
- Una frase significativa estrapolata dalla conversazione, scelta con una logica diversa da quella usata dai titolisti originari: là interessava infangare, qui provare a capire.
In appendice, il capitolo "Tecniche di calunnia giornalistica" svelerà un tipico esempio di falsificazione perpetrata dalle maggiori testate giornalistiche italiane.
Perché Farsopoli (e più il tempo passa e più la cosa si fa evidente) non è stata altro che la pretestuosa esclusione dall'affare calcio di due personaggi scomodi perché troppo bravi, troppo competenti, troppo vincenti e soprattutto ormai troppo indipendenti dai grandi interessi economici che gravitano attorno al pallone. Interessi che costituiscono, loro sì, un insormontabile ostacolo per il rispetto dell'etica sportiva.
[1] In quel periodo la magistratura aveva autorizzato delle intercettazioni nell'ambito di due inchieste su ipotesi di frode sportiva: la prima, disposta dalla procura di Torino, si era conclusa nel settembre 2004 con l'archiviazione, in quanto le telefonate contenevano addirittura prove a discarico per gli inquisiti; la seconda, disposta dalla procura di Napoli, allo scoppio di Calciopoli era ancora ben lontana da una conclusione, e il passaggio alla stampa dei relativi atti d'indagine, corredati dalle più bislacche ipotesi accusatorie, avvenne violando la legge sul segreto istruttorio, nonché le più elementari norme sulla privacy.
[2] Basti vedere la sciatteria con la quale Repubblica titola i brani audio, scambiando spesso Pairetto per Bergamo, estrapolandone frasi quasi sempre fuorvianti rispetto al senso dei discorsi di origine. Per non parlare del fatto che non sono state nemmeno indicate le date: a che serve ascoltarle, quelle conversazioni, se non le si contestualizza? Di certo non a capirci qualcosa.
E che dire del dossier introduttivo? Una volta ascoltate bene quelle conversazioni, si resta un tantino perplessi di fronte ad affermazioni quali "Paolo Bergamo e Luigi Pairetto: i designatori mossi con il filo da Moggi senior" o "i due designatori hanno governato per aiutare la grande madre Juve". Quando poi si vede attribuire il soprannome di Pairetto a Giraudo, restano pochi dubbi sul fatto che l'autore della presentazione abbia svolto un lavoro tutto tranne che scrupoloso. E su questa base hai voglia a denunciare "silenzi e anche omertà" e arbitri "proni al sistema"...
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/4: L'illecito non è un pasto a base di tartufi
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- By Mario Incandenza
Del gruppo di intercettazioni che Repubblica, con risibile superficialità, intitola "Potere Juve", ne restano da analizzare solo tre, finalmente relative a partite di campionato (2004/2005).
Proviamo a riassumerne preliminarmente il senso:
4.1 Moggi: Il Milan chi ha? E l'Inter? La Roma? Son già arrivati gli assistenti?
Alessia della segreteria sportiva juventina chiama Moggi per comunicargli "Gli arbitri di mercoledì" (22 settembre 2004, è in programma Sampdoria - Juventus).
Probabilmente ciò che qui dovrebbe "indignare" è il fatto che Moggi risponde "Li so già" (e infatti questo è il titolo Repubblica). In realtà, poi dimostra di conoscere solo il nome dell'arbitro della partita della Juve: "Abbiamo Dondarini", dice. Ma che significa? Nulla. Proprio nulla. Non sappiamo l'orario di questa telefonata, ma in altri casi abbiamo visto che la comunicazione ufficiale delle designazioni alle società arrivava circa mezz'ora dopo la fine di sorteggi fatti in pubblico, alla presenza di giornalisti, alcuni dei quali nel frattempo potevano quindi informare in maniera "ufficiosa" i dirigenti con cui avevano frequenti rapporti.
Nei giorni di Farsopoli questa telefonata avrebbe dovuto rappresentare una "prova" del fatto che Moggi "designava" personalmente gli arbitri al posto di chi di dovere. Ma chissà perché il Direttore qui dimostra di non conoscere l'arbitro delle partite di Milan, Inter e Roma. Inoltre, non sa nemmeno i nomi degli assistenti della sua, e la segretaria gli dice che glieli lascerà sulla scrivania come al solito, quando arriveranno. Al che Moggi ringrazia e le chiamata finisce lì.
Anche questa intercettazione quindi, quanto a mostrare illeciti, vale esattamente quanto tutte le altre: zero.
4.2 Giraudo a Moggi: Se la Lazio vince, andiamo 6 punti sul Milan: è una bella roba, eh!
Uno dei più lampanti e sfacciati esempi di mistificazione dell'estate 2006 è stata l'interpretazione data dai media a un passaggio di questa telefonata.
E' il 26 settembre 2004, si sono appena concluse le partite pomeridiane della quarta giornata di campionato. Giraudo parla a Moggi della rissa avvenuta in Udinese-Brescia (finita 2 a 1 per i lombardi) in seguito al gol decisivo del Brescia (convalidato nonostante il portiere friulano De Santis fosse a terra infortunato) che ha portato a un cartellino rosso per Jankulovski e ai gialli per Muntari, Pinzi e Di Michele. Dato il parapiglia, i provvedimenti dell'arbitro appaiono fin troppo miti, tanto che l'AD commenta: "Se Dattilo è un po' più sveglio, dimezza l'Udinese".
A ripensarci, è davvero allucinante il fatto che nessun professionista dell'informazione, nell'estate 2006, abbia contestualizzato correttamente questa frase, presentata fraudolentemente al pubblico come se implicasse chissà quali loschi rapporti tra il fischietto e la dirigenza bianconera (a onor del vero, fonte primaria di questo equivoco sono le interpretazioni farneticanti date dei CC di Roma nelle loro famigerate informative).[1]
Considerando in generale il tono di tutta la conversazione, si capisce chiaramente che M&G non stanno affatto valutando l'operato di arbitri a loro asserviti, né tanto meno ordendo trame illecite, dato che si limitano a chiacchierare dell'andamento del campionato, dei distacchi sulle avversarie, del posticipo Milan-Lazio, come fa chi appunto è convinto di partecipare a una competizione nella quale sarà solo il campo a decidere il vincitore.[2]
4.3 Moggi a Paparesta: Si è vista la volontà tua!
Qui abbiamo a che fare con una lesione particolarmente grave della privacy di due persone, perché gran parte di questa intercettazione di domenica 7 novembre 2004 contiene una conversazione tra Luciano Moggi e l'amica Silvana Garufi (Presidente del Comitato "Crescere Insieme al Sant'Anna"), il cui contenuto è del tutto personale e non ha nulla a che fare con Farsopoli.
Mentre chiacchiera con la Garufi, il Direttore viene disturbato per due volte da altrettante chiamate su un secondo cellulare non intercettato. Tramite la linea intercettata che rimane aperta, possiamo ascoltare la sua voce rispondere una prima volta (03'26'') alla chiamata dell'arbitro Paparesta, una seconda (06'18'') a quella di un interlocutore non identificato che sapeva che Paparesta lo stava cercando.
C'è un antefatto. Il giorno prima, a Reggio Calabria, si era svolto l'anticipo pomeridiano Reggina - Juventus, terminato con la sconfitta per 2-1 della Juve e segnato da una serie di eclatanti errori arbitrali avversi alla squadra bianconera. In particolare, due gol annullati (uno giustamente) e un rigore clamoroso non assegnato. Al termine della gara Moggi e Giraudo erano scesi negli spogliatoi a protestare con la terna, gesto non eticamente irreprensibile, senz'altro passibile di sanzione disciplinare, ma non certo estemporaneo per il mondo del calcio e per il quale può venire comminata al massimo una breve sospensione dei dirigenti che se ne macchiano. Tra l'altro, in questo caso, più che di forza, pare una manifestazione di impotenza, dato che un vero "capocupola" non ricorre certo a proteste degne di campetti da terza categoria.[3]
Di ritorno da Reggio, Moggi farà poi tappa a Napoli, ed è proprio da lì che chiama la Garufi il giorno successivo. I due si sono già sentiti in mattinata, e la telefonata non ha alcuno scopo apparente, se non quello di fare quattro chiacchiere. La donna sta facendo una passeggiata nel freddo di Torino e lamenta uno stato di salute cagionevole. Moggi le racconta del turbolento volo da Reggio avvenuto sotto un forte temporale. Il tutto in tono scherzoso e svagato, finché… "aspetta un attimo", dice il direttore, e lo si sente rispondere a un altro cellulare.
"Ma che, hai pure il coraggio di chiamarmi? … Ah, Gianlu', no, stavolta guarda che è l'ultima volta. No, mi dispiace, no…" (…) "Comunque, guarda, io non ho voglia di parlarti! Basta!" E mette giù.
Molti si sono indignati per il tono confidenziale del Direttore nei confronti dell'arbitro (di cui conosceva anche il padre), ma nessuno ha sottolineato alcuni fatti essenziali:
1) Questa è l'unica (parziale) telefonata che abbiamo tra Moggi e un arbitro / assistente e il DG non è il chiamante.
2) Mancando la voce dell'interlocutore, non possiamo raffrontare il tono di Moggi con quello dell'arbitro, nonché con le sue parole. Il tono del Direttore è molto duro, ma i motivi per l'arrabbiatura in sé ci stanno tutti, dati i torti subiti.
3) E' Paparesta che chiama: forse perché chiamare un dirigente per lui era normale? Magari anche e soprattutto dirigenti di ben altre squadre? D'altronde, riguardo a Moggi, normale pare molto meno, dato che lo tratta come un seccatore inopportuno e mette giù quasi subito.
4) Ascoltiamo il Direttore sollevare pesanti dubbi sulla buonafede dell'arbitro, quando dice: "Tu ieri mi sei rimasto più antipatico quando hai fatto il fallo su Ibrahimovic che poi ha segnato il gol… così hai evitato tutti i problemi possibili… Quello è più grave del rigore, perché si è vista la volontà tua!". Volendo pensar male, in effetti, oggi sappiamo che Paparesta è colui che ha chiesto un importante favore ai dirigenti milanisti,[4] e cioè, rimarchiamolo, i dirigenti della squadra rivale della Juve nella lotta per lo scudetto. Non si capisce come si possa teorizzare un asservimento di Paparesta alla dirigenza juventina.
5) Moggi solleva dubbi anche sulla buonafede di un assistente: "Guarda, io ho visto in te… mica sul rigore, sai… sul rigore è quel bastardo di Copelli". E in effetti, in un'intercettazione di qualche mese dopo, ascoltiamo l'addetto agli arbitri milanista Meani assicurare a Copelli che lo presenterà a Galliani come un "nostro uomo".[5]
Terminata bruscamente la chiamata, Moggi torna a chiacchierare con Silvana, che in alcuni passaggi sembra quasi un personaggio uscito da un film di Antonioni: "In Sicilia si dice “mi sento l'aria” . Non ho la forza di fare le cose che faccio sempre. Di alzarmi, di camminare, di andare… sono uscita proprio per non stare a letto tutto il giorno, perché poi è peggio".
Finché, a 6' 20'', l'idillio è rotto da un'altra telefonata. Si sente Moggi dire: "Gli ho chiuso il telefono in faccia! Per me Paparesta è uno stronzo! E gli ho detto pure se ha il coraggio di parlarmi. E gli ho spiegato che mi è rimasto più antipatico quando ha fischiato il fallo su Ibrahimovic che non sul rigore. Tu adesso parla almeno con Paolo [Bergamo, detto anche Atalanta?], e poi tieni i rapporti te. Io ora questo qui lo tengo a distanza. Intanto lo faccio fermare 3 o 4 settimane. Vabbo', ciao".
In realtà poi Paparesta venne mandato ad arbitrare in serie B per una giornata mentre i due assistenti vennero sospesi per un turno. Una prassi normale quando si verificano gravi errori come quelli di Reggio Calabria, indipendentemente dalla squadra che li subisce. Dunque, anche qui, come il giorno prima riguardo alla storia dello spogliatoio chiuso a chiave, Moggi millanta, si attribuisce poteri che poi nella realtà non ha.
Repubblica ci fornisce poi ancora qualche minuto di conversazione tra Lucianone e Silvana. Il Direttore è molto affettuoso e si preoccupa della salute dell'amica: "Ti faccio fare l'analisi". Le chiede quali sono i suoi programmi per il pomeriggio. Silvana vorrebbe fare una passeggiata fuori Torino, ma si lamenta che "non c'è niente. Chiede così a Lucianone un consiglio per un posto ad Alba. Si ricorda, infatti, che proprio lui le aveva parlato di un posto dove l'aveva portato l'Avvocato a mangiare i tartufi. Ma è passato del tempo e Moggi non si ricorda più.
Che il buon Lucianone abbia millantato anche sull'Avvocato e sui tartufi? Non so perché, ma qualcosa mi dice, invece, che qui diceva il vero.
[1] Per un chiarimento dei fatti alla base della leggenda mediatica delle ammonizioni mirate, vedi qui.
[2] Più che altro, i due sembrano preoccupati dai problemi che possono creare i giocatori che Capello lascia in tribuna, tra i quali apprezzano molto il comportamento di Tacchinardi e Montero, che restano vicino alla squadra, a differenza di Ferrara e Iuliano visti come possibili piantagrane. Si ipotizza così la cessione a gennaio di Iuliano (un vero leit-motiv per Giraudo in quelle settimane) e un cicchetto a Ferrara.
[3] E' proprio la stretta amicizia tra Moggi e la Garufi a fornire agli accusatori il materiale su cui imbastire un teorema che ha dell'incredibile: in seguito a una telefonata avvenuta tra i due nell'immediato dopopartita, nella quale un Moggi ancora furioso si lascia andare a una frase spaccona: "Ho chiuso l'arbitro nello spogliatoio e mi so' portato via le chiavi in aeroporto" che la Garufi non prende minimamente sul serio: "Vabbè, figurati", i CC di Roma arrivano a suggerire ai magistrati napoletani l'ipotesi che quel giorno a Reggio Calabria fosse avvenuto nientemeno che un "sequestro di persona". A qualsiasi persona assennata o comunque non prevenuta appare chiaro che la frase di Moggi fosse solo una boutade, tanto è vero che esistono altre intercettazioni di quei momenti che ridimensionano l'episodio. Ma durante il linciaggio di Farsopoli sui media tutti parlavano di questa scena grottesca come fosse realmente avvenuta. Per una ricostruzione più precisa di quell'episodio, vedi qui.
[4] Pare che avesse chiesto a Galliani di fare avere al sottosegretario Letta (governo Berlusconi…) un dossier su Assobiodisel, l'Associazione Italiana dei Produttori di Biodiesel della quale Paparesta è revisore contabile. Vedi qui.
[5] Il 19 aprile del 2005, ore 9,52, l'assistente Copelli, attaccato da Foschi , DS del Palermo, dopo la partita tra la Sampdoria e i Rosanero, si sfoga con Meani. Il quale lo rincuora. Meani: "Tu stai tranquillo! Adesso ci penso io,... io appena passa la partita questa qui con il Chievo mercoledì, io parlo con Galliani, lui lo sa, Galliani, gli dico: senta questo qui è un nostro uomo gli dico io, qui quel pirla del Palermo"… Vedi qui.
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/6: I due giorni del Leo
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- By Mario Incandenza
Il sistema di designazioni arbitrali in vigore al tempo dei fatti è tutto in un'intercettazione, la Bergamo – De Santis (al 6.3 "Purtroppo non è quanto sia, è quanto lo fanno essere")
Le storture di quel sistema, semmai, erano causate dal maggior peso che i grandi club rivendicavano nel far sentire le loro pressioni, soprattutto nel momento in cui si trovavano in corsa per lo Scudetto. Tanto è vero che scopriamo che durante il campionato precedente, il 2003-2004, le due prime arrivate, Roma e Milan, furono seguite in modo dedicato dall'allora segretaria della CAN, Maria Grazia Fazi. Ripeto: Roma e Milan, non Juventus.
Molto interessanti anche i passaggi nei quali si evince l'assoluta buona fede di De Santis nel famigerato Juve-Parma del 2000, una delle partite che maggiormente contribuirono ad alimentare la leggenda mediatica di una Juventus favorita dagli arbitri. Ma un po' tutta la telefonata è una miniera di indizi a discarico degli ex dirigenti juventini.
A fronte di ciò, assume un carattere addirittura grottesco un'intervista rilasciata il 14 maggio 2006, cioè in piena bufera Farsopoli, dal pubblico ministero di Napoli Narducci: "Esiste un'intercettazione nella quale uno dei protagonisti spiega che era già tutto pronto e che solo l'imprevisto clamoroso suscitato da un singolo episodio (il gol annullato da De Santis a Cannavaro in Juventus-Parma) determinò un esito diverso da quello voluto".
Quell'intercettazione è qui da sentire (6.1 "Ti aspetteremo per la nostra"). Ascoltatelo, Leo Meani, mentre racconta a Collina quella che a suo dire sarebbe stata una confidenza di Ancelotti, e capirete quali ridicole basi ha l'inchiesta che ha portato la Juve in B. Ascoltate Collina, che tra l'altro di quella partita "da truccare" fu arbitro, trattare il dirigente milanista con la condiscendenza che si ha per un bambino. Tra l'altro, la Procura di Napoli, che accoglie dichiarazioni riportate da una terza persona come verità, avrebbe a quel punto dovuto mettere sotto inchiesta Ancelotti in quanto sodale della presunta cupola per due anni. E invece non lo ha fatto. E chissà perché nessuna obiezione viene ancora oggi mossa al fatto che Collina parlasse con Meani.
Probabilmente il vero tema conduttore delle telefonate di Farsopoli è la paranoia. Ma se Luciano Moggi si preoccupava che alla Juventus venissero garantiti arbitraggi equi, per altro seguendo i canali istituzionalmente previsti e consentiti, forse un motivo c'era, dato che i rivali alla corsa per lo scudetto intrattenevano una rete di relazioni che andava ben al di là dei semplici rapporti con i designatori.
Basti considerare che, benché sottoposto a indagini di gran lunga meno invasive, l'addetto agli arbitri milanista venne colto, solo tra domenica 17 aprile 2005 e lunedì 18, in una serie impressionante di situazioni sospette, a partire dalla telefonata col designatore degli assistenti Mazzei nella quale, facendo la voce grossa per una segnalazione errata a Siena, ottenne la designazione dei fidati Babini e Puglisi per la partita successiva. E questo è ancora niente: contattò personalmente sia Babini che Puglisi; si sentì in dovere di rassicurare Copelli, contestato dal Palermo, del fatto che fosse protetto dal Milan (stiamo parlando dell'assistente che non segnalò un rigore solare per la Juve in Reggina – Juventus 2-1); ricevette una telefonata dell'amico Stagnoli (e questa la possiamo ascoltare al 6.2 "Nucini? Braccio armato, eh?"); infine, per non farsi mancare niente, come abbiamo già ricordato, chiamò anche l'arbitro Collina che qualche settimana dopo avrebbe diretto il big-match con la Juventus, organizzando per lui un incontro riservato col vice-presidente Galliani (6.1Ti aspetteremo per la nostra" ", appunto). Questo, ripeto, nel giro di 48 ore.
A ciò si aggiunga che, nella telefonata De Santis-Mazzini (6.4 "Eh, da tante cose…"), l'arbitraggio di Collina in quella occasione venne giudicato un filino pro-Milan.
Si converrà che qualche buon motivo per essere sospettoso forse il Direttore ce l'aveva.
6.1 Meani a Collina: "Ti aspetteremo per la nostra"
Il "protagonista" di questa telefonata, avvenuta lunedì 18 aprile 2005, è il ciarliero ex addetto agli arbitri milanista, colto in una conversazione con il più quotato arbitro italiano nonché futuro designatore, nella quale si scambiano pesanti giudizi su dirigenti della maggiore società concorrente[1] con una familiarità e una confidenza che chissà perché sui media italiani non ha suscitato particolare sdegno.
Dopo essersi vantato della sua influenza presso i designatori,[2] Meani racconta a Collina di certe confidenze che gli avrebbe fatto Ancelotti riguardo al biennio in cui allenò la Juve. Si tratta delle solite chiacchiere da portinaia sul potere di Moggi, che avrebbe saputo in anticipo gli arbitri, truccato i calendari del campionato e tentato di aggiustare una partita che poi la Juve guarda caso perse, e cioè il famoso Perugia - Juventus 1-0 che consegnò lo scudetto del Giubileo alla Lazio.[3] A tali sproloqui, Collina proverà ad obiettare considerazioni logiche e ragionevoli, ma con pacatezza, con quell'indulgenza che di solito un adulto usa di fronte ai capricci di un bambino.[4]
I due passano poi ad analizzare il cammino dei due contendenti dello scudetto 2004-2005, Juve e Milan,[5] con Collina che entra nell'ottica dell'interlocutore milanista.[6] Addirittura, commentando la designazione di De Santis per Juve - Inter di due giorni dopo, Meani, che pensava ci sarebbe andato Collina, gli dice: "Ti aspetteremo per la nostra",[7] e in effetti Collina andò poi ad arbitrare quel Milan - Juventus.
Dopo aver parlato di Siena - Milan del giorno prima, diretta dal viareggino,[8] nonché dei rispettivi impegni internazionali,[9] i due concordano sull'opportunità di organizzare al più presto un incontro segreto alla presenza di Adriano Galliani.[10]
L'obiettivo, con tutta probabilità, è discutere la candidatura di Collina a prossimo designatore arbitrale. Diversi infatti sono gli indizi che lo testimoniano e diversi sono gli indizi del fatto che tale candidatura fosse sostenuta già da altre "forze" attive in FIGC e che Collina stesse semplicemente cercando di consolidare la propria posizione anche col Milan. Ad esempio, quando dice: "E poi, soprattutto, visto che c'è della gente che ultimamente sta girando e facendo incontri, e vende ciò che penso o che dovrei pensare io, o le motivazioni che possono spingermi a prendere delle decisioni, vorrei evitare che venissero a…"
Vedremo (nella Bergamo - De Santis) che Zamparini già nel gennaio 2005 aveva sfiduciato Bergamo sulla Gazzetta dello Sport, quel Zamparini che Collina, a fronte di poco lusinghiere considerazioni di Meani (che riporta la poca considerazione che ne ha Galliani), cerca di difendere: "Ieri però l'ho visto tranquillo. Ho visto un po' di domenica sportiva e non mi è sembrato… ha fatto sparare Foschi."
Insomma, sembra difficile che Collina arrischi l'autocandidatura a designatore quando è ancora arbitro: troppo viscoso l'ambiente, troppe fughe di notizie, troppi giochi di potere, troppa gelosia tra arbitri. Certo cerca la copertura di Galliani, attraverso Meani, e probabilmente la troverà. Ma parte già sponsorizzato. Da chi? Qualcuno che sa che è gradito all'ambiente rossonero. Qualcuno che sa che la sua candidatura può andare bene su parecchi colli. Tranne uno, quello della Juve. Indi: si stanno saldando dei poteri contrari alla Juventus. I maggiori indiziati sembrerebbero Abete e il gruppo Della Valle.
In tutto ciò, appare scandaloso che si autocandidi come designatore mentre è ancora arbitro e in teoria ha ancora una stagione da finire e un'altra possibile da arbitrare. Inoltre appare poco rispettoso delle regole che Galliani si presti a un colloquio preliminare per decidere se appoggiare o meno un arbitro ancora in attività nella sua candidatura a designatore. Ancor più brutto è che Galliani faccia questo e Collina si approfitti dell'evidente conflitto di interessi. Infine, è molto strano che dopo tutto ciò proprio a lui tocchi Milan-Juve.
Per il luogo dell'incontro con Galliani entrambi concordano per il ristorante lodigiano di Meani, stabilendo di farlo in un giorno di chiusura, lontano da occhi indiscreti. Collina, pare evidente, ci è già stato, dato che mostra di conoscerne bene l'ubicazione.[11]
A questa telefonata, come da accordo tra gli interlocutori, avrebbero dovuto seguirne altre due: una tra Collina e Galliani e una preparatoria tra Meani e Galliani. La Collina-Galliani non è ovviamente intercettata in quanto nessuno dei due compare nel registro degli indagati. Ma la Meani-Galliani dov'è finita? Perché gli inquirenti non monitorano l'attività di un indagato, Meani, che comunque si muove anche qui nello stesso raggio d'azione contestatogli, ossia i rapporti ingiustificati, proibiti dalla Federazione e penalmente rilevanti con gli arbitri?
A maggior ragione perchè l'incontro avverrà dopo altre telefonate equivoche di Meani con esponenti del mondo arbitrale e proprio nel periodo in cui la Procura era alla ricerca di indizi per contestare il reato di frode sportiva. Ossia tra Siena-Milan e Milan-Chievo.
Mistero della fede anti-juventina, si direbbe.
6.2 Meani a Stagnoli: "Nucini? Braccio armato, eh?"
Sempre lunedì 18 aprile 2005, Leonardo Meani riceve una telefonata dall'assistente Stagnoli. A quanto pare i due sono molto intimi, tanto che li possiamo ascoltare appellarsi vicendevolmente con i diminutivi di Leo e Iaio.
Iaio, che vuole compiacere il direttore dell'azienda in cui lavora, sapendo che simpatizza Chievo vorrebbe procurargli 4 biglietti per la partita di mercoledì a San Siro. E' disposto anche a pagare, ma Leo Meani lo rassicura: non c'è problema: si presentino a una certa ora al cancello X. La richiesta diventa l'occasione per una lunga chiacchierata in cui i due trattano diversi argomenti che, dati i rispettivi ruoli, rendono la conversazione a dir poco sospetta. Colpisce inoltre la continua subalternità del segnalinee Iaio, che asseconda ogni recriminazione di Leo, ogni sua illazione, furbescamente inserendo qua e là qualche richiesta.
Iaio si premura di manifestare a Meani la propria solidarietà per l'errore del collega Baglioni che aveva fatto annullare un gol (benché non determinante) di Sheva il giorno prima a Siena.[12] Addirittura, giunge a immedesimarsi con Galliani, ipotizzandone affettuosamente l'arrabbiatura.[13] Praticamente fa il legionario. Di Baglioni dice: "doveva arrivarci prima". D'altronde Iaio capta le benevolenze di Leo per tutta la telefonata, soprattutto nel commentare le decisioni arbitrali, ma qui in particolare per farlo se la prende con un collega che vuole screditare e gli consiglia indirettamente il metodo: su certe cose bisogna arrivarci prima, se no sei bollato. Quando dice, senza che Meani l'abbia immaginato, che si sente in concorrenza per i Mondiali, il messaggio è chiaro.
Ma la parte più inquietante è quella in cui, commentando le designazioni di Puglisi e Babini per Milan - Chievo, Leo e Iaio li descrivono come affiliati alla "scuderia" Milan, insieme a Copelli[14] (che non segnalò un rigore solare per la Juve a Reggio Calabria) e ovviamente a Stagnoli stesso.[15] Per Leo, infatti, la lotta scudetto consiste in "un grosso scontro di potere e di rabbia". Alludono a un fantomatico giro d'intelligence juventino,[16] benché, nonostante l'invasività inquisitoria di cui sappiamo, non un arbitro, non un assistente è stato colto a conversare con i dirigenti juventini. Anzi, uno, Paparesta, ma con modi e toni che dimostrano ben poca complicità, tra i due.
Prendendo spunto dall'impegno di Iaio del giorno prima in Brescia - Atalanta, in cui l'assistente manifesta stupore per il rigore di De Santis nell'applicare il regolamento anche a costo di prendere decisioni scomode,[17] Leo ricorda un attacco subito da parte del presidente dell'Atalanta, che si era lamentato per le sue pressioni sugli assistenti durante la sfida col Milan.[18] Particolarmente ridicola la lamentela di Leo contro Tuttosport, rea a suo dire di aver cercato di amplificare quella polemica, dato che nel momento in cui Iaio ricorda che De Santis è atteso da Juve-Inter e deve stare attento, che ne va dei mondiali (c'è la temibile concorrenza di Rosetti), Leo stesso commenta che se sbaglia: "gli sparano addosso I cannoni di Navarone".
Chi Mediaset e chi Tuttosport, dunque, e aveva il coraggio di fare la vittima. Sul campo la Juve era un po' più forte, ma sui media la sfida era del tutto impari.
Dopo essersi nuovamente vantato della sua efficacia nell'effettuare pressioni,[19] Leo si lamenta di Zamparini che "da quando adesso è diventato vicepresidente della Lega fa il fenomeno". Probabilmente gli rodeva più il fatto che il DS rosanero avesse attaccato duramente il suo protetto Copelli il giorno prima[20] che l'idea, per altro poco realistica, che potesse dar fastidio al Milan.[21] Lo stesso Iaio si lamenta per un cicchetto subito da Bergamo a causa di Zamparini,[22] circostanza che ricorda a Leo un dialogo avuto con Rodomonti.[23]
A un certo punto, parlano dell'arbitro Nucini, designato per Fiorentina - Messina di quel mercoledì, in termini davvero impressionanti. Infatti, alludendo a probabili programmati favoritismi pro viola,[24] Leo lo chiama "braccio armato" (con Iaio ad assentire con dei significativi "eh beh..."). Questa inequivocabile espressione andrebbe davvero chiarita, dato che non stiamo parlando di un arbitro qualunque, ma di uno che conobbe un certo Giuliano Tavaroli, che l'11 ottobre 2006 così parlò di lui a un magistrato:
"Alla fine del 2002 dopo essere stato contattato dalla segreteria di Massimo Moratti incontrai Moratti e Facchetti presso la sede della Saras. Facchetti rappresentò a me e a Moratti di essere stato avvicinato da un arbitro della delegazione di Bergamo che in più incontri aveva rappresentato un sistema di condizionamento delle partite di calcio facente capo a Moggi ed avente come perno l'arbitro Massimo De Santis".
Comunque sia, che anche un sistema Inter esistesse sarebbe testimoniato pure dal passaggio in cui vengono commentati i provvedimenti presi contro l'assistente Ivaldi per un presunto errore contro i nerazzurri.[25] Inoltre, quando Leo parla del suo ruolo nel Milan paragonandosi a dirigenti di altre squadre, cita il suo "pari grado" Natalino Moratti, dirigente interista, personaggio ad oggi stranamente invisibile, stando ai media.
6.3 Bergamo a De Santis: "Purtroppo non è quanto sia, è quanto lo fanno essere"
Martedì 11 gennaio 2005 De Santis chiama Bergamo per avvertirlo di un attacco nei suoi confronti da parte di Zamparini, che sulla Gazzetta dello Sport prospetta per la stagione seguente la sua sostituzione con Collina, o già in veste di designatore unico o in coppia con Pairetto. I due si chiedono chi ci sia dietro il presidente del Palermo e tra le ipotesi che vengono prese in considerazione c'è anche quella di Moggi, che però scartano subito. E' ben più verosimile, infatti, che dietro Zamparini ci fosse l'avanzante lobby di Della Valle, legata a Confindustria e guidata da Abete, ma il fatto che Bergamo prenda in considerazione l'ipotesi Moggi è un ennesimo elemento che smentisce il teorema della "cupola" juventina, tanto è vero che da altre intercettazioni sappiamo che già nell'estate 2004 Moggi e Giraudo diffidavano di lui.
Ascoltando correttamente questa conversazione appare ovvio che nel 2004-2005 non esisteva affatto un potere juventino a capo della FIGC, ma piuttosto una serie di diversi poteri (veicolati dai grandi club) che si facevano la guerra tra loro, con i Bergamo e i De Santis della situazione costretti a barcamenarsi, a fare gli equilibristi, diffidando di tutti e allo stesso tempo facendo finta di intendersela con tutti.
Le parole di Bergamo evidenziano le linee guida della propria gestione:[26] vuole direzioni tecniche decise, per non farsi condizionare dai giocatori e dagli allenatori;[27] deve inoltre preoccuparsi di gestire i malumori degli arbitri,[28] le loro insofferenze ai rimproveri quando sbagliano[29] o quando non vengono premiati da partecipazioni prestigiose;[30] inoltre deve darsi da fare anche in Europa.[31]
Di particolare interesse per noi è quando si soffermano sull'insofferenza[32] di Pieri, causata, tra le altre cose,[33] anche da alcuni rilievi di Bergamo[34] in seguito a Bologna - Juventus 0-1. Quella direzione era stata contestata dai felsinei e Bergamo lo rimproverò, a dimostrazione che il designatore non chiedeva di fischiare a favore della Juve, anzi. Colpiscono in particolare due frasi: la prima, quando De Santis dice: "Non l'ho detto manco a Luciano". S'intuisce, anche da altre intercettazioni, che l'arbitro romano usasse parlare di controversi comportamenti arbitrali con i dirigenti delle maggiori società. Stavolta, non ne avrebbe parlato a Moggi (che aveva visto qualche giorno prima, in occasione di un Parma - Juve che aveva diretto) proprio perché Pieri era stato rimproverato per una direzione considerata pro-Juve, e ciò aggiunge un ulteriore elemento a discarico, perché se cupola c'era, Pieri non sarebbe stato rimproverato e lo stesso De Santis l'avrebbe ridotto facilmente alla ragione. Colpisce ancor più un'altra frase, pronunciata da Bergamo: "non gli ho mica detto non dare una mano a chi devi darla" e che si può applicare ad ogni occasione in cui una Grande gioca contro una Piccola. Del genere: "Ti capisco, se una grande o meglio ancora più grandi ti sponsorizzano, vai avanti. Capisco che stai ben attento a non arbitrargli contro. Ma se fai le cazzate, non fai carriera". Resta il fatto che in tutto il resto della conversazione le parole di Bergamo lo qualificano sempre come uno che cercava solo di correggere gli "errori tecnici" dei suoi arbitri, senza secondi fini mirati a favorire una società piuttosto che un'altra.
Parlando di Gabriele e Palanca, finiti sotto l'inchiesta di Beatrice e Narducci sul calcio scommesse e poi archiviati, Bergamo dimostra un atteggiamento corretto, riferendosi a loro non come a sodali di una cupola, ma come a chi ha subito un'ingiustizia.[35] De Santis ha molto a cuore Palanca, sembra, ed è interessante far notare che Palanca sta fuori da ogni inchiesta, anche a Napoli. Fuori da tutto, nessuna imputazione a suo carico. Ma come: De Santis è così cattivo e il suo delfino invece niente?
Poi il discorso va su Parma - Juve. La settimana prima, mercoledì 6 gennaio, De Santis aveva arbitrato diretto quella partita per la prima volta dopo il chiacchieratissimo precedente del 2000. Stavolta aveva commesso un errore ai danni della Juve[36] e i due rilevano che non ci sono state grosse polemiche perché per l'opinione pubblica pareggerebbe quello del 2000.[37] Dal dialogo traspare la buona fede di De Santis rispetto alla gara del 2000, nonché la sua ammissione di aver stavolta sbagliato ai danni della Juve. Insomma, un'ennesima prova del fatto che De Santis non favoriva la Juve e che la tesi che lo vuole membro di una cupola juventina è non solo delirante, ma addirittura un ribaltamento clamoroso della realtà. Per di più, sempre dalle parole di De Santis, scopriamo che Galliani in persona aveva effettivamente influenzato una griglia l'anno precedente richiedendone espressamente l'esclusione.[38]
De Santis poi racconta di essersi soffermato a chiacchierare con Moggi e Giraudo proprio al termine della partita di Parma e di aver perorato con loro la causa di Bergamo. Non solo, l'arbitro racconta al designatore di aver rinfacciato a Moggi una sua promessa ancora mantenuta di aiutare Maria Grazia Fazi e suo figlio nelle rispettive situazioni lavorative,[39] oltre che di non rispondere alle di lei telefonate, nemmeno per gli auguri di Natale.[40] Ma cos'era successo con la segretaria della CAN? Perché Moggi si sarebbe dovuto sentire in dovere di aiutarla? Addirittura, siccome in quei giorni correva voce che il Direttore volesse "infiltrare" il figlio nella Roma, ipotizzano un'assunzione della donna nella società capitolina.
I due interlocutori iniziano così a discutere della genesi del caso Fazi: ammettono che lei aveva sbagliato, che la situazione era "sfuggita di mano a tutti", "in tanti sensi", che qualcuno "ci ha inzuppato dentro". Si capisce che c'entrano almeno la Roma[41] e il Milan,[42] con i quali la Fazi, quando era segretaria della CAN, doveva aver instaurato rapporti molto sospetti. Bergamo ricorda di essere stato rimproverato da Giraudo: "Antonio mi disse invece: no ma lei ha preso troppa forza nei vostri confronti..." Ma ritiene le accuse del nostro ex AD sbagliate: "ma quale troppa forza? la forza è la forza che le abbiamo dato noi..."[43]
Dalle loro parole si intuisce che nel campionato 2003-2004 (vinto dal Milan davanti alla Roma), in seno alla CAN, si erano diffuse voci secondo cui un chiacchierato errore arbitrale pro-Roma[44] e un chiacchierato errore pro-Milan[45] erano stati approvati dai designatori. Inoltre, appare evidente che l'addetto agli arbitri milanista Meani aveva avuto un rapporto fittissimo con l'allora segretaria della CAN e anche con De Santis.
Che successe, dunque, tra la Fazi e i dirigenti juventini? Probabilmente, siccome in quel campionato erano state Roma e Milan a giocarsi lo scudetto, possiamo immaginare che la segretaria avesse cercato di ricomporre gli eventuali conflitti fra le due squadre riguardo agli arbitraggi, magari agendo per favorire entrambe.
Nel momento in cui la Juventus viene a conoscenza di una tale situazione, è chiaro che vede la Fazi come una forza anti-juventina e si lamenta. Da lì, presumibilmente, il suo allontanamento.
Dunque, questa intercettazione getta delle ombre anche su un campionato non sfiorato da Farsopoli: il 2003-2004, in cui la Juventus giunse solo terza. Bisognerebbe approfondire…
6.4 De Santis a Mazzini: "Eh sì, da tante cose…."
Spacciato dai media come un cardine della potentissima cupola moggiana, Innocenzo Mazzini è una specie di personaggio da "Amici Miei", un caratterista toscano da commedia volgare dalla risata strampalata e contagiosa. In realtà, in Federazione contava molto meno di quel che lui stesso cercava di far credere.
Qui lo ascoltiamo in un dialogo dell'8 maggio 2005 con l'altro molto presunto perno della cupola, l'arbitro De Santis, commentare alcune partite della giornata, in particolare il big-match Milan - Juve che, nonostante "l'intelligence rossonera" fosse riuscita a privarla di Ibra, assicurò ai bianconeri lo scudetto numero 28.
De Santis quel giorno aveva arbitrato Livorno - Siena 3-6 e l'espressione che usa per ironizzare sull'espulsione comminata a Galante: "hai visto? pronti e via...uno fori...", nei giorni di Farsopoli venne enfatizzata per dare ad intendere alla canea forcaiola che DS avesse agito con fraudolenta premeditazione su indicazione della cupola. Inutile dire che, a dialogo correttamente ascoltato e contestualizzato, non v'è una sola parola fra i due che possa supportare tale ipotesi.
La cacciata di Galante, racconta De Santis a Mazzini, generò un paio di episodi spiacevoli: l'ingresso nel suo camerino, durante l'intervallo, da parte del presidente livornese Spinelli (e non essendo della Juve nessuno vi trovò niente di strano) e le insinuazioni di Lucarelli, assolutamente prive di fondamento, che in campo accusò De Santis di voler favorire squadre con alta concentrazione di procurati GEA.
I due poi parlano del big match di San Siro. De Santis giudica scarsa la direzione di Collina. Nell'analizzare i (pochi) episodi da moviola, mette in evidenza solo qualche possibile sbavatura pro-Milan. Certo può darsi che entri anche una certa "rivalità" professionale, ma quando i due interlocutori dicono:
DS: Secondo me non sta in grossa condizione 'sto momento lui...
M: No no no no...perchè lui è preso da tanti...
DS: Eh sì da tante cose...
Pare chiaro che alludano alle voci sempre più insistenti sul suo futuro da designatore.
L'unico dubbio lo lascia un dialogo che non ha nulla a che fare con la Juve:
DS: ...oh a sto punto hai salvato tutta la Toscana quasi eh...
M: tu lo sai son venuti a prenderlo...lo sai?
DS: eh me l'hai detto... sì sì...
Non tanto per il discorso della Toscana, che sembra un complimento di De Santis al suo interlocutore livornese, quanto per quel "son venuti a prenderlo". C'entrerà Della Valle?
[1] Meani si permette di appellare sarcasticamente Luciano Moggi, mentre il designatore arbitrale attualmente in carica si fa quattro risate.
[2] L'intercettazione si apre con un discorso tronco che dura 33'. Si intuisce che era stato interrotto a causa dalla caduta della linea. Per capirlo, sarebbe necessario ascoltare anche la telefonata precedente. Comunque l'argomento erano le designazioni del turno infrasettimanale del 20/4/05, in cui erano previste Milan - Chievo e Juventus - Inter.
M: "Possono essere così per il fatto che di là è uscito De Santis".
C (ridendo): "Bello questo paragone, mi sei piaciuto".
M: "Di là è uscito De Santis… [avran detto(?)]: questi qua si imbufaliscono ancora di più, mandagli qualcuno qua perché…"
Sembra di intuire, comunque, che la designazione di Paparesta per Milan - Chievo viene vista da Meani come una necessaria compensazione a quella di De Santis per la Juve (che poi perse 0-1 con l'Inter). Ricordo che Paparesta all'andata aveva diretto la prima sconfitta della Juve in campionato a Reggio Calabria, facendo infuriare Moggi.
[3] A parte che La Juve quell'anno non godette di alcun favore arbitrale, ma di parecchi episodi contro. Ma quale torta? Certo, niente di più facile, con Gaucci che aveva messo in pegno il 99% delle azioni del Perugia a Capitalia che controllava anche la Lazio. Ritiro per tutti fino a fine contratto fu la sua promessa in caso di sconfitta. A questo punto, o Ancelotti finisce nel registro degli indagati o Narducci dice delle cose vergognose e in malafede e ancora più vergognoso e in malafede è che quel riferimento a Juve-Parma non solo venga utilizzato nelle sue interviste, ma anche nei documenti ufficiali della Procura.
[4] Secondo Meani, Moggi disponeva di tre maligni superpoteri:
1) Al giovedì conosceva già l'arbitro della domenica. Risposta di Collina: "Io credo che millantasse anche un po'"
2) Truccava le partite, tanto che, al tempo della partita di Perugia, "la torta era pronta. E' perché è venuto fuori il casino alla partita col Parma".
C: "mh mh…"
Insomma, qua Collina non interviene, si limita a un breve mugolio e lascia parlare Meani… il suo silenzio è indicativo… sembra di potervi leggere dentro quello che pensa di quel fanfarone di cui ha bisogno per programmare il suo futuro post arbitrale… sembra quasi di sentire il pensiero dell'arbitro viareggino: "ma 'sto imbecille si rende conto che a Perugia arbitravo io? Mi sta dando del truffatore? Bah… quest'uomo ha più testicoli che neuroni… vabbe'… non è che zio Fester sia poi così meglio… comunque, se mi fanno designatore mi becco tanti dindini… lasciamolo blaterare ancora un po'…"
3) Poteva influire sulla stesura dei calendari, tanto che a inizio stagione chiedeva al mister se c'erano delle preferenze.
M: "Deve avere delle entrature a livello Federale da paura. Stento a crederci, perché magari forse fa del "millantato credito".
C: "Credo di sì, perché le variabili vengono messe nel computer in maniera pubblica".
Il tono di Collina si fa sempre più indulgente… si percepisce chiaramente che dentro di sé ritenga che Meani stia raccontando un mare di stupidaggini, ma lo asseconda perché gli serve per arrivare al vero obbiettivo di quella telefonata…
[5] Collina rassicura Meani sul fatto che la Juve era attesa da partite più difficili. Il campionato è ancora lungo, restano 21 punti in palio. Dopo l'Inter, la Juve dovrà andare a Roma con la Lazio, domenica, e Collina rassicura Meani sul fatto che i romani siano un brutto cliente, in quel momento. Provate a immaginare di sostituire la voce di Meani con quella di Moggi. Pensate a come ci avrebbero ricamato i media. Invece Moggi, che non sentiva gli arbitri ma solo i designatori, discorsi così sulla Juve non si azzarda a farli nemmeno con i designatori…
[6] M: "Anche a rimanere a 3 punti, poi te la giochi con loro nello scontro diretto. Lo scontro diretto, sei forte, sei più bravo, lo vinci…" C: "Tieni conto che con l'Inter loro un po' di fatica la fanno".
[7] Dato che in effetti, l'8 maggio, per Milan-Juve venne designato l'arbitro viareggino, e dato che sappiamo che in gennaio Bergamo si era detto intenzionato ad assegnare a De Santis il big match del ritorno, se volessimo fare gli inquisitori stile Farsopoli ne trarremmo la conseguenza che Meani aveva più potere di Bergamo e Pairetto messi insieme.
[8] M si complimenta con C per la direzione: "Sei in forma" e si compiace di come riesca a trasformare in "agnellino" Gattuso. C parla di un episodio in cui ha "vinto la partita" con Rino. A C piacciono molto i giocatori così. "Lui è un uomo". "Ad avere in campo undici come lui ci farei la firma."
L'accusa di Napoli sostiene che in quella partita fu mandato un guardalinee assassino della cupola. Possibile che l'arbitro della partita e il dirigente Meani non commentino affatto l'episodio?
[9] M e C parlano di designazioni per le partite di coppa. C non farà il prossimo turno. Citano diversi arbitri europei e ne ipotizzano l'impiego per le partite del Milan e per la finale. Poi C scherza: "Non state a sacrificarvi per farmi fare la finale, perché rischiereste di aver fatto un sacrificio per niente". Meani pensa a Vassaras per la direzione dell'imminente Milan-PSV e Vassaras sarà.
[10] L'incontro a Lodi si predispone con l'evidente interesse di Galliani che, secondo Meani, a più riprese chiede di Collina al proprio dirigente. L'interesse di Collina ad incontrare Galliani è ancora più evidente e si palesa per tutta la telefonata, voleva incontrarlo a Siena dove arbitrava il Milan, lo vuole incontrare a Lodi nel locale del Meani. Si premura che l'incontro sia al di sopra di ogni sospetto, quindi o lo incontra in quanto Presidente Di Lega o lo incontra in posto segretissimo. C'è un'evidente contraddizione nella ricerca di buona fede che Collina vuole dare a questo incontro: in un primo momento infatti sostiene che glielo deve in quanto Presidente di Lega. Affermazione molto discutibile, in quanto non si vede per quale ragione un arbitro debba incontrare il Presidente di Lega senza apparente motivazione. Non si vede la ragione per cui un arbitro debba incontrare il presidente del Milan, a maggior ragione. Ma si sa, il conflitto di interessi... insomma è risibile, e Collina lo sa. E infatti si contraddice perchè nel finale di telefonata mostra di essere ben conscio che quella dell'incontro dovuto con il Presidente di Lega è una scusa:
C: "Allora, o io vado… secondo me i casi devono essere due: o uno va in Lega…"
M: "Non so, vai in Lega, metti che viene fuori a far la partita Juventus - Milan…"
C: "No, no, infatti. No, va bene, però, sai, presidente di Lega, tutto sommato è sempre il presidente di Lega.
Se no è meglio una roba che non venga vista".
Collina insiste. Per non generare sospetti dice o gli si dà l'immagine di un incontro ufficiale o carbonari. Meani gli risponde: ma metti che arbitri Milan-Juve. E Collina risponde: sì sì ma io comunque lo incontro come Presidente di Lega.
[11] Collina: "Poi, sai, lì a Lodi, uno fa il giro della tangenziale, esce da didietro, arriva, tum! dentro. E' un attimo. Nessuno ti vede."
[12] Iaio chiama Leo, gli chiede se disturba, se è ancora incazzato. S'immedesima in Leo. Allude all'errore di Baglioni che dopo 10' ha fatto annullare un gol regolare di Sheva.
Leo fa l'incazzato, in effetti, e inoltre si lamenta anche dell'altro assistente, Farneti, che dopo aver visto l'errore di Baglioni, e considerando il fatto che il Milan è in lotta per lo scudetto, quando ha fermato Sheva nel secondo tempo "nel dubbio, doveva star giù". Doveva compensare, quindi?
[13] Poi Iaio prova a immaginarsi la rabbia di Galliani, descrivendone i sintomi tipici, come si fa con un parente, un conoscente, uno che ti è vicino: "quando non senti parlare Galliani, vuol dire che c'è un'incazzatura dietro che…"
Il tutto anche se, come implicitamente ammette Leo, il Milan a Siena poi ha comunque segnato il gol e è andato in vantaggio. Se fosse finita 0-0 o avesse perso 1-0, lascia intendere, sarebbero stati tuoni e fulmini…
[14] Al termine di una Samp - Palermo 1-0 decisa da un rigore nel recupero segnalato da Copelli per un mani in area di Grosso su tiro di Flachi, mani in realtà involontario, Foschi l'aveva massacrato.
Innanzitutto ricordiamo che esiste una telefonata di Leo a Copelli stesso in cui lo rassicura riguardo alla sfuriata di Foschi e gli promette di dire a Galliani che lui è "un nostro uomo".
Restando al dialogo in questione, notiamo che Leo giustifica in tutti i modi l'operato di Copelli e Iaio gli dà spago. Dal campo il rigore sarebbe sembrato netto... l'attaccante sarebbe stato abile...
Di più: è colpa della Juve, ovviamente...
Primo perchè in un recente Juve-Udinese Cennicola aveva dato un rigore alla Juve per un fallo di mani per Leo ancora meno netto.
Secondo perché Copelli, come ricordiamo tutti, era stato massacrato all'andata per il rigore non visto a Reggio (a proposito, strano che Leo non citi il suo rapimento ad opera di Moggi… difetto di intelligence?). Praticamente, Leo e Iaio si danno talmente ragione che a sentir questi due alla fine il rigore a Reggio quasi non c'era. Ma per piaser!
[15] "Io voglio dire una cattiveria", dice Leo a Iaio: mercoledì, col Chievo, dovrà accadere che se "il Chievo è in dubbio vai su", se "il Milan è in dubbio resti giù". Per Iaio il discorso non sembra fare una grinza.
Leo commenta le designazione di mercoledì: mandano Puglisi che "è un anno e mezzo che non lo mandano". "Hanno il culo sporco", rimarca.
E la sporcizia sembrerebbe tutta di Leo. Puglisi, che altrove viene descritto come una specie di ultras rossonero, è più di un anno che non veniva mandato a fare il Milan. "Loro lo mandavano a fare il Milan...invece si è schierata questa roba qui.. .lui casualmente non fa né il Milan né la Juve". E non è finita: Babini, Puglisi, Contini e lo stesso Iaio, non vengono mandati a fare la Juve. "Con sta storia della Juve rompono il cazzo".
Ma forse un motivo c'era… ad esempio, leggendo le due battute seguenti, io Iaio mica lo vorrei a dirigere la Juve:
S: Io non la faccio mai... (la Juve, intende)
M: Ma perchè tu sei... (si accavallano)
S: Finito...finito...Leo dai che siamo al telefono...ne parliamo poi a quattr'occhi.
Cosa intendeva Leo con "Tu sei…"?
[16] M: Loro hanno un giro...(si accavallano)
S: Basta... M: Non dico niente di grave S: Basta...no vabbè...è antipatico... M: Loro hanno un giro di intelligence che evidentemente sanno i loro fidati...e invece quelli che non sono schierati di lì(si accavallano)...
[17] Stagnoli era a fare Brescia Atalanta, finita 1-0 per un rigore concesso nel recupero da De Santis e fatto ripetere due volte.
Il fatto che la prima volta Di Biagio ha sbagliato, per Iaio è un indizio di "torta", perché nei 90' ha visto un Brescia svogliato. A una tale affermazione persino un allocco come Meani rimane perplesso: "ma scusa...che interesse avrebbe avuto il Brescia a pareggiare?". In effetti, le due squadre avevano entrambe bisogno di una vittoria per sperare di salvarsi.
Entrambi poi si stupiscono del coraggio e dell'inflessibilità di De Santis nell'applicazione del regolamento, facendo ripetere il rigore dopo l'errore di Di Biagio e attirandosi così le ire dei bergamaschi.
Le battute seguenti, sarebbero da far ascoltare ai pagliacci che l'hanno condannato per illecito sportivo solo per bruciare sul rogo la strega Juve:
M: però io dico questo: ma anche a Massimo cosa cazzo gliene frega?
S: vaglielo a dire...vaglielo a chiedere oh...
M: perchè lui gli ha dato il suo bel rigore...e ha fatto vedere che ha i coglioni...ha fatto bella figura perchè il rigore c'è...questo gli para il rigore...esce alla grande...
Insomma, la filosofia di Leo e Iaio è: perché prendere decisioni giuste ma impopolari, quando chiudendo un occhio si evitano casini?
[18] Siccome Iaio ricorda che a BS il più scalmanato contro De Santis (che si è messo "il prosciutto sulle orecchie") era stato Giacomo Randazzo, allora presidente dell'Atalanta e ex consulente in Lega serie C, Leo lo ricorda (sembra di capire) nel recente Atalanta - Milan 1-2 del 26 marzo, al termine del quale si sarebbe lamentato di lui e di sue pressioni sugli assistenti scatenando anche una polemica televisiva al brogiesso di Biscardi.
M: perchè ha detto che io...come mai questo dirigente del Milan...Leonardo
S: è così confidente...
M: no! perchè era a bordo campo e condiziona gli assistenti...noi abbiam pensato fosse una manovra che arrivava da Torino in un primo...anzi la nostra intelligence diceva che era partita da Torino...infatti ne aveva parlato Tuttosport...
Notare il lapsus di Iaio sul "così confidente"…
[19] C'è un passaggio in cui Leo descrive la "faccia da morto" di Baglioni negli spogliatoi di Siena e il suo mea culpa: "Mi fa: eh io ho fatto due cappelle nella mia vita...grosse...tutt'e due col Milan".
E spiega a Iaio: "tu devi fare sempre la brava persona...poi dopo ti fai sentire da chi ti devi far sentire...noi stiamo zitti non facciamo il cinema sui giornali".
[20] Leo è convinto che, riguardo la segnalazione di Copelli a Genova, "avrà rotto il cazzo a Bergamo al telefono..."
Iaio ricorda allora un cicchetto subito da Bargamo in seguito a Parma - Palermo 3-3 del 20 marzo precedente, per una segnalazione anti-rosanero, al che Leo ricorda che Zamparini "ha rilasciato un po' di tempo fa una dichiarazione sibillina ai giornali...quando ha detto: mah aspettiamo perchè non è detto che Bergamo e Pairetto debbano essere cambiati..." Insomma, I corsi e ricorsi delle interviste alla Pravda Rosa…
[21] Siccome Zamparini e stato promosso vicepresidente di Lega…
M: Adesso lì la guerra...la guerra...
S: Si fa anche in casa...
M: La guerra si fa anche in casa... adesso il Palermo a vista loro va tutelato...
Sappiamo, dalla voce di Bergamo in un'altra telefonata, che Pairetto terrebbe molto in considerazione Sampdoria e Palermo.
Quindi se Zamparini attacca Bergamo ma difende Pairetto, Bergamo si vede attaccato da Pairetto (la guerra in casa) e di conseguenza è costretto anche lui a raccomandarsi per il Palermo, e chissà per chi altro, per restare in piedi?
[22] Iaio allude a Parma - Palermo 3-3 del 20 marzo, nella quale sullo 0-0, al 13', segnalò una posizione di fuorigioco di Zauli sul gol del vantaggio rosanero di Brienza, sbagliando, con Rodomonti che se ne accorge e alla fine decide di convalidare.
Quella segnalazione gli era valsa il cicchetto di Bergamo, e da lì Leo e Iaio deducono un intervento di Zamparini.
[23] Ciò che interessa, oltre alla descrizione dell'episodio con Iaio che chiarisce che aveva voluto confrontarsi con Rodomonti avendo avuto, dalla sua posizione, il dubbio che Zauli avesse toccato il tiro di Brienza, è il fatto che ora sappiamo che Meani sentiva anche Rodomonti: "infatti a me Rodomonti mi ha detto la stessa cosa: lui non poteva vederlo...lui dalla sua prospettiva fa bene a alzare".
[24] M: "Io infatti quella partita lì della Fiorentina di mercoledì me la voglio registrare eh? così per vedere...perchè adesso...adesso ormai è tutta politica...adesso qui deve...Milan e Juve assolutamente che non ci sia...che non ci siano vantaggi, cose perchè adesso...ma tu te lo immagini con che clima andiamo a Milan-Juventus?"
In realtà poi Fiorentina - Messina del 20 aprile 2005 finì 1-1 con pareggio degli ospiti durante un recupero di 6' e con l'espulsione di un viola.
[25] L'assistente Ivaldi viene fermato (per almeno due turni, che sono più di quelli che si prese Paparesta dopo Reggio) a causa di un errore ai danni dell'Inter. Tra l'altro, ripensando a quella partita, ci si chiede cosa aveva da lamentarsi l'Inter, dato che la partita la vinse comunque e in realtà ad essere penalizzata fu probabilmente la squadra felsinea...
Da Repubblica: "La reazione del Bologna c'è perché, al 10', i felsinei avrebbero già pareggiato: Bellucci scodella in area una punizione che la testa di Tare infila in gol. Mentre l'albanese è sotto la curva a festeggiare, però, Farina consulta il suo collaboratore Niccolai e invalida per un presunto fuorigioco, al momento della battuta, proprio di Bellucci. Forse una ingiustizia, che però l'arbitro della sezione di Novi Ligure pareggia al 28', quando, stavolta su segnalazione di Ivaldi, annulla il gol del 2-0 di Van der Meyde per un off-side inesistente."
[26] Per B agli arbitri bisogna semplicemente consigliare di lasciarsi guidare senza troppo discutere. Esempi di consigli per arbitri pivelli: "Non farti ingolosire da una partita in più" (anche se ci fai 10 milioni...) "pensa piuttosto a cosa guadagni in prospettiva se fai il Mondiale". Ci vuole equilibrio. Sbagliato anche l'estremo opposto, di cui viene citato come cattivo esempio Messina, descritto come un "calcolatore", come uno che voleva valorizzarsi solo all'estero e "l'ha pagata". Poi insiste sulla priorità della compattezza del gruppo: "perché qui quando c'è bisogno bisogna restare tutti uniti." In sostanza, apprezza il ruolo che a questo proposito DS racconta di cercare di svolgere.
[27] Ad esempio, lo si vede quando parlano di Messina: "Nella gestione tecnica è bravo, disciplinare soffre", infatti in Bologna - Chievo 3-1 Messina, su suggerimento di Mazzoleni, aveva espulso un dirigente del Chievo. Comunque Bergamo dimostra di proteggerlo (e, secondo le altre intercettazioni, è un arbitro vicino al Milan), come protegge Rizzoli. Insomma, fa considerazioni di tipo tecnico-carismatico e non di aderenza a dettami provenienti da chissà dove.
[28] I colleghi di DS gli avevano fatto maliziosamente notare l'esclusione dalla griglia di Juve - Milan. DS si dichiara imbarazzato, cosa rispondere a immaturi scontenti come Pieri e Farina? Ricordare loro le Olimpiadi fatte e i Mondiali in prospettiva? Le partite di Champions da arbitrare? Teme di essere frainteso. Per B una spiegazione logica da dare loro potrebbe essere: "è meglio bruciarsi al ritorno che all'andata". Cioè, se si arbitra male Juve - Milan all'andata si rischia una lunga esclusione, meglio arbitrare partite importanti al ritorno, quando ne rimangono meno da cui essere poi eventualmente esclusi. Tra l'altro, B preannuncia a DS un paio di impegni a livello europeo: un'imminente partita di Champions e una delle qualificazioni mondiali a marzo (viene citata "Romania - Olanda" del 26 marzo 2005, che però sarà poi diretta da Luis Medina Cantalejo).
[29] DS e B parlano della direzione di gara di Rizzoli in Fiorentina - Lazio 2-3 di domenica 9, che è stata l'unica che ha creato dei problemi, per un rigore non visto.
[30] DS riporta a B un colloquio avuto con Farina, escluso dalle convocazioni FIFA a favore di Rosetti e per questo particolarmente velenoso, fino a cercare di instillare in De Santis stesso sfiducia nella gestione corrente. B, uomo d'esperienza, soprassiede giustificandolo per la sua giovane età.
[31] La telefonata si conclude con B e DS che parlano di imminenti impegni a livello internazionale. DS è atteso a qualcosa (workshop arbitrale?) dall'11 al 17 febbraio e cita un programma ricevuto via e-mail. Inoltre, doveva esserci in programma una partita il 18 febbraio dalla quale B sperava di "far fuori Frisk", non si capisce se nel senso farvi designare lo stesso DS o se di evitare che venisse mandato ad arbitrare un'italiana. Tanto che DS si affretta a pensare a un "pretesto" da usare a questo scopo: racconta a B di un'intervista di Frisk a Controcampo, in cui l'arbitro svedese descrive come difficili da arbitrare le partita in Spagna e Italia, lamentandosi del diffuso malcostume delle simulazioni. B si dice così pronto ad "usare" l'intervista contro Frisk, rendendola nota in FIFA, dove "son tutti italiani e spagnoli". Frisk comunque si ritirerà il 12 marzo seguente, dopo aver ricevuto minacce alla famiglia, in seguito ad un Chelsea-Barcellona in cui fu accusato da Mourinho di aver favorito i catalani. Il match non avviene il 18 ma potrebbe essere quello, data l'importanza.
[32] "E' venuto da me m'ha detto: dice ma perchè te stanno trattà male a te, perchè te stai zitto, non te ribelli? Gli ho detto: scusa ma che me devo ribellà io? Gli dico: Tizià, ma che stai a dì? Dice: no perché, sai, vedi, tu hai fatto solo sette partite..."
Se una cupola ci fosse, Pieri si sentirebbe ben protetto e non avrebbe bisogno di sentirsi sotto scacco e di seminare zizzania, appena dopo avere arbitrato la Juve ed essere stato accusato di favorirla. Sopratutto non con il sodale De Santis, che immaginerebbe ben protetto. E non verso il sodale Bergamo, che decide della sua carriera. Lo stesso De Santis non screditerebbe il compagno, ma lo ridurrebbe facilmente alla ragione. Anche perchè il suo ruolo dovrebbe essere centrale e di riferimento per gli arbitri. Mentre gli arbitri lo trattano come un loro pari, anche un po' fesso, uno da caricare a pallettoni per farlo esplodere e guadagnarci di proprio.
[33] B e DS analizzano i motivi dell'avversione di Pieri. Per B è per rimproveri subiti in seguito alla direzione di Bologna - Juventus 0-1 del 12-12-2004 e di Reggina - Palermo 1-0 del 06-01-2005.
E infatti B parla della partita di Bologna, ricordando le avvertenze che diede a Pieri, in particolare su come gestire personaggi "difficili" e carismatici come Mazzone e Cipriani (che reclamò inutilmente un rigore, per un dubbio - ma poi non molto - intervento di Thuram su di lui). DS rincara la dose parlando dell'ancora caldo Reggina - Palermo, in cui Pieri graziò i reggini in un paio di occasioni: mancata espulsione del portiere per mani fuori area e rigore non dato al Palermo per mani di difensore.
Nei confronti di B, Pieri avrebbe provato a minimizzare gli errori di Reggio facendo leva sul fatto che erano passati quasi inosservati, ma il designatore l'avrebbe giustamente rimproverato lo stesso. Da lì, probabilmente, il livore che avrebbe portato Pieri a tentare di sobillare DS.
[34] DS: "perchè tu t'eri un po' stranito per come aveva arbitrato Bologn... ma stranito... ma nel giusto, nel bene suo, no?"
Bergamo si era quindi "stranito" per l'arbitraggio di Bologna-Juventus. Sospettava un inciucio Pieri-Juve? Non sembra. Tanto che De Santis si corregge immediatamente...nel giusto, nel bene suo. Ossia: aveva arbitrato male e, nel bene suo, sa che un arbitraggio che dia l'idea di favorire la Juve, non favorisce certo la carriera di un arbitro.
B: "Ho ragione io che Tiziano non cresce".
Giudizio negativo su Pieri, reduce da un Bologna-Juventus in cui i soliti noti hanno gridato allo scandalo. Si fa capire che non è il modo per fare carriera.
Sempre B: "Questo dimostra che non cresce...perchè non cresce...perchè io gli dissi prima della partita: stai attento perchè Mazzone che è un figlio di puttanaa ti creerà tanti di quei presupposti per crearti dei problemi...ho detto: gestiscili bene, gestisciti bene Cipriani e questo s'è messo a far la guerra a Cipriani...e allora cosa vuol dire...vuol dire che è un cretino...non gli ho mica detto non dare una mano a chi devi darla..."
Le raccomandazioni prepartita di B: occhio che Mazzone ha il carisma necessario per metterti in difficoltà ad ogni minimo errore, vedi di gestire bene la partita. Cipriani che è un po' un Toni, uno che fa tanti falli e ne subisce tanti, uno che sempre lavora con il fisico al limite del regolamento, lo devi gestire. Ossia mi raccomando nel distribuire bene i falli. Mentre Pieri pare non fischi i falli su Cipriani. Il che poi è quello che succede sul campo, e sul campo si può sbagliare per mille ragioni. Sbaglia e secondo B è un cretino.
[35] Bergamo ci tiene a sottolineare l'impegno e la moralità sua che non li ha esposti al pubblico ludibrio, come capri espiatori. Ma ha atteso la giustizia ordinaria per reintegrarli. Infatti andranno a fare Milan e Inter di Coppa Italia il 12 gennaio. Per Bologna-Inter viene designato Gabriele. Per Milan-Palermo viene designato Palanca.
[36] Sullo 0-0 Del Piero tira in porta da non più di 8 metri a colpo sicuro, Bovo intercetta la palla con un braccio; sarebbe rigore e quantomeno ammonizione. DS concede solo il calcio d'angolo.
[37] DS: Perchè io voglio vedere se do...l'hai visto quell'episodio? io voglio vedere se do quel rigore che me succede... B: "Eh sei morto...purtroppo […] purtroppo non è quanto sia, è quanto lo fanno essere..."
[38] Si sono stracciati le vesti per Moggi e la sua telefonata delle griglie, ma qui B conferma che non solo Meani, ma Galliani in persona dava indicazioni per le griglie arbitrali. Infatti, parlando della griglia della giornata dell'ultimo Milan - Juve, B dice di aver "giocato ad essere una persona intelligente", riferendosi al fatto di aver disatteso le richieste di Galliani. "Ma qui per starci in questo mondo bisogna anche qualche volta rischiare qualche volta fare il muso duro qualche volta...se dici sempre sìssignore duri dalla sera alla mattina". Insomma, zio Fester doveva farlo squillare spesso, il telefono di B. Inoltre, DS rincara la dose ricordando che Galliani aveva chiesto e ottenuto di non metterlo in griglia l'anno precedente.
[39] La Fazi in quel periodo in Federazione sarebbe stata tenuta in una sorta di limbo senza mansioni specifiche e il figlio Fabrizio avrebbe ottenuto un contratto di 3 mesi, invece dei 6 pattuiti. Moggi a tal proposito non si sarebbe sbilanciato, dicendosi in attesa dell'esito delle imminenti elezioni federali. DS e B si dicono preoccupati dallo stato nervoso della donna, che potrebbe portarla a intentare una causa alla Federazione.
[40] Sulla Fazi esistono delle telefonate dell'estate 2004 in cui Moggi si prodiga presso Carraro e Lippi per sistemarla al seguito della Nazionale, proponendo di creare una segreteria ad hoc per assegnarne a lei la responsabilità. Quel tentativo evidentemente fallì e probabilmente Moggi smise di occuparsene. Per questo De Santis l'avrebbe "rimproverato".
[41] Bergamo spera che il passaggio di Capello alla Juve chiarisca a Moggi la natura di alcuni trascorsi rapporti tra la Fazi e la Roma, e cioè che "non c'erano stati contatti particolari che tutto era fatto per mantenere un equilibrio e non aver problemi nella gestione del campionato". Per DS qualcosa c'era. B: "Io son convinto che quel qualcosa è quel lavoro che Grazia faceva per la CAN...ma che era un lavoro che faceva per noi per mantenere certi equilibri...no per sé stessa...o perchè aveva preso troppa forza nei nostri confronti..."
[42] Bergamo (continua dalla frase precedente): "Perchè se magari una volta poteva fare una telefonata tanto per dire a Meani...era una telefonata che poi ci riportava e che noi si gestiva nel miglior modo per non creare turbamenti all'andamento del campionato...del resto l'altr'anno il campionato l'ha vinto il Milan perchè era più forte..." DS: "eh certo...questo Paolo non è perchè alla fine io gliel'ho detto...io Meani lo sento...ci mancherebbe...senti questo, senti quell'altro...perchè è un mondo che ti porta per forza di cose a sentire la gente perchè..."
Vengono in mente le frasi "quindi noi siamo accantonati un'altra volta", "Con Gigi va bene...allora non è come l'anno scorso?" nella telefonata tra Moggi e Giraudo. Agganciandoli con la Fazi che si sente un po' troppo spesso con Capello e Meani, sarebbe forse il caso di dare un'occhiata al campionato 2003/2004 in cui spopolano Milan e Roma e la Juve rimane forse un po' penalizzata.
[43] Controverso il passaggio in cui DS ribatte "Quella era una situazione che è venuta a seguito di arbitri che erano secondo me scontenti perchè... l'errore grosso, io gliel'ho sempre detto, è il contatto che lui ha cominciato a avere con gli arbitri". "Lui chi?". "Luciano".
Questa sarebbe prima di tutto un elemento in più (se ce ne fosse bisogno) contro il teorema delle schede svizzere, dato che qui scopriamo che De Santis disapprovava la pratica di contattare gli arbitri e la riteneva un errore altrui, in cui lui chiaramente non c'entra niente. E' probabile che qui DS si riferisse a contatti post-partita, del fatto che Moggi spesso, come tutti i dirigenti, parlasse con gli arbitri dopo le partite e probabilmente lamentandosi. Strano, perché se fossero membri di una cupola avrebbe dovuto approvarlo.
[44] Per B la Fazi è stata "colpevolizzata" quando ha comprato "I materiali" a Ayroldi (pagandoli a prezzo di costo), in corrispondenza del Roma - Sampdoria 3-1 del 18-01-2004 (unica partita della Roma arbitrata da Ayroldi in quel campionato…), in cui sull'1-1 non fischiò un rigore per un fallo nettissimo di Dellas su Diana. Per B, l'errore non fu di Ayroldi, ma dell'assistente Farina, e per questo motivo non lo sospese. La Fazi, avendolo saputo in anteprima da B e Pairetto, rassicurò Ayroldi ("tranquillo, domenica vai in seconda fascia"), al che "il deficiente andò a dirlo in giro".
Sembrerebbe dunque che la Fazi si fosse fatta una fama equivoca per un malinteso apprezzamento a un arbitro che aveva commesso un errore che aveva favorito la Roma, anche a causa delle vanterie dell'arbitro in questione. Inoltre, c'è la questione dei "materiali" pagatigli, che qualcuno evidentemente avrà voluto vedere come incentivi a non fischiare quel rigore.
[45] Sempre "quel cretino" di Farina, in corrispondenza di Milan - Parma 3-1 del 20 marzo 2004, annullò dopo 3' un gol di Bresciano per un contatto in realtà regolare tra Gilardino e Dida. Farina si sarebbe vantato con Bergamo di aver annullato quel gol spacciandolo per irregolare, ottenendone inizialmente l'approvazione, prima che il designatore scoprisse, tramite TV, che irregolare non era, subendone il conseguente cicchetto. Per B, il fatto che Farina abbia appena tentato di insinuare in DS il sospetto che Rosetti volesse fargli le scarpe sarebbe solo un'ulteriore dimostrazione del fatto che è un piantagrane, che non è sufficientemente maturo per accettare e capire i giusti rimproveri del designatore.
Inoltre, DS ricorda che Farina, a proposito di quel Milan-Parma, si sarebbe addirittura vantato: "No, ma Bergamo mi ha detto che ho fatto bene". E' dunque probabile che anche in questo caso, alla CAN, si fosse diffusa la voce secondo cui un errore che avvantaggiò il Milan fosse stato approvato dal designatore.
Tecniche di calunnia giornalistica
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- By Mario Incandenza
"E, dal dialogo, emerge in modo nitido che DONDARINI ha concesso il rigore alla Juventus in buona fede, convinto cioè che il rigore c'era, e non per volutamente alterare il risultato a favore della Juventus".
Ma l'anno dopo, a inizio maggio, come tutti sappiamo, comincia la campagna di stampa contro la Juve moggiana. In attesa di un secondo filone di intercettazioni che si preannuncia più sostanzioso in arrivo da Napoli, vengono pubblicati "stralci" delle intercettazioni torinesi, tra cui la Pairetto-Dondarini.
Il 5 maggio se ne occupa Repubblica, con un pezzo a firma nientemeno che di Marco Travaglio, dall'inequivocabile titolo "Tutti agli ordini di Moggi".
Un aspetto curioso della faccenda: lo stesso giorno in cui esce l'articolo di Travaglio, Repubblica mette on-line sul suo stesso sito web l'intero dispositivo di archiviazione della procura di Torino. In questo modo, si può dire che la testata pubblica insieme un articolo e la sua smentita, dal momento che, poche righe sotto al brano sopraccitato, il procuratore Maddalena si spinge ad affermare: "sono state registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode, ma da esse non solo non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì piuttosto elementi di prova di segno contrario".
Non solo, sempre tramite la lettura del documento della procura torinese, abbiamo la possibilità di leggere la Pairetto - Dondarini post-partita nella sua versione integrale, versione che smaschera la natura subdola dell'operazione di Travaglio.
Infatti, nel suo pezzo, che comprende anche stralci di altre intercettazioni, così il giornalista descrive la partita e riduce la telefonata:
L'ARBITRO CON 50 OCCHI
[…]
La Juve vince 3-0, a mani basse. Il primo gol è su rigore, generosamente concesso dal Donda fra le proteste. All'ultimo minuto il guardalinee segnala un rigore anche per la Samp: fallo in area su Pagano. Il Donda indica il dischetto, ma poi, quando Flachi sta per calciare, cambia idea e trasforma il penalty in corner. Finisce in rissa. L'indomani il malcapitato telefona a Pairetto: "Bella battaglia, hai visto? Questi della Samp erano fuori di testa, se non c'erano i giocatori della Juve che mi aiutavano, non so come finiva la partita... Ho dovuto dare un rigore (alla Juve), che era di un netto, Gigi... Emerson mi guarda subito come a dire "oh, ma questo è rigore", e io tranquillamente fischio e indico il rigore, solo che sai lì nessuno ha capito niente... il pubblico... Poi per fortuna mi dicono che c'è l'inquadratura dietro la porta che fa vedere che è nettissimo... Non puoi dare un rigore perché è una grossa squadra?". Quanto al rigore dato e poi tolto alla Samp, è tutta colpa del guardalinee: "Mi ha detto: "Donda, scusami, ho fatto una gran cazzata, non dare il rigore, è solo angolo". Allora, sul 3-0, gli ho detto: "Ma ormai diamo il rigore". Ma lui fa: "No, assolutamente non darlo, perché facciamo una figura di me**a". Alla fine l'episodio non è stato bello, ma è meglio non averlo dato... Alla fine credo di averla portata via limitando i danni...".
Questa riduzione è subdola perché, oltre a mettere in dubbio la legittimità del calcio di rigore, seleziona accuratamente solo determinate frasi in modo che messe in fila diano l'impressione di una intenzione "accondiscendente" da parte dell'arbitro. Ad esempio, leggendo questa versione, sembra quasi che Emerson "ordini" il rigore all'arbitro. Ma basta andare a leggere la versione completa fornitaci dalla procura di Torino e chissà perché si ha un'impressione ben diversa:
D: e non basta poi cosa succede che Emerson non si butta Emerson cerca di andare via allora praticamente il difensore che lo trattiene cade e cadendo se lo trascina giù abbracciandolo di nuovo cioè non lo ha nemmeno mollato mentre cade ed infatti lo tira giù praticamente facendo andare Emerson all'indietro Emerson mi guarda subito come per dire "oh ma questo è rigore" io tranquillamente fischio e indico il rigore. Solo che sai li non ha capito niente quasi nessuno sul momento soprattutto il pubblico quindi la tensione è stata quella ovviamente di polemizzare con l'intervento ma è un rigore cioè per fortuna che mi hanno detto che c'è l'inquadratura di dietro la porta che fa vedere che è nettissimo.
Dondarini: "Eh, bella battaglia hai visto?"
Pairetto: "Minchia"
Dondarini: "Ma questi della Sampdoria erano da fuori di testa (...) Guarda ti giuro se non c'erano i giocatori della Juve che mi aiutavano io non so come finiva (...). Poi sai ho dovuto dare quel rigore lì, guarda che è di un netto Gigi"
Pairetto: "Sì, ma ci credo perché poi dalla vostra posizione" (...)
Dondarini: "Certo, ma io ti dico, io ho cercato... di far sì, insomma, che la partita andasse a quella fine"
Qui la riduzione è addirittura banditesca. Praticamente abbiamo l'accostamento malizioso di 5 frasi, di cui le prime 3 ("minchia" compreso) pronunciate all'inizio della conversazione e riguardanti il rigore concesso alla Juve, mentre la quarta e la quinta, e cioè queste:
Pairetto: "Sì, ma ci credo perché poi dalla vostra posizione" (...)
Dondarini: "Certo, ma io ti dico, io ho cercato... di far sì, insomma, che la partita andasse a quella fine"
sono prelevate con perfidia chirurgica da contesti ben diversi.
La malafede appare palese nella scelta di accodare l'ultima frase di Dondarini, quel "ho cercato di... di far si insomma che la partita andasse a quella fine", a un dialogo incentrato sul rigore alla Juve, creando così la fasulla impressione di un'intenzione fraudolenta da parte dell'arbitro.
In realtà questa frase è stata estrapolata da un altro passaggio, in cui Pairetto e Dondarini parlano delle difficoltà dei direttori di gara quando una piccola squadra incontra una grande. Spesso, infatti, il regolamento li costringe a prendere decisioni impopolari, che scatenano continue ed esasperate recriminazioni.
D: si ho dovuto, ho cercato di non infierire perché questi erano... cerca di... non erano sereni dall'inizio per cui...
P: si si ma vanno sempre in campo mai sereni contro le grandi squadre si sentono sempre vittima di tutto guarda sono incredibili
D: si veramente ma è una cosa vergognosa quella a questo punto cosa fai? Non puoi dare rigore perché è una grossa squadra ...(si accavallano voci)
P: ma vedrai anche in futuro quando avrai modo di farne ancora vedrai sarà sempre cosi ti devi già preparare psicologicamente
D: si si ma io me lo aspettavo poi eh perché ci mancherebbe
P: ma poi tu hai visto domenica hai espulso due sacrosanti no?
D: mamma mia
P: sacrosanti no?si piangevano addosso e dicevano che era stato fatto perché la partita dopo era contro una grande squadra no?
D: no no infatti infatti
P: ma tu pensa due due espulsioni di Airoldi ma non chiare strasolari
D: certo, ma io ti dico io ho cercato di... di far si insomma che la partita andasse a quella fine
P: poi combinazione non conterà un c**** ma quella alla fine quell'episodio
Benché lo scambio di battute sia tutt'altro che lineare, appare chiaro che qui si parla del clima teso fomentato dal vittimismo dei doriani e della conseguente condotta dell'arbitro, improntata alla moderazione nei provvedimenti disciplinari da prendere, al fine ("quella fine") di rasserenare gli animi.
D: io ho fischiato... Ambrosino
P: ha indicato rigore?
D: lui mi ha dato rigore ed io ho fischiato rigore dopo di che mi ha richiamato mi ha detto "Donda scusami ho fatto una grande cazzata non dare rigore perché facciamo una troiata mai vista"
P: era calcio d'angolo infatti
D: e infatti fa "guarda che ha preso la palla scusami istintivamente ti ho indicato rigore ma guarda è angolo" allora sul 3 a 0 gli ho detto "Marcello ma oramai diamo rigore" fa "no no guarda assolutamente non darlo perché non è rigore facciamo una figura di me**a" a quel punto l'ho visto talmente convinto.
Qui Dondarini ammette di essere stato disposto ad assegnare alla Sampdoria un rigore che in realtà non c'era pur di non sconfessare il suo assistente, e di aver cambiato idea solo su sollecitazione di questi che temeva la "gogna moviolistica".
Anzi, a essere pignoli, vi si ravvisano due casi in cui l'arbitro ha semmai ammesso di aver avuto un atteggiamento di favore per i doriani.
E cioè:
1) Non sanzionando fino in fondo il comportamento facinoroso dei padroni di casa per non surriscaldare ulteriormente gli animi.
2) Per la sua disponibilità a concedere loro un rigore inesistente (benché ormai ininfluente).
Come spesso accade quando si approfondiscono i fatti di Farsopoli, la realtà si dimostra l'opposto di quella che i media ci hanno raccontato.
Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/5: Moggi Gossip Picture Show
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- By Mario Incandenza
Benvenuti al Moggi Gossip Picture Show!
Tramite intercettazioni che nulla hanno a che fare con le mai provate accuse di illeciti imputati alla Juve, né tanto meno con questioni di lealtà sportiva, Repubblica ci offre un saggio del genere che va per la maggiore sui media contemporanei, e cioè "l'intrattenimento spazzatura".
Basta titolare "Potere Moggi", mettere in fila 24 files audio alla rinfusa, etichettarli il più maliziosamente possibile, cioè, al solito, estrapolando dal contesto frasi che mettano nella luce peggiore chi le pronuncia, e l'obbiettivo è raggiunto: si vellica il disprezzo del lettore benpensante e si confondono le idee a coloro che vorrebbero capire cosa queste intercettazioni ci raccontino veramente.
E cos'è che ci raccontano, queste 24 conversazioni carpite a tradimento e pubblicate in spregio a leggi e norme sulla privacy? In sostanza, 5 cose:
1) Che quando la Juve e persone ad essa legate andavano a Roma, dato il clima da guerra civile che spesso vi si respirava, Moggi, che aveva la responsabilità della loro sicurezza, si appoggiava ad agenti della Digos con alcuni dei quali, come spesso capita tra esseri umani, aveva finito per instaurare un rapporto confidenziale. Questo verrà trattato nel paragrafo: La Digos.
2) Che Moggi conosceva e frequentava il Questore di Napoli, tanto che gli chiese di interessarsi personalmente al furto a mano armata della Mercedes Classe A del figlio perpetrato ai danni della consuocera nei pressi della loro abitazione partenopea. Questo verrà trattato nel paragrafo: A Napoli rubano la A.
3) Che Moggi, in virtù del suo ruolo di dirigente della squadra più prestigiosa dello sport più popolare d'Italia, si trovava spesso a gestire richieste di biglietti e gadgets provenienti da politici, personaggi dello spettacolo e dello sport, insomma uomini pubblici in genere, e ovviamente, come ogni avveduto amministratore deve fare, si preoccupava ove possibile di accontentarli per mantenere i buoni rapporti. Questo verrà trattato nel paragrafo: Biglietti e gadgets.
4) Che Moggi, in virtù delle sue mansioni, si preoccupava della gestione dello spogliatoio e di come i media cercavano di sporcare l'immagine pubblica della Juventus. Questo verrà trattato nel paragrafo: Desaparecidos e quarto potere.
5) Che Moggi, per assicurare alla Juventus un certo peso all'interno della Figc, adeguato all'importanza di una società che non poteva permettersi di venire schiacciata dal ben più capillare e invadente potere di Milan, Roma, Lazio e Inter, faceva attività di lobbying collaborando con clubs minori come l'Avellino. Questo verrà trattato nel paragrafo: In Irpinia c'è lavoro.
Eppure, leggendo il dossier che Repubblica dedica a questi files audio, sembrerebbe che intrattenere relazioni con organismi istituzionali preposti per legge alla sicurezza della squadra in occasione delle partite, se non addirittura alla sicurezza della propria famiglia, sia indizio di corruzione; che gestire richieste di biglietti per le partite e di gadgets non possa essere che il pretesto per ordire losche trame; che intessere relazioni con i club minori costituisca una sorta di un abuso di potere, e via dicendo.
Il fatto è che molti preferiscono l'intrattenimento spazzatura.
La Digos
Un dirigente come Luciano Moggi, con alle spalle una trentennale esperienza ad alto livello nel calcio italiano, abituato da sempre a gestire eventi sportivi che possono mettere a repentaglio l'ordine pubblico, è ovvio che col tempo stringa relazioni con funzionari delle forze dell'ordine.
E' il caso, ad esempio, dell'ispettore capo della Digos torinese, Dino Paradiso, un punto di riferimento, tanto che in queste conversazioni i due danno l'impressione di coltivare un rapporto di amicizia ormai consolidato.
Un altro contatto nella Digos è Fabio Basile, a cui ad esempio viene chiesto di occuparsi del servizio di scorta ad Emerson, volato a Roma dove il figlioletto frequenta la scuola. Emerson, dopo il passaggio alla Juve, come mister Capello, era diventato oggetto di odio da parte dei tifosi giallorossi in quanto accusato di aver rinnegato la maglia.
5.1 Quello che hanno fatto prima, dopo e durante è indicibile, a rischio di incolumità fisica[1]
Sabato 5 marzo 2005, a Roma, più che una partita ebbe luogo una guerriglia, in campo e fuori dal campo. In questa telefonata Moggi e Dino Paradiso ne rievocano alcuni momenti salienti. Dino, tifoso romanista, recrimina scherzosamente per il rigore dubbio su Zalayeta concesso alla Juve, Il Direttore sottolinea che il problema non è stato costituito dall'arbitro (che comunque avrebbe dovuto espellere almeno due giocatori romanisti già nel primo tempo), ma dall'ambiente invivibile. "Quello che hanno fatto prima, dopo e durante è indicibile, a rischio di incolumità fisica".
5.2 Moggi a Dino: "Voi partite con la squadra?"
In questa intercettazione si organizza una scorta per la Juve. A 1'15'' Dino rassicura Luciano "Noi ti siamo sempre vicini". E Moggi: "Avvisa che vengono anche quelli della Digos", che lui poi lo dirà al Questore Improta. Moggi: "Io intanto faccio veni' Fabio Basile, quelli che seguono la Lazio". Dino: "Se tu hai bisogno di muoverti la sera, non c'è problema".[2]
5.3 Moggi a Silvana: A Roma c'è un'alluvione
Qui[3] Moggi organizza tramite Digos il trasferimento di due donne dall'aeroporto di Roma all'hotel, di cui una, Silvana Garufi, è la presidentessa del Comitato "Crescere Insieme al Sant'Anna", una Onlus collegata alla Juventus. Silvana è anche un'amica con la quale il Direttore si sente spesso.[4]
I media hanno presentato questa intercettazione secondo il cliché classico del potente che abusa della forza pubblica per agevolare gli amici, senza considerare che le due donne sono comunque persone dell'area Juve e non si sa bene in quale occasione andarono a Roma. Insomma, per giudicare correttamente, probabilmente, mancano alcuni elementi. E' chiaro che, per quel poco o nulla che sappiamo, non si capisce perché le due non potessero prendersi un taxi...[5]
5.4 Io non ce l'ho il numero di Dino Paradiso
Una Silvana Garufi molto turbata chiama Moggi per chiedergli se può aiutarla a rintracciare il recapito del padre di un suo conoscente. Moggi, che sembra un po' disorientato dalla richiesta e soprattutto del tono, la indirizza su Dino Paradiso, ma la Garufi dice di non avere il numero e la chiamata s'interrompe così.
5.5 Alessio ad Alessandro: La patente non è un documento d'identità riconosciuto
Moggi jr, il giorno prima di prendere l'aereo per Maiorca, si accorge che ha il passaporto scaduto (ed è anche privo di carta d'identità). S'informa così presso la Digos se c'è un modo per partire senza i documenti. Alessio, il suo interlocutore, non può risolvergli il problema e alla fine lo sbologna al solito Dino Paradiso. Chissà se poi ce l'ha fatta a partire, viene da chiedersi. Ma Repubblica non risolve il mistero.
5.6 De Nicola a Moggi: Alessio Secco ha sistemato già con Fabio
Moggi chiama il suo collaboratore Nello De Nicola, responsabile del settore giovanile, e gli chiede il numero di Cellino. Poi, tra le altre cose, gli chiede se ha già chiamato A. Secco per sistemare Emerson (vedi anche telefonata 5.20). Nello dice che è tutto a posto, ci pensa Fabio Basile della Digos di Roma che andrà a prenderlo all'aeroporto.[6]
5.7 Giannini a Moggi: Deve far fare qualcosa di buono alla Roma, se no qui...
Fabio Basile passa a Moggi il dirigente della Digos romana Lamberto Giannini che vuole ringraziarlo per qualcosa che non viene specificato. E aggiunge, scherzando: "Se vuole farmi un regalo, deve far fare qualcosa di buono alla Roma, perché se no qui…". Ma a parte la piazza, i rapporti tra le due società ultimamente erano migliorati, come convengono entrambi gli interlocutori.
A Napoli rubano la A
La suocera di Moggi jr subisce una rapina presso il parco Commola, vicino all'appartamento partenopeo del genero. Quattro malviventi su due moto, minacciandola con una pistola, la costringono a scendere dalla Classe A di proprietà di Alessandro e gliela rubano.
Ovviamente, il clan famigliare si attiva sia per denunciare il fatto, sia per cercare di ripristinare un minimo di tranquillità e sicurezza dopo uno spavento del genere. La guardia della Vigilanza che presidiava la zona si è dimostrata inefficiente.
Da queste telefonate si capisce che Lucianone aveva un rapporto molto confidenziale col Questore di Napoli, Franco Malvano (dal 2006 deputato di Forza Italia). Tanto che questi accetta di occuparsi in prima persona della denuncia, mandando una volante presso la casa dei Moggi e facendo interrogare la guardia per capire se e perché ha omesso di intervenire.
5.8 Mamma ad Alessandro: Eh, Nino, quelle so' macchine troppo belle
Alessandro Moggi chiama Monticiano per informare i genitori della rapina.
Parla prima con la mamma, che gli fa un predicozzo sull'inopportunità di girare a Napoli con macchine "troppo belle", invitandolo a usare in quel contesto una più umile Fiat, benché Alessandro le faccia notare che la Classe A non sia esattamente una Ferrari. Poi la donna gli passa il marito, a cui Moggi jr chiede di sentire la Digos di Napoli, ma Lucianone ritiene una soluzione migliore contattare direttamente il Questore Malvano.
5.9 Moggi al Questore: vinciamo il campionato alla grande
Moggi chiama il Questore e gli racconta della rapina. Malvano si fa dare il numero di Alessandro in modo da farlo contattare da un suo funzionario, per la denuncia. Moggi chiede anche di mandare una volante a casa del figlio, dove tutti sono ancora sconvolti, in particolare la moglie Fabrizia. Infine, propone, per la Befana, una scappata insieme a Roma.
Il Questore, in un eccesso di piaggeria,[7] si spinge ad affermare che, pur avendo sempre detestato la Juve, da quando c'è Moggi avrebbe iniziato a tifarla.
5.10 Il Questore a Moggi jr: io sono un amico fraterno di tuo padre
Malvano chiama Alessandro e gli chiede di raccontare l'accaduto e poi gli annuncia che lo chiamerà una funzionario per farsi dare i dettagli per la denuncia. Gli anticipa che indagheranno anche sul custode della vigilanza.
5.11 La Moglie a Moggi jr: l'unica cosa da fare è prendere e andare a vivere in un altro posto
Moggi jr annuncia alla moglie di aver parlato con Fabio Basile allo scopo di assoldare qualcuno che venisse a fare 3-4 giorni di ronda. La ragguaglia dell'intenzione di Lucianone di chiedere al Questore una pattuglia.
Poi i due coniugi si lamentano dell'inefficienza delle guardie della Vigilanza, confrontandosi su quale sia la maniera più opportuna per rivolgere loro le rimostranze a tal riguardo.
La moglie, alle prese con i capricci del figlioletto Luciano, si lamenta della mancanza di sicurezza che si patisce a Napoli, manifestando il desiderio di andare ad abitare in un'altra città.
5.12 Malvano a Moggi: Non ti preoccupare
Il Questore rassicura Moggi: ha mandato "una volante col lampeggiante acceso" da suo figlio, invitandolo, nel caso, a chiamarlo anche di notte.
5.13 Moggi jr alla moglie: Ci hanno fregato la macchina e dobbiamo pure paga'?
Alessandro ragguaglia la moglie Fabrizia sulla telefonata del Questore.
Fabrizia è preoccupata per l'assicurazione dell'auto rubata, dato che Alessandro non si ricorda se ha effettuato il pagamento della polizza, e anche per altri documenti che erano sulla macchina, riconducibili ad Alessandro. Insomma, dopo la dimenticanza del Passaporto per Maiorca, lo sbadato Alessandro ne ha combinata un'altra?
Biglietti e gadgets
Sono numerose le personalità che all'interno delle istituzioni si rivolgono al DG juventino per avere biglietti per le partite o gadgets: funzionari della Digos, Carabinieri, Finanzieri, Questori, uomini politici, oltre a personaggi del mondo dello spettacolo. Ma non è da queste telefonate che si può intuirne il perché, dato che non vi è nulla di illecito, a meno che offrire un passaggio in aereo a un finanziere per vedere la Juve a Madrid sia tale, o addirittura sia da considerare illecito il semplice fatto in sé di avere contatti con Lucianone.
In un paio di telefonate ascoltiamo il Direttore occuparsi in prima persona della questione biglietti: sulla base delle rimanenze, stabilisce l'ordine di posti da assegnare al richiedente, se a pagamento o se gratuito, o, addirittura, se trasformare posti che per "il commerciale" erano a pagamento in posti omaggio.
5.14 Moggi a Lella: le poltroncine da pagamento devono trasformarsi in omaggio.
L'impiegata Lella contatta Moggi per avere l'autorizzazione ad accontentare numerose richieste di biglietti omaggio per la partita entrante. Moggi, prima di decidere, vuole esaminare le rimanenze dei biglietti a pagamento. Poi, Lella gli legge l'elenco dei richiedenti e Moggi dà istruzioni per ciascuno.[8]
5.15 Moggi a Claudia: Non me le dica, non fatichi, tanto non le prendo in esame
In questo file audio, in realtà, ci sono due telefonate distinte: nella prima Moggi chiede a un uomo 45 biglietti di tribuna per l'amica Silvana Garufi e 5 per il giudice Calabrò.
Nella seconda (a 02' 20''), la segretaria Claudia riporta a Moggi altre richieste di biglietti e di Gadgets.[9] Moggi, da par suo, segnala un passeggero in più sull'aereo della Juve per Torino: Ciro Venerato. Non si capisce in che occasione.
5.16 Uomo a Moggi: ti è arrivato il quadro di Padre Pio?
Un uomo che Repubblica indica come "Carabiniere" chiama Moggi, il quale cerca di accontentarlo riguardo a due biglietti per la partita, di cui uno per "la moglie del Generale". Potrebbe essere il dott. Farina di cui Moggi parla con la segretaria Claudia nell'intercettazione precedente.
Alla fine, l'interlocutore chiede al Direttore se gli è arrivato il quadro di Padre Pio: "Poi quando lo vedi è la fine del mondo". Addirittura.
5.17 Moggi a Gino: E' un incarico che non vale niente
Un certo Gino chiama Moggi che dice di essere in riunione. Dopo averlo ringraziato per "quelle due cose" che ha ritirato, gli comunica che hanno trasferito Attardi da Roma a Bergamo come Comandante dell'Accademia di Guardia di Finanza.
Per Moggi è un incarico che non vale niente, Gino prova invece a contraddirlo, senza però riuscire molto convincente.
Attardi, oltre a essere generale della Guardia di Finanza, era un membro dell'Ufficio Indagini della Federcalcio, poi dimissionario una volta finito sotto inchiesta durante Calciopoli.
Desaparecidos e Quarto Potere
Qui ascoltiamo Moggi affrontare due questioni.
La prima, riguarda la gestione dello spogliatoio, di cui abbiamo un esempio nell'intercettazione in cui decide le multe da comminare a tre giocatori bianconeri.
Nella seconda intercettazione ascoltiamo il Direttore farsi leggere da Alessio Secco alcuni articoli di giornale che ruotano su due temi spinosi: le accuse di doping alla Juve e di "posizione dominante" per la GEA. Riguardo a quest'ultima questione, la pubblicazione di questa intercettazione sa un pochino di ripicca da parte di Repubblica, dato che Moggi alla fine sbeffeggia proprio loro.
5.20 Moggi a Secco: A Capello dico che il permesso lo dà quando lo dice a Moggi
Il Team Manager Alessio Secco relaziona Moggi sull'esito di un permesso speciale che Capello, di sua iniziativa, ha concesso ad alcuni giocatori stranieri. Thuram è rientrato con puntualità, ma gli uruguagi Montero, Olivera e Zalayeta non hanno rispettato i termini pattuiti. Il Direttore decide così di comminare una multa di 5.000 euro a ciascuno, riservandosi di fare un cicchetto anche a Capello per non aver prima chiesto l'autorizzazione a lui.[11]
5.21 Moggi a Secco: Mi sa che ci sono rimasti male
Alessio Secco chiama Moggi per leggergli 3 articoli di giornale: uno di Italo Cucci in cui si fanno pesanti insinuazioni sull'utilizzo di doping da parte di alcuni giocatori bianconeri (Del Piero, Tacchinardi, Conte). Come per fare da contraltare, gli legge poi un'intervista del Messaggero a Mattolini (giocatore della Fiorentina anni '60) che racconta di aver fatto uso in carriera di diversi medicinali. Infine, un trafiletto di Repubblica intitolato "la GEA nel mirino dell'antitrust" in cui si riporta una dichiarazione del presidente dell'Antitrust Catricalà che parla di un'indagine in atto sulla GEA, attenuando però le possibili responsabilità degli indagati, specificando che si tratta di normale attività di routine che non presuppone alcuna "posizione ufficiale successiva". Al che Moggi commenta compiaciuto, riferito al quotidiano: "Mi sa che ci son rimasti male".
In Irpinia c'è lavoro
Le intercettazioni restanti, risalenti al novembre 2004, testimoniano delle ottime relazioni allora in corso tra il DG Juventino e la proprietà dell'Avellino, squadra allora in serie C1, al punto che ascoltiamo Moggi esprimere al patron Massimo Pugliese la propria preoccupazione per la gestione tecnica della squadra irpina, fino a convincerlo a sostituire il DS in carica con un altro di sua fiducia.
Il senso profondo dell'interesse moggiano per i destini dell'Avellino risiede probabilmente nelle lotte di potere che deve portare avanti in Federazione. Proprio in quelle settimane, in FIGC sono in corso le trattative per l'elezione del Presidente Federale, con potenti lobbies in pista, come quella che sostiene Carraro (Capitalia e Letta) e quella di Abete (Montezemolo/Della Valle/Margherita/Bnl). Quest'ultima opera per estromettere Mazzini, l'alleato di Moggi, dalla carica di Vice Presidente, a vantaggio appunto di Abete. Per poter contrastare questi giochi ed evitare che la Juventus perda potere in seno alla Federazione, Moggi ha bisogno di mantenere le relazioni con più società possibili, anche di serie minori, dato che portano voti.
Chiamato da Cuccureddu, mister dell'Avellino, che si lamentava del DS Fiore, e avendo avuto conferma di problemi anche da parte del patron irpino, Moggi consiglia a Pugliese di sostituire Fiore con Luigi Pavarese, legato alla GEA e professionista più affidabile.
5.22 Moggi a Massimo Pugliese: Bisogna essere attrezzati a competere
Avendo recepito le lamentele di mister Cuccureddu riguardo al direttore sportivo avellinese Fiore, Moggi consiglia al patron Pugliese di sostituirlo con Gigi Pavarese. "Fiore è un cretino patentato", dice Moggi, fa troppe stupidaggini. Massimo conferma "è un coglione, sparla di tutti".
Pugliese ha delle riserve su Pavarese, teme le reazioni della piazza, dato che in passato avrebbe dichiarato pubblicamente di tifare Napoli, indispettendo gli Avellinesi. Ma ammette che professionalmente è superiore a Fiore. Moggi sottolinea la sua bravura nel tenere i rapporti con le squadre e con la Federazione. I due concordano un incontro alla casa napoletana di Moggi per parlarne, al termine dell'imminente partita dell'Avellino.[12]
5.23 Pavarese a Moggi: Comunque, si tratta della città mia
In questa telefonata ascoltiamo un Pavarese titubante manifestare a Moggi la necessità di "chiarire bene le cose" a lui e al figlio: "non va tralasciato nulla, se no qua non si lavora", aggiunge. Sembra timoroso, probabilmente pensa all'ostilità della piazza dovuta a precedenti dichiarazioni infelici. Ammette di avere in effetti da una parte necessità di lavorare, ma dall'altra sottolinea che "si tratta della città mia". Forse sperava che gli proponessero un'altra piazza: nemo propheta in patria…
Moggi cerca di tagliare corto e di spingerlo a decidersi: gli dice che ha già parlato col presidente e farà fare una paternale a Fiore, per spingerlo a lasciare l'incarico.
Pavarese resta dubbioso: dice che il giorno dopo andrà da Alessandro a Roma, come per rinviare la decisione. E Moggi: "Vabbuo', vi mettete d'accordo e me lo dite".
5.24 Guglielmo a Zavaglia: Hanno cacciato Fiore perché ha parlato male di Alessandro
Questa telefonata (di cui Repubblica non specifica gli interlocutori) non comprende i protagonisti della vicenda Avellino, ma due persone che credo vadano ricondotte entrambe al mondo GEA.
Uno, che si qualifica come Guglielmo, dà l'impressione di essere un DS (Guglielmo Acri?) che cerca di raccomandarsi all'interlocutore, che dovrebbe essere Franco Zavaglia. Infatti, Guglielmo esordisce annunciando di aver saputo che "mandano via Fiore dall'Avellino". A suo dire, pare che Fiore sparlasse di tutti, in particolare del "figlio di Luciano", gliel'avrebbe detto Di Somma. Gugliemo lascia intendere di essere interessato a quel posto, ma Zavaglia risponde a mugugni e non si sbilancia: "Vedo un attimo"… Che sapesse già dell'investitura di Pavarese?
[1] Incredibile la malafede del titolista: "Il poliziotto Digos: ho fregato quelli della Roma". A parte che semmai si tratterebbe di un'affermazione di Moggi, ma soprattutto la "fregatura" non ha nulla a che fare con la squadra di calcio, ma è uno stratagemma (pianificato, a dire di Lucianone, direttamente col beneplacito del ministro degli Interni Pisanu) per evitare di subire un assalto al pullman da parte degli scalmanati ultras giallorossi. E' spassosissimo, per l'appunto, il racconto di Moggi che si vanta con Paradiso di aver beffato i tifosi romanisti appostati con sassi e uova marce per l'arrivo degli juventini, avendo deciso all'ultimo momento di fare un percorso alternativo al previsto, tanto che quasi ne faceva le spese quello giallorosso, che al passaggio davanti agli ultras è stato lì lì per venire scambiato per quello bianconero. La telefonata si chiude con Paradiso che s'informa se Luciano andrà al processo del Lunedì: "No, no, li lasci parla'…" prima di chiedere una decina di biglietti per vedere la Juve.
[2] Inoltre, Dino Paradiso comunica a Moggi che Nicola Cavaliere non è più Questore (a Roma) e quindi non ha biglietti da chiedere. La segretaria del Questore nuovo, Improta, ha chiesto invece 4 biglietti per Roma - Juve e 3 per Juventus - Real Madrid. Vedi anche paragrafo "Biglietti e gadgets".
[3] La prima parte della telefonata, più che un'intercettazione, sembra una registrazione ambientale. Più probabilmente Moggi lasciò per sbaglio il cellulare acceso. L'audio è quindi molto disturbato, ma si capisce che il Direttore sta chiedendo a qualcuno di contattare la Digos per andare a prendere Silvana e Flaminia all'aeroporto e portarle, previa visita dentistica, in hotel. A 4'50'' possiamo invece ascoltare la chiamata in cui Moggi ragguaglia Silvana dell'organizzato prelievo della Digos all'aeroporto, ma senza fermata dal dentista dato che l'appuntamento è previsto per qualche ora più tardi.
[4] Vedi anche QCVCNI 4 / L'illecito non è un pasto a base di tartufi, telefonata 4.3.
[5] Interessante, per altri motivi, un passaggio verso la fine, quando Moggi dice a Silvana: "Possiamo vederci all'una, però dobbiamo sorbirci anche Grazia Fazi". E la Garufi: "Chi è Grazia Fazi? La moglie del…" "Sì". Moggi le chiede inoltre d'intrattenere la Fazi nel caso lui tardasse. Poi chiede del tempo a Torino e finge che a Roma sia in corso "un'alluvione". Silvana lo smaschera subito e i due scoppiano a ridere.
[6] Alla fine, come Repubblica evidenzia nel titolo ("Non riesco a portare il regalo a Vespa"), Nello chiede istruzioni riguardo a Vespa, "per dargli quel coso…" Moggi dice di non riuscire a rintracciarlo, "glielo daremo"…
[7] Moggi invita Malvano a un incontro con Giraudo, il 31 dicembre: "Dobbiamo ripetere la nostra cosa che facciamo tutti gli anni". "Ti ho portato anche le maglie, tutto a posto". Una partita di calcetto? Una messa nera? Chissà…
[8] Moggi, una volta ottenuto di ascoltare le rimanenze, autorizza Lanese, Il presidente del Pescara Paterna, Pazzanese (vedi anche QCVCNI2 / Fragilità Juve, telefonata 2.7) e Pisanu (da mettere vicino a quest'ultimo). Biglietti invece a pagamento per: Pontacolone, Giletti (di solito per sé li chiede omaggio, ma in questo caso sono per amici), Ilio Mariani, Tudor, Malec Zidane, Stasi, Bergamo per Fiorillo (direttore Monte dei Paschi), Ciangola e Ciccio Graziani. Ancora, a pagamento: qualcuno del Djurgardens, Romeo Benetti, Palone, Professor Benech (via Agricola), Antonio Conte e fratello (via Secco), Bartolini (via Lippi), Zerbinati e Cresti (via cugino di Moggi, tal Barazzuoli), un "sorvegliante Telecom", Nuciari (via Inter), Mingolini (via Parma), Bove e Maspero della GdF, Corbo, Improta e Petronzi (via Dino Paradiso), Apolloni. Non vengono autorizzate le richieste da parte dei club Gubbio e Pro Patria.
[9] Il dott. Farina chiede 2 biglietti per quella sera (via Flaminia). Ceravolo chiede di cedere i suoi 3 biglietti alla Diadora, ma Moggi qui dice di lasciare in sospeso la richiesta. Dino Paradiso invece chiede gadgets per 5 agenti della Digos di Palermo.
[10] Ennesimo caso di sciatteria: A 00' 55', comincia la telefonata già analizzata al punto 5.5.
[11] Alla fine, Moggi chiede a Secco di sentire la Digos di Roma per coordinare una viaggio di Emerson a Roma a prendere il bambino (vedi intercettazione al 5.7).
[12] A 6'10'' c'è una seconda telefonata, nella quale sostanzialmente vengono ripetuti gli stessi concetti della prima. Stavolta è Moggi a chiamare M. Pugliese, ricordandogli che si aspettava la chiamata dopo la partita come da accordo. Ma il patron irpino ha la febbre ed è allettato, per questo non l'ha chiamato.
Moggi torna a insistere per "raggiungere la soluzione" riguardo al caso Fiore. Ricorda a Pugliese che l'obbiettivo dev'essere quello della compattezza dell'ambiente e che Pavarese è un professionista. Pugliese ribadisce che l'unico suo dubbio è relativo all'ambiente avellinese.
Ma dato che Cuccureddu continua a lamentarsi di Fiore, Moggi ribadisce che bisogna prendere alla svelta una decisione. Prova così a minimizzare le infelici dichiarazioni incriminate, attribuendole al rammarico di Pavarese per non essere mai stato mai chiamato a lavorare nella sua Avellino.