Riportiamo un’intervista di Massimiliano Nerozzi al Professor Andrea Manzella pubblicata su ‘La Stampa’ il 28/08/2006.
«Dalle cose che ho letto, mi sembra che la pena data alla Juventus sia abnorme e sproporzionata, perché le condotte contestate e le prove raccolte, a mio avviso, possono provare la violazione dell’articolo uno del codice di giustizia sportiva, quello sulla lealtà, non quello dell’articolo sei, l’illecito». Col tono pacato di chi non ha una fede pallonara da difendere, il professor Andrea Manzella, docente di diritto Costituzionale alla Luiss di Roma, senatore Ds, non deve salire su nessuna barricata, ma ha saggezza e codici per farsi un’idea delle disavventure di Calciopoli.
Mezza Italia dice che, in B a meno 17, alla Juve è anche andata di lusso, e lei parla di «abnormità».
«I giudici, ovviamente, hanno avuto il proprio convincimento, io le dico la mia impressione: penso siano stati provati comportamenti di slealtà, pure reiterati, ma sempre di slealtà».
Secondo la Corte federale, tante azioni sleali fanno un illecito.
«Concetto discutibile. Quando mai la quantità si fa qualità? Ho letto di un ambiente inquinato, ma l’illecito sportivo va provato. Certo, ci sono le intercettazioni, ma dove sono tutti gli arbitri condannati? Ci vuole il “truccaggio”, la manomissione delle partite e bisogna dimostrarlo. Per questo giudico la pena molto pesante».
Magari lei è uno dei 12 milioni di tifosi bianconeri annidati lungo la penisola.
«Guardi, sono nato a Palermo e la prima partita che vidi, al tempo della guerra, fu a Bari. Così provo affetto per i galletti di Matarrese. Ma in serie A sono vergine».
Che ne dice del Milan in Champions League? «Non saprei. Piuttosto ho trovato strana un’altra cosa».
Prego.
«Avrei aspettato ad appuntare lo scudetto sul petto di un’altra squadra. La Costituzione dice che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. E non mi pare che per la Juventus ci sia già stata. Mi sembra sia stato dato all’Inter un po’ frettolosamente».
Forse bisognerà aspettare il Tar. Giusto andarci?
«Faccio una premessa. Sono favorevole al principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e allora comprendo come le istituzioni sportive nazionali e internazionali difendano la clausola compromissoria. Potrei dire che la Juve ha fatto bene, perché due anni fa è stata tolta la possibilità di adire l’arbitrato nei casi di penalizzazione. E, in questo caso, sarebbe venuto a mancare un grado di giudizio. Però, Figc e Coni lo permettono, nella sostanza: lo vieta l’articolo 27 dello statuto della Figc, non quello del Coni. Dunque la società può accedervi».
Allora è stato un errore.
«Penso solo sia pericoloso».
L’ingente danno quantificato, e rischiato, dal club non sconfina nell’ordinamento statale?
«La legge 280 del 2003, quella che fermò la pioggia di ricorsi al Tar, è sostanzialmente una buona normativa. E allora invito a riflettere: qualsiasi squalifica, a un campo o a un giocatore, comporta un danno pecuniario. O no? Secondo me, l’entità del danno dovrebbe essere uno dei motivi di un ricorso, non la ragione principale. Quella, nel merito, dovrebbe essere la sproporzione e l’abnormità della sanzione in relazione ai comportamenti accertati».
Insomma non è stata raggiunta la prova dell’illecito?
«Mi viene in mente, quando ho cercato di spiegare Calciopoli a un cronista dell’Observer, che mi chiedeva: No money, no girl. Niente soldi, niente ragazze. Dov’è la corruzione? mi chiedeva. Allora gli ho parlato del costume italiano, delle raccomandazioni. In un processo, però, bisogna superare il ponte delle prove».
Massimiliano Nerozzi ‘La Stampa’ 28/08/2006