Narducci nell'ultima udienza del 19/04/2011 ha chiesto che il tribunale acquisisse, tra l'altro, degli articoli di Repubblica e della Gazzetta a supporto della tesi accusatoria.
E tra gli articoli di cui si chiedeva l'acquisizione ve ne erano due, già citati nell'informativa del novembre 2005, che commentano la partita Bologna-Juventus del 12/04/2004. Articoli che, ovviamente a detta dell'accusa, dimostrerebbero la malafede di Pieri e della Cupola. E tali accuse sono state considerate valide dal giudice Di Gregorio che Pieri l'ha condannato anche in forza di tali “prove”. “Prove” che viceversa il collegio del processo su Calciopoli non ha ritenuto tali, tanto da non ammetterne l'acquisizione. Ma chi ricorda quel Bologna-Juventus ricorda che la Juve vinse grazie ad un gol su calcio di punizione dal limite di Nedved al 41' del secondo tempo. E proprio quel fallo dal limite sarebbe una delle pietre angolari su cui poggia l'accusa di Narducci. E facciamo finta di non conoscere le telefonate che “misteriosamente” l'accusa ha ignorato e che le difese hanno ritrovato, telefonate ampiamente discolpanti che Pieri fa ai due designatori poco dopo la fine di quella gara. Ma facciamo un salto temporale di sette anni e portiamoci a Torino, al 94' della partita Juventus-Catania, sul risultato di 2-1 per i padroni di casa. Bergonzi fischia un fallo e subito dopo un altro proprio dal limite per un inesistente fallo di mano di Melo. E che il fallo fosse inesistente è cosa palese ed evidente. Da questo fallo è scaturito il gol del pareggio dei catanesi. Non pensiamo ci sia malafede, ma solo errore di Bergonzi. Oltre alla pochezza della Juventus, ma non è questo il punto che vogliamo mettere in luce. Ma andiamo a leggere quanto scritto proprio da quel giornale che i PM Narducci e Capuano hanno elevato ad organo della verità suprema in materia calcistica: la Gazzetta. Scrive tal Riccardo Pratesi: “Il Catania non si arrende, Melo regala due punizioni di fila dal limite ai rossazzurri. E Lodi, al secondo tentativo, trova una parabola deliziosa che vale il 2-2”.
L'unica cosa su cui siamo d'accordo con Pratesi è che la seconda punizione è stata regalata: da Bergonzi e non da Melo. Appare evidente che nessuno ha la verità in tasca, nemmeno in Gazzetta, ma non ditelo a Narducci, gli potrebbe crollare qualche certezza.
Sia chiaro che nessuno mette in discussione il fatto che un giornalista possa esprimere le sue opinioni, quali esse siano. Ma dev'essere altrettanto chiaro che sempre di opinioni si tratta, e non di prove su cui basare un'accusa in un'aula di tribunale. Ed il fatto che Narducci riporti nella sua accusa molte opinioni che trovano paternità nella Gazzetta è francamente sconcertante.
E tra gli articoli di cui si chiedeva l'acquisizione ve ne erano due, già citati nell'informativa del novembre 2005, che commentano la partita Bologna-Juventus del 12/04/2004. Articoli che, ovviamente a detta dell'accusa, dimostrerebbero la malafede di Pieri e della Cupola. E tali accuse sono state considerate valide dal giudice Di Gregorio che Pieri l'ha condannato anche in forza di tali “prove”. “Prove” che viceversa il collegio del processo su Calciopoli non ha ritenuto tali, tanto da non ammetterne l'acquisizione. Ma chi ricorda quel Bologna-Juventus ricorda che la Juve vinse grazie ad un gol su calcio di punizione dal limite di Nedved al 41' del secondo tempo. E proprio quel fallo dal limite sarebbe una delle pietre angolari su cui poggia l'accusa di Narducci. E facciamo finta di non conoscere le telefonate che “misteriosamente” l'accusa ha ignorato e che le difese hanno ritrovato, telefonate ampiamente discolpanti che Pieri fa ai due designatori poco dopo la fine di quella gara. Ma facciamo un salto temporale di sette anni e portiamoci a Torino, al 94' della partita Juventus-Catania, sul risultato di 2-1 per i padroni di casa. Bergonzi fischia un fallo e subito dopo un altro proprio dal limite per un inesistente fallo di mano di Melo. E che il fallo fosse inesistente è cosa palese ed evidente. Da questo fallo è scaturito il gol del pareggio dei catanesi. Non pensiamo ci sia malafede, ma solo errore di Bergonzi. Oltre alla pochezza della Juventus, ma non è questo il punto che vogliamo mettere in luce. Ma andiamo a leggere quanto scritto proprio da quel giornale che i PM Narducci e Capuano hanno elevato ad organo della verità suprema in materia calcistica: la Gazzetta. Scrive tal Riccardo Pratesi: “Il Catania non si arrende, Melo regala due punizioni di fila dal limite ai rossazzurri. E Lodi, al secondo tentativo, trova una parabola deliziosa che vale il 2-2”.
L'unica cosa su cui siamo d'accordo con Pratesi è che la seconda punizione è stata regalata: da Bergonzi e non da Melo. Appare evidente che nessuno ha la verità in tasca, nemmeno in Gazzetta, ma non ditelo a Narducci, gli potrebbe crollare qualche certezza.
Sia chiaro che nessuno mette in discussione il fatto che un giornalista possa esprimere le sue opinioni, quali esse siano. Ma dev'essere altrettanto chiaro che sempre di opinioni si tratta, e non di prove su cui basare un'accusa in un'aula di tribunale. Ed il fatto che Narducci riporti nella sua accusa molte opinioni che trovano paternità nella Gazzetta è francamente sconcertante.