Fu il lancio più famoso della storia dopo quello della lattina a Boninsegna a Moenchengladbach: le monetine scagliate verso Craxi all'uscita dell'Hotel Raphael.
Nel '71, in Germania, a soccorrere con fierezza il finto morto nerazzurro c'era anche il Simon Templar di Treviglio, Giacinto Facchetti. A Roma, invece, quel 30 aprile del '93, pare che il più pronto a intuire quanto stava montando attorno a Bettino fosse stato l'allora direttore del TG5, Enrico Mentana.
Quindici anni e un telegiornale in meno più tardi, le intuizioni di "Enrico la mitraglietta" hanno ancora una volta anticipato tutti, trovando sfogo nel programma di "approfondimento di superficie" Matrix.
Già nel 2006 il giornalinterista Mentana aveva fatto la sua parte - come tutti - contribuendo ad alimentare quel famoso sentimento popolare che costituì la base dove far poggiare calciopoli. Poi venerdì scorso, dopo due anni e mezzo, l'ennesimo colpo di genio.
Calciopoli non è affatto morta e, anzi, cova sotto la cenere sottilissima del falso risorgimento del pallone. Se prima o poi rabboccare i verdetti (pochi e farlocchi, a dire il vero) si renderà necessario, tanto vale farlo subito. E soprattutto per primi.
Ciò che sgomenta è che a partecipare a questa prima - ma non ultima, scommetterei - operazione di oblio al contrario, con un contributo di antirevisionismo a dir poco sconcertante, sia stata proprio la Juventus.
Il messaggio della serata è stato forte e chiaro: la B vi ha fatto bene, e se dopo soli due anni e mezzo siete di nuovo in vetta (per modo di dire, perché nel frattempo il solito ex "truffatore" juventino Ibrahimovic e il solito rigore col fiocco hanno riportato avanti Inter e Milan), non ci pare il caso di pensare più a cos'è stato e a cosa avrebbe potuto essere.
Davvero urticante per il buon gusto il ragionamento di fondo, altrettanto urticante per l'intelligenza del telespettatore è parsa la rappresentazione del mondo juventino data dalla trasmissione, con la connivenza - come detto - proprio della società uscita sfigurata, in tutti sensi, da quell'estate farneticante.
Non si è badato a schifo. La Fiat degli Agnelli come storico denominatore comune dell'amore di tanti immigrati per i colori bianconeri, in un maleodorante accostamento fra il boom economico degli anni '60 e il dopo calciopoli quali momenti storici più alti e immacolati ove battezzare - o ri-battezzare - la purezza della propria fede, ancorché calcistica. Per farlo nel modo più giusto, senza zavorre scomode delle quali vergognarsi, come possono essere una squadra di gran lunga più forte delle altre o una società dieci anni avanti a tutti nel programmare e progettare il proprio futuro.
Presenti in studio a Roma, Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport e consulente personale del presidente binario Cobolli Gigli durante l'estate calda delle sentenze e dei mancati ricorsi, e il giornalista Marco Ferrante, vice direttore de Il Riformista.
Collegati dalla Sala Coppe e Sorrisi della sede di Corso Galileo Ferraris, l'ex parlamentare operaio (e chiedo scusa per l'ossimoro) Salvatore Buglio, semplicemente allucinante insieme alla retorica dei suoi interventi; il Ministro dei Trasporti Altero Matteoli, che pareva sempre sul punto di addomertarsi ma poi, quando prendeva la parola, esprimeva concetti talmente interessanti e rivoluzionari da fare addormentare gli spettatori; il Team Manager bianconero Gianluca Pessotto; il direttore della comunicazione della Juventus Giuseppe Gattino, che visti i risultati comunicativi ottenuti finora tanto valeva farla pianificare a Homer Simpson, la comunicazione; dalla sua abitazione, infine, la vedova del povero Antonio Schiavone, lui sì operaio, oltre che tifoso della Juve, bruciato nel rogo della Thyssenkrupp poco meno di un anno fa, tirata per i capelli in una storia da TV del dolore che avrebbe fatto impallidire anche gli autori di Carràmba che sorpresa. E se è vero come è vero che Buffon ha aiutato la sua famiglia a ripartire dopo la tragedia, restando meritoriamente lontano dai riflettori, sulla scelta di inglobare quella vicenda nel mega spot in favore della Nuova Juventus qualcuno dovrebbe sentire perlomeno il dovere morale di farsi un profondo esame di coscienza. Chiunque sia stato a farla.
A sancire la natura surreale della serata offerta da Mentana e dalle sue comparse, sono state le generalità dell'unico ospite in studio che, scientemente stoppato dal conduttore, ha provato a fornire una chiave di lettura dei fatti differente, del tutto simile - troppo, evidentemente - a quella scaturita da mesi e mesi di studio dai rompiballe di Ju29ro.com. Basti pensare che Marco Ferrante - il giornalista "ribelle" appunto - si chiama come un ex bomber del Toro ed è "vice" di Antonio Polito, il direttore (interista) de Il Riformista, cioè il quotidiano che nelle ultime settimane ha sputato veleno sulla Juventus proprio come ai bei tempi. Così siamo ridotti, anche se, ben inteso, ce ne fossero di Marco Ferrante in giro per le strade dell'informazione.
Insomma, immaginate che a un tizio appassionato di musica vengano amputate le gambe come punizione per aver disturbato i vicini con la sua chitarra, e che un bel giorno quel qualcuno venga invitato in televisione per mostrare al mondo quanto la tecnologia sia in grado di aiutarlo, con le sue protesi sempre più evolute e funzionali. Non solo. Immaginate adesso che quel qualcuno accetti l'invito e, una volta là, si esibisca pure in salti, capriole e passi di valzer. Che figata 'ste gambe in carbonio. Ne è proprio valsa la pena. E giù sorrisi.
Provereste più pena per il conduttore o per l'ospite?
Nel '71, in Germania, a soccorrere con fierezza il finto morto nerazzurro c'era anche il Simon Templar di Treviglio, Giacinto Facchetti. A Roma, invece, quel 30 aprile del '93, pare che il più pronto a intuire quanto stava montando attorno a Bettino fosse stato l'allora direttore del TG5, Enrico Mentana.
Quindici anni e un telegiornale in meno più tardi, le intuizioni di "Enrico la mitraglietta" hanno ancora una volta anticipato tutti, trovando sfogo nel programma di "approfondimento di superficie" Matrix.
Già nel 2006 il giornalinterista Mentana aveva fatto la sua parte - come tutti - contribuendo ad alimentare quel famoso sentimento popolare che costituì la base dove far poggiare calciopoli. Poi venerdì scorso, dopo due anni e mezzo, l'ennesimo colpo di genio.
Calciopoli non è affatto morta e, anzi, cova sotto la cenere sottilissima del falso risorgimento del pallone. Se prima o poi rabboccare i verdetti (pochi e farlocchi, a dire il vero) si renderà necessario, tanto vale farlo subito. E soprattutto per primi.
Ciò che sgomenta è che a partecipare a questa prima - ma non ultima, scommetterei - operazione di oblio al contrario, con un contributo di antirevisionismo a dir poco sconcertante, sia stata proprio la Juventus.
Il messaggio della serata è stato forte e chiaro: la B vi ha fatto bene, e se dopo soli due anni e mezzo siete di nuovo in vetta (per modo di dire, perché nel frattempo il solito ex "truffatore" juventino Ibrahimovic e il solito rigore col fiocco hanno riportato avanti Inter e Milan), non ci pare il caso di pensare più a cos'è stato e a cosa avrebbe potuto essere.
Davvero urticante per il buon gusto il ragionamento di fondo, altrettanto urticante per l'intelligenza del telespettatore è parsa la rappresentazione del mondo juventino data dalla trasmissione, con la connivenza - come detto - proprio della società uscita sfigurata, in tutti sensi, da quell'estate farneticante.
Non si è badato a schifo. La Fiat degli Agnelli come storico denominatore comune dell'amore di tanti immigrati per i colori bianconeri, in un maleodorante accostamento fra il boom economico degli anni '60 e il dopo calciopoli quali momenti storici più alti e immacolati ove battezzare - o ri-battezzare - la purezza della propria fede, ancorché calcistica. Per farlo nel modo più giusto, senza zavorre scomode delle quali vergognarsi, come possono essere una squadra di gran lunga più forte delle altre o una società dieci anni avanti a tutti nel programmare e progettare il proprio futuro.
Presenti in studio a Roma, Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport e consulente personale del presidente binario Cobolli Gigli durante l'estate calda delle sentenze e dei mancati ricorsi, e il giornalista Marco Ferrante, vice direttore de Il Riformista.
Collegati dalla Sala Coppe e Sorrisi della sede di Corso Galileo Ferraris, l'ex parlamentare operaio (e chiedo scusa per l'ossimoro) Salvatore Buglio, semplicemente allucinante insieme alla retorica dei suoi interventi; il Ministro dei Trasporti Altero Matteoli, che pareva sempre sul punto di addomertarsi ma poi, quando prendeva la parola, esprimeva concetti talmente interessanti e rivoluzionari da fare addormentare gli spettatori; il Team Manager bianconero Gianluca Pessotto; il direttore della comunicazione della Juventus Giuseppe Gattino, che visti i risultati comunicativi ottenuti finora tanto valeva farla pianificare a Homer Simpson, la comunicazione; dalla sua abitazione, infine, la vedova del povero Antonio Schiavone, lui sì operaio, oltre che tifoso della Juve, bruciato nel rogo della Thyssenkrupp poco meno di un anno fa, tirata per i capelli in una storia da TV del dolore che avrebbe fatto impallidire anche gli autori di Carràmba che sorpresa. E se è vero come è vero che Buffon ha aiutato la sua famiglia a ripartire dopo la tragedia, restando meritoriamente lontano dai riflettori, sulla scelta di inglobare quella vicenda nel mega spot in favore della Nuova Juventus qualcuno dovrebbe sentire perlomeno il dovere morale di farsi un profondo esame di coscienza. Chiunque sia stato a farla.
A sancire la natura surreale della serata offerta da Mentana e dalle sue comparse, sono state le generalità dell'unico ospite in studio che, scientemente stoppato dal conduttore, ha provato a fornire una chiave di lettura dei fatti differente, del tutto simile - troppo, evidentemente - a quella scaturita da mesi e mesi di studio dai rompiballe di Ju29ro.com. Basti pensare che Marco Ferrante - il giornalista "ribelle" appunto - si chiama come un ex bomber del Toro ed è "vice" di Antonio Polito, il direttore (interista) de Il Riformista, cioè il quotidiano che nelle ultime settimane ha sputato veleno sulla Juventus proprio come ai bei tempi. Così siamo ridotti, anche se, ben inteso, ce ne fossero di Marco Ferrante in giro per le strade dell'informazione.
Insomma, immaginate che a un tizio appassionato di musica vengano amputate le gambe come punizione per aver disturbato i vicini con la sua chitarra, e che un bel giorno quel qualcuno venga invitato in televisione per mostrare al mondo quanto la tecnologia sia in grado di aiutarlo, con le sue protesi sempre più evolute e funzionali. Non solo. Immaginate adesso che quel qualcuno accetti l'invito e, una volta là, si esibisca pure in salti, capriole e passi di valzer. Che figata 'ste gambe in carbonio. Ne è proprio valsa la pena. E giù sorrisi.
Provereste più pena per il conduttore o per l'ospite?
Nota della redazione: nella puntata abbiamo dotuto rivivere il peggior giornalismo dell'estate 2006, abbiamo rivisto i filmati di un Paolo Ligurori esultante all'annuncio della sentenza di B -30 dato da Lucia Blini, abbiamo colto Vocalelli sorridere con ghigno beffardo (ripreso nella foto in alto) mentre andava in onda il filmato della dichiarazione di dimissioni di Moggi, a Bari, dopo la vittoria del 29° scudetto.