Devo essere sincero. Quando Petrucci aveva accolto l'idea di questo tavolo “politico” lanciata da Andrea Agnelli, per un attimo i cattivi pensieri avevano preso il sopravvento. Nonostante siano passati oltre cinque anni, infatti, il ricordo di quel 31 agosto del 2006 è ancora vivissimo: una squadra e milioni di tifosi feriti dai sibaritici festeggiamenti della mezza Italia antijuventina, ubriacata da un titolo mondiale della Nazionale e dalla retrocessione per presunti illeciti della “nemica” numero uno; una società che, tra mille sospetti, chinava definitivamente la testa ad una giustizia sportiva che era apparsa fin da subito frettolosa, iniqua e soprattutto, nelle sanzioni, sproporzionata; una sinergia tra istituzioni sportive e politiche, per allineare i mass media e vestire di legittimità una serie di decisioni giuridicamente discutibili, che violavano alcuni dei più importanti principi della Costituzione Italiana e del Diritto Comunitario. Ricordi pessimi, dunque.
La questione “tavolo” peraltro era stata subito strumentalizzata. Andrea Agnelli, infatti, non aveva mai parlato di “tavolo della pace”, come invece si erano affrettati a celebrare i principali menestrelli dell’informazione pilotata, ma di tavolo “politico”. E che la posizione di Andrea sarebbe stata bellicosa, a quel tavolo, mi fu confermato praticamente subito, nell’abituale giro di consultazioni con le mie fonti privilegiate torinesi. La posizione della Juventus era fin troppo chiara: “Abbiamo pagato nel 2006, rispettando le istituzioni sportive, adesso chiediamo equità di trattamento. Ergo, prima di ogni altro argomento, a quel tavolo si dovrà parlare del 2006 e in particolare di quello scudetto. No scudetto? No party!”.
Una posizione ferma, intransigente, che Andrea Agnelli ha tenuto ben salda al cospetto di Petrucci, Abete e Moratti, i quali hanno avuto la conferma che la Juventus stavolta non scherza. Piaccia o non piaccia, Andrea Agnelli ha aggiunto un altro mattone alla sua personale casa da Presidente della Juventus. Al momento del suo insediamento ero certo che avrebbe gestito la Juventus come una grande azienda, tutelandone gli interessi economici innanzitutto. Tuttavia non credevo che così rapidamente affiancasse alla sua crescita di manager “giraudiano” l’ostentazione dei valori più significativi della juventinità. Quei valori che, inutile nasconderlo, stavamo irrimediabilmente perdendo prima del suo insediamento. Orgoglio soprattutto. Quando lo vedo nelle interviste o nelle conferenze stampa la sensazione è sempre la stessa. Quella di una persona cui va molto stretto il protocollo che il suo ruolo gli impone e che da un momento all’altro può battere il pugno sul tavolo ed esclamare: “…. E comunque sono sempre 29, cazzo!”.
Battuta a parte, il gran sconfitto di questo “giro” è senz’altro Petrucci. Il Presidente del CONI si era illuso, evidentemente, di poter far abbassare la cresta anche stavolta al club bianconero. Abete, che ha intuito che il cerchio intorno al suo incarico si sta stringendo pericolosamente, gli ha fatto da sponda, con la speranza di raddrizzare la baracca pericolante. Evidentemente Abete si fida ciecamente di Petrucci. Forse perché il buon Giancarlo ignora il contenuto di alcune interessanti telefonate tra Petrucci e Francesco Ghirelli, ex Direttore Generale della FIGC. Telefonate che sono agli atti di Calciopoli ma che per il momento non pubblicheremo, perché in fondo non aggiungerebbero nulla a quello che già sappiamo sulla personalità di Abete.
Alcuni cronisti, inoltre, hanno parlato di un Moratti “scuro in volto” all’uscita della riunione. Ora non vorrei che anche il Presidente dell’Inter fosse tra quelli che si era illuso di passare dal “tavolino” del 2006 al “tavolo” del 2011 con lo stesso stile di una supposta, cioè senza alcun rumore. Evidentemente scoprire che il “giovin signore” non è più tanto “giovine” ed è dotato di una robusta dose di palle bianconere (tipo quelle di Moggi e Giraudo che lui ben conosce) deve aver contribuito a scurirgli il volto. Inoltre, oltre alle palle di Andrea, a Moratti devono essere andati di traverso anche i “pallini” di Della Valle, il quale ha confermato, con toni molto duri, che ha intenzione di andare fino in fondo a questa vicenda. D’altronde Moratti ha tra le mani la soluzione a mio parere più efficace. Rinunci alla prescrizione e si faccia processare, sulla base della relazione di Palazzi. E si impegni a mollare il cartone in caso di condanna. Sarebbe il modo più lineare per dimostrare di essere veramente gli “onesti del pallone”, come da anni vanno raccontando.
E’ altresì evidente che Andrea Agnelli aveva ed ha interesse ad affrontare anche gli altri temi che Petrucci aveva stabilito di discutere, per tentare di fargli sollevare la bocca dal fiero pasto dello scudetto 2006. Sono i temi della giustizia sportiva da riformare, della tutela dei marchi, dei diritti TV: la legge sulla contrattazione collettiva di questi ultimi, recentemente applicata, si è rivelata per la Juventus un vero e proprio salasso. Ma oggi si è avuta la conferma che il futuro del calcio dovrà per forza transitare attraverso le forche caudine di Calciopoli. In qualche modo le cose dovranno essere sistemate e il calcio italiano dovrà prendere atto che nel 2006 ha calcato troppo la mano.
Nel frattempo la Juventus ha ricominciato a lavorare seriamente, e il mio rammarico è per gli anni sprecati dal 2006 al 2010. Dove saremmo adesso se Andrea Agnelli fosse arrivato subito?
No scudetto, no party!
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