Luca Vialli si presentò ai tifosi juventini durante la primavera del 1992, dopo aver lasciato la sua bella Genova, la sua lanterna, il suo mare.
Sulla riviera di Levante Luca era cresciuto, divenendo un grande campione, facendo innamorare immensamente il pubblico doriano, che non avrebbe mai dimenticato 'i due ragazzi terribili': Vialli e Mancini, autori di reti ed imprese memorabili, con le quali riuscirono a vincere, addirittura, il primo scudetto blucerchiato sotto la guida del 'patron' Mantovani.
Quello che però avrebbe dovuto esibirsi ogni domenica di fronte alla folla torinese doveva essere un nuovo Vialli, ed il ragazzo prese coscienza di tutto questo. Non più il giovane guascone e birichino, osannato e coccolato da tutta la Genova di sponda doriana, ma un giocatore-uomo che avrebbe dovuto riportare la Juve a trionfare in Europa e in Italia, distruggendo l’egemonia del Milan olandese.
Il suo passaggio alla Juve fu il 'big evento' del calciomercato di quel periodo: “Quando un calciatore dell’élite mondiale, com’è Vialli, si rende disponibile, una società d’élite come la Juve deve acquistarlo”, disse Boniperti durante un’intervista.
Era arrivato a Torino un centravanti fantastico, accessoriato di un fisico da superman, che impersonava il giocatore moderno, capace di segnare reti a grappoli, come di spalancare spazi invitanti in area di rigore al compagno di linea Mancini e ai centrocampisti che s’inserivano dalle retrovie.
Ed invece a Torino qualcosa s’inceppò: il ragazzo spensierato, dai riccioli castani, non girava, non vedeva mai la porta, faticava ad inserirsi in un ambiente nuovo, dove mancava quel profumo di salmastro ligure, che per il nostro Luca voleva dire vita. Gli mancavano i suoi scogli, che si affacciavano sul mare azzurro della Liguria, e gli mancava quella banda di ragazzi indemoniati che avevano portato in vetta dell’Europa la sua Sampdoria. E poi ci si misero anche alcuni terribili infortuni: due consecutivi, che gli preclusero la possibilità di esplodere in bianconero e di andare al Mondiale americano del '94. L’assenza da quel Campionato del Mondo fu per Luca una terribile sofferenza, evidenziata nelle interviste, dove non si faceva mancare le frecciate verso Sacchi, che non aveva preso in considerazione la possibilità di aggregarlo al gruppo, che sarebbe arrivato alla finale, persa, contro il Brasile di Romario. Troppo forte la personalità di Vialli per Sacchi: meglio lasciarlo a casa.
Ed eccoci arrivati al ritiro juventino di Bouchs, Svizzera, nel 1994, dove si presentò un Vialli arrabbiato, voglioso di dimostrare al mondo intero e a Sacchi che non era finito. Lasciò i riccioli a casa, presentandosi con un taglio alla 'marines', che avrebbe fatto tendenza per moltissimi giovani, dichiarando apertamente che si sarebbe battuto per vincere lo scudetto, con la fiducia massima della Società e di Marcello Lippi. Il mister toscano credeva follemente in lui e fu abile maestro nel ricomporre quell’incrinatura dello spirito malato del grande campione.
Gian Luca Vialli da quel momento divenne il faro della Juve, il suo condottiero, il Re Leone che spinse Madama a vincere, dopo nove anni di astinenza, lo scudetto numero 23, apripista per la vittoria della Champions League dell’anno successivo. Con Vialli si aprì un ciclo di vittorie meravigliose per la Juve, durato fino all’anno terribile di Calciopoli, anche se Re Leone nell’estate del '96 scelse l’amata Inghilterra, lasciando però una Juve matura per le glorie future. Lui aveva seminato in tutti i suoi compagni la consapevolezza di essere grandi campioni, lui il leader per antonomasia, dove per leader s’individuava il giocatore che si faceva sentire quando serviva, scegliendo la cosa più utile al gruppo. Lui aveva grande rispetto dei compagni, così come i compagni lo avevano immensamente per lui.
Ci sono quattro immagini importanti nella storia del Vialli juventino. Nel cuore e negli occhi di tutti i bianconeri del mondo resterà indelebile come un tatuaggio il momento in cui Gian Luca alzò la Champions nella notte incantata di Roma. Era la fine di un incubo lungo una vita e le note che uscivano dagli altoparlanti dell’Olimpico ce lo ricordavano: eravamo 'The Champions!!'. E lo ricordavano anche a Vialli, mentre scuoteva in cielo quella grande Coppa con le orecchie.
La seconda immagine, durante Juve-Fiorentina del campionato '94-'95, quando alla fine del primo tempo la Juve era sotto due a zero. Nella ripresa arrivò la carica dei gladiatori bianconeri che ribaltarono il risultato, guidati, appunto, da Vialli, che segnò una doppietta da favola, correndo con il pallone in mano verso il centrocampo ed incitando con urli di guerra i compagni: aveva appena realizzato il pareggio. Dopo pochi minuti arrivò l’arcobaleno di Del Piero ad illuminare il cielo grigio torinese. La “nuova era” della Juve nacque da quella magica partita.
La terza è all’interno della chiesa di Salerno quando, in lacrime sincere e disperate, salutò il suo amico Andrea Fortunato. Quel pianto era il testimone di una sofferenza profonda da parte di un uomo immensamente sensibile, innamorato della propria vita e di quella dei suoi amici compagni.
La quarta immagine del leader juventino è immortalata in una spettacolare rovesciata a Cremona, la sua città natia: volò di schiena altissimo per colpire il pallone, esibendosi in un gesto straordinario e realizzando una rete da favola. Cremona, dopo averlo visto nascere e crescere, quel giorno lo poté ammirare in una prodezza che sarebbe rimasta nella storia del calcio.
Luca ha sempre volato alto, più in alto di tutti.
Gianluca Vialli, Re Leone
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