Il 1972 sta per finire, niente pausa natalizia, si gioca, eccome: la terz'ultima di andata, sabato 30 dicembre.
Siamo, insieme a Lazio e Inter, a un punto dal Milan, e oggi al Comunale c'è l'Atalanta, una delle ultime in classifica, una di quelle contro le quali, in casa, tradizionalmente si vince sempre. E, anche oggi, vinceremo facile. Mentre raggiungiamo in pullman lo stadio, nessuno di noi 15-16enni ha alcun dubbio... e cominciamo a fare i calcoli: alla prossima, a San Siro, distruggiamo l'Inter e siamo campioni d'inverno, tanto il Milan qualche punto lo perderà per strada.
Fa un freddo polare, nei "distinti centrali" del Comunale... ma non era meglio fregarsene dell'offerta natalizia di biglietti a prezzi stracciati, e andare in curva, come sempre? Almeno là l'intensità del tifo è tale che ci si scalda comunque! Poi, si sta talmente stretti che si finisce addirittura per sudare, anche a dicembre.
E sta sudando anche la Juve che, nonostante l'indiscutibile superiorità tecnica, fa fatica ad arrivare in porta.
E chi diavolo è quel ragazzo dell'Atalanta con la maglia n.8? Davanti alla difesa, in difesa, a spingere sulle fasce, in mezzo al campo, perfino in attacco... è dappertutto, e non butta via un pallone: elegante nei movimenti, pulito nel tocco, preciso, tosto nei contrasti ma mai falloso, sempre a testa alta. Quant'è forte! Ma da dove è uscito?
I più grandi ci spiegano che il ragazzino dalla faccia seria, da adulto, ha 19 anni o poco più, si chiama Gaetano Scirea, ha esordito in prima squadra a inizio campionato, e già si dice che in futuro potrebbe venire alla Juve: i nostri osservatori sono già al lavoro. Speriamo!
Nella squadra avversaria c'è poco d'altro, quasi nulla, ma tanto basta: la partita tra i campioni della nostra Juve e il ragazzo col n.8 finisce 0-0. Un punto perso ma, per tutti noi, la sensazione di aver visto qualcosa di fuori dal comune.
Poi, l'Atalanta andrà in B, noi batteremo l'Inter a San Siro, saremo comunque campioni d'inverno (in coabitazione col Milan) e vinceremo un incredibile 15° scudetto a 3 minuti dalla fine, a Roma, mentre il Milan si farà asfaltare a Verona e la Lazio le prenderà a Napoli.
Meno di due anni dopo quel sabato pomeriggio, dopo una stagione in B come leader dei bergamaschi (a 20 anni!), quel ragazzone (con addosso finalmente la maglia giusta) prenderà il posto di capitan Salvadore come libero, e darà inizio ad una stagione di trionfi difficilmente ripetibile.
Quattordici anni in maglia Bianconera, con quattordici titoli vinti: 7 scudetti, 2 coppe Italia, 5 coppe internazionali (semplicemente, tutte), oltre ad un titolo mondiale con la nazionale.
Tra Juventus (552), Atalanta (70) e nazionali varie (83), oltre 700 partite ufficiali in sedici anni: 44-45 l'anno.
In 705 partite (quasi tutte da difensore centrale), 35 reti , nessuna giornata di squalifica, zero espulsioni e una (o forse due) ammonizioni.
Zero espulsioni. Ancora oggi, anzi, soprattutto oggi e nel calcio attuale, è per molti inspiegabile: nessuna espulsione in circa 1.000 ore giocate come ultimo uomo davanti al portiere! Un primato assoluto, ineguagliato e, quasi certamente, ineguagliabile.
Un'intera carriera vissuta a quei livelli senza eccessi di aggressività, senza entrate cattive o scorrette, senza proteste nevrotiche, senza atteggiamenti indisponenti.
Gaetano non ne aveva bisogno: maestro nel dirigere la difesa, grazie all'intelligenza e al senso della posizione, sapeva scegliere il tempo per la chiusura pulita, senza ricorrere quasi mai al fallo o alla marcatura sporca. Faceva in una stagione lo stesso numero di falli che qualsiasi altro difensore commette in una singola partita, e non lo si vedeva mai cercare di ingannare l'arbitro. Inarrivabile per eleganza e doti tecniche: un giocatore completo, che sapeva mantenere la lucidità in qualsiasi momento della partita e in ogni partita. Era uno spettacolo vederlo salire a testa alta, con la visione di gioco, il tocco di palla, il senso tattico e i piedi di un fuoriclasse.
Scirea è stato probabilmente il più forte difensore di tutti i tempi, e fra i 4-5 migliori calciatori di sempre, a prescindere dai ruoli.
Qualcuno ritiene sia stato il più grande fra i liberi vecchio stampo, altri lo considerano il precursore nello sviluppo del ruolo del libero moderno. Di certo, la sua classe gli permetterebbe di essere un grande interprete del ruolo, con qualsiasi schema, anche nel calcio di oggi.
Aveva la capacità, propria dei (pochi) grandissimi campioni di rendere semplici e naturali le cose che a tutti noi sembrano complesse e difficili.
In difesa, sapeva pensare come l'attaccante che affrontava, per prevederlo e anticiparlo: d'altronde, aveva iniziato proprio in attacco. Quando saliva a centrocampo non era un difensore che avanzava, ma un centrocampista vero, che ragionava come tale, e trattava la palla, accarezzandola e giocandola da perfetto regista. Allo stesso modo, in avanti, conservava i movimenti e le giocate dell'attaccante vero.
Nessuno, tra i nomi che spesso gli vengono accostati, ha potuto o saputo giovarsi di una simile dotazione tecnica e tattica.
La sua umiltà lo portava a cercare costantemente il miglioramento: Zoff gli disse, nel primo anno di Scirea alla Juve, di piantarla di chiedergli se potesse sganciarsi o meno, e Gaetano cominciò a salire senza più chiedere il permesso; Trapattoni gli urlò di imparare ogni tanto a "buttarla via come all'oratorio", e lui lo fece, magari non troppo spesso, ma seguì il consiglio.
Ma la sua forza morale lo spingeva anche a riconoscere i meriti altrui, perfino quelli degli avversari. Non reagiva ai falli subiti, non faceva scene. Anche negli scontri più accesi, era sempre il primo a fare da paciere, mai una parola fuori posto: verso l'avversario di turno, solo rispetto, correttezza e lealtà sportiva.
Badava al sodo, pochi fronzoli. Gaetano non si preoccupava della forma, non era necessario: lo stile era automatico, come lo erano la signorilità e l'educazione. Gli derivavano dalla sua classe, e ne traeva la serenità che sapeva trasmettere ai compagni, dando tranquillità all'intera squadra.
Composto ed educato, sapeva anche essere duro, quando serviva, senza mai perdere il controllo: un leader naturale, che sapeva farsi seguire senza bisogno di urlare, "un leader col saio del frate", come lo definì Trapattoni.
Un leader che, in quella maledetta sera all'Heysel, nonostante quanto era accaduto, da vero capitano, seppe dire pacatamente ai tifosi, invitandoli alla calma: “Giochiamo per voi...”.
Un campione esemplare, ma anche una persona perbene: allegro più di quanto non si creda, amava la vita semplice, le cose autentiche, la famiglia, lo stare in mezzo alla gente. Rifuggiva la notorietà: mai un titolo per i giornalisti; le polemiche non le concepiva e le evitava, così come non gli appartenevano i toni esasperati, la parole inutili, l'opportunismo, la voglia di fare notizia.
Ebbe modo di dire: "Certo che avrei potuto anch’io, con l’arrivo dello svincolo, spuntare contratti faraonici, ma di squadre come questa ce n’è una sola. Ed io preferisco concludere la mia carriera alla Juventus.". Infatti, a fine carriera, per rispetto della sua Juventinità, rifiutò una proposta economica importante dell'Inter.
Così lo ricorda Carlo Ancelotti: "Come persona e come giocatore, come avversario e come compagno di Nazionale, in campo o fuori campo, il suo comportamento è sempre stato improntato sui medesimi valori di lealtà, amicizia, correttezza, serietà, semplicità, classe.
Era abbastanza introverso, sempre serio, ma comunque dotato di forte carisma. Non bisogna, infatti, parlare molto, per diventare un leader, un esempio per i più giovani. Riusciva a trasmettere la sua personalità forte, con qualche gesto, con poche parole, ma chiare e giuste, al momento opportuno.".
Il suo record di presenze in bianconero verrà superato nel 2008 da Alex Del Piero: "Raggiungere Scirea nelle presenze è un traguardo che mi inorgoglisce sotto tanti aspetti. E' un numero importantissimo, ma la mia speranza è di entrare nel cuore della gente come è entrato lui. Mi piacerebbe che in futuro mi vedessero con gli stessi occhi con cui io guardo lui. Questo è un mio obiettivo, un traguardo.".
Gaetano Scirea è stato per anni (e per noi lo è ancora) la prova vivente che lo Stile Juve non solo esiste, ma ha anche un volto.
Il presidente Bortolotti, portando Scirea ventunenne alla Juve, aveva detto a Boniperti: "Che sia un campione, non ho dubbi, ma dovrà dimostrarlo. Che sia un grande uomo, posso già garantirlo.".
La sera del 3 settembre 1989, Giampiero Boniperti, ricordando quelle parole, affermerà: "Perdiamo un grande campione ma, ancora di più, perdiamo un grande uomo.".
No, Gaetano non è morto, vive nelle menti e nei cuori di chi lo ricorda ancora, anche a distanza di vent'anni, con immutato affetto.
Grazie di tutto, Gaetano, tu sei ancora con noi, nel nostro cuore, per sempre.
Gaetano Scirea: semplicemente il migliore
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