... ovvero del digiunatore obeso.
Lasciati tele, colori e pennelli, preliminarmente ci si deve chiedere, con Kefeo, se sia astrattamente possibile che la classifica di un campionato possa essere alterata senza che sia alterata nemmeno una partita.
Il vecchio art. 6 del codice di giustizia sportiva così recitava: “ Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, costituisce illecito sportivo “.
La norma configura l’illecito sportivo come un tentativo di alterazione di gare o della classifica, prevedendo all’ultimo comma il caso di raggiungimento dello scopo come aggravante: “ In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato, oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate “.
Si noterà che, mentre per il caso concernente le singole gare si parla di “alterazione” anche del solo svolgimento (quindi indipendentemente dall’alterazione del risultato), per il caso concernente la classifica si usa il termine “vantaggio“, che apparentemente richiama una gamma di casi più ampia rispetto al termine “alterazione”.
In sequenza abbiamo quindi in linea teorica questi ipotetici casi:
1) alterazione dello svolgimento di una gara senza incidenza sul risultato;
2) alterazione dello svolgimento della gara con alterazione del risultato;
3) alterazione diretta del risultato (ad esempio la contraffazione del risultato indicato nel referto arbitrale);
4) vantaggio in classifica conseguito con alterazione della classifica;
5) vantaggio in classifica conseguito con modo diverso dall’alterazione della stessa.
Tralasciamo i primi tre casi, che nella nostra analisi non interessano. Se partiamo dal dato letterale delle norme, che puniscono con distinte previsioni tanto l’alterazione delle partite che l’alterazione-vantaggio nella classifica, dobbiamo propendere per una risposta positiva al quesito di Kefeo.
Noi possiamo convenzionalmente ritenere che l’alterazione dello svolgimento di una partita del caso 2 determini indirettamente anche un’alterazione della classifica: lo facciamo utilizzando una ragionevole presunzione, non essendo possibile prova di come la partita sarebbe finita senza l’alterazione.
A questo punto sarebbe stato del tutto superfluo prevedere anche una distinta ipotesi di alterazione della classifica, se non si fosse voluto appunto sanzionare anche il caso dell’alterazione della classifica indipendente dall’alterazione della singola partita.
Questo il dato normativo.
Si tratta ora di vedere se la previsione del caso di alterazione della classifica sia pleonastica e quindi inutile (cosa che a volte accade anche al legislatore più scrupoloso), oppure se la relativa norma abbia carattere di “chiusura“ del sistema sanzionatorio, volendosi comprendere qualsiasi caso diverso di alterazione della classifica che non passi attraverso l’alterazione dello svolgimento della singola partita.
La risposta dovrà di nuovo essere positiva.
Per dimostrarlo sarà sufficiente anche ipotizzare dei casi:
a) funzionari della federazione nottetempo manipolano i dati finali, poi così omologati, invertendo, con il consenso delle società interessate, la posizione in classifica di due squadre;
b) idem al caso precedente, ma con la manipolazione che avviene ad avvenuta omologazione, agendo materialmente sull’atto stesso già emanato correttamente;
c) a campionato ultimato una squadra viene penalizzata in classifica per irregolarità, che solo a distanza di tempo si scopre essere frutto di simulazione messa in piedi da concorrenti invidiose e loro fiancheggiatori (caso quasi familiare per molti tifosi di una certa squadra di Torino);
d) idem al caso precedente, ma con la penalizzazione frutto di una corruzione dell’organo che la commina.
Tutti i casi proposti presentano una caratteristica in comune: per ipotizzare un caso di alterazione della classifica indipendente dall’alterazione di una partita di primo acchito si ricorre alla mediazione di un atto amministrativo (omologazione della classifica, penalizzazione), ossia ad un qualcosa di estraneo al momento agonistico e ad esso successivo.
Altri se ne potrebbero fare, chiunque può provarci, ma le caratteristiche riscontrabili saranno sempre quelle sopra dette: la classifica di un campionato è il contenuto di un atto amministrativo, la sua alterazione diretta finisce con il concretarsi o in un falso ideologico (caso a), o in un falso materiale (caso b), o in una frode (caso c), o peggio in un abuso (caso d).
Per il momento siamo riusciti a stabilire, anche con degli esempi concreti, che la classifica di un campionato può essere alterata in due modi: indirettamente alterando lo svolgimento e il risultato delle partite, direttamente alterando la compilazione della classifica stessa.
Il paradosso di Kefeo è appena appena scalfito, ma non si può dire, per il contesto in cui era stato posto, ossia la vicenda della Juventus, che abbia in tal modo avuto soddisfacente risposta.
Anzi, il fatto che ci siano dei casi prospettabili di alterazione diretta della classifica potrebbe anche indurre a pensare che la previsione normativa relativa al vantaggio in classifica, proprio fatti di questa natura intendesse sanzionare: per l’alterazione delle partite c’è una norma, per l’alterazione diretta della classifica c’è una seconda norma, che così chiude il sistema sanzionatorio dell’illecito vantaggio sportivo.
Questa soluzione unificherebbe i casi 4 e 5 come equivalenti: qualsiasi vantaggio in classifica richiederebbe una alterazione diretta della classifica stessa.
Ma la Juventus è stata condannata non per avere alterato partite, né per avere alterato direttamente la classifica.
Non tratto in questa parte l’ipotesi del tentativo di alterazione (di partite o della classifica), rimandandola ad una parte successiva.
Il senso della condanna della Juventus deve essere trovato infatti in qualcosa di illecito che sta intorno alle partite, non estraneo al momento agonistico, anche se non incidente direttamente su questo.
Stabilito che la norma c’è ed ha un senso, si tratta di capire se abbia una portata idonea a disciplinare il paradossale caso della Juventus.
Pare ovvio che la giustizia sportiva deve avere accolto un concetto di vantaggio in classifica più ampio: il caso 5 non coinciderebbe con il caso 4, il vantaggio in classifica sarebbe conseguibile anche senza alterare la classifica.
Per dare un’idea: il paziente non tocca cibo (ossia non altera il risultato delle partite), non trucca la bilancia (ossia non altera la classifica), eppure ingrassa!
Chi vi scrive non ha avuto fin qui sufficiente fantasia per immaginarlo con casi concreti e quindi non resta che andare ad estrarlo dalle motivazioni delle decisioni.
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Lasciati tele, colori e pennelli, preliminarmente ci si deve chiedere, con Kefeo, se sia astrattamente possibile che la classifica di un campionato possa essere alterata senza che sia alterata nemmeno una partita.
Il vecchio art. 6 del codice di giustizia sportiva così recitava: “ Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, costituisce illecito sportivo “.
La norma configura l’illecito sportivo come un tentativo di alterazione di gare o della classifica, prevedendo all’ultimo comma il caso di raggiungimento dello scopo come aggravante: “ In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato, oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate “.
Si noterà che, mentre per il caso concernente le singole gare si parla di “alterazione” anche del solo svolgimento (quindi indipendentemente dall’alterazione del risultato), per il caso concernente la classifica si usa il termine “vantaggio“, che apparentemente richiama una gamma di casi più ampia rispetto al termine “alterazione”.
In sequenza abbiamo quindi in linea teorica questi ipotetici casi:
1) alterazione dello svolgimento di una gara senza incidenza sul risultato;
2) alterazione dello svolgimento della gara con alterazione del risultato;
3) alterazione diretta del risultato (ad esempio la contraffazione del risultato indicato nel referto arbitrale);
4) vantaggio in classifica conseguito con alterazione della classifica;
5) vantaggio in classifica conseguito con modo diverso dall’alterazione della stessa.
Tralasciamo i primi tre casi, che nella nostra analisi non interessano. Se partiamo dal dato letterale delle norme, che puniscono con distinte previsioni tanto l’alterazione delle partite che l’alterazione-vantaggio nella classifica, dobbiamo propendere per una risposta positiva al quesito di Kefeo.
Noi possiamo convenzionalmente ritenere che l’alterazione dello svolgimento di una partita del caso 2 determini indirettamente anche un’alterazione della classifica: lo facciamo utilizzando una ragionevole presunzione, non essendo possibile prova di come la partita sarebbe finita senza l’alterazione.
A questo punto sarebbe stato del tutto superfluo prevedere anche una distinta ipotesi di alterazione della classifica, se non si fosse voluto appunto sanzionare anche il caso dell’alterazione della classifica indipendente dall’alterazione della singola partita.
Questo il dato normativo.
Si tratta ora di vedere se la previsione del caso di alterazione della classifica sia pleonastica e quindi inutile (cosa che a volte accade anche al legislatore più scrupoloso), oppure se la relativa norma abbia carattere di “chiusura“ del sistema sanzionatorio, volendosi comprendere qualsiasi caso diverso di alterazione della classifica che non passi attraverso l’alterazione dello svolgimento della singola partita.
La risposta dovrà di nuovo essere positiva.
Per dimostrarlo sarà sufficiente anche ipotizzare dei casi:
a) funzionari della federazione nottetempo manipolano i dati finali, poi così omologati, invertendo, con il consenso delle società interessate, la posizione in classifica di due squadre;
b) idem al caso precedente, ma con la manipolazione che avviene ad avvenuta omologazione, agendo materialmente sull’atto stesso già emanato correttamente;
c) a campionato ultimato una squadra viene penalizzata in classifica per irregolarità, che solo a distanza di tempo si scopre essere frutto di simulazione messa in piedi da concorrenti invidiose e loro fiancheggiatori (caso quasi familiare per molti tifosi di una certa squadra di Torino);
d) idem al caso precedente, ma con la penalizzazione frutto di una corruzione dell’organo che la commina.
Tutti i casi proposti presentano una caratteristica in comune: per ipotizzare un caso di alterazione della classifica indipendente dall’alterazione di una partita di primo acchito si ricorre alla mediazione di un atto amministrativo (omologazione della classifica, penalizzazione), ossia ad un qualcosa di estraneo al momento agonistico e ad esso successivo.
Altri se ne potrebbero fare, chiunque può provarci, ma le caratteristiche riscontrabili saranno sempre quelle sopra dette: la classifica di un campionato è il contenuto di un atto amministrativo, la sua alterazione diretta finisce con il concretarsi o in un falso ideologico (caso a), o in un falso materiale (caso b), o in una frode (caso c), o peggio in un abuso (caso d).
Per il momento siamo riusciti a stabilire, anche con degli esempi concreti, che la classifica di un campionato può essere alterata in due modi: indirettamente alterando lo svolgimento e il risultato delle partite, direttamente alterando la compilazione della classifica stessa.
Il paradosso di Kefeo è appena appena scalfito, ma non si può dire, per il contesto in cui era stato posto, ossia la vicenda della Juventus, che abbia in tal modo avuto soddisfacente risposta.
Anzi, il fatto che ci siano dei casi prospettabili di alterazione diretta della classifica potrebbe anche indurre a pensare che la previsione normativa relativa al vantaggio in classifica, proprio fatti di questa natura intendesse sanzionare: per l’alterazione delle partite c’è una norma, per l’alterazione diretta della classifica c’è una seconda norma, che così chiude il sistema sanzionatorio dell’illecito vantaggio sportivo.
Questa soluzione unificherebbe i casi 4 e 5 come equivalenti: qualsiasi vantaggio in classifica richiederebbe una alterazione diretta della classifica stessa.
Ma la Juventus è stata condannata non per avere alterato partite, né per avere alterato direttamente la classifica.
Non tratto in questa parte l’ipotesi del tentativo di alterazione (di partite o della classifica), rimandandola ad una parte successiva.
Il senso della condanna della Juventus deve essere trovato infatti in qualcosa di illecito che sta intorno alle partite, non estraneo al momento agonistico, anche se non incidente direttamente su questo.
Stabilito che la norma c’è ed ha un senso, si tratta di capire se abbia una portata idonea a disciplinare il paradossale caso della Juventus.
Pare ovvio che la giustizia sportiva deve avere accolto un concetto di vantaggio in classifica più ampio: il caso 5 non coinciderebbe con il caso 4, il vantaggio in classifica sarebbe conseguibile anche senza alterare la classifica.
Per dare un’idea: il paziente non tocca cibo (ossia non altera il risultato delle partite), non trucca la bilancia (ossia non altera la classifica), eppure ingrassa!
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