Politica e pallone, si sa, vanno spesso a braccetto.
Da sempre uomini politici più o meno in vista non fanno nulla per celare le loro passioni calcistiche ed è recente il fiorire di diversi club di tifosi-parlamentari riconducibili per lo più alle grandi squadre del nostro campionato.
Chi scrive non impazzisce di gioia nel constatare, specie in tempi di grave crisi economica e connesse ricadute sociali della crisi, quanto in questi anni i temi pallonari (e le conseguenti polemiche legate a discusse decisioni arbitrali) abbiano ispirato l’attività parlamentare, ed in particolare l’utilizzo delle interrogazioni parlamentari.
Riteniamo tuttavia che, in questo scenario, le vicende di Farsopoli meritino di essere considerate a parte, considerato che sarebbe riduttivo ritenere Farsopoli un fatto esclusivamente sportivo e quindi riconducile a controversi fischi arbitrali e scudetti revocati o restituibili.
Il punto di vista di chi scrive è anzi che Farsopoli sia prima di ogni altra cosa un fatto giudiziario, che investe le modalità e le finalità dell’esercizio dell’azione penale in Italia.
In questa prospettiva, a nostro avviso, deputati e senatori dovrebbero occuparsi di più e meglio di Farsopoli.
A quanto ci risulta l’esercizio delle funzioni di controllo demandate dalla Costituzione italiana ai parlamentari tramite il ricorso allo strumento dell’interrogazione parlamentare ha riguardato solo un “pezzo” di Farsopoli, quello legato alle vicende tragicomiche della cosiddetta “giustizia” (sic) sportiva (ne abbiamo parlato qui)
Si è trattato di iniziative di parlamentari di fede bianconera, accompagnate o seguite da dichiarazioni più o meno convinte circa il proposito di costituire Commissioni parlamentari d’inchiesta dedicate a Calciopoli (non propriamente un'idea che porta fortuna, visti gli esiti spesso fallimentari di queste Commissioni nel passato).
La nostra opinione è che le interrogazioni che riguardano tematiche riferibili all’ordinamento sportivo si prestino sempre e comunque ad un'eccezione, quella per cui l’ordinamento sportivo gode di autonomia giuridica. Che la cosa sia a dir poco discutibile abbiamo già avuto occasione di scriverlo nella parte iniziale di un nostro precedente articolo, ma dal punto di vista strettamente formale l’obiezione resta e potrebbe costituire un valido argomento utilizzabile dall’Autorità chiamata a fornire risposta all’interrogazione per smarcarsi da domande insidiose.
Per questo motivo sarebbe a nostro avviso ben più “produttivo” dirigere le attenzioni a quello che sta succedendo a Napoli, piuttosto che alle facezie di Via Allegri.
Senza anticipare giudizi conclusivi su quello che già oggi appare un unicum nella storia giudiziaria italiana (l’impressione è che ne vedremo ancora delle belle, a partire dall’udienza del prossimo 1° Ottobre), quanto emerso sino ad oggi, con particolare riferimento – “piaccia o non piaccia” – alla scarsa se non nulla considerazione delle intercettazioni “degli altri” (che ove fossero state considerate avrebbero forse condotto a trarre conclusioni diverse da parte degli inquirenti), dovrebbe bastare ed avanzare ad attirare l’attenzione di un parlamentare attento ai temi dell’amministrazione della giustizia nel Belpaese.
Il tutto al netto di interviste da Grande Moralizzatore ai giornali con annesse beatificazioni di Carlo Petrini, di presentazioni pubbliche di libri in amabile compagnia di testimoni del processo e di baldanzosi interventi in trasmissioni televisive a processo in corso.
Ed allora, alla luce dei principi costituzionali del giusto processo, del ruolo che il nostro ordinamento assegna al Pubblico Ministero (si pensi all’art. 358 del codice di procedura penale, di cui abbiamo parlato nel nostro già citato precedente articolo e che obbliga il PM a verificare anche l’esistenza di prove a discarico dell’indagato), delle uscite pubbliche di certi personaggi, è ben possibile che un parlamentare interessato ad approfondire i temi farsopolari, volgendo lo sguardo oltre la “foglia di fico” dell’autonomia sportiva, possa giungere ad interrogarsi su eventuali “anomalie” ravvisabili nella conduzione delle indagini da parte dei magistrati inquirenti della Procura di Napoli (e degli ufficiali di Polizia giudiziaria da essi delegati al compimento delle attività investigative).
La domanda che il parlamentare desideroso di approfondire Farsopoli potrebbe porsi è la seguente: laddove le “anomalie” di cui s’è detto fossero riscontrate, sarebbero tali da potersi ricondurre a fattispecie di responsabilità disciplinare dei magistrati inquirenti?
E’ utile ricordare, infatti, che il nostro ordinamento regolamenta il delicato tema della responsabilità disciplinare dei magistrati (qui potete consultare la normativa di riferimento in materia, ossia il Decreto Legislativo n° 109/2006, di cui ci limitiamo in questa sede a citare il solo articolo 1, che così recita: “Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni”).
Infine, se alle domande di cui sopra fosse fornita una risposta affermativa da parte dei nostri parlamentari, questi ultimi potrebbero avvalersi dello strumento dell’interrogazione parlamentare per richiedere, ad esempio, risposte scritte del Ministro della Giustizia, il quale, proprio in base alla normativa che abbiamo richiamato (si vedano gli articoli 14 e seguenti del Decreto Legislativo n° 109/2006), è contitolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati.
Farsopoli in Parlamento: modesti suggerimenti
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