… ovvero della ristrutturazione dell’illecito.
Abbiamo visto come i giudicanti dei due gradi della giustizia sportiva si arrabattino in una disputa puramente lessicale per descrivere la serie di fatti sottoposti al loro esame: per l’uno sarebbero produttivi di un vantaggio in classifica senza alterazione dei risultati e della classifica, per l’altro con alterazione della classifica.
Data una molteplicità di fatti sospetti, definiti come condizionamento del settore arbitrale, e data la vittoria in campionato della Juventus, si dicono in rapporto di causa-effetto le due cose e si arriva alla costruzione dell’illecito. Su come questo rapporto di causa- effetto abbia operato non si dice una sola parola.
Dalle motivazioni delle due decisioni si può facilmente comprendere perché i giudicanti abbiano percorso questa strada, è sufficiente leggere questo passaggio iniziale, definito come vera e propria premessa metodologica:
“Venendo ora all’esame dei capi di incolpazione, va subito affrontata una questione di metodo, consistente nella individuazione dello scenario nel quale, tanto dal punto di vista soggettivo, quanto da quello oggettivo, va inquadrato il presente procedimento. Lucidamente la CAF rileva che esso non riguarda un “sistema” ma una serie di reticoli autonomamente attuati dalle varie società incolpate, sia pur all’interno di un’atmosfera inquinata che incombeva sul campionato di serie A 2004 – 2005 (pagg. 74 e 75). Quest’impostazione, perfettamente rispondente all’articolata e coerente struttura dell’atto di accusa, appare un necessario corollario della mancata previsione nell’ordinamento federale di una fattispecie di illecito associativo, modellata sull’esempio del diritto comune: l’altrettanto logica conseguenza di questa lacuna ordinamentale è che, anche in questo grado, il metodo di analisi della Corte debba procedere con riguardo alle singole posizioni, quali vengono in rilievo dalle constatazioni mosse a ciascuna società: è consequenziale che tutte le posizioni debbano essere affrontate e giudicate applicando i rigorosi standard probatori propri di ciascuna contestazione, rivelandosi inapplicabili quelli, più agili e collaudati nell’ordinamento di diritto comune, dell’illecito associativo.”
Qui i giudici sportivi fanno una premessa che sarebbe del tutto inutile fare: se nell’ordinamento sportivo non è previsto l’illecito associativo, a differenza che nell’ordinamento penale dove è previsto il reato di associazione per delinquere, sarebbe superfluo farne cenno.
Dicono però i giudici sportivi che, proprio perché non hanno la possibilità di punire le condotte sotto il profilo di un illecito associativo, sono costretti a valutare lo “scenario”, ossia il contesto di assieme, il profilo strutturale delle varie condotte.
Strano discorso. Se l’illecito associativo o strutturale o strutturato non è previsto e non è punito - mannaggia, sembrano scrivere….. dobbiamo fare gli straordinari - perché parlarne ?
E’ evidente che se ne parla perché si ritiene fin dall’inizio che quella poteva essere la strada maestra per condannare la Juventus: i giudici sportivi fanno capire che gli elementi raccolti si inquadrerebbero con più facilità nella figura dell’associazione per delinquere ( beati i giudici di Napoli, sembrano dire …… lì hanno da faticare meno a scrivere una sentenza ).
Quella strada invece è preclusa, ma il giudice sportivo la vuol percorrere lo stesso. Dicono che si terrà conto del “reticolo”, ma perché non si pensi che verrà fatta un’operazione illegittima ecco arrivare la doverosa precisazione finale: “è consequenziale che tutte le posizioni debbano essere affrontate e giudicate applicando i rigorosi standard probatori propri di ciascuna contestazione, rivelandosi inapplicabili quelli, più agili e collaudati nell’ordinamento di diritto comune, dell’illecito associativo.”
Si dice in sostanza che l’illecito sarà costruito sommando il dato strutturale del c.d. reticolo ( in soldoni, la rete di rapporti con il settore arbitrale ) alle singole contestazioni rigorosamente verificate.
Non si capisce ancora se le singole contestazioni debbano consistere in illeciti sportivi essi stessi, oppure se siano sufficienti anche semplici slealtà, oppure anche condotte di per sé lecite ma funzionali al programma illecito di condizionamento del settore arbitrale. Si capirà poi che tutte le ipotesi sopra dette saranno considerate utili allo scopo ( nei fatti, non riscontrandosi altri illeciti, saranno ritenute utili tutte le condotte, anche quelle di per sé non costituenti neppure semplici slealtà ).
Ciò che si può prefigurare da questa premessa è, più che una somma di articoli 1 che diventano articolo 6, un recupero dell’illecito associativo ( non previsto dalla norma sportiva come illecito sportivo ) considerato come altra ipotesi codificata di illecito sportivo. Conferma se ne ha dal fatto che per le violazioni dell’art.1 la giustizia sportiva ha comminato anche le sanzioni relative a tali condotte autonomamente considerate ( così, tanto per non far mancar nulla alla Juventus ).
Arriviamo così al vantaggio in classifica, con o senza alterazione della classifica, raggiunto attraverso il condizionamento arbitrale.
Da questa impostazione della giustizia sportiva derivano due conseguenze:
- nell’ambito della giustizia sportiva l’operazione sta in piedi se sussiste rapporto causale tra le condotte accertate e il vantaggio in classifica conseguito. L’iter processuale per la Juventus è esaurito, non avendo la società proposto ricorso al TAR, per cui l’analisi del rapporto causa-effetto potrà avere soltanto valore di conoscenza;
- nell’ambito della giustizia penale una eventuale assoluzione dal reato di associazione per delinquere dei soggetti collegati alla Juventus avrebbe l’effetto di azzerare alla radice le motivazioni della giustizia sportiva, poiché attesterebbe l’insussistenza di quel “reticolo” considerato nel modo sopra descritto dalla giustizia sportiva, oppure l’estraneità della Juventus.
Nelle parti successive si cercherà di approfondire questi due aspetti e le prospettive ad essi collegabili.
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Data una molteplicità di fatti sospetti, definiti come condizionamento del settore arbitrale, e data la vittoria in campionato della Juventus, si dicono in rapporto di causa-effetto le due cose e si arriva alla costruzione dell’illecito. Su come questo rapporto di causa- effetto abbia operato non si dice una sola parola.
Dalle motivazioni delle due decisioni si può facilmente comprendere perché i giudicanti abbiano percorso questa strada, è sufficiente leggere questo passaggio iniziale, definito come vera e propria premessa metodologica:
“Venendo ora all’esame dei capi di incolpazione, va subito affrontata una questione di metodo, consistente nella individuazione dello scenario nel quale, tanto dal punto di vista soggettivo, quanto da quello oggettivo, va inquadrato il presente procedimento. Lucidamente la CAF rileva che esso non riguarda un “sistema” ma una serie di reticoli autonomamente attuati dalle varie società incolpate, sia pur all’interno di un’atmosfera inquinata che incombeva sul campionato di serie A 2004 – 2005 (pagg. 74 e 75). Quest’impostazione, perfettamente rispondente all’articolata e coerente struttura dell’atto di accusa, appare un necessario corollario della mancata previsione nell’ordinamento federale di una fattispecie di illecito associativo, modellata sull’esempio del diritto comune: l’altrettanto logica conseguenza di questa lacuna ordinamentale è che, anche in questo grado, il metodo di analisi della Corte debba procedere con riguardo alle singole posizioni, quali vengono in rilievo dalle constatazioni mosse a ciascuna società: è consequenziale che tutte le posizioni debbano essere affrontate e giudicate applicando i rigorosi standard probatori propri di ciascuna contestazione, rivelandosi inapplicabili quelli, più agili e collaudati nell’ordinamento di diritto comune, dell’illecito associativo.”
Qui i giudici sportivi fanno una premessa che sarebbe del tutto inutile fare: se nell’ordinamento sportivo non è previsto l’illecito associativo, a differenza che nell’ordinamento penale dove è previsto il reato di associazione per delinquere, sarebbe superfluo farne cenno.
Dicono però i giudici sportivi che, proprio perché non hanno la possibilità di punire le condotte sotto il profilo di un illecito associativo, sono costretti a valutare lo “scenario”, ossia il contesto di assieme, il profilo strutturale delle varie condotte.
Strano discorso. Se l’illecito associativo o strutturale o strutturato non è previsto e non è punito - mannaggia, sembrano scrivere….. dobbiamo fare gli straordinari - perché parlarne ?
E’ evidente che se ne parla perché si ritiene fin dall’inizio che quella poteva essere la strada maestra per condannare la Juventus: i giudici sportivi fanno capire che gli elementi raccolti si inquadrerebbero con più facilità nella figura dell’associazione per delinquere ( beati i giudici di Napoli, sembrano dire …… lì hanno da faticare meno a scrivere una sentenza ).
Quella strada invece è preclusa, ma il giudice sportivo la vuol percorrere lo stesso. Dicono che si terrà conto del “reticolo”, ma perché non si pensi che verrà fatta un’operazione illegittima ecco arrivare la doverosa precisazione finale: “è consequenziale che tutte le posizioni debbano essere affrontate e giudicate applicando i rigorosi standard probatori propri di ciascuna contestazione, rivelandosi inapplicabili quelli, più agili e collaudati nell’ordinamento di diritto comune, dell’illecito associativo.”
Si dice in sostanza che l’illecito sarà costruito sommando il dato strutturale del c.d. reticolo ( in soldoni, la rete di rapporti con il settore arbitrale ) alle singole contestazioni rigorosamente verificate.
Non si capisce ancora se le singole contestazioni debbano consistere in illeciti sportivi essi stessi, oppure se siano sufficienti anche semplici slealtà, oppure anche condotte di per sé lecite ma funzionali al programma illecito di condizionamento del settore arbitrale. Si capirà poi che tutte le ipotesi sopra dette saranno considerate utili allo scopo ( nei fatti, non riscontrandosi altri illeciti, saranno ritenute utili tutte le condotte, anche quelle di per sé non costituenti neppure semplici slealtà ).
Ciò che si può prefigurare da questa premessa è, più che una somma di articoli 1 che diventano articolo 6, un recupero dell’illecito associativo ( non previsto dalla norma sportiva come illecito sportivo ) considerato come altra ipotesi codificata di illecito sportivo. Conferma se ne ha dal fatto che per le violazioni dell’art.1 la giustizia sportiva ha comminato anche le sanzioni relative a tali condotte autonomamente considerate ( così, tanto per non far mancar nulla alla Juventus ).
Arriviamo così al vantaggio in classifica, con o senza alterazione della classifica, raggiunto attraverso il condizionamento arbitrale.
Da questa impostazione della giustizia sportiva derivano due conseguenze:
- nell’ambito della giustizia sportiva l’operazione sta in piedi se sussiste rapporto causale tra le condotte accertate e il vantaggio in classifica conseguito. L’iter processuale per la Juventus è esaurito, non avendo la società proposto ricorso al TAR, per cui l’analisi del rapporto causa-effetto potrà avere soltanto valore di conoscenza;
- nell’ambito della giustizia penale una eventuale assoluzione dal reato di associazione per delinquere dei soggetti collegati alla Juventus avrebbe l’effetto di azzerare alla radice le motivazioni della giustizia sportiva, poiché attesterebbe l’insussistenza di quel “reticolo” considerato nel modo sopra descritto dalla giustizia sportiva, oppure l’estraneità della Juventus.
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