Dopo il tavolo della pace proposto da Della Valle a fine luglio, e saltato dopo che alcuni commensali avevano declinato l'invito per paura di essere designati a pagare il conto, in questi giorni ha fatto la sua comparsa il Tavolo2. Proposto da Andrea Agnelli e destinato probabilmente a restare un argomento di dibattito per qualche giorno, questo miraggio di riconciliazione farà con ogni probabilità la stessa fine del precedente.
Sì, perché, anche stavolta, alle migliori intenzioni dichiarate in prima battuta da parte istituzionale, fa da contraltare il fuoco di fila di giornalisti ed opinionisti che già pongono il veto: "Al tavolo non si parli di Calciopoli", come se non fosse questa la causa prima delle vicende che hanno portato alle iniziative legali di questi mesi.
Possiamo partire dal presupposto che alla Juve i risarcimenti non interessino più di ogni altra cosa: se così non fosse non avrebbe proposto il tavolo di conciliazione e probabilmente non avrebbe nemmeno tentato prima di tutto le strade della giustizia sportiva. Possiamo però anche scordarci che Andrea Agnelli vada a sedersi al tavolino per concludere con un bel "scurdammoce 'o passato", perché in tal caso non avrebbe nemmeno iniziato tutto questo discorso e avrebbe risparmiato il francobollo dell'esposto all'UEFA. Dunque che cosa vuole ottenere la società bianconera?
Il mare magnum delle intercettazioni che originò Calciopoli, una volta che si è iniziato ad esaminarlo senza l'uso di paraocchi, ha mostrato una situazione ben diversa da quella prospettata a suo tempo, e sulla base della quale furono emesse le sentenze che ben conosciamo. Che la prima tornata di sentenze da Napoli abbia assolto la società Juventus può anche interessare relativamente poco quando si voglia appellarsi alla separazione ed indipendenza della giustizia sportiva, ma questa comunque non deve diventare un giocattolo nelle mani di un bambino capriccioso; non può essere un "a te sì, a te no" secondo le simpatie: siamo adulti e se si vuole giocare assieme occorre assicurare a tutti imparzialità ed uguale trattamento. Oggi possiamo ben dire che a parlare con i designatori fossero in molti, e se nel 2006 si è stabilita la possibilità di alterare la classifica grazie ai contatti con i designatori anche senza alterare le singole partite (!) questo deve valere per tutti, e non solo per il Mostro. E non dobbiamo nemmeno essere noi a dirlo, perché a farlo è stato già il procuratore Palazzi, e si badi bene con riferimento non solo all'Inter, ma anche ad altre società che dalla prima Calciopoli non furono nemmeno sfiorate.
Su questa seconda tranche di calciopolari la giustizia sportiva ha fatto spallucce, benedicendo una salvifica prescrizione - intervenuta prima delle conclusioni di Palazzi - e dichiarandosi incompetente a porre non dico rimedio, ma almeno un palliativo alle ingiustizie causate dalle frettolose decisioni del 2006. In queste condizioni, la disparità di trattamento da parte della FIGC tra chi fu "attenzionato" nel 2006 e chi fu invece graziato dal setaccio di Auricchio&C. è evidente, e fa venire meno ogni garanzia anche per il futuro. Chi parteciperebbe ad una partita in cui l'arbitro non fischia i falli dell'avversario, e fa spallucce anche quando gli sono segnalati dal guardalinee stesso? Ed anche se è la più esposta sotto diversi punti di vista, la Juventus non è l'unica società a sentire la mancanza di garanzie data dalle istituzioni calcistiche: anche Lazio e Fiorentina sembrano avere le carte pronte per un ricorso al TAR appena scattassero le inibizioni che, a rigore di regolamento sportivo, dovrebbero seguire alle prime sentenze napoletane. Spetta quindi alle istituzioni recuperare credibilità, altrimenti non si vede perché società sportive quotate in borsa dovrebbero sottomettersi al capriccio di un'autorità inaffidabile e rinunciare alla tutela della giustizia vera e propria. E la credibilità la possono ottenere soltanto ripristinando una parità di trattamento che fin qui hanno disatteso.
E quindi, alla fin fine, chi dovrebbe sedersi al tavolo, e con quali prospettive? Nella migliore delle ipotesi tutte le parti coinvolte, e cioè le società condannate nel 2006, quelle graziate dalla prescrizione nel 2011, nonché le autorità sportive che tali condanne ed assoluzioni hanno distribuito. Tra tutte, inutile negarlo, principali esponenti sarebbero come sempre Juventus, Inter e FIGC. E' lampante come la FIGC desideri evitare i ricorsi al TAR e ad altri organi al di fuori del proprio ordinamento, mentre il partito dei "condannati" si siederebbe a batter cassa e quello dei "prescritti" avrebbe soltanto da perdere e nulla da guadagnare.
Al di là delle belle dichiarazioni d'intenti dubitiamo che stavolta si metta in mezzo un Montezemolo per convincere Andrea Agnelli a ritirare i ricorsi e quindi, se la Federazione vorrà fermare l'iter della giustizia ordinaria, dovrà per forza concedere qualcosa: ma cosa?
Il passo minimo ovviamente sarebbe la revoca dello scudetto di cartone, da togliere all'Inter: perché ogni altra concessione che si possa fantasticare non potrebbe che comportare come punto di partenza, intermedio, o di arrivo questa revoca.
Anche a questo tavolo, insomma, il conto lo pagherebbe Moratti, ed è per questo che, visti i precedenti, è probabile che non si farà mai.
Il miraggio del tavolo della riconciliazione
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