Continuiamo la nostra miniserie di articoli dedicati alla sentenza di primo grado di Calciopoli con particolare riferimento alle condanne subite dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi.

Dopo aver nei due precedenti articoli da un lato introdotto e scremato dal fango gratuito il capo d’imputazione A, relativo all’accusa di associazione per delinquere finalizzato alla frode sportiva, e dall’altro riportato i due principali elementi, le sim svizzere e le conversazioni telefoniche, usati dal collegio giudicante per ipotizzare l’esistenza dell’associazione, vediamo nel dettaglio, in due puntate, la posizione dell’ex dirigente bianconero rispetto a questo capo d’accusa.

Innanzitutto va fatto rilevare che nel suo caso il tribunale ha ravvisato “la responsabilità per ben nove ipotesi di frode sportiva, e questa affermazione di responsabilità già costituisce un elemento di carico anche per questo reato, avuto riguardo al fatto che le frodi contemplano come correi diversi arbitri, e pressoché stabilmente i due designatori, che ora entrambi, ora uno soltanto, appaiono in correità” (pag. 425-426, nelle motivazioni della sentenza). In pratica, per i giudici l’associazione “dedita a disturbare la discrezionalità tecnica degli arbitri” (pag. 426) principalmente esiste poiché esistono le frodi. E dunque, “sgomberato il campo sia dalle inutili esagerazioni, consistenti nella rappresentazione di fatti di intrinseca consistenza (...), sia dalle parole vane pronunziate da taluni testimoni, e tra questi Martino e Nucini” (pag. 426), a supporto dell’esistenza di questa “struttura organizzata per raggiungere il fine della frode sportiva, struttura avente quale capo Moggi” (pag. 426) il tribunale cita:

- “gli incontri con i designatori fuori dalle sedi istituzionali, che emergono nella loro esistenza dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, nella prossimità delle partite” (pag. 426). Vengono elencati una serie di incontri, tra cui quello pre-natalizio del 21/12/04 che ha contribuito a condannare Moggi per il capo F e quello dell'8/02/05, presunto da una “rappresentazione di convocazione”, ma di cui non vi è traccia di reale occorrenza. Oltre a questi due incontri ci sono poi anche quelli del 2/12/04 (casa Pairetto, con Bergamo, Moggi e Giraudo), del 17/02/05 (casa Pairetto, con Moggi, Giraudo e Lanese), del 30/4/05 (al ristorante, con Moggi, Giraudo, Pairetto e Lanese) e, a campionato già vinto, del 21/05/05 (casa Bergamo, con Moggi, Giraudo e Mazzini). Non si sa cosa si siano detti durante questi incontri e infatti il tribunale ne usa soltanto due in casi concreti, capi F e Q, per ipotizzare astrattamente una qualche influenza sulla composizione delle griglie. Il tribunale, in realtà, non perde molto tempo su questa “prova”, passando subito al presunto circuito delle sim estere.

- “il ben più pregnante, e, nella visione del tribunale, decisivo, elemento dell’uso delle schede straniere, delle quali è risultata la disponibilità procurata da Moggi a designatori e arbitri, attraverso la laboriosa ricostruzione degli investigatori, che nell’opinione del tribunale ha resistito alla critica delle difese e consulenti, i quali, come già detto, sono riusciti a minarne solo un aspetto, di quantità cioè di contatti, non essendo stata valutata meritevole di considerazione la denunzia di ulteriori vizi di forma e di sostanza” (pag. 427). E se è vero che dal dibattimento è emerso con chiarezza che queste schede potessero essere comunque intercettate in territorio italiano, tuttavia con esse “la captazione del colloquio era resa quanto meno più difficoltosa” (pag. 524).

- “Il continuo e prolungato chiacchierare sulla rete telefonica nazionale, che, ad avviso del collegio, effettivamente può configurare la trasmissione del messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli arbitri, a muoversi in determinate direzioni piuttosto che altre” (pag. 427). In particolare,

a) per quanto riguarda gli arbitri, come, a detta del tribunale, emergerebbe dalle conversazioni telefoniche, si colpevolizza l’ex dirigente per un “rapporto diffusamente amichevole” (pag. 427) con gli arbitri, aspetto che “non perde il valore indiziante solo perché dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati, e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani, ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione, anche senza un effetto di esclusiva per la frode sportiva” (pag. 427). Da mettere in risalto, a questo punto, che non vi è citata o elencata alcuna telefonata di Moggi con arbitri per supportare questo “rapporto amichevole”, mentre ricordiamo invece, nel corso del processo, le tante testimonianze di arbitri e guardalinee che evidenziavano il rapporto di correttezza avuto con Moggi. Che tornino utili a questo scopo, anche se non nominate direttamente, le famose 23 magliette portate a casa dall’ex arbitro De Santis durante la trasferta in Salento, per Lecce-Juve, oggetto di un capo d’accusa poi caduto? Come per De Santis stesso, associazione e sdoganamento anche per le magliette?

b) Per quanto riguarda invece i designatori arbitrali, la motivazione è un rapporto “intollerabilmente confidenziale” (pag. 459) con essi, nel quale il tribunale legge “una sorta di cooptazione, di sostituzione del triumvirato ai consoli Pairetto e Bergamo, così rappresentati con linguaggio aulico dal teste Carraro (vedi controesame avv. Morescanti teste Carraro Franco ud. 15/12/09)” (pag. 459). A nulla vale dunque il fatto che “la cooptazione abbia realizzato più che altro un effetto scenico, di mera apparenza, poiché anche l’apparenza può generare la condizione di potere e l’assoggettamento all’autorità per tal via creata” (pag. 459). Infatti, ad avviso del tribunale, “non è decisivo, per svilire l’apparato di potere in confronto degli arbitri, che il Moggi abbia avuto notizia di arbitri sorteggiati, per tempestiva comunicazione a lui dopo il sorteggio, resa palese dalle modalità con le quali era realizzato il sorteggio, e non già per effetto di sorteggio truccato, così come avrebbe dato talora a intendere esercitando quella spavalderia, che ha dimostrato a più riprese anche al dibattimento” (pag. 459). Condannato per millantato credito e spavalderia, dunque, e, come vedremo in seguito, anche per arroganza e sarcasmo. E non importa, anzi, è “a ben vedere, addirittura di rinforzo del quadro di apparenza di cui sopra” (pag. 459), il fatto che Pairetto e Moggi fossero conoscenti di vecchia data, rapporto che esisteva già con il padre dell’ex designatore.

- appunto "l’arroganza" di Moggi, emersa anch’essa durante le conversazioni telefoniche, “tale da suggerire l’esistenza di apparato criminale” (pag. 460). E, nonostante scrivano esplicitamente “che talune circostanze (...) siano poi state ridimensionate dall’esame al dibattimento dei coinvolti nelle telefonate” (pag. 460), a poco sono servite, quindi, proprio le precisazioni e contestualizzazioni delle persone chiamate in causa, dall’ex assistente arbitrale Stagnoli al “pur autorevole teste Collina Pierluigi, tale per concorde opinione dell’ambiente ostile a Moggi” (pag. 460). Ridimensionamenti, dunque, incapaci a scardinare l’assurda convinzione che una certa percezione di arroganza di comportamento manifestata da Moggi fosse una prova dell’esistenza dell’associazione per delinquere.

- infine, i giudici non si fanno mancare proprio nulla dal punto di vista della censura delle maniere, “i più virulenti comportamenti del Moggi rispetto a quelli di altri soggetti muoventisi sul palcoscenico del calcio, questi ultimi peraltro spintisi, così com’è emerso al dibattimento, fino a forme molto odiose di spionaggio” (pag. 460). Comportamenti, che ad avviso dei giudici, “non possono essere giustificati solo con la maggior pressione esercitata dal più vasto bacino utenza di tifosi da soddisfare a margine o addirittura indipendentemente dagli eventi maturati sul campo di calcio, così come sembrerebbero additare talune affermazioni dei testimoni del processo. E ciò, anche se la virulenza del Moggi appare nella più parte dei casi manifestata attraverso espressioni sarcastiche, come quella di mancanza di occhiali rivolta a margine della partita Parma-Juventus del 6/1/05 all’assistente Farneti Piergiuseppe, che infatti ha dichiarato di averne percepito il tono scherzoso (vedi controesame avv. Gallinelli ud. 19/10/10): Moggi nello spogliatoio disse, penso, però, scherzando, che avrei dovuto dotarmi di occhiali... ma l’ho intesa in un senso, così, scherzoso, ci mancherebbe altro)".

Sarcasmo scambiato per virulenza, correttezza scambiata talvolta per tono amichevole, talvolta addirittura per arroganza, rapporti e conoscenze trentennali giudicate intollerabili, spavalderia e millantato credito, politica sportiva e tanto, tanto fango gettato addosso all’ex dirigente bianconero per invidia e/o paranoia da altri attori del mondo del calcio. Tutto questo serve da contorno per gonfiare (la pubblica accusa in questo ha fatto scuola) l’unica “vera” prova in mano agli organi giudiziari, ovvero la teoria del circuito delle schede sim straniere, che permette di avvalorare una comica associazione con il fine di mettere in pericolo il leale e corretto svolgimento della competizione sportiva, ma non tanto in favore della Juventus, cosa che, come abbiamo visto, essere stata esclusa dagli stessi giudici, bensì, così, tanto per (“la legge prevede il risultato diverso, non immancabilmente il risultato a favore o sfavore di questo o di quel particolare partecipante alla competizione sportiva” (pag. 86).

“Prova” principe ricavata stranamente in modo caciottaro e poco trasparente con attribuzioni fatte manualmente, incertezza sulla provenienza dei files alla fonte, impossibilità di ricomporre il quadro e le tante incongruenze emerse durante il dibattimento. In sostanza, credibile giusto perché contenente timbro e marca da bollo dello Stato italiano, ma in realtà prodotta con una procedura incomprensibile e autoreferenziale.
Nell’ultima puntata dedicata al capo A vedremo i motivi che faranno di Moggi il capo di questa sgangherata associazione.


Puntate precedenti:
SPECIALE CALCIOPOLI: A5, Il "salvataggio" della Fiorentina
SPECIALE CALCIOPOLI: Z, La Roma-Juventus dei "traditori"
SPECIALE CALCIOPOLI: O, La partita di Abeijon
SPECIALE CALCIOPOLI: M, Vuoi mettere Kakà
SPECIALE CALCIOPOLI: B, Il pugno di Jankulovski
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SPECIALE CALCIOPOLI: G+I /1, la "dottrina Meani"
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SPECIALE CALCIOPOLI: Q, "grigliata" ad effetto in Juventus-Udinese
SPECIALE CALCIOPOLI: A /1: un'accusa molto mediatica
SPECIALE CALCIOPOLI: A /2: AA associazione cercasi