Nota della redazione: ancora una volta il team è in primo piano per difendere la verità e per cercare, sempre e comunque, di far luce sulla grande mistificazione giuridico-sportiva che ha preso il nome di Calciopoli.
Uno degli avvocati del Team, Antonio Molentino (sul web noto come Gobbo Pugliese), che ha redatto un ricorso al TAR in adiuvandum per l’Associazione GLMDJ, ci viene in soccorso, analizzando in ottica legale gli avvenimenti che hanno caratterizzato la terribile estate 2006. Un punto di vista nuovo ma quanto mai opportuno. Quello che mancava per inquadrare la farsa anche dal punto di vista della Giustizia. Quella vera.
Maggio 2006, scoppia lo scandalo delle intercettazioni, la cosiddetta Calciopoli. I mezzi di stampa nazionale cominciano la pubblicazione di notizie coperte da segreto istruttorio, relative ad indagini penali (all’epoca in corso) vertenti su presunti illeciti commessi nel mondo del calcio. La Federazione Italiana Giuoco Calcio, catapultata al centro di enormi pressioni mediatiche e giudiziarie, apre in data 3 maggio 2006 un’inchiesta, comunicando il giorno successivo che tra gli indagati figurano il Dott. Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus ed il signor Luciano Moggi, direttore generale.
I mass media immediatamente ipotizzano l’esistenza di una “cupola” la quale, attraverso una sorta di associazione a delinquere capeggiata dai dirigenti juventini e dalla quasi totalità dei vertici federali, avrebbe influenzato in modo del tutto illecito lo svolgimento dei campionati di calcio degli ultimi anni.
Il susseguirsi degli avvenimenti porta ad una serie di dimissioni: in particolare, in data 8 maggio 2006, Franco Carraro, Presidente della F.I.G.C., lascia il suo incarico, seguito due giorni dopo dal vicepresidente Innocenzo Mazzini.
In data 16 maggio 2006 la Giunta Nazionale del Coni nomina il Prof. Guido Rossi in qualità di Commissario Straordinario della Federazione, al quale vengono attribuiti i poteri del Presidente Federale, del Comitato di Gestione e del Consiglio Federale.
Nel frattempo, le indagini delle diverse Procure della Repubblica - i cui esiti vengono raccolti quasi in tempo reale dalle principali testate giornalistiche, televisive e radiofoniche - sembrano interessare anche alcuni membri degli Organi della giustizia sportiva, ivi compresi alcuni magistrati. Il 16 giugno 2006 il Prof. Guido Rossi provvede a riformare completamente l’organismo giudicante federale e nomina l’ottantunenne Cesare Ruperto come nuovo presidente della CAF, il quale dispone l'inserimento di nuovi membri di Commissione.
In precedenza (15 giugno) il Commissario Straordinario aveva drasticamente ridotto i termini procedurali e stravolto la competenza degli Organi di Giustizia sportiva in materia di illecito sportivo.
Il 22 giugno la Procura Federale, a distanza di soli 46 giorni dall’avvio delle indagini, comunica i deferimenti. Il commissario Guido Rossi, pertanto, a meno di una settimana dai deferimenti riesce nel compito di stravoglere completamente, e in modo del tutto discrezionale, gli Organi Giudicanti.
I capi di imputazione nei confronti della Juventus F.C. sono due: violazione dell’art. 1 del CGS e violazione dell’art. 6 CGS.
Attenzione a questo passaggio:
in sede di deferimento (per parte del procuratore Stefano Palazzi) la violazione dell’art. 1 viene contestata solo ed unicamente per i fatti accaduti al termine della partita Reggina-Juventus del 6 novembre 2004, a seguito della direzione arbitrale di Paparesta pesantemente contestata dai dirigenti della Juventus.
La violazione dell’art. 6 viene invece contestata per l’aver intrattenuto contatti e partecipato ad incontri, con modalità non pubbliche, con esponenti della classe arbitrale (in tal caso i designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto). Tali condotte sarebbero state contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e, al contempo, dirette a procurare un vantaggio alla società Juventus, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, propri della funzione arbitrale; il tutto con l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 6 c.g.s., per la pluralità di condotte poste in essere e per l’effettivo conseguimento del vantaggio in classifica.
Pertanto, secondo i deferimenti UFFICIALI della Procura Federale, le telefonate comportano la violazione dell’art. 6 mentre l’art. 1 viene contestato solo per i fatti di Reggio Calabria! La ricostruzione operata da Palazzi è giuridicamente perfetta: l’art. 1, infatti, non contemplava le telefonate (cosa che invece avviene oggi, dopo la riforma del Cgs). L’art. 6, al contrario, qualora provato l’effettivo conseguimento del vantaggio in classifica, sarebbe stato violato per mezzo delle telefonate ai designatori.
Il nodo fondamentale risiede quindi nella necessità, assolutamente imprescindibile, di provare l’effettivo conseguimento di un vantaggio in classifica.
Tuttavia, come è noto, la CAF e la Corte Federale, non riuscendo a provarne l’incontrovertibile sussistenza, giungono ad una condanna/compromesso che rappresenta, a tutti gli effeti, un vero e proprio controsenso giuridico.
Nella sostanza, non potendo provare che le condotte poste in essere da Moggi e Giraudo abbiano determinato un effettivo vantaggio in classifica, Caf e CF concludono, in maniera inedita quanto arbitraria, che l’art. 6 viene infranto per assorbimento delle violazioni dell’art. 1.
A differenza di Palazzi, quindi, gli Organi Giudicanti qualificano i comportamenti di Moggi e Giraudo come violazione dell’art. 1 del CGS ed il reiterarsi di tali comportamenti come violazione dell’art. 6 (illecito sportivo).
Come se il compiere dieci volte un furto rientrasse nella fattispecie criminosa dell’omicidio.
Quindi l’errore è duplice: da un lato si ipotizza un’impossibile infrazione dell’art. 1, dal momento che le telefonate ai designatori non erano contemplate nella fattispecie, al contrario di quanto avviene oggi, ed al tempo stesso si giunge alla conclusione che la trasgressione ripetuta di tale articolo comporti atuomaticamente violazione del più grave art. 6. Al quadro si aggiunga che l’ipotizzato (da Palazzi) condizionamento della classe arbitrale è perentoriamente smentito dalle stesse decisioni della Caf e della CF, le quali infliggono condanna al solo Massimo De Santis per la partita Lecce-Parma ed assolvono tutti gli altri arbitri (all’infuori di coloro che hanno intrattenuto contatti con il dirigente milanista Leonardo Meani).
Ma vi è un’altra, e decisiva, considerazione: una condanna inflitta a Moggi non comporta automatica e grave sanzione ai danni della Juventus F.C. la quale risponde direttamente dell’operato del solo Antonio Giraudo. E il “comportamento reiterato” di Giraudo si riduce a solo 4 telefonate delle quali nessuna di apprezzabile valore probatorio.
Il codice di giustizia sportiva presentava quindi, all’epoca dei fatti, numerose lacune e tale inadeguatezza del sistema sanzionatorio avrebbe comportato, come logica conseguenza, l'inapplicabilità di alcuna norma. Come sappiamo, invece, per ottenere efficace condanna nei confronti della Juventus F.C. e dei suoi dirigenti si è optato per il completo stravolgimento del quadro normativo vigente in nome di parametri metagiuridici quali il sentire comune e il volere del popolo (cfr. dichiarazioni del presidente della Corte Federale, Piero Sandulli: “ Non ci sono illeciti, era tutto regolare, quel campionato non è stato falsato. Abbiamo cercato di interpretare il sentimento della gente comune e provato a metterci sulla stessa lunghezza d’onda”)
Calciopoli vista da un avvocato
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