A Milano parla Tavaroli
Mentre il mondo pallonaro registra ogni respiro proveniente dall'ostello della gioventù di Roma dove Palazzi pare stia celebrando il rito di purificazione del calcio, a Milano va in scena l'ennesima udienza del processo Telecom. Processo Telecom iniziato dopo che il giudice Panasiti decretò che il Tiger Team non si era macchiato del reato di appropriazione indebita, così come sostenuto dai PM e dai vertici di Telecom e Pirelli. Non un pugno di infedeli, ma semplici esecutori di ordini provenienti dall'alto. E la decisione della Panasiti è stata confermata dalla Cassazione che, in una sentenza della sezione penale dello scorso 20 settembre 2011 (motivazioni depositate il 3 maggio 2012), ha respinto il ricorso della Procura di Milano. Quindi anche per la Cassazione altri dovevano essere processati quali mandanti (e beneficiari) delle attività di dossieraggio, e non il Tiger Team. Il processo Telecom deve dunque stabilire chi ordinò i dossiers illegali e chi ne beneficiò. Ieri ha parlato Tavaroli ed ha ribadito sotto giuramento quanto più volte detto fuori dalle aule di un tribunale:
"Tutti gli incarichi venivano dall'interno dell'azienda, un manager o una funzione aziendale ci segnalava un'esigenza e noi la trasmettevamo al professionista più idoneo".
E' la conferma che all'interno del gruppo Pirelli/Telecom vi era una struttura dedita ad attività di intelligence a disposizione dei vari manager o delle divisioni aziendali.
E queste affermazioni non fanno altro che confermare quanto dichiarato dai vari Ghioni e Cipriani e dalla segretaria di Buora, la dottoressa Plateo. Ma Tavaroli non si è limitato a confermare l'esistenza di una centrale di intelligence: ha anche risposto alle domande degli avvocati delle parti civili sui singoli dossiers. E rispondendo all'avvocato di De Santis ha affermato:
"L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti".
La chiusura del cerchio
Questa dichiarazione chiude il cerchio in merito al dossier Ladroni. Tavaroli sotto giuramento ha affermato che il mandante è Moratti e che Facchetti ne segui tutto l'iter operativo. In verità nulla di sorprendente, più volte Tavaroli aveva riferito di essere stato convocato verso la fine del 2002 negli uffici della SARAS alla presenza di Tronchetti Provera, di Moratti e di Facchetti, e che in quella occasione gli era stato conferito l'incarico di indagare sul mondo del calcio. Doveva indagare in merito all'esistenza di una cupola che governava il calcio stesso e che faceva capo a Moggi e a De Santis. Era la fine del 2002 e quel sospetto avanzato allora dall'Inter curiosamente è molto simile a quanto ipotizzato della Procura di Napoli, solo molto tempo dopo, per l'indagine di Calciopoli. Ovviamente solo coincidenze. Dai riscontri rintracciati dalla Procura di Milano sappiamo che effettivamente, ad inizio 2003, partono le attività di controllo ai danni di De Santis, di Moggi, di Fabiani, di Bergamo, di Ceniccola e del marito della Fazi. Tutti soggetti poi inquisiti a Napoli (Napoli indaga la Fazi e non il marito). Sempre coincidenze per carità. Ma, come detto, le dichiarazioni di Tavaroli sono confermate dalle deposizioni di altri testimoni e da riscontri oggettivi. Ghioni dichiarò che l'Inter era considerata una società del gruppo Pirelli ed in quanto tale veniva tutelata. La Plateo riferì che le venne richiesto da Buora di controllare alcuni numeri telefonici riconducibili alla Juventus, a Moggi e a De Santis. Lo stesso Tronchetti Provera riferì dell'incontro in SARAS e del coinvolgimento di Tavaroli nella faccenda. La dichiarazione di oggi dello stesso Tavaroli, come detto, non fa altro che confermare quanto già si sospettava: il mandate del dossier Ladroni è Moratti.
De Santis vs Inter
E queste dichiarazioni di Tavaroli non sono senza conseguenze per l'Inter. De Santis l'ha infatti chiamata in giudizio richiedendo il risarcimento per i danni subiti dall'attività di spionaggio.
La difesa dell'Inter nella memoria difensiva ha sostenuto con forza che il club è venuto a conoscenza del dossier Ladroni solo in seguito a notizie di stampa. Non solo, nessun soggetto riferibile all'Inter ha mai commissionato a Tavaroli a Cipriani o a chicchessia un servizio di dossieraggio ai danni di De Santis. Lo stesso Facchetti, sostiene la difesa del club nerazzurro, era ligio ai propri doveri e mai avrebbe potuto ordinare attività illecite. E quand'anche un simile ordine fosse partito da Facchetti, non era riferibile all'Inter in quanto lo stesso era privo dei poteri necessari a rappresentare la società.
Tavaroli ha confermato che l'ordine non partì da Facchetti, parti da Moratti. E Moratti era ed è l'azionista di maggioranza dell'Inter ed era ed è dotato di tutti i poteri di rappresentanza della società.
La giustizia sportiva – Palazzi e l'Inter
Della vicenda si occupò anche la giustizia sportiva, allorquando vennero pubblicati alcuni articoli che riferivano dell'attività di spionaggio ai danni di De Santis. Lo stesso Moratti venne interrogato da Borrelli, allora capoufficio indagini della FIGC nell'ottobre 2006. Riferisce Zunino su Repubblica che Moratti "si è irrigidito quando Borrelli ha citato, doveva citarlo, l'amico scomparso Giacinto Facchetti", ed aggiunge che il presidente nerazzurro ha detto: "L'affare Nucini e tutto quello che è venuto dopo li ha seguiti Giacinto". Dopo un'indagine (ci piacerebbe sapere che indagine è stata fatta. Hanno sfogliato i giornali?) la Procura federale guidata da Palazzi archiviava la pratica. Per Palazzi i dirigenti dell'Inter non si sono macchiati di nessun reato sportivo. Il comunicato stampa del 22 giugno 2007 della FIGC recita:
"Il Procuratore federale, esaminata la relazione dell’ufficio Indagini sugli accertamenti richiesti dalla Procura federale in ordine a numerosi articoli di stampa riguardanti il comportamento di dirigenti della società Internazionale F.C. S.p.A. nei confronti dell’arbitro Massimo De Santis, dei calciatori Christian Vieri, Adrian Mutu, Luis Ronaldo Delima Nazario, Vladimir Jugovic e del tesserato Mariano Fabiani, ha disposto l’archiviazione del procedimento, non essendo emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili ovvero non prescritte."
Ma la storia non finì con questa archiviazione: dopo quanto emerso a Napoli sui rapporti tra Nucini e Facchetti, Palazzi interrogò Moratti. E per farlo si recò a Milano. A pagina 56 della relazione di Palazzi, che prima incolpa e poi manda prescritta l'Inter, si legge che, quando fu interrogato, Moratti dichiarò che lui non aveva fatto denuncia alla Boccassini, che gli risultava che "Facchetti prese contatti senza presentare formale denuncia", che lui era stato informato solo in seguito e aveva invitato il Cipe a non dar seguito alla cosa. Moratti, sia davanti a Borrelli che davanti a Palazzi, ha detto che della "cosa" si era occupato Facchetti. E, come visto, di simile tenore è la difesa dell'Inter nel processo civile per il risarcimento danni richiesto da De Santis. Palazzi, nella sua relazione, scrisse che, oltre alla prescrizione, si doveva rilevare l'improcedibilità per la prematura scomparsa di Facchetti. Adesso, secondo quanto riferito da Tavaroli in Tribunale sotto giuramento, sappiamo che non era Facchetti il mandante ed il responsabile del dossier Ladroni. Sappiamo, secondo quanto testimoniato da Tavaroli ieri ai giudici, che della "cosa" si occupò direttamente Moratti.
Equità vo' cercando
Tavaroli con la testimonianza di oggi ha definitivamente smentito Moratti: non solo era a conoscenza del dossier Ladroni, ma era lui e non Facchetti il mandante, e questo Tavaroli lo ha testimoniato in tribunale sotto giuramento. Ma Tavaroli ha anche smentito Palazzi e la FIGC, i fatti di rilievo disciplinare non riscontrati nel giugno 2007 sono ormai sotto gli occhi di tutti. Così com'è sotto gli occhi di tutti la fretta nell'archiviare una pratica scottante. Le parole di ieri di Tavaroli sono uno schiaffo alla credibilità della giustizia sportiva, sono uno schiaffo alla credibilità dei vertici della Federcalcio che hanno permesso che il tutto venisse archiviato frettolosamente. Sono uno schiaffo a chi si è dovuto dichiarare incompetente per evitare di revocare uno scudetto di cartone a chi aveva commissionato dossiers illegali. Sono uno schiaffo alla credibilità di tutto il sistema. Un sistema che archivia o condanna in base al colore della maglia dell'indagato e non in base ad indagini oggettive ed a prove inconfutabili. E Tavaroli con le dichiarazioni di ieri ha definitivamente dimostrato che in seno alla FIGC ed alla giustizia sportiva non esiste equità di giudizio. Dell'etica poi non v'è proprio traccia.
Processo Telecom: il cerchio si chiude attorno a Moratti
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